Le parole che ti fregano

Mini dizionario semiserio del pensiero ecclesialmente corretto ai tempi di Francesco

di Marco Manfredini


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana








Ci sono alcuni termini, nel linguaggio odierno, che pur essendo di nobili origini, e indubbiamente facenti parte del bagaglio di bene portato dal cristianesimo, vengono spesso stravolti nel loro significato; in molti casi addirittura vengono usati in senso opposto a quello che originariamente avevano, generando quindi ambiguità e incapacità di comprensione reale di ciò che si vuol dire.

Altri termini sono inventati di sana pianta, verrebbe da dire con l’apposito scopo di demolire quel poco di civiltà e di buon senso rimasti, ovviamente mediante la riduzione ad insignificanza del vero cattolicesimo per quanto riguarda la sfera pubblica.

In trepidante, o meglio, in terrorizzata attesa dell’Esortazione conclusiva del Sinodo appena firmata dal Pontefice che verrà resa nota solo ad Aprile, ho cercato di mettere in fila alcune di quelle parole che risuonano con sempre più insistenza tramite i media, le istituzioni, nei Sacri Palazzi, a volte persino sui documenti ufficiali prodotti dal clero.

Senza pretesa di esaustività, e rigorosamente in ordine alfabetico:

ACCOGLIENZA

Accogliamo senza criterio tutti, orde di popoli che portano con sé culture e religioni incompatibili con le nostre, alimentando false illusioni e perseverando nell’utopia boldriniana del multiculturalismo fuori tempo massimo, così come accogliamo le diversità LGBT al nostro interno, spacciandole per normalità o al limite per gaie eccentricità. Entrambe queste accoglienze faranno esplodere la nostra società, la prima letteralmente, la seconda dalle retrovie. Non occorre essere profeti.

Vanta 29 comparse nella Relazione Finale del Sinodo (d’ora in poi RFS).

Quando sentite o leggete questa parola, iniziate ad attivare il sistema di allarme: livello 7.


ACCOMPAGNARE


Parola record per le sue 40 presenze nella RFS, è una di quelle che sprizzano bontà e misericordia, ma ogni tanto viene utilizzata in contesti un po’ sospetti. Ad esempio: occorre praticare l’ “accompagnamento in diverse situazioni”, le famiglie ferite vanno accompagnate, così come quelle “in cui vivono persone con tendenza omosessuale”. La qual cosa è vera, se per accompagnare si intende aiutare amorevolmente a ritornare al vero bene dell’uomo e della famiglia, a curare le ferite e le tendenze contronatura, senza nascondere i problemi o considerarli normalità.

In tutto questo accompagnamento, purtroppo, a volte sembra di leggere una certa accondiscendenza al male.

Il livello di allarme, per ora, è minimo: 6.


DIALOGO


Tempo fa, quando sentivo parlare di dialogo, il primo e più longevo cavallo di battaglia del progressismo postconciliarista, l’istinto era di mettere mano alla fondina. Poi un po’ l’abitudine, un po’ l’escalation di nuovi e più moderni termini, mi ci sono ahimè abituato.

Lo trovo definito sui dizionari come “discorso alterno fra due o più persone” o “discussione più o meno concorde che miri a un’intesa”; di fatto, quando è utilizzato da uomini di Chiesa o cristiani adulti (che sono quelli che vanno per la maggiore), dialogo è inteso, anziché come strumento, come fine supremo da conseguire a tutti i costi, in particolare a discapito dell’annuncio della Verità; diventa un circolo vizioso: si dialoga per andare incontro ai diversamente credenti, e si va incontro a costoro per dialogare.

Ma quando, dialogando, il credente ha esplicitato la sua fede fatta di incontro ed esperienza di Cristo, ma anche di dogmi, comandamenti, doveri, preghiera, una volta appurato, sempre dialogando, che il diversamente credente di solito pratica una sua religione che può essere:

a) falsa (protestantesimo, islamismo, induismo, buddismo, geovismo, eccetera);

b) superata (ebraismo), quindi parimenti falsa;

c) inventata di sana pianta a proprio uso e consumo (del tipo “sento che c’è un dio ma non può essere quello della Chiesa”);

d) agnostica;

e) relativista;

f) atea e/o anticlericale;

g) filosofie malefiche (gnosticismo);

h) associazioni anticristiane (massoneria);

i)    varie ed eventuali;

Dicevamo, se costui non ha nessun interesse per ciò che cerchi di trasmettergli, o inorridisce alle tue “medievali” credenze, o subdolamente attenta alla tua fede insinuando il dubbio in te perché magari è più intelligente, preparato e telegenico, o nella migliore delle ipotesi, ti ascolta con interesse ma una volta esauriti gli argomenti rimane della sua convinzione, ad un certo punto il dialogo finisce e ognuno torna a casa sua. Sarà Dio, se vorrà, a fare il resto. Altrimenti, se va bene si perde tempo senza concludere niente, se va male si rischia di assorbire idee malsane fino a mettere a rischio la propria fede.

Quando il dialogo poi diventa anche ecumenico, attenzione, meglio cambiare aria: sta per spuntare Enzo Bianchi.

Le “Cattedre dei non credenti” o i “Dialoghi in Cattedrale” sono l’apice di questa patologia chiamata dialoghite, dove tutti parlano facendo finta, in linea di massima, di essere d’accordo. E l’unico modo per riuscirci è evitare di dire chiaramente la Verità di cui solo la Chiesa di Cristo è portatrice. “L’importante è che impariate a inquietarvi” diceva il defunto Cardinal Martini. In effetti, quelle iniziative erano veramente inquietanti.

Devo però fare una rettifica: l’apice è stato raggiunto recentemente dal Card. Ravasi, che non soddisfatto di essersi esibito nel ballo del Pacha Mama, si è messo a dialogare apertamente addirittura con la massoneria. Inutile Cardinale, nonostante l’impegno profuso non riuscirete a demolire la Chiesa di Cristo. Né lei, né il Priore, né Mons. Galantino.

Nonostante la potenza della parola, come livello di allarme metto solo 8: ormai dovremmo esserne vaccinati.


DISCERNIMENTO


Presente 21 volte nella RFS, siamo di fronte ad una delle due parole chiave (insieme a sfide) utilizzate come cavallo di Troia in questo inizio di millennio per scardinare il cattolicesimo dall’interno. Discernimento suona bene, fa molto monastero, Enzo Bianchi vi ha intitolato anche un libro, e questo potrebbe già bastare.

Il senso di questa parola, preso da un dizionario, è “la facoltà e l’esercizio del discernere, cioè del distinguere il bene e il male, e per estensione giudizio, criterio”. Ovviamente per un cristiano, come per una qualsiasi persona sana di mente, si distingue tra il bene e il male ai fini di poter scegliere il bene (poi riuscire ad attuarlo è tutt’altra cosa); ciononostante lo si sente sempre più frequentemente inteso come “la facoltà e l’esercizio di trovare una giustificazione, in un caso specifico, per fare ciò che ci pare, anche se va contro la legge di Dio, col benestare dei preti”.

Un po’ come succedeva con coscienza, termine un po’ desueto che veniva invocato in modo erroneo, come insegnava il compianto Palmaro, in particolare dai politici cattolici per giustificare le più sbagliate ed eterodosse prese di posizione. Bastava rivendicare la libertà di coscienza, ed uno poteva votare ciò che gli pareva, o che il partito imponeva, per quanto aberrante fosse.

Livello di allarme massimo: 10.


DIVERSITA’


La diversità è una ricchezza, ci dicono tutti. Ovviamente dipende da cosa si intende con questa parola.

Componente fondamentale del linguaggio correct, da tempo è stata adottata dagli schizzinosi per definire una situazione o una persona in base a ciò che non è: diversamente abile, diversamente credente, diversamente giovane, diversamente qua, diversamente là, e tutto ciò poteva anche fare sorridere.

Solo che poi si è cominciato a parlare di diversi valori, famiglie diverse, genitorialità diverse, diverse tendenze sessuali, e la faccenda si è fatta più seria. Oggi, pensando a quelle povere creature come Zackary, Elijah, e ultimo arrivato il piccolo Tobia Antonio, bisogna ammettere che la situazione è drammatica.

Un giorno arriveremo al diversamente diverso, e forse a quel punto, scavalcato il crinale della follia, torneremo normali.

Livello di allarme: 9.


DIVISIVO


Fortunatamente non ancora entrato nei documenti ufficiali del clero, è un orrendo neologismo molto in voga tra politici e giornalisti; sta ad indicare in senso negativo un argomento che sarebbe meglio lasciare da parte perché crea spaccature, quindi poco funzionale al dialogo.

“Insieme si può lavorare ad un testo condiviso e non divisivo” diceva il 17 febbraio dal SIR il presidente del Forum delle Associazioni Famigliari Gigi De Palo, in seguito all’approvazione della Cirinnà al Senato, terminando con “Chiudiamo in soffitta gli elementi di divisione”.      Peccato che l’unica decisione accettabile sarebbe quella di non legiferare affatto in materia, per non riconoscere alcuno status giuridico alle unioni di fatto etero o omo che siano, e sarebbe la più divisiva di tutte: dividerebbe una cosa sbagliata da una giusta, evitando di privilegiare la prima.

Chiudere in soffitta gli elementi di divisione sarebbe come dire: “Mettiamo da parte le cose importanti, accordiamoci sulle bazzecole”. Gli elementi di divisione più li nascondi più prepotentemente torneranno a farsi vivi in seguito, perché non sono accessori, sono l’essenziale.

Livello di allarme: 8. Livello di orrore: 10.


ESPERIENZA


Mantra tipicamente ciellino, ma non solo, è l’esperienza, che traducendolo dall’accezione deviata in parole brutali sta ad indicare una ricerca tanto incessante quanto inconcludente di novità suggerita da un atteggiamento eternamente adolescenziale o sentimentalista.

E’ chiaro che l’incontro con Cristo è un’esperienza fondamentale per un cristiano, ma una volta incontrato non c’è bisogno di cercare altro; rinnovare l’esperienza con Lui va bene, ma inseguire continuamente nuove sensazioni, emozioni, in una sorta di ansia da prestazione religiosa, mi perdoneranno alcuni amici, ha qualcosa di patologico.

Livello di allarme contenuto: 7.


FEMMINICIDIO

Primo: perché gli inventori di parole inutili non fanno almeno lo sforzo di crearle sopportabili all’orecchio?

Secondo: e il maschicidio allora dov’è? Perché non è stato inventato? E l’obesicidio, il giornalisticidio, il preticidio? Semplicemente ridicolo.

Livello di allarme: 6+. Livello di nausea: 10.


FERITE

Abbiamo appreso nel sinodo che ci sono molte famiglie ferite. A dire il vero lo sospettavamo già: guardandoci intorno ormai vediamo più coniugi con problemi, separati o divorziati che ancora uniti, solo che le chiamavamo famiglie a rischio, in pericolo, o distrutte, spezzate, scoppiate; ma va bene anche ferite. Però se sono ferite vanno curate, cosa difficilissima e non sempre possibile; se sono ferite vuol dire che sono infette da qualcosa di malvagio che andrebbe prima o poi estirpato. Ma soprattutto, e mai come in questo caso, andrebbe fatta opera di prevenzione.

Che idea di prevenzione e protezione della famiglia potrà avere una Chiesa che discetta di comunione ai divorziati, semi di bontà nelle coppie fronte-retro, e accetta in silenzio che venga legiferato contronatura perché “non si immischia nella politica italiana”?

Che ferite potrà curare una Chiesa che ha smesso di parlare di indissolubilità del matrimonio, e che accetta di sposare chiunque senza che abbia la più pallida consapevolezza di ciò che va facendo, o che si sposa in chiesa per avere delle belle fotografie? Quanti matrimoni sono oggi effettivamente validi?

A dire il vero sembra che su questo argomento vi sia nei documenti sinodali una parvenza di lucidità, un barlume di presa di coscienza: è pressoché inutile correre dietro ai buoi dopo che sono scappati (punti 57 e 58 della relazione finale).

Speriamo, comunque il livello di allarme è 9.


FRAGILITA’

Certo, siamo tutti fragili, come negarlo. Fragili in quanto deboli di fronte al male, inclini a cadere nel peccato e cedere alle tentazioni. In tutte le sue varianti la fragilità compare 15 volte nella RFS, quindi meglio prestarvi attenzione.

Un po’ come accade con le ferite, la sensazione è che ci si crogioli un po’ in questa situazione, che se ne prenda atto come di una cosa neutrale, quasi positiva. No, la fragilità è negativa, occorre che la Chiesa attraverso i suoi pastori ci aiuti ad essere forti, con massicce dosi di ricostituenti: preghiera & dottrina, Carità & Verità.

Si accompagna volentieri ad immaturità, quasi a compiacersene.

Livello di allarme: 7, la parola è debole di per sé.


INCLUSIVO

Come divisivo, anche inclusivo fa parte dei termini che piacciono alla gente che piace. Il tipico termine, per capirci, che suona bene in bocca alla Boldrini, che ad esempio una volta ebbe a dire: “Ricorderò il discorso di Mattarella per la sua inclusività. E’ stato completamente inclusivo: sono stati rimessi al centro tutti gli italiani che non hanno voce”. Meglio non soffermarsi, queste sono incredibilmente le più alte cariche dello stato.

Poi c’è il partito inclusivo per antonomasia, che mantenendo l’assonanza potremmo ribattezzare PI, dove c’è posto per tutti, basta che a comandare sia uno; e che tra quei “tutti” non ci siano portatori di idee sane e vagamente cattoliche. Solamente Avvenire infatti si può stupire se a Bologna cacciano fuori dalla lista dem per le amministrative della città l’unico candidato sospettato di non avere simpatie pro-gender: “Ma è questo il vero PD?” si chiedono Tarquinio e i suoi. Ehilà, c’è nessuno in casa? Ma dove siete stati negli ultimi dieci anni, viene da dire: certo che è questo, e non potrà che essere sempre peggio.

Livello di allarme: 8. Livello di fastidio: 10.


INTEGRAZIONE

Dopo aver accolto, occorre integrare. E’ vero che ormai il cosiddetto Occidente, avendo rinnegato le proprie radici cristiane, non ha più da offrire granché a livello di proposte umane, civili, sociali, culturali. Non parliamo poi dei “valori” occidentali, sbandierati da tanti, ma che nessuno elenca di preciso, o tutt’al più si parla di una generica libertà (vedi alla voce successiva): visto che c’è libertà, e un vuoto di contenuti, chi viene tenderà a riempirlo con i suoi, e alla fine saremo noi che ci dovremo integrare. Però avverrà a forza, con l’alternativa di sparire, come già succede da tempo in paesi come Iraq, Siria, Pakistan, ecc.

E su San Pietro sventolerà la bandiera nera dello stato islamico. Sarà finalmente contenta la Presidenta che auspica un’invasione di 400.000 stranieri l’anno?

Livello di allarme: 8 e ½.


LIBERTA’

La voce è tra le più impervie, mi limito ad un riverente accenno.

Liberalismo, libertarismo, libertarianesimo, libertinismo, libertinaggio, arbitrarietà: la parola libertà solitamente viene associata ad una di queste sue derivate deviate, ognuna con una propria storia, una propria filosofia erronea derivante dall’elevazione a totalità di un aspetto o da una perversione interpretativa dell’originale.

Senza bisogno di ricorrere a Papa Gregorio XVI che definiva la libertà di coscienza semplicemente “un delirio”, nel più recente Catechismo troviamo scritto che “Non c’è vera libertà se non al servizio del bene e della giustizia” (CCC 1733); “La libertà dell’uomo è finita e fallibile” (CCC 1739); “La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine” (CCC 1731).

Altrimenti non rimane che “una baldracca metà fangosa e metà scarlatta, che con altissimi grugniti chiamano la Libertà” (Mademoiselle Liberté, in Tizzi e Fiamme, Domenico Giuliotti).

Livello di allarme: dipende molto dal contesto.


MISERICORDIA

E’ una delle peculiarità del cristianesimo, per cui spiace non poco dover annoverare anche questa parola tra le pericolose. Ma non ne possiamo fare a meno, perché se una volta era chiaro che la misericordia era quella del “va’ e non peccare più” riservata al peccatore pentito, oggi si lascia spesso intendere con il significato rovesciato di “vieni e continua a peccare” riservato al peccatore non pentito, che magari lavora per diffondere pubblicamente il suo errore come una cosa normale, quando non addirittura positiva.

Oppure come sinonimo di assistenzialismo terzomondista, o per giustificare uno scriteriato aperturismo molto chic alla “c’è posto per tutti”.

Una misericordia disgiunta dalla Verità, ovviamente non è più misericordia, ma l’ennesima parola-trappola. Non aggiungiamo altro, per… misericordia.

Livello di allarme: 10, soprattutto nell’anno in corso, per rischio indigestione.


OMOFOBO

“Nella mia città / c’è una malattia / che non va più via / è l’omofobia”. Così cantano, tra un insulto e l’altro, i simpatici antagonisti dalle nostre parti quando le Sentinelle in piedi manifestano pacificamente perché non ci venga tolto il diritto di dire che due più due fa quattro.

Loro, le Sentinelle, inermi in pietoso silenzio, sarebbero gli omofobi, i malati, quelli che odiano, gli intolleranti, i violenti, insomma i cattivi. Gli altri, che quando va bene si limitano ad urlare disprezzo e oscenità da un megafono, e quando va male c’è da prenderle, ovviamente sono i buoni. Quando si dice un mondo capovolto. Anzi, invertito.

Livello di allarme: 9 e ½.


PROFETICO

Il parlare in modo profetico, termine per il cui utilizzo Enzo Bianchi potrebbe entrare nel Guinness dei primati, proprio grazie a quelli come lui ha assunto, ad orecchie avvedute, il significato di “precursore nella dissoluzione”. Sia chiaro che non ce l’ho col Priore di Bose in particolare; è lui, stranamente, ad essere presente ogniqualvolta la sana dottrina è in pericolo. Comunque ecco alcuni esempi sparati in sequenza:

“L’abbraccio fra Francesco e Kirill, un segno profetico”.

“I vescovi, i monaci come me, i sacerdoti, si limitino a un ruolo profetico, di ispirazione”. Non vi dico che ispirazione.

“[…] quando papa Giovanni con il suo discernimento profetico individuò tra i «segni dei tempi» l’ingresso della donna nella vita pubblica […]”. Attenzione, qui fa la sua comparsa anche un’altra parola che abbiamo già visto, in un’abbinata esplosiva.

“Papa Bergoglio riesce a comunicare la fiducia. Profetico il viaggio a Lampedusa”.

“[…] è proprio l’amore per questa verità [cercata tramite il cammino ecumenico] che spinge il Papa stesso, i pastori delle diverse comunità e semplici cristiani di ogni confessione a porre gesti profetici in vista dell’unità”.

“[Con Papa Francesco] siamo ritornati a un cristianesimo profetico che sa dire la verità a caro prezzo, anche di fronte ai potenti”. Com’è allora che i potenti fanno la fila per andare da lui, con reciproco scambio di effusioni? (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351250).

Un paio di cose le abbiamo capite: tutto ciò che fa Bergoglio è profetico, ma anche lui, il Priore, è un vero profeta. Della demolizione.

Livello di allarme: 9. Livello di prurito: 10.


SESSISTA

Una parola lunga otto lettere, di cui quattro sono S, non merita neanche un commento.

Livello di allarme: 7 e ½, e andiamo oltre.


SFIDA

Si parla e si scrive di sfida, meglio se al plurale sfide, ancor meglio facendola precedere da nuove e seguire da pastorali.

Di per sé il termine avrebbe un significato virile, combattivo, se non addirittura bellicoso, non solo in senso fisico ma anche figurato: sociale, politico, culturale. Al contrario, viene ormai utilizzato comunemente in gergo ecclesialese per indicare, connotandole in modo neutrale quando non positivo, le porcherie che la modernità ci mette davanti e che noi ci guarderemo bene dal combattere e denunciare come tali per non disturbare troppo e non compromettere una delle voci già celeberrime: il dialogo.

Già abbondantemente presente nell’ambiguo vocabolario clerical-progressista, è salita alla grande ribalta nell’ultimo sinodo sulla famiglia: tanto che la RFS contiene la parola sfida o sfide ben 19 volte. Si contende il primato come parola più ambigua del periodo di tempo identificabile col pontificato in corso con quell’altra in forte ascesa: discernimento, di cui abbiamo già detto.

Livello di allarme: se fosse possibile più di 10.

Scusate, dovevo togliermi qualche parola dalla scarpa.



marzo 2016
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