LIBERTA' RELIGIOSA O TEOCRASIA?

di U. T.



 
Continua diabolicamente inquietante la pretesa magisteriale modernista di predicare nella confusione delle fedi la più assoluta libertà religiosa, libertà di traghettare problematiche verità umane - quelle che nei nostri Libri Sacri Iddio chiamava “prostitutiones” - sul vascello di un “Caròn demonio” ossessionato dalla retorica dell’ecumenica tolleranza e finta misericordia?

Cruciale e irrisolto persiste oggi il dubbio suscitato nell’animo del cristiano dall’anticattolica equiparazione di tutte le “altre” religioni alla propria, quale risposta spacciata dai modernisti per buona e misericordiosa, ma di fatto falsa, al variegato bisogno di sacro ch’è insito nella natura umana.

A forza di predicare tolleranza e valore intrinseco di ogni credo non si corre forse il rischio di estromettere Cristo dal centro dell’universo e considerare il cristianesimo una religione come tante altre, nelle quali si è espressa sin dai primordi in modi diversi, ma tutti da intendersi come pseudo portatori di qualche verità, la ricerca di Dio da parte dell’uomo?
E’ un rischio di equivoca semplificazione modernistica che merita una riflessione e qualche puntualizzazione.

Il richiamo religioso non cristiano che sgorga dalla natura dell’uomo, pur lodevole e rispettabile anelito universale di tutte le religioni del mondo verso il Creatore, opera in un ordine naturale qualitativamente diverso e inferiore al richiamo religioso soprannaturale del cristianesimo, dominio della Grazia, la vita divina che viene partecipata al credente in modo incipiente ma reale, elemento ontologico, non solo morale, proprio ed esclusivo della religione cristiana.

Il tema della libertà religiosa assume una rilevanza centrale nel moderno e affossato dibattito sul dialogo interreligioso, specie per quanto attiene al posto preminente riservato, in certi documenti magisteriali, dalla Chiesa cattolica agli altri due monoteismi, riconoscendo gli ebrei e i musulmani come “figli di Abramo”.

Va chiarito che non è la discendenza anagrafica da Abramo, che fa eredi delle promesse a lui fatte, ma l’imitazione della sua fede. Se ebrei e musulmani fossero intimi figli spirituali e non solo di sangue e morali di Abramo subito riconoscerebbero il Cristo della nostra fede, che invece crocifiggono come malfattore e rinnegano come falsario.
C’è somiglianza al padre Abramo in chi come lui si dispone a vedere nelle Scritture il Cristo futuro, a esultare e rallegrarsi per la sua venuta. Solo chi fa realmente le opere di Abramo imitandolo nella fede può dirsi intimamente e spiritualmente figlio di Abramo e non solo suo discendente di carne, che non esita a sbarazzarsi del Cristo rivelatore della verità di Dio.

La religione cattolica è fondata su una Rivelazione soprannaturale, cioè sulla Grazia, che è la vita divina di Cristo, elemento nuovo, ontologico non solo morale, che fa della nostra professione di fede l’unica vera e autentica, al contrario delle altre credenze che da questo carattere divino non sono sfiorate.
Proprio il mistero di questo carattere reale, soprannaturale e divino, che s’iscrive nel reale naturale del nostro animo per via sacramentale e incipiente nel Battesimo, rafforza e rende unica la nostra dottrina, a cui dobbiamo fedeltà assoluta senza cedimenti.

Il sofisma modernista, secondo cui “tutte le religioni posseggono un po’ di verità ed esprimono la ricerca di Dio da parte dell’uomo” in modo vario, fruttuoso e - comunque sia - portatore di ricchezza, si scontra manifestamente con la millenaria dottrina soprannaturale della Grazia e perciò toglie consistenza edificatoria al terreno comune su cui si presume di fondare un dialogo interreligioso che conservi il proprio e l'ineludibile dell’identità cristiana





aprile 2016

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