Il family day e
la deriva dei vescovi piemontesi

di Belvecchio




A proposito del “giorno della famiglia” – family day – la Conferenza Episcopale di Piemonte e Valle D’Aosta ha diffuso una dichiarazione con la quale invita i fedeli a parteciparvi.

Diciamo subito che questa dichiarazione, pubblicata sul sito dell’Arcidiocesi di Torino, il cui Arcivescovo, Mons. Cesare Nosiglia, è Presidente della detta Conferenza Episcopale, è qui accompagnata dall’invito ai fedeli a partecipare all’evento e dalle  informazioni per recarsi a Roma usufruendo delle agevolazioni di viaggio. Fin qui, dunque, si tratta di un’iniziativa meritoria.
Le dolenti note risuonano allorché si inizia a leggere la dichiarazione in sé.

Noi, Vescovi del Piemonte, con viva fraternità e responsabilità, ci uniamo a Papa Francesco e a tutti gli altri “pastori” d’Italia per promuovere una cultura dell’incontro in un dialogo chiaro, motivato, sereno con tutte le componenti della nostra società, forti dell’unica potenza umano-divina, quella dell’amore.

Una volta c’era una trasmissione televisiva in cui gli abitanti di un paese dovevano indovinare quale fosse l’“oggetto misterioso”. Da quello che sembra, i vescovi piemontesi, forse a causa dei loro anni, sarebbero fermi a quella trasmissione, così da proporre ai loro fedeli un indovinello: cos’è “l’unica potenza umano-divina, quella dell’amore”?
Non sappiamo quale premio sia riservato ai solutori, ma noi ci esimiamo dal partecipare a giochetti del genere, se non altro per un minimo di decenza.

Ora, che i vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta si compiacciano di mettere in scena farse del genere, passi, ognuno è libero di trastullarsi con i giocattoli che vuole, ma arrivare a pretendere che il farsi “forti dell’unica potenza umano-divina, quella dell’amore”, possa bastare per “promuovere una cultura dell’incontro in un dialogo chiaro, motivato, sereno con tutte le componenti della nostra società”, è cosa che lascia stupefatti, se non altro perché “la cultura dell’incontro” non è altro che una mera battuta, una frase fatta, un luogo comune buono per tutte le occasioni; mentre “il dialogo chiaro, motivato, sereno con tutte le componenti della nostra società” appare come un ammiccamento rivolto a determinate componenti, in questo caso quelle componenti anticattoliche e antiumane che propugnano la distruzione della famiglia e l’avvento della società multi-sessuale.
I vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta hanno volutamente evitato di bollare a fuoco, come meritano, tali componenti; dimostrando di seguire più il mondo e le sue suggestioni che gli insegnamenti e i comandi di Dio.

La famiglia è fondata sul matrimonio, unione d’amore vissuta stabilmente tra donna e uomo, aperta alla gioia responsabile del dono dei figli. I figli devono beneficiare dell’amore operosamente efficace di un padre e di una madre. Gli adulti non possono e non devono trasformare desideri in diritti e imporre al minore ciò che ritengono bello e giusto per se stessi. La famiglia è un dono costitutivo, architrave, di ogni civiltà, della vita della persona, della bella e buona espressione di tanti italiani. Lo attesta e conferma con saggezza e chiarezza la Costituzione della nostra Italia.

Non c’è una parola su Dio, sulle leggi naturali stabilite da Dio, sulle leggi morali dettate dalla Chiesa, sulla sensibilità religiosa degli stessi cattolici, sull’imperativo morale di fare il bene e fuggire il male. Nulla di tutto questo, forse per la troppa serietà che comporta, a fronte della leggerezza del luogo comune “viva la Costituzione”, definita per l’occasione “saggia e chiara”, nonostante le tante leggi che su di essa si fondano e che fanno strame degli insegnamenti della Chiesa e dei comandi di Dio… per tutti valgano aborto legale e divorzio celere.

Ribadiamo che tutte le unioni di coppie, comprese quelle omosessuali, non possono essere equiparate al matrimonio e alla famiglia. Tenuto fermo questo principio, anche le unioni omosessuali, come tutte le unioni affettive di fatto, richiedono una regolamentazione chiara di diritti e di doveri, espressa con saggezza. Riconosciamo certo la grande importanza e la delicatezza di questo tema che deve essere affrontato e dibattuto, ma non pervenendo a compromessi politici, frutto di equilibrismi tra poteri, che porterebbero a conseguenze negative a tutti i livelli, sociali e culturali, per le famiglie stesse.

Ed ecco il politichese curiale, qui lo dico e qui lo nego, si, ma, però, ovvero…
Dietro il quale si nasconde, neanche troppo bene, il preciso riconoscimento e la chiara legittimazione delle coppie omosessuali, che “però” “non possono essere equiparate al matrimonio e alla famiglia”, “ma” essendo “comunioni affettive di fatto”, “richiedono una regolamentazione chiara di diritti e di doveri, espressa con saggezza”. Così che i vescovi piemontesi e valdostani riconoscono che le coppie omosessuali hanno dei diritti che vanno “regolamentati”, diritti che non sono altro che i diritti del peccato, i diritti del disordine, i diritti dei desideri personali, quegli stessi che nel paragrafo prima si dice non debbano trasformarsi in diritti. Siamo alla schizofrenia pura e alla rinuncia al munus docendi, dettato dalla precisa volontà di tacere dei diritti di Dio per esaltare i diritti dell’uomo, secondo il disastroso insegnamento del Vaticano II e dei papi che lo hanno voluto e seguito, fino a Francesco.
Comico è poi il monito: “ma non pervenendo a compromessi politici”, che andrebbe completato con “tranne i compromessi dei moderni vescovi cattolici, che hanno causato e causano e causeranno conseguenze negative per le famiglie e per le anime dei fedeli”.

In preghiera fraterna e fiduciosa al Signore, ci poniamo e ci riconosciamo servitori della Buona Notizia del Vangelo sulla vita e promotori di cultura, nell’avvalorare le differenze come possibilità di cammino e di crescita, di relazione e di dialogo, che permettono di attuare “opere di misericordia” veramente umane e umanizzanti.

Questa chiusa della dichiarazione è una sorta di summa dell’anticattolicesimo, che spiega come i moderni prelati figli del Vaticano II si siano trasformati in “promotori di cultura”, della cultura moderna che è in lotta con Dio ed “avvalora le differenze” – cioè l’essere indifferentemente figli di Dio o figli del demonio – assumendole “come possibilità di cammino e di crescita” – verso il Cielo o verso l’Inferno – “di relazione e di dialogo” - fra Cristo e Beliar – “che permettono di attuare ‘opere di misericordia’ veramente umane e umanizzanti”.
Di grazia, ma per far questo non c’è bisogno della Chiesa, non c’è bisogno dei vescovi, non c’è bisogno dei papi, bastano i mezzi messi in essere dalla massoneria e dalle forze dell’Anticristo che ormai operano indisturbati in seno a quella che un tempo era la Chiesa di Cristo.

I fedeli sono avvertiti, dovranno recarsi a Roma, per il “giorno della famiglia” – family dayper concorrere a rendere ancora più umanizzanti le deviazioni sollecitate dai figli del demonio.
Forse, a queste condizioni, sarà il caso di non recarsi a Roma o di recarvisi nonostante i vescovi e contro questi vescovi che non servono più Cristo e la Sua Chiesa.






gennaio 2016

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