Francesco è cattolico.
Le sue encicliche no...

di Camillo Langone


Pubblicato sul quotidiano Il Giornale del 7 aprile 2016


Papa Francesco è cattolico? È una domanda che fra i cattolici, non necessariamente ipertradizionalisti, circola.
Quando per mettermi in difficoltà o per ansia sincera la pongono a me, io me la cavo dicendo che Bergoglio lo ha messo lì lo Spirito Santo (se i conclavi venissero davvero decisi dai cardinali la Chiesa si sarebbe estinta da molti secoli) e che da lì deve toglierlo lo Spirito Santo. So che la risposta può suonare fideistica ma da credente nel Vangelo (e quindi in Matteo 16,18: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa») non ho molto altro da dire.

Ciò non mi impedisce di essere intellettualmente interessato alle analisi circa la situazione dell’edificio di Dio. Purché siano appunto analisi e non propaganda. Cerco di leggere il meno possibile i plauditores così come gli apocalittici, perché spero che abbiano tutti torto. È ininfluente che la ragione sia di Alberto Melloni o di Antonio Socci (per dire due campioni dei due schieramenti): in entrambi i casi la Chiesa cattolica come da quasi duemila anni viene intesa starebbe per dissolversi, dunque la fine del mondo sarebbe vicina. Siccome la notte voglio dormire bene, senza incubi, preferisco leggere un esegeta non programmaticamente ansiogeno e non partigiano, capace di esaminare i documenti papali sine ira et studio. Sto parlando di Flavio Cuniberto, filosofo torinese che insegna Estetica all’Università di Perugia e che non si palesa né papista né ateista, né di destra né di sinistra, né progressista né tradizionalista, né ciellino né ex ciellino: che sollievo!
Leggendo Madonna Povertà. Papa Francesco e la rifondazione del cristianesimo (Neri Pozza, pagg. 96, euro 12) non si capisce nemmeno se l’autore è cattolico e pure questo contribuisce alla sensazione di obiettività. Trovo inoltre positivo che il suo curriculum sia vastamente filosofico anziché strettamente teologico, e quindi pieno di Platone, Schlegel, Nietzsche e non di quei teologi da seminario dai quali è sortito Vito Mancuso.

Con bella prosa più letteraria che universitaria Cuniberto non affronta l’esortazione Amoris laetitia, non ha fatto in tempo, ma la Evangelii gaudium e la successiva enciclica Laudato si’, insomma i documenti sulla povertà e sull’ambiente. «Un dittico che trasforma la Chiesa cattolica alle radici», leggo nelle prime righe con qualche preoccupazione.

L'analisi si basa essenzialmente sulla logica ed è proprio sulla logica che cadono i due testi.
Si prenda la questione della povertà: «È una categoria sociologica o teologico-spirituale? Male da combattere o tesoro da custodire?». Se il pauperismo bergogliano non fosse così aggrovigliato sarebbe accusabile di eterodossia ma poiché le accezioni positive e negative, mistiche ed economiche, nell’esortazione apostolica si mischiano di continuo, Cuniberto può parlare di «drammatica incertezza dottrinale». È un giudizio forte? Io temevo di peggio: meglio il dramma della confusione che la tragedia dell’eresia.

L’autore, che Dio ce lo conservi, ricorda ciò che noi cattolici lussuosisti continuiamo sempre più vanamente a ripetere: «Non c’è nei Vangeli nessuna enfasi particolare sulla povertà in quanto condizione materiale. Gesù suscita scandalo perché frequenta pubblicani e peccatori (gente ricca), né sono poveri i suoi amici e discepoli stretti (da Lazzaro a Maria di Magdala a Nicodemo)». E rimarca come la Evangelii gaudium torca il Vangelo e San Paolo per far dire al Vangelo e a San Paolo ciò che si vuole dicano: beati i poveri nel senso sociopolitico del termine, e maledette le disuguaglianze provocate dai ricchi. Una volta tutto questo si sarebbe chiamato cattocomunismo.

Analogamente, il pensiero che innerva la Laudato si’ è possibile chiamarlo cattoambientalismo? Secondo Cuniberto, sempre pacato ma pure sempre affilato nel ragionamento, no, il prefisso stavolta è di troppo, il pensiero è ambientalista e basta, l’enciclica si allontana dalla Bibbia ancor più dell’esortazione e «spazza via l’antica dottrina del peccato originale attribuendo alla natura una fisionomia edenica».
E io che volevo dormire sonni tranquilli...
Stavolta ad aleggiare non è l’ambigua teologia della liberazione ma addirittura Rousseau: «La natura assume tratti spiccatamente romantici: diventa la sfera dell’innocenza originaria, il luogo intrinsecamente buono che l’intervento umano altera e corrompe».
Un simile documento è stato scritto in Vaticano o nella sede di Greenpeace?
Cuniberto ci sente soprattutto la mano del confratello (gesuita come Bergoglio) Antonio Spadaro, direttore della rivista La civiltà cattolica e avventuroso cyberteologo.
Che Papa Francesco abbia firmato la Laudato si’ senza nemmeno leggerla?
Lui che nelle omelie di Santa Marta tante volte ha parlato del diavolo, davvero condivide la trasformazione del Male da entità metafisica a problema antropologico risolvibile per mezzo di riforme sociali e di una migliore raccolta differenziata?
«La riconversione eco-teologica proposta dall’enciclica delinea un cristianesimo senza Croce e senza Incarnazione, dove la figura storica di Gesù non è più fondante. Quel che rimane è una sorta di deismo neo-illuministico».

Non mi concedo di aderire appieno al virgolettato di Cuniberto ma, dopo Madonna Povertà, sebbene continui a credere che Papa Francesco sia cattolico non sono più tanto sicuro che lo siano le sue encicliche.



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