Aperto il varco… passa di tutto…
e diventa una voragine!


di Belvecchio







No, non è colpa di questo o di quello, oppure sì: è colpa di questo e di quello.
Certo è che qualcuno ha aperto il varco e qualcun altro ne tiene allargati i labbri.
Ma non è successo ieri, né l’altro ieri, è da un bel po’ che si è perso il senso della realtà e si è pensato bene di dare spazio a qualsivoglia frutto dell’immaginazione o delle incontrollate pulsioni umane… qualcuno dice… subumane.
Fatto è che quello che ieri si credeva fosse un limite oltre il quale nessuno sarebbe mai andato, oggi, non solo viene superato, ma lo si considera perfino una tappa… verso nuovi limiti teorici che verranno superati a loro volta.

Al peggio non c’è mai fine! Si si diceva una volta. E invece no! Perché la fine c’è, anzi è già finito, e non perché non c’è di peggio, ma perché siamo riusciti a convincerci, noi uomini moderni super progrediti e proiettati nel futuro, che quello che in altri tempi si chiamava “peggio” in realtà è “bello”. In verità non si dice così: “il peggio è bello”; ma in realtà lo si fa e lo si vive e lo si predica e lo si pratica e lo si impone come nuovo costume, nuovo costume per orizzonti allargati, per rosee prospettive di amore universale… libero… libero da pastoie, vincoli, limiti, giudizi e pregiudizi e postgiudizi.

Una volta c’era la Chiesa che faceva da freno, e quando poteva da guida e da salvagente, ma oggi sembra che anche la Chiesa, ad opera dei suoi “uomini” e quindi anche delle sue “donne”, abbia abbracciato la voglia di nuovo… che più è nuovo e più è bello; la voglia di progresso… che più è progredito e più e bello; la voglia di rigettare i limiti… che più li rigetti e più ti si gettano addosso.

Ma che stiamo dicendo alla fine?
Diciamo che la cosiddetta società civile, - e non virgolettiamo perché ci sembra un po’ incivile -, la cosiddetta società civile, dicevamo, non solo s’è inventato il sostituto del matrimonio, con una sorta di patrimonio o, come si può dire meglio con un neologismo che piace tanto ai progressisti, con una sorta di maschimonio e di femminimonio… non solo s’è inventato questo pandemonio, ma ne mena vanto, come se scimmiottando certe sconcezze che i nostri nonni trattavano da malattie mentali, avessero raggiunto chissà quale condizione idilliaca.
E gli uomini e le donne di Chiesa, che un tempo mantenevano quel minimo di temperanza e di timore di Dio per provare a santificare la propria anima, oggi menano vanto della spudoratezza e si sforzano di svilire il loro corpo.

Una catastrofe! No, una conquista… una conquista che si muove sulla scia della inviolabilità della dignità umana, cioè sulla scia della soddisfazione delle voglie di ogni singolo uomo o donna che sia.

Ma di che stiamo parlando alla fine?
Parliamo di due tipe che si sono tolte il velo… e a questo punto sarebbe meglio dire… la maschera… e si sono offerte al pubblico ludibrio con gioia, con trasporto reciproco e, soprattutto, con amore, con tanto amore; anche perché quel famoso “pubblico” non esprime più ludibrio, ma encomio; e se è un pubblico laico: non riprova, ma approva; e se è un pubblico chierico non corregge, ma incoraggia… si è vero… non apertamente o direttamente, ma ammiccando, glissando, concedendo, perfino non scomunicando, ma comunicando o “includendo”, come si dice oggi, come se fosse un’operazione commerciale o uno spettacolo circense…; perché poi di questo si tratta, di uno spettacolo di guitti e di saltimbanchi, di funamboli e di pagliacci, di trasformisti e di illusionisti – senza offesa per costoro, ovviamente…- : la neo-chiesa, la neo-chiesa che “misericordiosamente” capisce tutti, capisce tutto… e pratica di tutto, inducendo tutti a fare altrettanto a maggior gloria della “coscienza” e dell’umana “dignità”, ormai svilite in bruta incoscienza e in demenziale indegnità.
Ah! Il progresso!

Ma insomma, che è successo?
E’ successo che Isabella e Federica, possedute da incontrollabile amore, hanno convolato a giuste nozze… si fa per dire… visto che, essendosi tolte il “velo”, queste due ex francescane – così dicono -, ovviamente non possono certo più volare e tanto meno con-volare; non solo, ma le supposte “nozze”, essendo state celebrate da un signore che fa il sindaco e da un altro che fa l’ex prete, entrambi sposati – non fra di loro, beninteso -, tutto sono tranne che “giuste”.
Certo, niente meraviglia, perché le giuste nozze sono quelle che si celebrano secondo natura: un uomo con una donna o, se più vi piace, una donna con un uomo; e non sono certo quelle che si celebrano secondo capriccio o, se più vi piace, secondo fregola. Queste ultime, da che mondo è mondo, si chiamano accoppiamenti, anche se questo stesso termine è improprio, visto che è un termine “antico”, ormai obsoleto,  che andava bene quando, in tempi normali, esistevano le coppie, quelle composte da un uomo e una donna, come in natura, da un maschio e una femmina.
E allora? Allora, oggi, delle robe così non possono più chiamarsi accoppiamenti, semmai, se l’idioma consente, affemminamenti o, mutatis mutandis, ammascolinamenti: e non traggano in inganno i neologismi, che tra non molto rientreranno certo nei moderni codici civile e penale, al pari dell’ultimo “femminicidio”, non traggano in inganno, dicevamo, perché, mutatis mutandis, senza malizia alcuna, né gli affemminamenti hanno a che fare con la femminilità, né gli ammascolinamenti con la mascolinità.
Ed è del tutto comprensibile, perbacco!, perché né nel primo caso è chiamata in causa la femmina, ormai ridottasi ad una specie di brutta copia del maschio, né nel secondo caso è chiamato in causa il maschio, ormai ridottosi ad una specie di brutta copia della femmina.

Oh capriccio della natura! O meglio: giustizia della natura! Perché anche qui, logica naturale vorrebbe che perfino il maschio effeminato si accoppiasse con la femmina mascolinizzata, perché sennò che accoppiamento è, semmai, come accade oggi sempre più spesso e sempre più amaramente, di raddoppiamento si dovrebbe parlare, ma di coppia neanche a parlarne.

Ma com’è potuto accadere?
Ma non è accaduto, è stato voluto: è stato voluto dalla benemerita democrazia che, essendo il governo del popolo, ha pensato bene di introdurre, in un mondo dove il popolo si vuole, con forza – almeno finora - , composto da coppie di un maschio e di una femmina che mettono al mondo i futuri popolani, ha pensato bene di introdurre la legalizzazione delle fregole tra femmine o supposte tali e tra maschi o supposti tali: che mettono al mondo un bel cavolo di niente.
Una democrazia che, inventata surrettiziamente per dare il potere al popolo si è rivelata essere solo uno strumento per vessare e subornare il popolo, che da direttore è diventato diretto… ma attenzione! … col sempre più diffuso convincimento, nei diretti – cioè nei vessati e nei subornati, ormai dirottati e sviati –, che sarebbero loro stessi ad andare dove non vorrebbero andare, cioè ad essere suonati invece che suonare.
Per questo la democrazia è così bella! Perché mai s’era vista una civiltà in cui coloro che comandano sono gli stessi di quelli che sono comandati.
Sì, lo sappiamo, detta così sembra buffa, ma è davvero così: è proprio buffa; buffa in tutti i sensi, compreso, e soprattutto, nel senso che a questo termine danno gli abitanti di Roma e dintorni.

Cosa c’entra la democrazia adesso?
E’ vero, in fondo non c’entra molto, visto che quello di cui stiamo parlando non l’ha voluto “il popolo”; ma un pochino c’entra, perché i “rappresentanti del popolo”, che sono un marchingegno di questa bella democrazia, ha stabilito che chiunque oggi può andare da un sindaco e chiedergli di celebrare le “nozze”: lo chiamano “diritto civile”, forse per distinguerlo da quel diritto incivile, ed ancora barbaramente in uso, di sposalizio tra un uomo e una donna.
Sì lo sappiamo, è stata “una” rappresentante del popolo, una certa cirillà o cincillà o Cirinnà, - non ricordiamo bene – che ha proposto questo pandemonio, ma è anche vero che il pandemonio è stato giubilato soprattutto perché l’hanno voluto tanti rappresentanti del popolo – di genere maschile, come risulta all’anagrafe -. Quindi non diamo sempre la colpa alle donne! Come se gli uomini fossero degli angioletti. Suvvia!
Anche questa volta, questi maschietti moderni, hanno pensato bene – democraticamente – di nascondersi dietro una sottana. E che c’è meglio di una sottana per nascondere le vergogne? Lo sanno bene le donne.

Il tutto consumato in quella stupenda città che un giorno era cantata “divina” e che oggi sembra essere diventata “divino”, che non è un giuoco di parole, ma un appellativo che ben si addice ad una Roma che sembra ogni giorno sempre più avvinazzata.

Ancora Roma. Che c’entra Roma adesso?
E già che c’entra! C’entra, eccome! Perché Roma era “Roma divina” anche perché era la città del Papa, quella che i Romani chiamavano Caput Mundi, e in senso simbolico e in senso reale.

Una volta era Roma che dava le “dritte”, oggi Roma, poverina, le prende solo di “dritta” e di “manca”, semmai riesce a dare le “storte”.

No! Non vogliamo fare polemiche col Vaticano, anche perché non possiamo: perfino per polemizzare bisogna essere almeno in due… e oggi questo Vaticano è sgusciante come un’anguilla e, come tutti i pesci, ha tante di quelle squame addosso che nulla lo tocca e tutto lo sfiora e passa, senza lasciare traccia, foss’anche il più melmoso dei fanghi maleodoranti.

Quello che vogliamo dire è che, guarda caso, Isabella e Federica si sono consigliate con un certo barbiere o berbero o Barbero – non ricordiamo bene – che fino a pochi anni fa di mestiere faceva il prete moderno. E questo bel tipo dal pelo bianco, com’è suo antico costume, ha incoraggiato le pulzelle e anzi ha consigliato loro di venire a Pinerolo a formalizzare l’accoppiamento, come se il povero Pinerolo fosse il paese di bengodi, dove tutto è permesso, purché scomposto.

Povera la nostra gloriosa italica provincia che ancora in parte resiste alle lusinghe dell’ultramoderno, ma che mostra già segni di cedimento dando vita perfino ai fenomeni dei preti sposati, com’è il caso del detto Barbera… pardon… Barbero; e oggi delle “suore” sposate – si fa per dire -; e allora come non parafrasare il sommo Poeta:
Ahi folle Italia, di goduria ostello,
nave sanza cervice in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!


Ma chi è questo Barbero?
Come chi è? E’ quel tipo che, quando gli facevano fare il prete moderno, non faceva altro che inventarsi di tutto, purché fosse difforme da quello che prescriveva il suo datore di lavoro. Un datore di lavoro che non aveva la decenza di licenziarlo, per non apparire troppo severo, povero barberino, e che a quanto ci risulta non l'ha mai licenziato veramente, gli ha fatto solo il favore di dichiararlo prete spogliato, che è quello che chiedeva in seconda istanza questo tizio che si è inventato perfino il rituale per il suo “matrimonio”… roba da matti!

Sembra impossibile, ma, a quanto ci risulta, questo tizio non è mai stato scomunicato dall’Autorità ecclesiastica, né dal suo vescovo, né dal suo papa, né ci risulta che l’Autorità ecclesiastica abbia scomunicato oggi Isabel e Federica, anzi pare accertato che anche a loro ha fatto il favore di dispensarle dai voti, perché facessero liberamente i comodi loro.

D’altronde, questa neo-chiesa da baraccone o, come la chiama Bergoglio, “in uscita” – forse perché vuole intendere o in cuor suo sa – che è uscita dai binari giusti per andare a deragliare per i dirupi del mondo… questa neo-chiesa non scomunica più nessuno, anche perché non gli importa niente della “comunione”, semmai gl’importa l’“incontro” degli spuri e l’“inclusione” di ogni germe patogeno, tant’è che le uniche volte che si ricorda della scomunica è per usarla contro i veri cattolici: questi impenitenti guastafeste che non sono mai contenti… cuori di pietra!
E cosa curiosa – ma non troppo – sembra proprio che questa scomunica a senso unico sia diventata ultimamente il deporte, in spagnolo – o diporto, in italiano o sport, in inglese – preferito degli inquilini dell’albergo vaticano.

Ma alla fine che ha fatto di male questo Barbero?
Oh! Di male? Niente! Ha fatto di peggio! Ha fatto finta di “sposare” le due innamoratissime cerbiatte, dopo che il sindaco di Pinerolo, targato con cinque stelle – dicono – le aveva iscritte nel registro delle indagate… pardon… delle convolate, cioè di quelle coppie scoppie , ma accoppiate, che pare stiano diventando sempre più numerose, come se non bastasse la confusione che già impazza in tutti campi.
Ma, lo si sa, al cuore non si comanda! Soprattutto oggi che non si fa altro che parlare di “cuore” e d’“amore”, peggio di quando andavano di moda i baci perugina.

Strano tipo questo sindaco dell’equestre Pinerolo, che sembra fare il contraltare al sindaco di Favria Canavese, guarda caso un altro comune del torinese, il quale si è rifiutato di eseguire la comparsata “civile” di unire in “matrimonio” (o “patrimonio”?!) due uomini – così risulterebbero all’anagrafe.
Certo che dovremmo essere contenti per la decisione coraggiosa – in questi tempi di lupi – assunta dal sindaco di Favria, ma non lo siamo, siamo invece costernati, perché è davvero impressionante pensare alle traversie che dovrà affrontare questo semplice cattolico che non intende contravvenire alla sua coscienza, alla legge naturale e alla sua fede. Chissà quante gliene faranno passare!
Invece il sindaco di Pinerolo corre il rischio che si becchi pure una medaglia, magari una bella medaglia “gaia” – o come si dice – oppure una bella pagina di copertina come quella che s’è guadagnata papa Bergoglio dopo la sua famosa uscita: “chi sono io per giudicare un gay?” Pardon… ci correggiamo subito… perché  - non sia mai – il direttore di Avvenire potrebbe adombrarsi e intristirsi – poverino -…: “Se una persona è gay, e cerca Dio, e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?
A suo tempo, un amico vicino rispose subito: “sei il Papa!”, ma un altro amico lo redarguì subito: “zitto, non offendere! Se ti sente! Lui è il vescovo di Roma!”… e giù risate a crepapelle e… pure tanta amarezza nel cuore.

E tanta amarezza e tanta indignazione anche nel sentire certuni che si dicono cattolici che giustificano questa battutaccia aerea di Bergoglio, in forza dell’inciso “e cerca Dio, e ha buona volontà”… che acume, però! Infatti, pensate: due battone “cercano Dio”, dove volete che lo cerchino? Se non nei postriboli? E in quanto a “buona volontà”: come volete che non ne abbiamo? Visto che col ricavato della buona volontà ci comprano, non solo la pelliccia, ma anche la casa?
Ma la domanda è: i gay, cioè gli omosessuali, tanto per essere chiari, dove cercano Dio e che tipo di buona volontà hanno?

E le due suorine?

Due povere donne
che sono rimaste intrappolate nella propaganda moderna sostenuta anche dagli inquilini dell’albergo vaticano e hanno scambiato le lucciole per lanterne, cedendo a quello che chiamano amore, quasi fosse una fragola e che invece è solo una fregola, solo un vecchio prurito che un tempo si grattava via e che oggi si alimenta invece con l’aiuto di sindaci pluristellati e di finti preti ammogliati.

Due povere donne
del profondo Sud, amerindo l’una e italico l’altra, tutte protese intrepide verso un nuovo radioso avvenire, con l’aiuto degli immancabili sindacati - di Pinerolo, ovviamente - e col sostegno di questa moderna gestione della provincia italica che, a detta del sindaco pluristellato, conferirà loro la cittadinanza pinerolese, come se a Pinerolo mancassero proprio due cerbiatte innamorate, in questo che è un noto sito prealpino.

Due povere donne
che dovranno spiegare ai loro parenti del Sud – e se ne crucciano, dicono i giornali – che non solo si sono “spogliate”, ma si sono pure “accoppiate” e perfino “ammogliate” o “maritate” che dir si voglia.
Oh, che gran casino! Nel senso buono… ovviamente.

Due povere donne
che, messesi in combutta con la barbera… pardon… con il Barbero e col pluristellato, hanno “convolato” alla chetichella, per non essere disturbate o molestate, dicono: “non per pudore, ma per paura dei pregiudizi” – come riportano i giornali.
E c’è da crederci! Perché in tutta questa storia pruriginosa quello che salta bene all’occhio è proprio la mancanza di pudore, di quel pudore che un tempo faceva dire alle nostre nonne avvilite per una sottana esposta: spudorate! E che oggi invece sembra diventato elemento di buona copertura contro le paure dei pregiudizi: meglio spudorate che pregiudicate! Sembrano dire le suorine. E hanno ragione! Perché è davvero meglio essere postgiudicate piuttosto che pregiudicate: essere pregiudicate è inaccettabile, mentre essere postgiudicate, cioè a cose fatte o a babbo morto, come si suol dire, e come in questo caso sarebbe meglio dire: a mamma morta… essere postgiudicate, dicevamo, è non solo accettabile, ma proficuo, redditizio, foriero di aspettative per l’avvenire… insomma una pacchia… come in questa vicenda nessuno se n’è fatta mancare.

Due povere donne “spudorate” che, bisogna riconoscerlo, in fondo hanno solo una responsabilità relativa – e non diciamo “colpa” perché vogliamo essere vaticanally correct – ce lo si conceda, perbacco!, anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo, come diceva crogiolandosi il vecchio mondino o paolino o Montini – se non ricordiamo male -.
Non hanno una grande responsabilità perché è evidente che sono state suggestionate dalla gioia dell’amore - o amoris laetitia che dir si voglia – e sono state risucchiate nel vortice che si è prodotto quando si è aperto il varco per far passare qualche spiffero – ed è passato il fumo di Satana –, per far passare aria nuova – ed è passato l’olezzo dei meandri cloacali –, per far passare regole nuove – ed è passato di tutto -, … e il varco è divenuto immancabilmente voragine, e ha mostrato l’abisso fumante che occultava, e il risucchio del vuoto infuocato sta catturando anime a non finire e alla sua luce notturna e sinistra mostra il transito non solo di laici, ma anche di preti e vescovi e cardinali e papi, seguiti nel cattivo esempio da monaci e monache: come queste due suorine innamorate che confessano la loro spudoratezza e si appellano alla comprensione di quegli stessi chierici che hanno dato loro il cattivo esempio e si affidano alla protezione e al sostegno di quegli stessi laici che le hanno subornate e indotte a “divorziare” dal loro primo “Sposo”, quel Signore Gesù a cui avevano promesso eterna fedeltà e devozione.

Da chi andranno adesso, le due cerbiatte innamorate, se non dal capo fauno col berretto a sonagli della moderna foresta pietrificata, dove impazzano satiri e priapi, cabiri e centauri, menadi e coribanti, tutti presi e compresi da un amore irrefrenabile e frenetico che tutti li inebria e tutti li esalta in una sorta di circo tarantico guardato a vista dai funzionari del Principe di questo mondo: l’incompreso messer Belzebù?

Una preghiera per queste anime traviate.










settembre 2016
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