Sì, fratelli e sorelle, non lasciamoci impressionare da certi membri del clero che, per delle ragioni pastorali, pretendono di cambiare l’insegnamento di Gesù e la dottrina plurisecolare dei sacramenti della Chiesa


Omelia del Cardinale Robert Sarah, del 10 aprile 2016, nella Basilica di Argenteuil, Francia.
In occasione dell’ostensione della Sacra Tunica.
Terza Domenica di Pasqua

Riportata il 14 aprile dal sito francese Le Salon Beige

I neretti sono nostri






Cari fratelli e sorelle,
il vostro vescovo, Mons. Lalanne, ha voluto che la Sacra Tunica di Cristo fosse esposta in occasione dell’Anno Giubilare della Misericordia, decretato dal Santo Padre Francesco, ed anche per il cinquantesimo anniversario della vostra diocesi, quella di Pontoise, e per il centocinquantesimo anniversario di questa Basilica.
Come sapete, nel racconto della Passione del Signore, San Giovanni attira la nostra attenzione sulla Tunica di Gesù (19, 23-24). Egli afferma che le Sacre Scritture, e cioè le parole del Salmo 22 (18) che lui stesso cita: “Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”, si sono compiute il Venerdì Santo sul Calvario. I soldati romani presero le vesti di Gesù, ne fecero quattro parti, una per ogni soldato. Presero anche la Tunica, quella Tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca.

L’episodio della divisione tra i soldati romani delle vesti e della Tunica senza cuciture, è stato considerato dai Padri – in particolare da Sant’Agostino e da San Giovanni Crisostomo – come un’espressione dell’unità della Chiesa. Per Sant’Agostino, le vesti, di cui i soldati fecero quattro parti, figurano l’universalità della Chiesa che si estende ai quattro angoli del mondo e che si trova ugualmente presente in ciascuna delle sue parti.

Così, come dice la costituzione dogmatica del concilio Vaticano II, Lumen Gentium: «le Chiese particolari» - e la diocesi di Pontoise ne è una - «sono formate ad immagine della Chiesa universale, ed è in esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica» (23).
Ma la Chiesa è cattolica fin dal primo istante della sua esistenza: essa abbraccia tutte le lingue. Come si può vedere, la Chiesa universale precede le Chiese particolari, e queste possono rimanere delle Chiese solo in comunione con la cattolicità. D’altronde, la cattolicità esige la molteplicità delle lingue, la messa in comunione e l’armonia delle ricchezze dell’umanità nell’amore del Crocifisso.
La cattolicità, dunque, non è solo qualcosa di esteriore, ma deve diventare una delle caratteristiche della fede personale: noi dobbiamo credere con la Chiesa di tutti i tempi, di tutti i continenti, di tutte le culture, di tutte le lingue.
È per questo che la Tunica senza cuciture tirata a sorte – aggiunge Sant’Agostino – raffigura l’unità di tutte le parti della Chiesa, e cioè delle Chiese particolari unite tra loro dal legame della carità.

Facendo coincidere due avvenimenti della vostra Chiesa particolare – i cinquant’anni della vostra diocesi e i centocinquant’anni di questa Basilica – con l’Anno Giubilare, che viene celebrato nella Chiesa intera, voi desiderate affermare la vostra comunione con la Chiesa di Roma che, dice Sant’Ignazio d’Antiochia, presiede alla carità.
Concretamente, si tratta della vostra comunione col Santo Padre Francesco, il successore di San Pietro. Si può dunque dire che Roma è il nome concreto della cattolicità.
La Tunica senza cuciture che noi veneriamo in questa Basilica è un appello a non lacerare l’unità della Chiesa, al contrario, essa ci ricorda che vi è «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.» (Ef. 4, 5-6).

Ora, noi constatiamo che il Corpo Mistico di Cristo, la Sua Sposa Santissima, è ferito dall’egoismo e dalle debolezze dei suoi membri, pastori e fedeli.
Come non pensare ai movimenti di disobbedienza e anche agli scandali che costellano la vita della Chiesa?
La sacra Tunica indivisa è un avvertimento lanciato alla nostra Chiesa cattolica, cioè universale, e dunque anche alla Chiesa particolare, alla vostra diocesi, perché prenda coscienza della sua unità intorno al suo vescovo, che è lui stesso in comunione «cum et sub Petro», e cioè con e sotto l’autorità di Pietro, del Papa.

In più, l’unità della Chiesa e dunque la sua dignità, non possono essere abbandonate al giudizio sommario dell’opinione pubblica, rilanciato da tanti media. Nella prima lettura di questa Messa, noi abbiamo sentito la proclamazione fatta dagli Apostoli di ciò che si chiama «kerigma» della nostra fede, che corrisponde al «Credo», alla professione di fede cattolica, che diremo a voce alta e con tutto il nostro cuore tra pochi minuti.
Gli Apostoli si trovano di fronte alla più alta istanza religiosa, il Consiglio supremo e il gran sacerdote Caifa, gli stessi personaggi importanti che hanno condannato a morte Gesù di Nazareth. Invece di tacere, o di edulcorare il messaggio del Vangelo della Vita e della Salvezza, essi scelgono il martirio, e cioè la testimonianza che stanno per firmare subito col loro sangue – essi vengono frustati tutti come Gesù durante la Sua Passione, poi daranno la loro vita come Lui ai quattro angoli della terra – e dichiarano che «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».
In altri termini, per riprendere il titolo del mio libro di interviste: essi hanno proclamato di fronte al gran Consiglio, e poi fino ai confini del mondo allora conosciuto, usque ad effusionem sanguinis (fino all’effusione del sangue): «Dio o niente!».

Sì, fratelli e sorelle, non lasciamoci impressionare da certi membri del clero che, per delle ragioni pastorali, pretendono di cambiare l’insegnamento di Gesù e la dottrina plurisecolare dei sacramenti della Chiesa, o dal relativismo ambientale che, come affermava il Santo Padre Benedetto XVI, è una vera dittatura, quella della controcultura dominante nei paesi dell’Europa occidentale; e non mettiamo la luce della nostra fede sotto il moggio, ma, poiché per il nostro battesimo siamo rivestiti di Cristo come di un vestito senza cuciture, che la nostra fede brilli nelle nostre famiglie e nelle nostre parrocchie, nei nostri posti di lavoro e nelle nostre Università, nelle nostre scuole e nei nostri luoghi di svago e di cultura (teatri e sale di concerto, stadi e ginnasi…), perché i nostri contemporanei, che cercano delle ragioni per vivere e per sperare, siano attratti da Colui che è venuto a liberare l’uomo dal peccato e a «riunire nell’unità i figli di Dio dispersi» (Gv. 11, 52), Lui che «Dio ha innalzato con la sua destra facendo di Lui il Capo e il Salvatore» (Atti 5, 31).
Perché è vero che è a Lui, all’Agnello immolato per i nostri peccati, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura, che sono sottomesse tutte le creature nel cielo e sulla terra…
Sì, a Lui solo la lode e l’onore, la gloria e la sovranità!

Quale contrasto con la sufficienza, con l’orgoglio dell’uomo contemporaneo, che vuole assidersi sul trono di Dio consegnando alla derisione, cioè alla vendetta pubblica, i cristiani che difendono la vita dalla concezione fino alla morte naturale, che rifiutano l’incubo prometeico della manipolazione del genoma umano, che difendono il povero e il rifugiato senza difesa, che difendono le radici cristiane della Francia e dell’Europa…
Ora, che vuol dire “seguire la Chiesa” se non “imitare Cristo”, che ci dice come a San Pietro: «seguimi», dopo avergli chiesto per tre volte: «mi ami, tu?»?…
Sì, «mi ami, tu»… più del tuo benessere? «mi ami, tu» più dei beni materiali, della tua carriera, dei giuochi, della televisione, del computer e di internet e dei piaceri del mondo?
In altri termini, è l’amore per Dio che regola la mia vita? Dio è al centro delle nostre famiglie? Vi è un crocifisso, una statua della Madonna in ogni camera?
Preghiamo in famiglia, genitori e figli, insieme nell’“angolo della preghiera” o nell’oratorio famigliare, che è un luogo di silenzio e di raccoglimento?
E  per voi, giovani qui presenti, sono veramente all’ascolto di Cristo, che mi parla nel mio cuore quando lo prego? Che cos’è che mi impedisce di rispondere: «sì», se Egli mi chiama per seguirLo nella via del più alto servizio, il sacerdozio o la vita consacrata? Ho paura delle difficoltà?

Troppo spesso l’accessorio ingombra la nostra vita; le riviste che accettiamo idolatrano i successi effimeri, e le informazioni televisive mettono in evidenza ciò che domani sarà già dimenticato… Di fronte a questa cultura del provvisorio si erge la nostra fede in Colui a cui appartengono la gloria e la sovranità.
La nostra certezza è nella Croce di Cristo Salvatore!
La nostra certezza è tutta compresa in questa esclamazione di San Giovanni nel Vangelo di oggi: «È il Signore!», e allora Pietro si gettò in mare… Come lui, noi siamo chiamati a gettarci nel Cuore di Gesù, a vivere solo di Lui, per Lui… come Maria, Sua Madre e nostra Madre.

Secondo un’antica tradizione, la Santa Vergine stessa ha tessuto la sacra Tunica del Signore. In effetti, a quell’epoca, in Palestina, erano le donne che confezionavano i vestiti dei membri delle loro famiglie. Per questo motivo la tradizione locale, qui a Argenteuil, ha sempre considerato le vesti portate da Gesù fino alla Croce, non solo come una reliquia della Passione, ma anche come una reliquia di Maria. E la facciata della vostra Basilica contiene una statua della Vergine Maria intenta a cucire.
Maria, la Madre di Gesù, è anche la Madre del Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa. Proprio perché è la Madre della Chiesa, la Vergine Maria è anche la Madre di ciascuno di noi, che siamo i membri del Corpo Mistico di Cristo.
Dalla Croce, Gesù ha affidato Sua Madre a ciascuno dei suoi discepoli e insieme ha affidato ciascuno dei suoi discepoli all’amore di Sua Madre. L’evangelista Giovanni conclude il suo racconto della Passione con le seguenti parole: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.» (Gv. 19, 27). Nel momento supremo del compimento della Sua missione messianica, Gesù lascia dunque a ciascuno dei Suoi discepoli, come eredità preziosa, la Sua stessa Madre, la Vergine Maria.

Cari fratelli e sorelle,  noi siamo invitati a considerare attentamente l’importanza della presenza di Maria nella vita della Chiesa e nella nostra esistenza personale. Recitiamo il Rosario, l’Angelus, ogni giorno, nelle nostre famiglie o individualmente… Affidiamoci a Lei, consacriamoci al suo Cuore Immacolato, in particolare tutti questi giovani che si preparano al matrimonio: noi siamo i suoi figli diletti!
Che Ella ci aiuti ad essere testimoni coraggiosi di suo Figlio, missionari intrepidi della nuova evangelizzazione, perché la Tunica senza cuciture di Cristo possa rivestire ogni uomo assetato di verità.
Amen.


Aprile 2016
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