A proposito di falsa misericordia

di Giovanni Servodio





Così, l’8 dicembre 2015, ha avuto inizio l’Anno Santo della Misericordia, che si concluderà il 20 novembre 2016. L’anno della “tenerezza di Dio”, ha titolato l’Avvenire. L’anno che si è aperto con la compresenza di “due papi”, accidenti ormai consueto in questa neo-Chiesa figlia del Vaticano II.

Papa Bergoglio ha voluto aprire questo evento in Africa, piuttosto che a Roma, quasi a confermare plasticamente la sua fobia per la Sede di Pietro, da lui espressa in mille modi a partire dalla sua infelice elezione… infelice per la Chiesa, ovviamente.

Non è nostra intenzione richiamare le tante incredibili buffonate anticattoliche che hanno costellato l’inizio di questo evento, molti lo hanno fatto meglio di noi (vedi qui, qui, qui, qui). Ma ci preme sottolineare la enorme portata di alcune espressioni di papa Bergoglio, che permettono di capire meglio qual è e quale sarà lo spirito di questo tormentoso avvenimento.

Nel corso dell’omelia pronunciata l’8 dicembre, nella Messa in Piazza San Pietro, papa Bergoglio ha spiegato che:
«Questo Anno Straordinario è anch’esso dono di grazia. Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. E’ Lui che ci cerca! E’ Lui che ci viene incontro! Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia (cfr Agostino, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza. Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma.»

Questa spiegazione, del tutto in linea col linguaggio a-cattolico tipico di papa Bergoglio, in realtà non spiega alcunché della misericordia di Dio, ne fa piuttosto una caricatura, buona semmai per qualche neo-parrocchia della “periferia”, ma del tutto stridente in Piazza San Pietro, in bocca a colui che dovrebbe essere il successore dell’Apostolo Pietro.

Riconosciamo che è ormai da cinquant’anni che ascoltiamo l’insulso ritornello “del Padre che tutti accoglie”, ma questo non giustifica che lo si possa ripetere all’infinito senza che qualcuno ne ricordi la totale insipienza.
Anche un semplice padre di famiglia, con la sua relativa ignoranza, capisce che non potrebbe e non vorrebbe mai accogliere presso di sé chi non è degno della sua confidenza e della sua fiducia… figuriamoci Dio Onnisciente, che tra l’altro ha ripetuto in mille modi – basta leggere il Vecchio e il Nuovo Testamento – che solo i giusti saranno posti alla Sua destra, mentre i malvagi, coloro che non Lo riconoscono, coloro che negligono i Suoi comandi, coloro che Lo dileggiano, coloro che Lo combattono o coloro che Lo sviliscono – come in questo caso – costoro saranno precipitati nel fuoco eterno, dove sarà pianto e stridore di denti (Cfr. Mt. 25, 31-46).

In sostanza, Papa Bergoglio ha aperto l’Anno della Misericordia in nome di una falsa misericordia, cara a lui e ai nuovi preti della neo-Chiesa nata dal Vaticano II. Una falsa misericordia che – dice Bergoglio – perdonerebbe misericordiosamente ancor prima di giudicare ed eventualmente di punire i peccati. Una misericordia impossibile, cioè, che fa di Dio un essere condizionato e del Suo giudizio un’inutile e retorica farsa.

Questa falsa misericordia, che esula dalla giustizia, ha tutti i connotati del sentimentalismo irreale e foriero del peccato, poiché disconosce colpevolmente che la vera misericordia di Dio si manifesta sia col perdono del pentito sia con la condanna dell’impenitente, non solo a motivo della giustizia, ma anche a motivo del libero arbitrio, rendendo all’uomo secondo la sua libera scelta: al vero fedele il perdono e il Paradiso, all’infedele la condanna e l’Inferno.

Concetto questo che attiene anche a quello che Bergoglio chiama “mistero di amore, di tenerezza”. L’amore e la tenerezza di un padre è noto che si misurano più con la sua capacità di correggere e punire il figlio, piuttosto che con la sua leggerezza nel perdonarlo sempre. Il figlio corretto è amorevolmente e misericordiosamente portato a vivere la sua vera natura di uomo; il figlio perdonato sempre è erroneamente portato a disconoscere la sua vera natura di uomo e a perdersi nell’infraumano e nell’antiumano, fino a precipitare nell’Inferno piuttosto che elevarsi al Cielo.

Che un papa non sappia queste cose è talmente grave che impone la riflessione che in tal modo egli dimostra di non essere al servizio di Cristo, ma dell’Anticristo; come dimostra con forza la stoltezza: “Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia”.
Anche il più mansueto dei fedeli comprende che i peccati perdonati a priori dalla misericordia rendono inutile, vana ed oziosa ogni punizione seguita al giudizio; rendono inutile cioè la giustizia di Dio e Dio stesso.

A migliore spiegazione di questa concezione anti cattolica, papa Bergoglio avanza un’altra chiave di lettura di quest’Anno della Misericordia:
«Oggi, qui a Roma e in tutte le diocesi del mondo, varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo. Questa scadenza non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. In primo luogo, però, il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano.»

Quindi, quest’Anno della Misericordia è sostanzialmente il festeggiamento del cinquantenario del Vaticano II, qui presentato come una porta che la Chiesa ha aperta al mondo, permettendogli di varcare la soglia della Chiesa stessa e di irrompere in essa, tutto distruggendo di quanto vi fosse di buono e sostituendolo con quanto di malvagio è capace di produrre il mondo. Con l’aggravante che per quella porta gli uomini di Chiesa sarebbero usciti “dalle secche” che avevano “rinchiusa in se stessa” la Chiesa, e si sarebbero dispersi nel mondo, confondendosi con esso. Cosa questa che papa Bergoglio chiama stoltamente “cammino missionario”, cammino che col Vaticano II la Chiesa avrebbe “ripreso con entusiasmo”, dopo i “molti anni” di chiusura.

Anche uno stolto si accorge del cumulo di bugie contenuto in questo paragrafo e al tempo stesso della candida confessione della vera natura del Vaticano II e dell’odierno Anno della Misericordia: non più l’uomo che viene stimolato ad elevarsi a Dio, ma Dio che si pretende debba scendere al livello dell’uomo. Il totale capovolgimento della stessa nozione di religione, il rovesciamento della cattolicità in laicità, la sostituzione della religione di Dio, e per Dio, nella moderna diabolica religione dell’uomo, per l’uomo.
Il tutto giubilato con la proclamazione di un Anno Santo ad hoc, perché la Chiesa esca da se stessa e si abbandoni all’abbraccio e alla fornicazione col mondo, in nome di un supposto spirito “samaritano” che esiste solo nella mente deviata di questo improprio e improbabile “vescovo di Roma” venuto “dalla fine del mondo” per “la fine del mondo”.

Riconosciamo, però, che la descrizione della vera natura del Vaticano II è del tutto rispondente, tanto che papa Bergoglio non esita a richiamare il devastante discorso di Paolo VI in cui questi, preso dall’entusiasmo, si involò, tra l’altro, in quell’assurda e diabolica esaltazione: “anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo”; una delirante dichiarazione di infedeltà a Dio espressa solennemente da colui che avrebbe dovuto essere il Vicario di Cristo, e che per questa sua titanica infedeltà papa Bergoglio ha bellamente “beatificato”.

Tutto si lega ed è inevitabile che i simili vadano con i simili: che il cultore dell’uomo, di ieri, sia citato dall’adoratore dell’uomo, di oggi. Una continuità che fa di questo nuovo campione del Vaticano II il suo maggiore esaltatore: che indice un Anno Santo per giubilare il cinquantenario dell’evento più disastroso che la Chiesa abbia mai subito nei suoi duemila anni di storia… su istigazione del demonio e ad opera degli stessi uomini Chiesa.

Se papa Bergoglio avesse il minimo senso della realtà non persisterebbe nella trappola mortale della misericordia per la misericordia, cioè nella falsa misericordia, ma porrebbe mente al fatto elementare che il medico pietoso fa la piaga verminosa. Il buon medico, infatti, amputa l’arto infetto per impedire che infetti tutto il corpo e conduca alla morte il malato.

E’ questa la vera misericordia, la stessa che viene raccomandata da Nostro Signore:
«Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. (Mc. 9, 43-48)».

«Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco. (Mt 18, 8-9)».


 




dicembre 2015

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