Amoris Laetitia - paragrafi 304 e 305


ovvero:

Come giustificare la perfida vanificazione di ogni legge

strumentalizzando (e censurando)
San Tommaso di Aquino




di GLG


Prima di un breve commento ai paragrafi 304 e 305 della “Amoris Laetitia” ne riportiamo il testo (le note presenti a pie’ pagina nell’originale sono qui fra parentesi quadre e in carattere più piccolo):


http://w2.vatican.va/content/francesco/it/apost_exhortations/documents/papa-
francesco_esortazione-ap_20160319_amoris-laetitia.html

LE NORME E IL DISCERNIMENTO
 
304. È meschino soffermarsi a considerare solo se l’agire di una persona risponda o meno a una legge o a una norma generale, perché questo non basta a discernere e ad assicurare una piena fedeltà a Dio nell’esistenza concreta di un essere umano.
 Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale:
 «Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] 
In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] 
E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare».
 [Summa Theologiae I-II, q. 94, art. 4. ]
 È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari.
 Nello stesso tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico davanti ad una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma.
 Questo non solo darebbe luogo a una casuistica insopportabile, ma metterebbe a rischio i valori che si devono custodire con speciale attenzione. 
[Riferendosi alla conoscenza generale della norma e alla conoscenza particolare del discernimento pratico, san Tommaso arriva a dire che «se non vi è che una sola delle due conoscenze, è preferibile che questa sia la conoscenza della realtà particolare, che si avvicina maggiormente all’agire» (Sententia libri Ethicorum, VI, 6 [ed. Leonina, t. XLVII, 354]).]

305. Pertanto, un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite» [Discorso a conclusione della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (24 ottobre 2015) : L’Osservatore Romano, 26-27 ottobre 2015, p. 13] 
In questa medesima linea si è pronunciata la Commissione Teologica Internazionale: «La legge naturale non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione». [In cerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale (2009), 59.]
 A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa. 
[In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).] 
Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio. Ricordiamo che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà». [Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44: AAS 105 (2013), 1038-1039.] 
La pastorale concreta dei ministri e delle comunità non può mancare di fare propria questa realtà.


A nessuno sfugge che il succo di questi due paragrafi, in parole povere e in pratica, è che la legge, ogni legge, (il Dogma), sarebbe meramente un esercizio intellettuale, da ossequiare per carità, ma che quando dovrebbe essere applicata all’individuo (la Pastorale) allora non sarebbe affidabile, perderebbe valore, tantomeno sarebbe vincolante. 
Addirittura (paragrafo 305) :
«La legge naturale [quella di Dio !] non può dunque essere presentata come un insieme già costituito di regole che si impongono a priori al soggetto morale, ma è una fonte di ispirazione oggettiva per il suo processo, eminentemente personale, di presa di decisione». !!!!!

Poiché per sostenere queste affermazioni aberranti si è voluto fare intervenire San Tommaso e lo si è strumentalizzato citando solo una parte del suo pensiero, allora noi, prima delle brevi conclusioni, riportiamo anche quanto di rilevante è stato tralasciato.


Le citazioni della Amoris Laetitia hanno sfondo giallo, quelle nostre di completamento hanno sfondo rosa. 

L’articolo 4 completo è riportato in appendice in modo che sia chiaro anche il contesto.

La traduzione italiana è tratta da http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1225-1274,_Thomas_

sebbene nei princìpi universali vi sia una certa necessità, più si scende a deduzioni particolari e più si incontrano eccezioni. […]
 in campo pratico la verità o norma pratica non è identica rispetto ai casi particolari, ma soltanto rispetto ai princìpi comuni; e presso quelli per cui vale nei casi particolari un’identica norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] 
E le eccezioni aumentano quanto più si scende a determinare i casi particolari, […]
Quindi si deve concludere che la legge naturale quanto ai primi princìpi universali
 è identica presso tutti gli uomini, sia quanto alla sua rettitudine oggettiva che quanto alla sua conoscenza. 
Rispetto però a certe sue applicazioni, che sono come delle conclusioni dei princìpi universali, essa è identica presso tutti sia per la bontà delle sue norme che per la sua conoscenza nella maggior parte dei casi, tuttavia in pochi casi ci possono essere delle eccezioni, sia quanto alla bontà delle norme che quanto alla conoscenza.
 Possono infatti intervenire ostacoli particolari (come avviene del resto anche nel caso degli esseri generabili e corruttibili, che talvolta per ostacoli particolari non raggiungono l’effetto).
 E quanto alla conoscenza va notato che ci sono alcuni i quali hanno la ragione sconvolta dalle passioni, o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali. 
Giulio Cesare [De bello gallico 6, 23], p. es., racconta che una volta presso i popoli della Germania non si considerava delittuoso il latrocinio, che pure è espressamente contrario alla legge naturale. […..]

Ecco l'inganno:

quando la conoscenza della Legge Naturale viene meno in quei rari “casi particolari”

San Tommaso 
conclude che ciò è dovuto a una ragione sconvolta da passioni, o da cattive consuetudini, oppure da cattive disposizioni naturali.
 Il biasimo è posto sulla persona e NON sulla Legge Naturale di Dio.

La Amoris Laetitia 
cerca di convincere il mondo che invece è la Legge Naturale stessa che è inadeguata e che non è affidabile al momento della applicazione alla persona.

Il biasimo è posto sulla Legge Naturale di Dio e NON sulla persona.

E QUESTA E' PERVERSIONE


APPENDICE


Summa Theologiae I-II, q. 94, art. 4.

Articolo 4 II - II, q. 57, a. 2, ad 1; In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 3; a. 4, ad 2; In 4 Sent., d. 33, q. 1, a. 2, ad 1;

De Malo, q. 2, a. 4, ad 13; In 5 Ethic., lect. 12

Se la legge naturale sia unica per tutti


Sembra che la legge naturale non sia unica per tutti. Infatti:
1. Sta scritto nel Decreto [di Graz. 1, Prol.] che «il diritto naturale è ciò che è contenuto nella legge e nel Vangelo».
Ma ciò non è comune a tutti: poiché al dire dell‘Apostolo [Rm 10, 16] «non tutti ubbidiscono al Vangelo». Quindi la legge naturale non è unica per tutti.
2. Come afferma Aristotele [Ethic. 5, 1], «si dicono giuste le cose che sono secondo la legge».
Ma egli afferma pure [ib., c. 7] che nulla è così giusto per tutti da non essere diverso per alcuni.
 Quindi anche la legge naturale non è identica per tutti.
3. Alla legge naturale appartiene, come sopra [aa. 2, 3] si è detto, ciò a cui l‘uomo è incline secondo la sua natura.
 Ma uomini diversi sono inclini per natura a cose diverse: poiché alcuni tendono ai desideri del piacere, altri a quelli degli onori, e così via.
 Perciò la legge naturale non è unica per tutti.

In contrario:

S. Isidoro [Etym. 5, 4] insegna: «Il diritto naturale è comune a tutte le nazioni».

Dimostrazione:

Come si è visto sopra [aa. 2, 3], alla legge naturale appartengono le cose a cui l‘uomo tende per natura; e tra queste c‘è la tendenza propriamente umana ad agire secondo la ragione. 
Ora, è compito della ragione procedere dai dati più comuni a quelli propri, come spiega Aristotele [Phys. 1, 1].
Tuttavia in ciò la ragione speculativa si comporta diversamente dalla ragione pratica.
 La prima infatti, trattando soprattutto di cose necessarie che non possono essere altrimenti, deduce sempre nelle sue conclusioni particolari la verità senza alcuna eccezione, come anche nei princìpi universali.
 Invece la ragione pratica tratta di cose contingenti, quali sono le azioni umane: perciò, sebbene nei princìpi universali vi sia una certa necessità, più si scende a deduzioni particolari e più si incontrano eccezioni.
E così in campo speculativo si ha un‘identica verità per tutti, sia nei princìpi che nelle conclusioni;
sebbene la verità non sia da tutti conosciuta nelle conclusioni, ma solo nei princìpi, che si dicono assiomi comuni.
Invece in campo pratico la verità o norma pratica non è identica rispetto ai casi particolari, ma soltanto rispetto ai princìpi comuni; e presso quelli per cui vale nei casi particolari un‘identica norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti.
Perciò è evidente che rispetto ai princìpi universali della ragione, sia speculativa che pratica, vi è per tutti un‘identica verità, o norma, ed è ugualmente conosciuta da tutti.
Rispetto invece alle conclusioni particolari della ragione speculativa vi è sì un‘identica verità per tutti, ma non tutti la conoscono: infatti è vero per tutti che i tre angoli del triangolo sono uguali a due angoli retti, ma ciò non è noto a tutti.
 Rispetto poi alle conclusioni particolari della ragione pratica non c‘é neppure una verità o una norma identica per tutti; e presso quelli in cui essa è identica, non è ugualmente conosciuta.
 Per tutti, infatti, è vero ed è giusto agire secondo ragione. 
E da tale principio segue, quasi come conclusione propria, che le cose depositate vanno restituite. 
E ciò è vero nella maggior parte dei casi.
 Ma può capitare in qualche caso che ciò sia dannoso, e quindi tale restituzione sia irragionevole: nel caso, p. es., che uno richieda il deposito per servirsene contro la patria.
 E le eccezioni aumentano quanto più si scende a determinare i casi particolari, dicendo p. es. che i depositi vanno restituiti con tali cauzioni e in quel dato modo: poiché più si insiste nelle condizioni particolari e più crescono i casi da eccettuare, per giustificare sia la restituzione che la non restituzione.
Quindi si deve concludere che la legge naturale quanto ai primi princìpi universali è identica presso tutti gli uomini, sia quanto alla sua rettitudine oggettiva che quanto alla sua conoscenza.
 Rispetto però a certe sue applicazioni, che sono come delle conclusioni dei princìpi universali, essa è identica presso tutti sia per la bontà delle sue norme che per la sua conoscenza nella maggior parte dei casi, tuttavia in pochi casi ci possono essere delle eccezioni, sia quanto alla bontà delle norme che quanto alla conoscenza. 
Possono infatti intervenire ostacoli particolari (come avviene del resto anche nel caso degli esseri generabili e corruttibili, che talvolta per ostacoli particolari non raggiungono l‘effetto).
E quanto alla conoscenza va notato che ci sono alcuni i quali hanno la ragione sconvolta dalle passioni, o dalle cattive consuetudini, oppure dalle cattive disposizioni naturali. 
Giulio Cesare [De bello gallico 6, 23], p. es., racconta che una volta presso i popoli della Germania non si considerava delittuoso il latrocinio, che pure è espressamente contrario alla legge naturale.


Analisi delle obiezioni:
1. L'affermazione non va intesa nel senso che quanto è contenuto nella Legge e nel Vangelo sia tutto di legge naturale, poiché molte cose ivi insegnate sono superiori alla natura, ma nel senso che le cose appartenenti alla legge naturale vi sono insegnate nella loro perfezione.
Infatti Graziano, dopo aver detto che «il diritto naturale è ciò che è contenuto nella Legge e nel Vangelo», subito aggiunge esemplificando: «in forza del quale ciascuno è obbligato a fare agli altri ciò che vorrebbe fosse fatto a se stesso».
2. Le parole del Filosofo vanno riferite non alla giustizia delle norme secondo natura, che si identificano con i princìpi universali, ma a certe conclusioni che da esse derivano: le quali sono rette nella maggior parte dei casi, ma in casi particolari possono essere difettose.
3. Poiché nell'uomo la ragione domina e comanda le altre potenze, è necessario che tutte le inclinazioni naturali delle altre potenze siano ordinate secondo la ragione. 
Per cui presso tutti questa è la norma comunemente accettata: che tutte le inclinazioni umane siano guidate dalla ragione.

Articolo 6
 Supra, a. 4; infra, q. 99, a. 2, ad 2

Se la legge naturale possa essere cancellata dal cuore dell‘uomo

[…..] alla legge naturale appartengono innanzi tutto dei precetti universalissimi, che tutti conoscono, ma ci sono anche dei precetti secondari e meno generici, che sono come le conclusioni immediate dei princìpi.


Perciò rispetto ai princìpi universali
la legge naturale non può essere cancellata in alcun modo dal cuore dell‘uomo nella sua formulazione astratta. 
Tuttavia ciò può capitare nei casi concreti, quando la ragione, a causa della concupiscenza o di altre passioni, è impedita di applicare il principio universale a un‘azione da compiere, come si è visto in precedenza [q. 77, a. 2].
Invece rispetto ai precetti secondari 
la legge naturale può essere cancellata dal cuore dell’uomo, o per dei ragionamenti sbagliati, il che avviene anche in campo speculativo con errori in fatto di conclusioni necessarie, oppure per delle costumanze perverse e per abiti operativi corrotti: come per alcuni non erano più considerati peccaminosi i latrocini [cf. a. 4], oppure, come riferisce S. Paolo [Rm 1, 24 ss.], certi vizi contro natura. […..]






aprile 2016
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