“INSTRUMENTUM LABORIS” E ATTENZIONE VERSO LE PERSONE CON TENDENZA OMOSESSUALE: LACUNE E SILENZI

L’OMOSESSUALITÀ NON È SEDE DI DIRITTO



di Enrico Maria Radaelli



I1) Sulle pagine della Instrumentum laboris che riguardano coloro che anche in tale documento vengono eufemisticamente chiamati “persone a tendenza omosessuale” vorrei manifestare una riserva di carattere generale: dai tempi infatti del Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (1993), sostitutivo di quello di san Pio V, o Tridentino (1566), la Chiesa ha scelto di accettare e di includere, come se la cosa fosse possibile, una realtà supposta ontologica di “persone con tendenza omosessuale”.



Prima di questo Catechismo di tali persone il magistero della Chiesa ha parlato di sfuggita, p. es., nelle 45 Proposizioni condannate nei decreti del S. Uffizio del 24-09-1665 [contro i lassisti], nella Proposizione 28: « La pederastia, la sodomia e le congiunzioni con animali, sono peccati della stessa specie più infima: perciò nella confessione è sufficiente dire che ci si è procurati una polluzione » (Denz 2044), e naturalmente nel Catechismo Tridentino (p. 469 edizione Cantagalli): « Disonesti e adulteri, effeminati e pederasti non erediteranno il Regno di Dio » (I Cor 6,9). Ora, invece, nel testo del sopra detto Nuovo Catechismo, che vorrebbe supplire alle carenze del primo, si dà per scontata e per reale una tendenza la cui consistenza è invece tutta da vedere, e di cui potrebbe essere messa in dubbio l’esistenza ontologica almeno con tre considerazioni (i sotto indicati punti A, B e C), accettando unicamente il fatto ahimè storicamente riscontrabile di uomini che peccano contro la castità e dunque di uomini che, come tutti i peccatori, vanno certamente accettati, amati accolti e ascoltati, ma rigettando ogni pretesa ontologista del loro status, che è solo quello di una situazione peccaminosa, transeunte, accidentale e storica, deviante dall’innata tendenza dell’uomo al bene, qui quello della castità, elargita da Dio a tutti gli uomini.
Ecco le tre considerazioni:


A), L’uomo – tutti gli uomini – tende naturalmente al bene. Ma la « tendenza omosessuale innata » (CCC 2358) contrasta sia col Vecchio che col Nuovo Testamento, che non la ammettono.
Per il Vecchio Testamento si possono segnalare almeno i seguenti passi scritturali:
1), L’episodio di Sodoma (Gn 19,1-11);
2), « Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio » (Lv 18,22);
3) « Se un uomo ha rapporti con un altro uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di essi » (Lv 20,13).
Per il Nuovo Testamento:
4), « Non illudetevi: …né effeminati, né sodomiti, … erediteranno il regno di Dio » (Loc. cit.);
5), « La legge … è fatta per … i fornicatori, i pervertiti … » (I Tim 1,8;10);
6), « Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in sé stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento » (Rm 1,26-7).

Quindi, se le Sacre Scritture sono inerranti (almeno in fide et moribus), e le Sacre Scritture sono certamente inerranti (almeno in fide et moribus), v. Denz 3292s, 3652-4, tale tendenza non può essere né un bene, né innata, perché Dio non punisce l’uomo per ciò che l’uomo è, anche accidentalmente, p. es. per nascere cieco, o senza qualche organo corporeo, come a volte avviene, ma punisce l’uomo per ciò che egli fa, e che fa adempiendo tre precisi parametri: piena avvertenza, deliberato consenso, materia grave.
Ma se la « tendenza omosessuale » non è un bene, gli uomini che dicono di tendervi, tendono verso il male: tendono verso una direzione anomala, perversa, contro natura, e ciò fanno per desiderio, per concupiscenza; inoltre, secondo, non essendo tale tendenza innata, perché il suo innatismo metterebbe in errore, come visto, le Sacre Scritture, tali uomini vanno instradati con opportuni consigli spirituali, forse uniti anche a terapie collaterali, così da correggersi presto e compiutamente, tirandosi fuori dal loro peccato.

B), L’uomo – tutti gli uomini – tende naturalmente al bene. Se vi fossero persone con « tendenze omosessuali innate » (v. sopra), ciò significherebbe che tale tendenza sarebbe un bene. Ma non può essere un bene cui tendere ciò che dalla Chiesa, nelle azioni di un uomo conseguenti alla tendenza, viene con termini inequivocabili indicato come atti
« intrinsecamente disordinati, contrari alla legge naturale » (CCC 2357, dunque articolo che, pur precedendo di un solo numero quello visto sopra, lo contraddice): se le azioni sono “intrinsecamente disordinate”, non può non essere “intrinsecamente disordinata” anche la cosiddetta “tendenza” allo status che li porta a compiere tali azioni, anzi: lo dev’essere di più, come la causa (la tendenza) dev’essere di certo più dell’effetto (l’azione).

C) Tali persone, che pretendono essere riconosciute intrinsecamente “omosessuali”, quasi che la loro condotta disordinata, anomala e contro natura sia ontologica (non accettano neanche una prospettiva clinico-psico-terapeutica, sostenendo di essere tali geneticamente), asseriscono che le Sacre Scritture non si riferiscono a loro, quando parlano di sodomiti o di sodomia, ma a persone che compiono “atti omogenitali”, ma qui andrebbe chiarito invece che agli occhi di Dio (sia nel V. T che nel N. T.) ogni scelta, atteggiamento o atto sessuale che non sia teso alla vita, che non sia teso cioè a “dare figli a Dio”, è male, è atto intrinsecamente e gravemente peccaminoso. Posto che l’inclinazione  al proprio genere sessuale (meglio: il desiderio, anzi l’impuro desiderio, anche per il CCC, il quale, p. es. al n. 377, lo chiama “concupiscenza”) è cosa che non porta ad atti fecondi per la vita, per dare “figli a Dio”, essa è intrinsecamente cattiva, in odio o quantomeno in disprezzo a Dio e ai suoi disegni (per orgoglio, perché tutto nasce dall’orgoglio: il narcisismo è una forma di orgoglio).

Queste tre considerazioni rigettano ab ovo ogni pensiero sul tema che sia fondato su pretese ontologiste, cioè sulle premesse attualmente in voga universalmente e che oggi allignano, come visto, pur se di certo senza suo dolo, anche nella stessa Chiesa.

Su questo punto la Chiesa odierna dovrebbe correggere il proprio insegnamento, come l’ha già corretto una volta nel passaggio dal Catechismo di San Pio V, il Tridentino, al Nuovo Catechismo, perché un sano e santo sviluppo della società e del mondo non può avviarsi che a partire da un insegnamento moralmente corretto.
Esso, invece, in primo luogo si presenta fortemente disorganico nei confronti dell’insegnamento precedente, come si può osservare – il che non significa che anche l’insegnamento precedente, posto nel Tridentino, non vada corretto e migliorato, e anche in più punti –; e in secondo luogo, specialmente, non sembra essere veridico come dovrebbe, e in questi quarant’anni di vita mi pare si sia mostrato fortemente lacunoso, omettendo, Dio non voglia, per gran paura delle potenti lobbies sessiste, ma anche, in generale, dei loro fiancheggiatori, gli intellettuali a tendenza liberale, più o meno crudamente anticattolica, verità imperdibili, senza cadere peraltro in vero e grave difetto di magistero, perché tali insegnamenti sono stati dati sempre (un “sempre” relativo: esplicitamente, e in documenti conservati e ufficiali, solo dal 1566) in qualità di “verità connesse ai dogmi”, similmente a quelle “verità connesse ai dogmi” della cui forza chi scrive ha con ogni dovizia illustrato estensione e limiti in Dogma e pastorale (Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2015, pp. 53-66).
Verità imperdibili, dunque, tali “verità connesse ai dogmi” su cui si soffermano i due più conosciuti Catechismi stilati nei secoli dalla Chiesa, ma non esse stesse dogmi, e dunque compatibili con qualche imperfezione, come mostra lo stesso Catechismo Tridentino, o, in altro ambito, mostrano i due Codex Iuris Canonici (il primo del 1917, il secondo del 1983), o le canonizzazioni dei santi (che a volte, come si sa, furono anche di santi inesistenti); le “verità connesse”, va ribadito, sono verità storiche, dunque defettibili, sicché, dogmaticamente parlando, la Chiesa è salva. Ma lo scandalo dell’errore, allorché individuato, andrebbe tolto di mezzo sempre al più presto, correggendo l’errore e pubblicizzando la correzione nella misura in cui fu fatto e fatto conoscere l’errore.

Da come stanno le cose, potrebbe sembrare quasi che le lobbies sessiste e i loro fiancheggiatori siano riuscite a spostare la linea di demarcazione che la Chiesa dovrebbe riconoscere tra bene e male inducendola, con impropri, inaccettabili e tendenziosi argomenti cosiddetti “scientifici”, a farle includere nel bene anche gli atti di coloro che sarebbero “affetti” da tali « tendenze omosessuali innate », ma la vera e originale linea di demarcazione è quella tra purezza e impurità, tra carnale e spirituale, tra castità e incontinenza, come dicono le Scritture: « Chi semina nella sua carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna » (Gal 6,8).

Le lobbies omosessuali e i loro fiancheggiatori sono riusciti anche a spostare l’attenzione di tutta la società su un suo aspetto marginale (non accidentale, ma marginale, circoscritto), come la sessualità, moralmente corrompendo tutta la società come materialmente la corruppe la peste nera nel 1347, così che ora viviamo in una società ipersessualizzata, ipercarnale, potremmo dire anche insatanassata, dove cioè il sesso è presente come fosse il sale della terra, con grave perdita della sua spiritualità, che è invece il suo elemento davvero non marginale, non circoscritto, ma sostanziale e illimitato (v. Mc 5,13). Al contempo di questa invadente e abietta ipertrofia sessista, inaspettatamente avviene che, in sgradevole simmetria eguale e contraria, ci tocca vivere anche in una società che oggi si rivela gravemente e volutamente infeconda, destinata perciò alla propria atrofia, al proprio autoannientamento. D’altronde, né il singolo uomo né la società può vivere etsi Deus non daretur, “come se Dio non ci fosse”, che è il principio che si è voluta dare la società occidentale e liberaloide d’oggi, a partire dalle sue stesse Costituzioni. Sicché questa tendenza autodistruttiva è destinata a essere prima o poi corretta da Dio, con una correzione che Dio stesso, nella sua bontà, garantisce col suo celebre giuramento: « Portæ Inferi non prævalebunt » (Mt 16,18).

La Chiesa è l’unica Società che può salvare i popoli e le Nazioni, ma si ha l’impressione che forse qualche suo Pastore – come d’altronde è avvenuto in altri secoli in duri confronti avutisi con altri potentati – si sia lasciato prendere da un eccessivo timore delle lobbies sessiste dominanti, così da produrre senza volere delle convinzioni come quelle viste al punto A), e il combattimento dunque per la necessaria correzione degli insegnamenti da dare sul tema potrebbe essere portato anche intra mœnia e potrebbe non essere privo di grandi scosse.
Ma la purissima Vergine ha sempre protetto e sempre proteggerà la sua santa Chiesa, specie quei suoi figli che ciò vogliono e chiedono, salvaguardandola, lei e i suoi figli, dagli schizzi di impurità anche minimi con cui il Nemico vorrebbe infangarla, spingendola presto alla purezza dogmatica che la guida.

A proposito, infine, della castità, cui ora si è accennato, andrebbe ricordato – e questo vale anche per i cosiddetti divorziati risposati, cioè i concubini) – che la castità e la purezza di cuore sono dovuti a una condotta di vita richiesta dal Signore come status naturale da tenere sia nella condizione di celibi, sia in quella di sposati, sia infine in quella di consacrati, come indicato dal Signore: « Se non vi farete piccoli come questo bambino non entrerete nel Regno dei cieli » (Mt 18,4): l’impudicizia, la concupiscenza, è una tentazione; la purezza non è uno dei tanti possibili modi di vivere il matrimonio (e la vita in generale), ma è lo status ontologico dell’uomo, fuori e dentro il matrimonio che sia.
Certo, per mantenerla è necessaria la grazia, ma lo status dell’uomo, anche nel matrimonio, è la purezza, è la castità, non l’impurità, non la lussuria. È vivere secondo lo Spirito, non vivere secondo la carne: « Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione, chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna » (Loc. cit.).
La grazia è decisiva per il combattimento, ma l’uomo, di suo, non è che dopo il battesimo sia costretto quasi a guadagnare un territorio di santità e di purezza in cui non si troverebbe originariamente, ma, dopo il battesimo, e ancor più dopo la cresima, e ancora più poi dopo ogni comunione eucaristica, dovrebbe ricordare che il suo status naturale è la purezza, dunque lontano da ogni tendenza malsana, da ogni tentazione-inclinazione impura: per grazia, si manterrà puro come puri sono i bambini, ossia come puro era stato egli stesso fin quando era stato bambino.

La purezza del cuore è l’unica via a essere atta, oltre che per la santità, anche per tornare a rendere feconda la società, viva la civiltà, promettente il futuro. La castità e la legge morale garantiscono e donano un benessere sociale anche materiale, perché il Signore, Cristo Gesù, premia con grazie anche materiali, se pur secondarie rispetto alle spirituali, la condotta morale di una società che segue i suoi comandamenti, il suo Vangelo, come suggeriscono anche alcune dottrine economico-finanziarie cattoliche che sollecitano intraprendere politiche che sappiano legare con rigore ambiti solo apparentemente lontani tra loro, come parrebbero essere il morale e l’economico-finanziario, ma le Scritture sono piene di vivi suggerimenti in tal senso: « Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli » (Sal 32,10), « Il Signore ha dato, il Signore ha tolto » (Gb 1,21), e, nel N. T., Lc 12,6: « Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio », o anche I Cor 3,7: « Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma è Dio che fa crescere ».
Il Signore, padrone anche della materia, premia chi segue con purezza d’animo e con apertura alla vita (anche il rifiuto di metodi contraccettivi fa parte della castità) i misericordiosi e santi insegnamenti della Chiesa, dando alla società fecondità e benessere: spirituali sempre, e a volte, per i Suoi fini superiori e dunque sempre squisitamente spirituali, anche materiali.








gennaio 2016

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