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Davanti a Dio l’uomo ha solo dei doveri perché solo Dio ha diritti di Alessandro Gnocchi
Pubblicato
sul sito Riscossa Cristiananella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi 10 novembre 2015 Titolo, impaginazione e neretti sono nostri Ogni martedì Alessandro
Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno
partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it,
con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri
amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune
interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una
risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere
risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare
risposte a tutti.
martedì 10 novembre 2015È' pervenuta in Redazione: Egregio dottor Gnocchi,
Caro Vitaliani,nella sua visita a Firenze, proprio oggi, papa Francesco ha citato don Camillo e Guareschi. Non è contento neanche di questo? Distinti saluti Domenico Vitaliani no che non sono contento, perché, se sono fedeli le cronache a cui lei si riferisce, papa Francesco ha detto: “Ma
pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don
Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di
Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente
vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: ‘Sono un
povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno,
li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con
loro’. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un
umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo
questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità
e non andiamo da nessuna parte”.
Si tratta dell’ennesima citazione sbagliata, o mal ricordata, o inventata da Bergoglio a proprio uso e consumo. Anzi a proprio abuso e consumo. Lo aveva già fatto con Gilbert K. Chesterton e, su Riscossa Cristiana, lo aveva spiegato da par suo Fabio Trevisan (clicca qui). Quindi, caro Vitaliani, cominciamo togliendo di mezzo l’equivoco e falso “don Camillo che fa coppia con Peppone”. Don Camillo non “fa coppia con Peppone”, ma, ogni volta, fa la fatica di ricondurre alla casa di Dio il povero sindaco traviato dal comunismo. E con quali metodi lo faccia è spiegato molto bene in un racconto che si intitola “La processione”, quello che si conclude con la benedizione del Po nonostante il divieto dei comunisti. Quando don Camillo si trova la strada sbarrata da Peppone e compagni, imbraccia il crocifisso come fosse un arma e poi, una volta arrivato in riva al fiume, va a finire così: “‘Gesù – disse ad alta voce don
Camillo – se in questo sporco paese le case dei pochi galantuomini
potessero galleggiare come l’arca di Noè, io vi pregherei di far
venire una tal piena da spaccare l’argine e da sommergere tutto il
paese. Ma siccome i pochi galantuomini vivono in case di mattoni uguali
a quelle dei tanti farabutti, e non sarebbe giusto che i buoni
dovessero soffrire per le colpe dei mascalzoni tipo il sindaco Peppone
e tutta la sua ciurma di briganti senza Dio, vi prego di salvare il
paese dalle acque e di dargli ogni prosperità. ‘Amen’, disse
dietro le spalle di don Camillo la voce di Peppone. ‘Amen’ risposero in
coro, dietro le spalle di don Camillo, gli uomini di Peppone che
avevano seguito il Crocifisso”.
Questa, caro Vitaliani, è l’immagine letteraria più efficace della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo: la Croce al Vertice, poi il sacerdote e quindi, a piramide tutto il resto del corpo sociale, autorità civile in testa, in totale deferenza rispetto a Cristo. Non mi pare che sia esattamente l’idea di rapporto con il mondo praticata dall’attuale Pontefice. Don Camillo non è quella robetta sdolcinata spacciata per prete cattolico dal vescovo venuto dalla fine mondo. Se c’è un concetto completamente estraneo al prete di Mondo piccolo e al suo creatore è quello di “umanesimo”: che non può essere “cristiano” e, quindi, neppure “popolare, umile, generoso, lieto”. Alla fine, il discorrere di Bergoglio, anche quando ci mette di mezzo la preghiera, anche quando parla del Vangelo, anche quando indica come esempio Nostro Signore, arriva sempre lì, all’uomo come centro e fine ultimo dell’universo. Il mondo che piace a questo Francesco è letteralmente invertito rispetto a quello in cui vive don Camillo, che ha al suo vertice, come principio e come fine, Gesù Crocifisso. Il mondo di Bergoglio è quello della “Gaudium et spes”, uno dei documenti più importanti del Concilio Vaticano II. E, per capire che cosa Guareschi, il padre di don Camillo, pensasse del Vaticano II, si guardi queste due vignette, pubblicate sul Borghese nel 1965. ![]() ![]() No, caro Vitaliani, proprio non mi piace questa fasulla citazione di don Camillo, perché ne fa un sacerdote dell’uomo invece che un sacerdote di Cristo. Se mi chiedesse di trovare un concetto che riassuma il don Camillo vero, quello creato da Guareschi e non quello inventato da Bergoglio, le direi che sta nell’opposizione a tutti coloro che vantano anche il minimo diritto dell’uomo davanti al Creatore. È proprio lì il vero don Camillo, perché è proprio lì il vero Guareschi: davanti a Dio l’uomo ha solo dei doveri perché solo Dio ha diritti. Mi dica lei, caro Vitaliani, se un prete così può trovare posto nella chiesa da campo che questo Francesco sta erigendo a sua immagine e somiglianza. Non c’è un argine, non c’è un campo, non c’è una strada di Mondo piccolo in cui l’attuale Papa si possa trovare a suo agio. E meno ancora si potrebbe trovare bene nella povera chiesa di don Camillo, dove il Crocifisso parla davvero e lo fa sempre in punta di dottrina, perché è proprio su quel culmine affilato, e non nei giubilei della misericordia un tanto al chilo, che si trova la vera carità. In Don Camillo e don Chichì, l’ultima opera dedicata a Mondo piccolo, il vecchio parroco è costretto a sopportare il giovane curatino che è venuto a spiegargli l’aggiornamento voluto dal Vaticano II. Tra i molti episodi narrati da Guareschi, c’è un dialogo che mostra la differenza tra la Chiesa vera, quella fondata da Cristo, che non muore mai anche se troppi fanno di tutto per oscurarla, e la parodia messa su da chi nomina invano il nome di Cristo. “’La
sua campagna contro la guerra’” dice don Camillo al curatino “’per
esempio, è giusta: ma non si può trattare da criminali
coloro che l’hanno combattuta e, magari, ci hanno rimesso la salute o
la vita’”
“’Chi
uccide è un assassino’ gridò don Chichì. Non
esistono né guerre giuste né guerre sante: ogni guerra
è ingiusta o diabolica! La legge di Dio dice: ‘non uccidere’,
‘amerai il tuo nemico’. Reverendo: questa è l’ora della
verità e bisogna dire pane al pane e vino al vino!’”
“’Pericoloso
dire pane al pane e vino e al vino là dove il pane e il vino
sono il corpo e il sangue di Gesù!’ borbottò don Camillo
testardo”.
Capisce, caro Vitaliani, si tratta di due fedi diverse. E direi che è discretamente significativo che “Chichì”, il nomignolo con cui Guareschi chiama il curatino aggiornatore, sia il diminutivo di Francesco. Che quel pretino fastidioso ed arrogante sia diventato Papa? Alessandro Gnocchi Sia lodato Gesù Cristo (torna
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novembre 2015 AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO |