Il diabolico intreccio 

di Elisabetta Frezza

Pubblicato su Riscossa Cristiana






Il Corriere della Sera, organo benpensante dei padroni del vapore, è particolarmente impegnato negli ultimi tempi a tirare la volata al transumanismo più spinto come luminoso frutto del progresso scientifico.

Per più di un motivo la paginata trionfale del Corriere di venerdì scorso non può non attirare la nostra attenzione. Essa infatti – premesse alcune chiavi di lettura – riesce a illuminare la scena in modo tanto chiaro quanto sconvolgente sul panorama bioetico italiano ad ampio raggio spazio-temporale. Potete leggere l’articolo cliccando qui.



La scienziata Eleonora Porcu, “cattolica”, annuncia un traguardo storico raggiunto dalla sua equipe: la gravidanza eterologa di una donna sterile ma “ossessionata dal pensiero di un figlio” e “innamorata della maternità”, ottenuta tramite impianto di un ovocita congelato dieci anni fa appartenente ad altra donna già diventata nel frattempo madre di due figli con inseminazione omologa e quindi ovviamente aliena dall’idea di programmarne altri per raggiunti limiti di prole.

Sembra una caricatura, ma non lo è. Al Corriere sono professionisti seri.

Contestualmente al lieto annuncio, la Porcu attacca la pratica dell’utero in affitto quale “moderna forma di schiavitù femminile”, cioè si schiera con il mainstream, “cattolico” come lei, della finta resistenza al ddl Cirinnà.

Il combinato disposto delle posizioni espresse dalla cattolicissima scienziata, estremamente suggestivo nel suo strabismo, è dato in pasto all’italo-lettore medio e mediamente “cattolico”, nonchè erudito in batteria dalla stampa di regime, che lo recepisce così: l’utero in affitto è pratica disdicevole perché offende le donne e il loro corpo (dei bambini prodotti, non per nulla, si tace), però la produzione di esseri umani in laboratorio è cosa buona e giusta, in tutte le sue articolate modalità: omologa ed eterologa, con materiale fresco o congelato (tra i surgelati si può poi optare se embrioni od ovociti).

Il supermarket della vita è ufficialmente aperto ai consumatori di ogni età, sesso e credo religioso.

Per chi conosca un po’ l’ambiente bolognese e le relazioni che ivi si coltivano da molti anni, il pezzo svela però una trama più profonda.

La Porcu è “cattolica” non solo e non tanto per autocertificazione, ma perché in effetti risulta ben inserita negli ambienti para-clericali che contano. Come evidenziava Mario Palmaro (clicca qui per leggere l’articolo di Palmaro), la dottoressa compare tra i fondatori del carrozzone ecclesiale Scienza & Vita, emissario diretto della CEI, ed è creatura allevata in condominio da Carlo Casini e Carlo Flamigni. I due Carli, che in teoria dovrebbero stare ai due estremi della bioetica, in realtà rappresentano il medesimo blocco di dissoluzione necrofila, che è poi il volto sinistro del risalente democristianismo italico.

Come ci informa la stampa degli anni in cui impazzava la polemica sugli embrioni crioconservati, il professor Flamigni  si presentava in veste di pioniere della tecnica di congelamento degli ovociti, da lui definita “la via per conciliare gli strumenti della scienza con le questioni sollevate dalla religione e i diritti delle donne”. Anche Veronesi nel 2001, ministro della salute in carica, proclamava che “arriveremo presto all’eliminazione degli embrioni dai frigoriferi congelando gli ovociti” attraverso una via “certamente più difficile, ma che permette di conciliare in modo quasi miracoloso i bisogni della scienza, il diritto della donna alla fecondazione e infine il diritto del mondo religioso a non vedere calpestata la sua sensibilità”; dove, nel tripudio dei diritti di tutti e delle responsabilità di nessuno, ben si coglie il delirio prometeico fuori controllo che tanti frutti continua a produrre anche in fase senile. Nel 2003, poi, Flamigni annuncia l’avvio della fase sperimentale della nuova tecnica.

Ma – attenzione – già nel 1997 era nientemeno che Carlo Casini a sponsorizzare con entusiasmo la  bella trovata dei manipolatori della vita, salutata come “progresso da stimolare” nella ricerca di quel “minimo etico” – sic! – che lo Stato deve garantire, “visto che il magistero cattolico è contrario a gran parte delle tecniche di PMA perché cerca di tener collegato l’aspetto unitivo con l’aspetto generativo dell’atto sessuale” e che, d’altra parte, “la scienza progredisce e non bisogna vincolarla troppo”.

Pare uno scherzo, ma non lo è. A esprimersi in questi termini è proprio il Casini padre-padrone del Movimento per la Vita italiano, che conferma una volta di più di essere un vero genio del compromesso, non solo di quello postumo ma anche di quello in proiezione futura: è riuscito a programmare biotecnologicamente il compromesso verso quell’embrione congelato che nel frattempo, infatti, è stato inoculato e ormai assimilato senza crisi di rigetto dalla sensibilità sedicente cattolica e sedicente pro life. Nelle sue preveggenti mosse strategiche, egli non esita a commerciare in materiale umano con gli stregoni dei cantieri mefistofelici, in particolare con quel Flamigni che – ricordiamolo – è il trasformatore seriale di nonne in mamme e il primo sperimentatore (con parziale successo) della gravidanza extracorporea.

La Porcu, stretta collaboratice di Flamigni, è il riferimento del mondo pro life ufficiale oltre le linee nemiche, che poi tanto nemiche evidentemente non sono. È lei l’approdo consigliato alle coppie infertili dai ginecologi obiettori che gravitano nell’orbita del MpV. È lei l’anello di congiunzione del sodalizio diabolico tra mondi che dovrebbero essere tra loro irriducibili e sono, invece, paurosamente compenetrati.

Ma non è finita. Nel succoso pezzo del Corriere entra in scena a un certo punto anche Assuntina Morresi, che apprendiamo essere referente del ministro Lorenzin. E che coerentemente condivide con il suo superiore la passione per la fecondazione in vitro. La Morresi ci informa del percorso virtuoso che il ministero della salute ha intrapreso nell’attuazione dell’eterologa e, in particolare, conferma il progetto di una campagna nazionale per la donazione gratuita di materiale genetico (ovuli e spermatozoi). Programma che, sulle note della liberalità, richiama i toni sempre suadenti della carità cristiana.

Firma di punta del quotidiano episcopale Avvenire, la Morresi è legata a filo doppio alla parlamentare ex radicale Eugenia Roccella, cinghia di trasmissione di lungo corso tra apparato vescovile pro choice e associazionismo paracattolico. Le due sono vere e proprie gemelle omozigote confezionate in vitro da monsignor Camillo Ruini attingendo alla inesauribile banca del seme del vivaio democristiano. Hanno pure scritto un libro a quattro mani sulla RU 486, la kill pill che poi la Roccella ha chiesto al parlamento di rendere accessibile negli ospedali di tutte le regioni italiane, col pretesto di piantare un paletto capace di evitare che il preparato abortivo finisse in farmacia. Pare anche questo uno scherzo, ma nemmeno questo lo è.

Oltre che della legge 40 – da lei definita un’ottima legge e necessaria, ora solo un po’ bucherellata da una magistratura un tantino dispettosa – la Morresi è una ammiratrice sfegatata della 194, di cui non manca mai di decantare le virtù, a voce e per iscritto. La signora siede insieme al professor Flamigni, di cui sopra, nel Consiglio Nazionale di Bioetica.

Il quadro, nelle sue tinte fosche, è abbastanza manifesto. L’intreccio inestricabile tra realtà antitetiche è risalente e incancrenito. E l’articolo del Corriere lo fotografa con involontario nitore: ci mostra senza veli la continuità e la contiguità bioetica e biotecnologica e la connivenza pelosa tra i laboratori mefistofelici all’avanguardia e gli apparati pseudocattolici in perenne retroguardia.

E la chiesa sta a guardare.





gennaio 2016

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