LA QUESTIONE DEL PAPA ERETICO

Una tentazione ricorrente
in tempi di crisi nell’ambiente ecclesiale

di Don Curzio Nitoglia


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Investitura di Pietro - Perugino - Cappella Sistina


L’ipotesi del Papa eretico è una pura possibilità, non è certa e nemmeno probabile.

La questione del Papa eretico è solo un’ipotesi, un’opinione possibile, nemmeno probabile e per nulla certa. Quindi è inutile riprenderla oggi per ovviare alla situazione catastrofica nell’ambiente ecclesiale postconciliare, anche perché essa è inficiata di Conciliarismo mitigato, che è almeno teologicamente erroneo. Si rischia, quindi, con essa solo di aggravare la situazione già caotica nel seno dell’ambiente ecclesiale.

I Dottori della Chiesa, soprattutto nella controriforma, ne hanno discusso come pura possibilità teorica ipotetica (“ammesso e non concesso che il Papa possa cadere in eresia…”). Senza arrivare ad un accordo unanime e mai ad una probabilità e men che mai ad una certezza, ognuno ha espresso la sua ipotesi come possibile al massimo poco probabile o molto improbabile, ma giammai una tesi certa.

Riguardo alla possibilità che il Papa cada in eresia vi sono sostanzialmente quattro soluzioni.

La prima ipotesi (san Roberto Bellarmino, De Romano pontifice, libro II, capitolo 30; Francisco Suarez, De fide, disputa X, sezione VI, n.° 11, p. 319; cardinal Louis Billot, De Ecclesia Christi, tomo I, pp. 609-610) sostiene che un Papa non può cadere in eresia dopo la sua elezione, ma analizza anche l’ipotesi puramente teorica (ritenuta solo possibile) di un Papa che può cadere in eresia. Come si vede questa ipotesi non è ritenuta per certa dal Bellarmino né dal Billot, ma solo speculativamente possibile.

La seconda ipotesi (che il Bellarmino qualifica come possibile, ma molto improbabile, ivi, p. 418) sostiene che il Papa può cadere in eresia notoria e mantenere il pontificato; essa è sostenuta solo dal canonista francese D. Bouix (†1870, Tractatus de Papa, tomo II, pp. 670-671), su ben 130 autori.

La terza ipotesi sostiene, ammesso come possibile e non concesso come certo, che cada in eresia il Papa perde il pontificato solo dopo che i cardinali o i vescovi abbiano dichiarato la sua eresia (Cajetanus, De auctoritate Papae et concilii, capitolo XX-XXI): il Papa eretico non è deposto ipso facto, ma deve essere deposto (deponendus) da Cristo dopo che i cardinali hanno dichiarato la sua eresia manifesta ed ostinata.

Infine la quarta ipotesi sostiene che il Papa, se cade in eresia manifesta, perde ipso facto il pontificato (depositus). Essa è sostenuta dal Bellarmino (ut supra, p. 420) e dal Billot (idem, pp. 608-609) come solo possibile e meno probabile della prima ipotesi, ma più probabile della terza.

Come si vede si tratta solo di ipotesi, di possibilità teoretiche, neppure di probabilità, e mai di certezze teologiche.

L’ipotesi del Papa eretico è di origine conciliarista e quindi ereticale

Ora la teoria conciliarista mitigata riprese e diffuse l’opinione che eccezionalmente, ossia in alcuni casi (ad esempio in caso di eresia) il Papa potesse essere sottomesso al giudizio dei suoi sudditi. Purtroppo nel Trecento, con le lotte tra Bonifacio VIII (†1303) e Filippo IV il Bello (†1314), il prestigio del Papato scemò e il vecchio principio di Graziano († 383) fu arricchito: il Papa poteva essere giudicato e deposto non solo in caso di eresia, ma anche quando esorbita nell’esercizio del suo potere.

Molti conciliaristi erano spinti da amore sincero verso la Chiesa, la cui esistenza sino alla fine dei secoli ed il cui infallibile insegnamento vedevano compromesso dalla possibilità di un Papa poco capace di svolgere correttamente la sua funzione. Tuttavia il rimedio che ponevano al problema era “un rattoppo peggiore dello strappo”, poiché per restaurare la Chiesa ne cambiavano la divina istituzione e da monarchica la rendevano democratica o aristocratica. Infatti un errore o disordine pratico (il Papa cattivo, eretico o incapace che semina il caos nell’ambiente ecclesiale) non si corregge con un altro errore, e per di più ereticale: la superiorità del Concilio sul Papa per sé (Conciliarismo radicale ed eretico) o solo in caso di eresia (Conciliarismo mitigato ed erroneo teologicamente).

Infatti ci insegna Gesù: “Se un cieco guida un altro cieco tutti e due finiranno nella fossa” (Lc., VI, 39-40), vale a dire se il Papa non si comporta bene (nella fede, nella morale e nel governo della Chiesa) e lo si fa aiutare (deponendolo e dichiarandolo non-Papa) dall’Episcopato ritenuto superiore al romano Pontefice, allora il male diventa maggiore perché un cieco non può guidare un altro cieco, altrimenti si hanno due incidentati e non un solo incidentato.

Il Tradizionalismo gallicano odierno riesuma l’ipotesi del Papa eretico

Questo vecchio errore nato nelle circostanze del grande scisma è risorto, circa seicento anni dopo, nel post-concilio (1965-2015) e si ritiene anche oggi – di fronte ad un problema reale. Il modernismo penetrato nella Chiesa – da alcuni che il Papa, i Vescovi, i Cardinali e i Sacerdoti son caduti quasi universalmente nell’errore; tuttavia vi sono le poche anime pie ed elette dei “tradizionalisti” che mantengono la vera fede, i veri sacramenti e quindi la vera Chiesa, la quale è rappresentata da loro e sussiste su di essi, ma ciò è contrario al piano di Dio che ha fondato la Chiesa su Pietro, sugli Apostoli e sui Papi, sui Vescovi con giurisdizione venente dal Papa sino alla fine del mondo. In breve, per costoro, sarebbe la sola Tradizione (interpretata non dal magistero del Papa, ma dai fedeli neo-tradizionalisti gallicaneggianti) a correggere il Papa (come per il Conciliarismo lo sarebbe il solo Concilio).

Ora nella Enciclica Humani generis (12 agosto 1950) papa Pacelli insegna che «il Magistero deve essere per qualsiasi teologo, in materia di Fede e di Costumi, regola prossima di verità, in quanto Cristo ha affidato al Magistero il Deposito della Fede – cioè la Tradizione divina e la S. Scrittura – […] per essere interpretato. Per gli insegnamenti del Magistero non solo solenne ma anche ordinario valgono le parole: “Chi ascolta voi, ascolta Me” (Lc. X, 16). […]. È vero che i teologi devono sempre tornare alle fonti della Rivelazione divina […]. Ma Dio assieme a queste due sacre Fonti della Rivelazione ha dato alla sua Chiesa il Magistero. […]. Il Redentore ha affidato il Deposito della Rivelazione per la sua retta interpretazione non ai singoli fedeli, né ai teologi, ma solo al Magistero ecclesiastico » (DS 3384, 3386).

In breve Pio XII ribadisce che Cristo ha dato alla Chiesa non solo la Tradizione e la Scrittura (le due fonti della divina Rivelazione), ma anche il Magistero, che è regola prossima di verità per la retta interpretazione della Tradizione apostolico/patristica e della S. Scrittura. Quindi non si può correggere il Papa con la sola Traditio senza ricorrere al Magistero pontificio, che è interprete della Tradizione.

La Collegialità modernista e il Tradizionalismo gallicano sono le due facce della stessa medaglia: il Conciliarismo mitigato

Come si vede è solo accidentale la differenza tra Conciliarismo progressista, che sostiene la superiorità dell’Episcopato sul Papa come potere venente dal basso in maniera democratica, e Episcopalismo gallicano tradizionalista, che invece è conservatore poiché non si fonda sul popolo democraticamente inteso, ma sulla Tradizione aristocraticamente intesa, che tuttavia non è interpretata dal Papa regnante in atto e dal suo Magistero vivente nel Papa regnante, ma dal clero, dall’Episcopato tradizionale e dai fedeli tradizionalisti. L’importante è che lo si faccia alla luce della “Tradizione” come la intendevano gli ortodossi scismatici greci del Mille o i Tradizionalisti fideisti francesi dell’Ottocento i Tradizionalisti gallicani odierni e non alla luce della “democrazia” come lo hanno collegialmente fatto i neo-modernisti al Concilio Vaticano II.

Ma ciò significa distruggere la costituzione divina della Chiesa come monarchia fondata da Gesù su uno solo come capo di Essa (Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo) e rimpiazzarla con una forma aristocratica in cui, nel Conciliarismo moderato, il potere è detenuto dal Papa e dai Vescovi anche se con un certo primato di onore, ma non di giurisdizione del Papa. Il Papa sarebbe come un re costituzionale, che può essere giudicato, corretto e rimosso dall’Episcopato (riunito in Concilio o sparso nel mondo), che è superiore al Papa come il tutto è superiore ad una singola parte. Quindi il Papa è sottomesso al Concilio o è pari ad esso collegialmente.

Secondo il Conciliarismo non c’è Chiesa senza Papa, però non è necessaria una persona fisica, reale, vivente in atto. L’unico Capo inamovibile, realmente e fisicamente necessario in atto, della Chiesa è Gesù Cristo.

Anche qui le analogie con certo “Tradizionalismo (specialmente sedevacantista”) contemporaneo sono impressionanti. Infatti la tesi dei conciliaristi, episcopalisti o gallicani è quella di convocare un Concilio o di ricorrere ai Cardinali e ai Vescovi sparsi nelle loro diocesi per rimettere la Chiesa in ordine. Quella di certo “Tradizionalismo” gallicano contemporaneo è di ricorrere ai fedeli (preti e Vescovi senza giurisdizione) per ridare alla Chiesa un vero Papa o per farla ritornare alla Tradizione da Essa smarrita. Inoltre la via del Papa eretico, che non è più Papa a causa della sua eresia è una forma di Conciliarismo moderato, la quale ritiene il Papa inferiore all’Episcopato in caso di eresia. Infatti, la teoria conciliarista riprese e diffuse l’opinione che in alcuni casi (ad esempio in caso di eresia) il Papa potesse essere sottomesso al giudizio dei suoi sudditi.

Prima Sedes a nemine judicatur

Secondo il Gaetano il Papa è proximus et immediatus Vicarius Christi (De Comparatione, ed. Pollet, 1936, cap. VIII, p. 52, n. 93). Quindi non c’è nessuna autorità sulla terra né eguale né tanto meno superiore a quella del Papa.
Perciò il Papa ha il supremo potere sulla Chiesa universale ed è superiore al Concilio e ai Vescovi sparsi nel mondo.

Da ciò ne segue che il Papa non può essere giudicato da nessuna autorità terrena o ecclesiale avendo per superiore solo Gesù Cristo.

Naturalmente il Gaetano si richiama alla S. Scrittura, alla divina Tradizione e al Magistero.
Ne segue anche che se si può nella società civile come extrema ratio rivoltarsi anche con le armi contro il tiranno temporale, non si può rivoltarsi neppure giuridicamente contro il Papa dichiarandolo decaduto. Infatti i Vescovi non ne hanno il potere, neppure il Concilio o i Cardinali (Cajetanus, Apologia De Comparata Auctoritate, cit., ed. Pollet, 1936, cap. VII, p. 234, n. 521; cap. XVI, p. 316, n. 795).

La Chiesa è stata istituita in totale dipendenza da Cristo e dopo la sua Ascensione in Cielo deve dipendere dal Vicario di Cristo. Di qui il detto “Prima Sede a nemine judicetur”.

Il Concilio senza il Papa rappresenterebbe solo le pecore senza il pastore.
Ora Pietro è stato istituito da Cristo unico pastore a cui è affidato l’unico ovile che è la Chiesa (Cajetanus, De comparatione, cit., ed. Pollet, 1936, cap. VII, p. 49, n. 85). La Chiesa quindi non è al di sopra del Papa ma sotto il Papa come l’ovile e il gregge sono sotto il pastore.
Se il Concilio, invece, pretendesse di essere non gregge ma pastore, non sarebbe il pastore scelto da Cristo, che è Pietro, ma un pastore “abusivo” o un lupo travestito da pastore (Cajetanus, De Comparatione, cit., cap. VII, p. 49, n. 86).

La vera soluzione del problema

La conclusione è ovvia: “un errore non si corregge con un altro errore, altrimenti si hanno due errori e non più un solo errore; un cieco non può guidare un altro cieco, altrimenti si hanno due incidentati e non un solo incidentato”.
La crisi del Papato non può essere corretta dal Conciliarismo, che pone l’Episcopato sopra il Papa; né dal Tradizionalismo che pone la sola Tradizione senza la guida del Magistero vivo nel Papa attualmente regnante al di sopra del Papa.
Come scriveva il Gaetano (Apologia de comparata auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.) il rimedio ad un male così grande come “un Papa scellerato” e la crisi nella Chiesa in tempi di caos (v. grande scisma di Occidente) è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente.
Gaetano cita l’Angelico (De regimine principum, lib. I, cap. V-VI) in cui il Dottore Comune insegna che normalmente i più propensi a rivoltarsi contro il tiranno temporale sono i “discoli”, mentre le persone giudiziose riescono a pazientare fin che è possibile e solo come extrema ratio ricorrono alla rivolta. Quindi ne conclude che se occorre aver molta pazienza con il tiranno temporale e solo eccezionalmente si può ricorrere alla rivolta armata e al tirannicidio, nel caso del Papa indegno o “criminale”, non solo non è mai lecito il “papicidio” e la rivolta armata, ma neppure la sua deposizione da parte del Concilio.

Oggi con il pontificato di Francesco I la situazione ecclesiale è arrivata ai minimi storici, ma come non è stata la Collegialità del Vaticano II ad aver aiutato il Papato da “sinistra”, così non saranno i gallicaneggianti (fedeli, preti e Vescovi senza giurisdizione) a salvare la Chiesa da “destra”, ché Essa è stata fondata da Dio e da Lui assistita “ogni giorno sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20), soprattutto nelle epoche più burrascose in cui sembra che Dio abbia abbandonato la sua Chiesa, come avvenne sul Lago di Genezaret quando la barca in cui si trovavano gli Apostoli stava per essere inghiottita dalle onde e Gesù sembrava dormire…(Mt., VIII, 24).

Da “sinistra” i modernisti conciliaristi in nome di una pretesa Collegialità episcopale equiparano “democraticamente” il Papa all’Episcopato subordinato e distruggono la Monarchia petrina; mentre da “destra” i neo-Tradizionalisti gallicaneggianti ecclesiologici negando ogni valore al Magistero vorrebbero “ortodossicamente” sottomettere il Papa alla sola Traditio da loro interpretata e non dal potere magisteriale vivente del Pontefice romano regnante in atto.
La retta soluzione è quella indicata dalla S. Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero: il Redentore ha affidato il Deposito della Rivelazione per la sua retta interpretazione non ai singoli fedeli, né ai teologi, ma solo al Magistero ecclesiastico» (Pio XII, Encilica Humani generis, 12 agosto 1950, DS 3384, 3386).



dicembre 2015