Intervista con Mons. Athanasius Schneider

di Anne Le Pape


Pubblicata sul quotidiano francese Présent del 13 novembre 2015






Monsignore, Lei ha partecipato all’elaborazione del libro Le Synode sur la famille en 100 questions, [Opzione preferenziale per la Famiglia – Cento domande e cento risposte intorno al Sinodo” (Edizioni Supplica Filiale)] molto chiaro e sempre d’attualità. A chi si rivolge questo libro?

Il libro si rivolge innanzi tutto alle famiglie, ai genitori cristiani, ai fidanzati e soprattutto a tutti coloro che lavorano all’apostolato e alla pastorale familiare. Ai giorni nostri regna una gran confusione riguardo alla verità sul matrimonio e la famiglia, sia nel dominio della legge naturale sia nel dominio delle verità rivelate e della vita disciplinare della Chiesa. Per questo motivo i fedeli hanno bisogno di essere muniti di una conoscenza sicura e senza equivoci, per essere pronti a confessare la verità divina sul matrimonio e la famiglia davanti a chiunque chieda ragione di questa verità (Cfr. I Pt 3, 15). Essi devono essere fermi e immutabili nella loro convinzione e nella loro confessione (cfr. Eb 10, 23), immunizzati contro i sofismi e gli astuti stratagemmi della nuova ideologia mondiale sul gender, che è riuscita a trovare dei collaboratori nel seno stesso della Chiesa, specialmente nei ranghi del clero.
Sfortunatamente, ai giorni nostri, presso un numero considerevole di preti e perfino di vescovi, si riscontra una conoscenza insufficiente dei testi del Magistero passato e dei due ultimi pontificati, testi che tuttavia restano validi in perpetuo. È questa la ragione per la quale l’argomentazione del nostro libro si basa principalmente sui testi del Magistero. Esso, quindi, può essere utile anche al clero.

Le domande poste sono estremamente dirette. Sono state ispirate da obiezioni che i tre autori, tra cui Lei [Mons. Aldo di Cillo Pagotto, SSS (arcivescovo di Paraíba, Brasile), Mons. Robert F. Vasa (vescovo di Santa Rosa, California) e Mons. Athanasius Schneider (vescovo ausiliare di Astana, Kazakhstan). Prefazione del Cardinale Jorge A. Medina Estévez, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino], hanno avuto modo di ascoltare in quanto pastori?

Certo, una parte delle obiezioni esposte e alle quali noi rispondiamo provengono dalla vita concreta dei fedeli. Un’altra parte presenta le obiezioni tipiche dell’ideologia dominante, che sono diventate le obiezioni della parte influente della nomenclatura ecclesiastica.

Un intero passo del libro analizza la distorsione del vocabolario, come per esempio l’uso distorto del termine «discriminazione» o quello che gli autori chiamano «parole talismano». Pensate dunque che nel dominio religioso la scelta e il mantenimento delle parole sia importante?

Da alcuni decenni possiamo osservare nell’ambito ecclesiale un’atmosfera in cui predomina l’ambiguità dottrinale che viene espressa con termini e parole imprecise, spesso portatrici di emozioni. Un tale metodo intellettuale e un tale linguaggio assomigliano molto al fenomeno dello gnosticismo cristiano del II secolo, che è stato magistralmente analizzato, smascherato e confutato da Sant’Ireneo di Lione nella sua opera Adversus haerese. La Chiesa odierna ha un bisogno pressante di un nuovo Sant’Ireneo di Lione!

Quali conclusioni trae dallo svolgimento della seconda parte del Sinodo, appena conclusasi?

L’ultima assemblea del Sinodo ha mostrato al mondo intero l’immagine di un episcopato profondamente diviso, e questo a proposito di questioni dottrinali e disciplinari già definite dal Magistero pontificio e dal Magistero ordinario e universale, in particolare: la grave immoralità e il carattere contro natura degli atti di sodomia, e cioè l’omosessualità praticante, l’impossibilità di ammettere degli adulteri impenitenti ai sacramenti, l’immoralità di tutte le forme pratiche di divorzio. Dopo la crisi ariana del IV secolo, non s’era mai sentito dire che dei vescovi cattolici abbiano proferito insolentemente e senza vergogna delle eresie o delle semi-eresie in un’assemblea ufficiale della Chiesa. Nel corso delle sessioni del sinodo, il mondo è stato testimone di questo fatto costernante.
Inoltre, è stato parimenti manifesto che il controllo delle principali strutture amministrative del sinodo («i corridoi del potere») erano decisamente nelle mani di ecclesiastici che simpatizzavano per le dottrine suddette e per le pratiche semieretiche. Resta dunque l’impressione che ai giorni nostri nella Chiesa si abbia la libertà e il diritto di propagare impunemente delle teorie eterodosse e che alla fine si possa essere ricompensati per questo. La natura del ministero magisteriale dei vescovi consiste nel conservare e amministrare fedelmente il deposito della fede, di cui essi non sono i proprietarii. Una delle espressioni più importanti di questo ministero consiste nella delucidazione delle verità cattoliche, senza cambiarne il senso. Nel sinodo, invece, si è prodotta un’eclissi della verità, causando una situazione di generale confusione per quanto riguarda la disciplina della Chiesa sui divorziati risposati. Il papa San Gregorio I, nella «Regola pastorale, II, 7» spiega che i vescovi, nella testa del corpo della Chiesa, hanno la funzione degli occhi, e nel caso in cui i vescovi si adattino allo spirito del mondo, finiscono col riempirsi gli occhi di una polvere che li acceca.

Le preoccupazioni che Lei ha espresso sull’avvenire della famiglia, si sono rivelate fondate? Alcuni padri sinodali temevano che si producessero delle dichiarazioni ambigue. Cosa è successo?

Fra le diverse dichiarazioni ambigue, vorrei segnalare quelle che considero come le più pericolose, perché minano alla base le verità cattoliche:
- L’accento sulle qualità positive delle persone che vivono in uno stato oggettivo e permanente di peccato, minimizzando così la realtà del male e la sua gravità. Si tratta di una sorta di mimetizzazione morale e di mistificazione spirituale.
- L’applicazione impropria e inammissibile del principio di imputabilità morale al caso delle unioni coniugali irregolari. Cosa che presuppone, o quanto meno favorisce, la teoria dell’“opzione fondamentale” e la teoria della negazione della distinzione tra peccato veniale e peccato mortale o grave, teorie già condannate dal Magistero.
- Far dipendere in fin dei conti l’ammissione alla Santa Comunione dalla decisione degli stessi divorziati, secondo il loro stato di coscienza e il loro discernimento in “foro interno”, con l’aiuto del confessore, senza l’esigenza di una vita di completa continenza. Questo apre la porta al principio del giudizio soggettivo, alla maniera protestante, e dunque ad una sorta di “protestantizzazione”.
- Far dipendere questa ammissione alla Santa Comunione dei divorziati risposati, dall’orientamento del vescovo locale. Cosa che apre le porte al principio del particolarismo dottrinale e disciplinare e dunque ad una sorta di “anglicanizzazione”, che conduce alla dissoluzione della vera cattolicità

La conclusione di questo libro sul sinodo esorta all’azione e interdice ogni sterile lamento. E’ per Lei un punto importante?

E’ sicuramente un punto importante. I veri cattolici conoscono bene la fede divina e le sue verità dottrinali e pratiche. Infatti, noi crediamo, comprendiamo le verità di fede, celebriamo la liturgia e in sostanza viviamo come hanno creduto, come hanno compreso, come hanno celebrato e come hanno vissuto i nostri antenati e tutte le generazioni di cattolici dai tempi degli Apostoli fino ai tempi dei nostri nonni e dei nostri genitori. Questa conoscenza della fede, questa convinzione nella fede, questo orgoglio santo della fede e questa gioia della fede sono la nostra vera proprietà, la quale ci è stata consegnata da Dio nel battesimo. Di come amministriamo questa santa proprietà dei talenti della fede cattolica, Dio chiederà conto ad ognuno di noi, a cominciare dai detentori del Magistero fino al più semplice fedele. E anche se alcuni detentori del Magistero, durante l’ultimo sinodo, hanno appannato la purezza della dottrina e della pratica della tradizione cattolica, questo non dovrebbe diminuire la nostra fedeltà e la nostra certezza, ma anzi dovrebbe infiammare lo zelo nel confessare e difendere la fede, e nessuno ci toglierà «la gioia della nostra fede» (Gv 16, 23). «La vittoria che trionfa è la nostra fede» (1 Gv 5, 4).
Nel contesto dei due ultimi sinodi abbiamo visto, e vedremo ancora, come la saggezza e la vera misericordia di Dio permettono che nella Chiesa la fedeltà e la purezza della fede dei piccoli trionfino sulla manchevolezza, sul tradimento e sull’inganno in materia di fede di alcuni membri di un gruppo o di una corrente potente nella struttura visibile della Chiesa di oggi.
Tuttavia, secondo le parole della Beata Vergine Maria, Dio ama «rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili» (cfr. Lc 1, 52). Questi umili e piccoli, nella Chiesa odierna, sono tutti coloro che hanno conservato la fedeltà e la purezza della dottrina, della vita e della pratica cattoliche, a cominciare dai bambini, dalle famiglie e fino ai vescovi. In questo senso possiamo comprendere le parole del concilio Vaticano II, che restano luminose e consolanti nella confusione dei nostri tempi: «La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando “dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici” (Sant’Agostino, De Praed. Sanct. 14, 27) mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita.» (Lumen Gentium, 12).


novembre 2015

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