A scuola da Scola

di Giovanni Servodio





La mattina del 30 gennaio 2016 si è svolto a Milano il solito incontro con i giornalisti in occasione della festa di San Francesco di Sales, santo patrono della categoria. All’incontro, svoltosi presso l’Istituto dei Ciechi, il cardinale Scola, Arcivescovo di Milano, ha dialogato con il giornalista Gianni Riotta, mentre la moderatrice era Rolla Scolari, direttrice della rivista Oasis, fondata da Scola nel 2004 per “promuovere la reciproca conoscenza e l’incontro tra il mondo occidentale e quello a maggioranza musulmana”, come si legge nella presentazione del sito (http://www.oasiscenter.eu/it/chi-siamo).

Dati i personaggi coinvolti, l’incontro non riveste un particolare interesse dal punto di vista cattolico, ma inevitabilmente le cose dette dal cardinale non possono essere considerate insignificanti, trattandosi comunque delle parole di un “principe” della Chiesa, per di più incaricato di “insegnare” ai fedeli dell’Arcidiocesi più grande del mondo.

L’incontro è stato registrato e il video è reperibile su youtube (https://www.youtube.com/watch?v=PECXU3LOiow).
Chi avrà la curiosità di andarlo a visionare, con un po’ di pazienza e di buona volontà potrà rendersi conto delle tante cose poco o niente cattoliche dette dal cardinale di Milano, alcune delle quali, però, hanno suscitato l’interesse dei giornalisti, tanto da meritare un apposito articolo, come quello pubblicato da Luisa De Montis su Il Giornale (Scola: ”Inserire una festa islamica nella dimensione pubblica”).
Un resoconto dell’incontro con indicazione del video si trova sul sito della Chiesa di Milano.

Il Giornale ha messo in risalto quanto detto da Scola riguardo alle polemiche sull’uso del presepe e sulla sua rimozione per rispetto dei musulmani: “non si deve togliere il presepio ma semmai prendere una loro festa e inserirla nella dimensione pubblica”.
Lo sconcerto della giornalista, però, non è giustificato, perché il card. Scola è da anni che parla di “meticciato” di civiltà e culture, di qualcosa cioè che vorrebbe apparire “colta” e “profonda”, ma che di fatto è una impossibilità linguistica e in definitiva una corbelleria che va chiamata correttamente “distruzione” di civiltà e culture. Non si tratta neanche di sincretismo, che sarebbe una pretesa intellettuale, ma della convinzione che non si debba più parlare di “civiltà cristiana” – e men che meno di Cristianità – ma si debba giungere ad un mondo senza più identità, un mondo dove la norma prima è il caos, un mondo agli antipodi da quello “ordinato” da Dio.

È lo stesso cardinale che spiega come di fronte alla ineluttabilità del procedere del mondo verso una direzione distruttiva, i cattolici non possano fare altro che adeguarvisi, collaborando: “i processi non ti chiamano al telefono per dire che stanno capitando, succedono e basta e noi possiamo solo cercare di governarli.” Come dire che l’allontanarsi da Dio non è cosa che te lo manda a dire, ma è un andamento ineluttabile che noi possiamo solo assecondare e governare; la fede, l’intelletto e la volontà, per il cardinale sono solo fattori secondarii.

Ci si potrebbe stupire dell’arrendevolezza di questo prelato cattolico, ma basta conoscerne il pensiero per rendersi conto che non è il trascendente che muove il suo intelletto, ma l’immanente, che lo porta a considerare che non esiste la realtà vera, fondata sulla natura creata da Dio, ma solo la realtà apparente, che soverchia e stravolge quella vera e impone agli uomini di riconoscerla come “verità”.
Il cardinale lo spiega prendendo spunto dall’indole di papa Bergoglio: “Il Papa è uno che intende stare abbarbicato alla realtà, perché la vuole conoscere in termini adeguati. E quando si conosce la realtà si comunica la verità, perché la verità è la corrispondenza tra realtà e conoscenza.
Qui il cardinale pretende di far passare come vero il falso, poiché, se è vero che la verità è Adaequatio rei et intellectus (corrispondenza tra realtà ed intelletto), è anche vero che la realtà di cui qui egli parla e alla quale è “abbarbicato” il Papa, non è quella vera corrispondente alla natura dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, ma quella falsa corrispondente all’uomo decaduto per aver preteso di essere come Dio; ed è a questa realtà deviata che il cardinale Scola invita ad adeguarsi… per conformarsi alla “verità”.

Sembra che questo cattolico incaricato di guidare altri cattolici, non abbia la minima idea di cosa siano “la realtà” e “la verità”, né l’insegnamento di Cristo e della Chiesa; ed è lui tesso a confessarlo in un momento di esaltazione pragmatista: “La fede cristiana correttamente intesa non è un'obiezione ma un fattore che favorisce l'incontro di religioni”.
Come dire che la realtà vera sarebbe quella che porta a mandare al macero i Vangeli e a contraddire l’insegnamento dei Padri e della Chiesa.

Non stupisce quindi che il cardinale propugni una società che riporti indietro le lancette della storia, profana e sacra, e che ripristini la vecchia pretesa pagana che voleva imporre ai primi cristiani di collocare Gesù tra gli altri “dei” del Pantheon, cosa che costoro si rifiutarono di fare preferendo la morte all’abiurare la Verità. Una società che, mossa dalla ineluttabilità dei processi migratorii in atto, si adegui inserendo nella “dimensione pubblica” i “simboli” di tutte le religioni.

Sembra incredibile, ma il cardinale Scola è questo che insegna: “Una società plurale deve essere il più possibile inclusiva … Il cambiamento ti dà un pugno allo stomaco, ma bisogna reagire rendendo dinamica la propria identità.
Come dire che se ricevi un pugno nello stomaco, non devi resistere, magari cercando di rimuovere le causa del male, ma devi reagire facendoti piacere ciò che la natura ti porta a rifiutare.
È la strada dell’autodistruzione dell’uomo e della disgregazione della Chiesa di Dio, per quanto possibile e nei limiti permessi da Dio.
È la strada tracciata dal Vaticano II e infiocchettata dai papi conciliari, la strada sulla quale i cattolici dovrebbero incamminarsi con in testa i Bergoglio e gli Scola.

 




gennaio 2016

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