Cosa dobbiamo fare di fronte all'immigrazione islamica?

di Marco Bongi


Impaginazione e neretti sono nostri


Leggo volentieri, da qualche anno a questa parte, interessanti articoli sul fenomeno dell’immigrazione extraeuropea, specialmente mirati sui pericoli insiti in quella islamica e sulle finalità distruttive della residua civiltà cristiana.
Sappiamo ormai tutto, o quasi, sulle strategie capitalistico-massoniche che stanno alla base dell’invasione, sul tentativo di utilizzare la “clava” islamica per demolire la cultura occidentale, sulla sostanziale contiguità ideologica, in fatto di odio al Cristianesimo, fra i potentati iper-laicisti e taluni ambienti mussulmani.   

Tutto ciò è vero, nessuno lo vuole contestare. Noto tuttavia una diffusa carenza circa l’individuazione di possibili contro-strategie volte a superare, o almeno tentare di risolvere,  il grave problema.

Considero, in altre parole: quando i popoli barbari e pagani invasero e distrussero l’Impero Romano d'Occidente, i Cristiani soccombettero certamente sul piano politico e militare, ma prevalsero altrettanto totalmente in ambito religioso. I popoli barbari vennero tutti convertiti e dalla fusione di queste culture con la civiltà latina nacque niente di meno che la meravigliosa Cristianità Medievale.  

Dio seppe dunque, in quella come in altre occasioni, scrivere ben dritto sulle righe storte. Ma i Cristiani, dal canto loro, avevano una Fede forte e ben radicata nella Verità. Furono dunque loro a convertire e non furono convertiti dai pagani.

Leggendo queste opinioni qualcuno però potrebbe portare, in contraddittorio, un esempio storico diametralmente opposto, ossia la completa estinzione del Cristianesimo in Nord Africa a seguito della conquista araba. Questo avvenimento, in realtà, andrebbe senza dubbio maggiormente approfondito, a livello storico, ed anche, insieme a tutto il fenomeno Islam, sul piano della teologia della storia.

Perché, in fin dei conti, dai Martiri in nord-Africa perseguitati dai mussulmani, non nacquero nuovi cristiani?  

L'interpretazione più corrente, ma ripeto, occorrerebbero indagini più approfondite, addebita la sconfitta alle divisioni nella Chiesa, alla diffusione delle eresie, alla scarsa saldezza nella Fede.

Tornando quindi ai giorni nostri penso, con un pizzico di sana provocazione, finalizzata però alla stimolazione del dibattito, che il vero pericolo attuale non stia tanto nell’invasione dei cosiddetti migranti, quanto nella nostra debolezza spirituale, dottrinale e morale.

So per certo infatti che alcuni mussulmani, una volta conosciuto più da vicino il Cristianesimo, ne sono spesso affascinati. Sembrano cose insignificanti ma mi è capitato di trovarne di molto stupiti nel constatare che ci sono sacerdoti davvero in grado di vivere, per amore di Dio, in castità e continenza. 

Altri, pur non comprendendo magari a fondo il Mistero dell’Incarnazione, restano inteneriti dalla contemplazione del Presepe e dalla vicinanza del nostro Dio che ci ha eletti come suoi figli.

Parecchi ammirano istintivamente  la coerenza delle famiglie tradizionali mentre disprezzano la società secolarizzata e l’immoralità dilagante in Occidente.

Ho anche assistito, nel corso di un viaggio in Turchia, a molte richieste di benedizione formulate dai passanti ad un sacerdote cattolico vestito in talare.
 
Nessuno però, o quasi, è disposto a curare queste anime ed a operare per la loro conversione.

Si dice, anche in ambienti dottrinalmente ben formati, che non ha senso cercare di convertire i mussulmani, è pericoloso, è inutile, è destabilizzante. Un buon francescano mi ha addirittura detto: “Se non ci è riuscito il poverello di Assisi col Sultano... vuol dire che non è impresa per noi”.

Ma ne siamo davvero sicuri? Non è forse magari questo che ci chiede il Signore nella crisi contemporanea caratterizzata dall’invasione dei barconi?
Proviamo a meditarci sopra e comunque parliamone e preghiamo per comprendere cosa dobbiamo fare. 





dicembre 2015

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