Amoris Laetitia: un’esortazione pontificia fondamentalmente sovversiva

di Don Denis Puga, FSSPX

Articolo pubblicato su La Porte Latine,
il sito della Fraternità San Pio X in Francia, il 13 aprile 2016

L'impaginazione è nostra

Presentazione de La Porte Latine

A proposito dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia

In attesa di uno studio dettagliato e approfondito che farà la Fraternità Sacerdotale San Pio X sull’esortazione apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco, ecco alcune riflessioni relative ai passi più pericolosi di questo documento


Amoris Laetitia: un’esortazione pontificia fondamentalmente sovversiva

Con due decisioni importanti nell’arco di un anno – la riforma del processo di nullità del matrimonio, del settembre scorso, e la pubblicazione dell’esortazione del Sinodo Amoris laetitia sulla famiglia, di questo mese – Papa Francesco apre un’immensa breccia nella dottrina del sacramento del matrimonio e dell’Eucarestia.

Tutti i media vi si sono tuffati, senza che da parte di Roma vi sia stata la minima dichiarazione ufficiale sulle loro cattive interpretazioni. I loro grandi titoli sono stati unanimi o quasi:
Aperta una porta alla comunione dei divorziati risposati (Le Figaro, 8 aprile 2016).

In questo documento che si vuole non dottrinale, ma pastorale, e che è di una lunghezza impressionante (260 pagine!), è verso la fine (in cauda venenum) e in particolare a partire dal numero 296 del capitolo 8: “Accompagnare, discernere e accompagnare la fragilità”, che si troveranno tutta una serie di affermazioni e di direttive che, messe in pratica, distruggeranno l’insegnamento costante della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.

La Chiesa cattolica ha sempre insegnato che il matrimonio sacramentale è indissolubile e che le persone che hanno divorziato e poi hanno voluto contrarre una nuova unione, sono dei pubblici peccatori e quindi, a questo titolo, vivono pubblicamente in una occasione prossima e volontaria di peccare; né possono essere in stato di grazia e, per ciò stesso, accostarsi all’Eucarestia, che è il sacramento dell’amore di Dio.
In effetti, le persone che si trovano in questa situazione, in verità non possono dire a Dio che Lo amano al di sopra di tutto, poiché pubblicamente, ufficialmente, e con un legame contrattuale che si vuole stabile, Gli rifiutano la fedeltà alla promessa che Gli hanno fatto davanti alla Sua Chiesa il giorno del loro matrimonio religioso: promessa di essere fedeli al loro congiunto per la vita intera.

Nel capitolo 8 dell’esortazione sinodale raccomandata da Papa Francesco viene presentata tutta una morale di gradualità.
È presente l’ideale: il matrimonio cristiano che è confermato indissolubile; ideale certo magnifico ma ben difficilmente realizzabile nelle situazioni concrete del mondo contemporaneo (Si ritrova qui la logora teoria liberale della distinzione tra la tesi e l’ipotesi); ma sono anche presenti concretamente tutte le situazioni stabili non conformi all’ideale cristiano (concubinato, matrimoni puramente civili, ecc). In queste situazioni, dice il documento,
«potranno essere valorizzati quei segni di amore che in qualche modo riflettono l’amore di Dio.» (n° 294). «… quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio.» (n° 293).

In breve, da queste dichiarazioni si dovrà necessariamente concludere che una vita di coppia peccaminosa sarebbe una tappa verso la santità del matrimonio cristiano… Si ritrova qui il principio conciliare del «semen veritatis» già applicato nel falso ecumenismo: l’appartenenza a delle comunità acattoliche è una via verso l’adesione alla vera Chiesa di Cristo! Avevamo già visto il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, lodare l’attitudine di uno dei suoi amici, omosessuale, che aveva intrapreso un’unione stabile dopo diverse relazioni temporanee ed effimere!!! (Cardinal Schönborn: “Une relation homosexuelle stable est préférable à une aventure”, La Vie, 16 settembre 2015).

Infine, l’accesso all’Eucarestia per queste persone sarebbe una questione di discernimento personale. È questo che lascia intendere il n° 300 dell’esortazione, quando dice:
«È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi”, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi.»; specialmente secondo quanto precisa la nota 336: «Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave

In effetti (n° 301): «… non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in
qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante.»

Bisogna riconoscere, in verità, che in quest’ultima frase è contenuta tutta la rivoluzione morale dell’esortazione: alla fine tutto sarebbe un affare di coscienza personale… si naviga in pieno soggettivismo. Questa esortazione è la rovina della morale cattolica sul peccato.

Non lasciamoci addormentare da coloro che vorranno sottolineare che il documento precisa che non vuole essere magisteriale su questa questione, ma che intende solo dare degli orientamenti pastorali su dei punti legittimamente discutibili (cfr. n° 3) relativi alla disciplina della Chiesa. Tutto questo è solo l’imballo. Poiché è con la pratica che si radica la dottrina. Ci si ricordi, per esempio, di Paolo VI che, per la comunione sulla mano, si era accontentato di dare un indulto molto limitato per ragioni pastorali, chiedendo di conservare l’uso tradizionale. Si sa come sono andate le cose: la pratica della comunione sulla mano oggi è diventata quasi universale.
È questo che accadrà con l’apertura fatta da questo documento; apertura che è ben più grave della comunione sulla mano!
Permettere a certi divorziati risposati di comunicarsi lasciando il discernimento alla loro coscienza, significa dichiarare pubblicamente che il matrimonio cristiano non è intrinsecamente indissolubile e significa aprire la via al nuovo matrimonio sacramentale e dunque all’eresia.

Non ci si aspetta che il successore di Pietro faccia passare nei documenti pontifici una concezione puramente personale ed estremamente sovversiva di una pastorale della misericordia.

È la seconda volta, in meno di un anno, che Papa Francesco provoca una breccia che indebolisce il sacramento del matrimonio. Da parte di colui che si dice essere il guardiano del deposito della Fede, è cosa eminentemente drammatica per la salvezza delle anime e l’avvenire della Chiesa.
Ma Cristo ci ha promesso che le porte dell’Inferno non prevarranno contro di essa.



aprile 2016

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