L’“americanismo” … è frutto di uno spiritualismo che assume forme materiali fino a diventare religione civile

di Alessandro Gnocchi


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
  24 novembre 2015

Titolo, impaginazione e neretti sono nostri



Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.


martedì 24 novembre 2015

È' pervenuta in Redazione:

Caro dottore,
ho letto con molto interesse la posta della scorsa settimana in cui commentava gli avvenimenti di Parigi e direi che sono fondamentalmente d’accordo, però ho qualche perplessità. Per esempio, mi è chiara la sua condanna dell’islam, ma mi pare che lei ce l’abbia molto di più con l’Occidente. Va bene che l’Occidente è tutta quella roba che lei dice, ma non è che così si rischia di diventare antioccidentali e, mi consenta di dirlo, antiamericani favorendo anche senza volerlo proprio l’islam? Non possiamo dimenticarci che l’Occidente, a mio avviso rappresentato in grado massimo dall’America, è quello che ci ha liberato dai grandi totalitarismi del Novecento. Insomma, non vorrei che si rischiasse di preferire l’islam agli Stati Uniti.

Se ho inteso male il suo pensiero mi perdoni, ma questo non cambia il mio giudizio su certo antiamericanismo che vedo rinascere ogni volta che accadono fatti come quelli francesi.

Con molta stima,

Luigi Siracusa




simboli americani

Caro Siracusa,
la sua lettera è un piccolo capolavoro così ben congegnato da contenere la domanda e, neanche tanto implicitamente, la risposta sul tema che le sta a cuore. E devo dire che la sua lettera è così onesta da non nascondere l’americanismo dietro al dito di un mitologico Occidente di cui l’Europa sarebbe parte integrante.
Ebbene, caro Siracusa, ritenendo che lei ponga la questione in modo realistico e corretto, le devo dire che io non “corro il rischio di diventare” antiamericano perché lo sono già.

Il motivo del mio antiamericanismo, ridotto ai termini essenziali, è molto semplice e si fonda sulla seguente e banalissima constatazione. Se qualcuno critica l’Italia, non diventa automaticamente antitaliano, se critica la Francia non diventa antifrancese, se critica la Germania non diventa antitedesco, se critica la Russia non diventa antirusso… Però, se critica l’America, diventa ipso facto “antiamericano”. E lo scrivo tra virgolette perché questo è il segno che l’America, pur presentandosi agli occhi del mondo come il luogo in cui tutte le libertà si danno appuntamento, in realtà è la patria di un totalitarismo connaturale a quelli che ha combattuto, esclusivamente per proprio interesse, nel secolo scorso.

Dunque, posso dire di essere antiamericano per ben due motivi. Il primo è indipendente dalla mia volontà, poiché il solo fatto di esercitare un pensiero critico sull’America mi conferisce automaticamente lo status di “antiamericano”. Il secondo è totalmente intenzionale poiché ritengo che la forma di totalitarismo riassunta nell’equazione “critica agli Stati Uniti uguale antiamericanismo” sia la più pericolosa tra quelle presenti sulla ribalta planetaria dalla fine della seconda guerra mondiale ai nostri giorni e vada combattuta all’origine. Detto questo, dovrebbe essere chiaro che non ritengo pericolosa, come invece fanno anche molti cattolici di robusta costituzione tradizionale, solo l’America di Obama considerando come un Eldorado l’America di Bush, non critico solo l’America abortista e libertaria salvando quella conservatrice e patriottica. Non cado in tale schizofrenia perché queste due Americhe, in realtà, sono un’America sola, sono parte dello stesso totalitarismo, cosicché, tanto per Obama quanto per Bush, o si è con l’America o si è contro l’America. Ma, per quanto mi riguarda, solo Nostro Signore Gesù Cristo può dire che chi non è con Lui è contro di Lui: chiunque altro lo faccia prende il suo posto e si erge a falso idolo.

Se ci pensa bene, caro Siracusa, il meccanismo totalitario dell’aut-aut, semplice nella sua applicazione e tremendo nella sua efficacia, è lo stesso applicato dall’Unione Sovietica fin dal principio del movimento rivoluzionario. Criticare la rivoluzione voleva dire essere antirivoluzionari, criticare il comunismo voleva dire essere anticomunisti, criticare la patria dei Soviet voleva dire essere antisovietici: proprio come criticare gli Stati Uniti vuol dire essere antiamericani.

Questa similitudine tra Unione Sovietica e Stati Uniti, che per decenni si sono spartiti il dominio del mondo, mostra che questi due leviatani sono legati dall’essenza totalitaria e da un comune fondo materialista. Uno è il riflesso speculare dell’altro: uno è frutto di un materialismo che assume forme spirituali fino a diventare religione universale, l’altro è frutto di uno spiritualismo che assume forme materiali fino a diventare religione civile.

Qui non ho lo spazio per entrare nel dettaglio della dottrina americanista e, d’altra parte, lo sprecherei perché lo ha fatto Piero Vassallo proprio qui su Riscossa Cristiana in una eccellente analisi a cui la rimando.
Mi limito a qualche osservazione che faccia da cornice al quadro che tanto la inquieta, giusto per inquietarla ancora un po’ di più.

Caro Siracusa, l’origine del male americano, che possiamo dire americanista se la tranquillizza un po’ anche se non cambia la sostanza, sta nel fatto che gli Stati Uniti, fin dall’origine, non si sono concepiti come semplice stato sovrano, ma come entità religiosa e ideologica destinata all’egemonia globale. Una vera e propria chiesa che ha una dottrina essoterica nell’esportazione della democrazia, una dottrina esoterica nel primato americano e dei sacramenti nelle diverse gradazioni della guerra, da quella occulta al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki, risalendo fino allo sterminio dei pellerossa uccisi in una esplicita guerra di conquista e non in una crociata per la propagazione del Regno di Cristo.

Non possiamo dimenticare che questa nazione nasce con l’approdo dei Padri Pellegrini fuggiti dall’Europa in cerca della Nuova Gerusalemme. Erano in gran parte dei protestanti puritani che finirono per perdere la fede in Dio riversandola sui dogmi dell’illuminismo moderato posto a fondazione del nuovo mondo. Il mito della religione civile non è cosa di oggi, era già ben chiaro ai tempi di Benjamin Franklin e Abraham Lincoln. Cominciarono con loro ad ardere le fiammelle votive ai Padri Fondatori che hanno contagiato in modo così virulento il “Mondo Occidentale” da diventare i lumini accesi con il sottofondo di “Image” in onore dei poveretti uccisi mentre invocavano il demonio al “Bataclan” di Parigi.

Caro Siracusa, magari, obietterà che, mentre in terra islamica vengono martirizzati, negli Stati Uniti i cattolici godono di tutte le libertà immaginabili. Ma, fin dal principio, la libertà americana può anche essere radicale per gli individui, basta che non turbi l’ordine civile istituito sulle basi dell’illuminismo adottato dai Padri Pellegrini. L’americanismo concede agli uomini di pensare ciò che vogliono, ma non di trarre le conseguenze del loro pensiero sul piano pratico e sociale. Ognuno può pensare ciò che vuole, ma dubitando che sia buono e, dunque, che sia vero, perché la Verità coincide con il Bene dell’America. Una riserva mentale che ricorda molto da vicino l’ingresso in massoneria.

E, ancora, opporrà a quanto le sto dicendo che negli Stati Uniti i cattolici possono manifestare quanto vogliono in difesa delle loro idee e del loro credo. Non dubito della buona fede di quei cattolici e ammiro il loro impegno, ma, allo stesso tempo, non posso non far di conto sui risultati e vedere che il mondo, compresa l’America, anzi a cominciare dall’America, va sempre peggio. E non potrebbe essere altrimenti poiché quei cattolici sono indotti, costretti, a manifestare dentro il sistema, secondo regole imposte dal sistema e, alla fine, giustificando un sistema che trae la propria legittimazione da una liberalità priva di conseguenze. Hanno un bel sostenere, per esempio, il Partito Repubblicano che agita la bandierina pro-life, ma alla fine anche il Partito Repubblicano è espressione e sostegno dello stesso sistema che preferisce buttare dollari nell’esportazione della democrazia nel medioriente del petrolio invece che nella vera guerra all’aborto. Insomma, caro Siracusa, diciamo che, se faccio fatica a vedere la cosiddetta sinistra americana come sostenitrice della Regalità Sociale di Nostro Signore, fatico a vedere in quella parte anche la cosiddetta destra. Mi dice che cosa cambia in America e nel mondo quando cambia l’amministrazione alla Casa Bianca?

E allora, mi chiederà lei, è meglio l’islam? Non sto a ripetere ciò che ho già scritto su questa falsa religione che, come tutte le false religioni, è frutto dell’opera del demonio. Sappia però che, tra le false religioni, ci metto anche quella “civile” a stelle e strisce. E, in ogni caso, mi inquieta meno l’islam. Se mi trovo davanti un musulmano che mi chiede l’abiura del cristianesimo, il peggio che mi può capitare è che mi tagli la testa. Se mi trovo davanti un americanista, corro un pericolo ben peggiore: non mi chiederà brutalmente di abiurare, non cercherà di tagliarmi la testa, ma tenterà di cambiarmela. Anzi lo sta già facendo con la televisione, con la musica, con il cinema, con le moda, con i costumi più o meno depravati.

Caro Siracusa, il militante islamico, e non a caso dico militante poiché mi riesce difficile attribuire il ruolo di fedele a chi professa una falsa religione, può tentare di costringermi a scrivere i versetti del Corano e, se non riesce, mi taglia la testa. L’americanista, invece, agisce come il correttore automatico di un programma di scrittura che, se non lo si tiene d’occhio, scrive quello che vuole lui, correggendo dove meglio crede, senza rispettare il nostro pensiero, interpretando come errori nostre precise decisioni.

Se l’islamico mi taglia la testa, versa sangue che rende più forte la Chiesa, se l’americanista me la cambia versa quel poco cervello che ho senza che dia frutto.

E allora, caro Siracusa, pongo anche a lei la stessa domanda che ho posto al lettore della scorsa settimana: ha ancora così paura dell’islam?

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo




novembre 2015

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