Lettera aperta di Louis Veuillot a Papa Francesco

di Don Xavier Beauvais, FSSPX





Editoriale del n° 119, ottobre 2016, de L'Acampado, Bollettino del Priorato della Fraternità San Pio X: Saint-Ferreol di Marsiglia.
Pubblicato sul sito francese della Fraternità: La Porte Latine

L'impaginazione è nostra


Domanda posta dal giornalista Tilmann Kleinjung dell’Adr a Papa Francesco il 26 giugno 2016, durante il volo di ritorno dall’Armenia:
…Lei andrà – fra quattro mesi – a Lund per commemorare il 500° anniversario della Riforma, io penso che forse questo è il momento giusto […] anche per riconoscere i doni della Riforma, e forse anche …per annullare o ritirare la scomunica di Martin Lutero…

Risposta del Papa:
Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio – un tedesco luterano che poi  si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo, e si è fatto cattolico – vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico.  Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino… E dietro di loro chi c’era? I principi, “cuius regio eius religio”. Dobbiamo metterci nella storia di quel tempo. E’ una storia non facile da capire, non facile. Poi sono andate avanti le cose. Oggi il dialogo è molto buono e quel documento sulla giustificazione credo che sia uno dei  documenti ecumenici più ricchi, più ricchi e più profondi.

Di fronte a queste dichiarazioni incredibili, sconcertanti e offensive per la Chiesa pronunciate da Papa Francesco, ho interpellato Louis Veuillot (1813-1883), il quale, con la benedizione del suo amico Papa Pio XI, mi ha permesso di trascrivere alcuni elementi sufficienti per aprire l’intelligenza, gli occhi e il cuore del Papa.
Possano queste considerazioni, con le nostre preghiere, ottenergli una vera conversione e convincerlo a rinunciare a quello che certuni già indicano come la «canonizzazione» di Lutero.

Nei corposi studi sul protestantesimo, Louis Veuillot mette in luce il fatto che Lutero ha aperto la via che hanno seguito volta a volta Voltaire, Robespierre e Proudhon. Egli vi ha dimostrato che, emancipando la ragione umana, Lutero è stato per i suoi adepti una causa immediata di decadenza intellettuale e morale. Vi ha dimostrato che l’emancipazione della ragione è divenuta il principio delle aberrazioni filosofiche e politiche dei tempi moderni, non meno che la fonte dei disordini sociali dell’epoca contemporanea.

Lutero è stato la causa immediata della decadenza intellettuale e morale

«Per pervertire l’uomo, basta separarlo dall’elemento divino, cioè ridurlo alla sue sole forze».
Lutero ha prodotto un prodigio più inquietante, quello di «creare un cristiano che al cospetto della Chiesa, depositaria ed interprete della verità di Dio, proclama la sovranità della sua personale ragione».
«Proclamando il diritto del libero esame, sottomettendo la ragione Dio alla ragione sovrana dell’uomo, e dando ad ogni individuo la facoltà o piuttosto imponendogli l’obbligo di crearsi da sé la sua religione nei limiti della Bibbia, Lutero ha negato la presenza sulla terra dell’autorità divina e con questo ha dato subito corpo a delle religioni puramente umane. Poiché la ragione ha soppiantato la parte di Dio nella direzione morale dell’umanità, essa deve rimanere la sola maestra delle credenze, delle dottrine, delle leggi, dei costumi, ed essa ha anche rivendicato ed esercitato questo diritto derivato dalla sua vittoria. Da allora, niente più tradizione, niente più infallibilità, niente più verità assoluta, niente più diritto divino, niente più legame d’unità nella fede, in altri termini: niente più fede».

Che fa questa ragione emancipata?
«Essa trasferisce ogni diritto all’indipendenza assoluta, e questa indipendenza si piega con una vergognosa indifferenza sotto qualsivoglia dittatura, per affondare nell’indifferenza e nel disprezzo per ogni religione».
«Il protestantesimo accresce la porzione animale dell’umanità e ad essa fa regredire tutti coloro che la conoscenza e l’amore di Dio elevavano prima alla vita spirituale».

L’emancipazione della ragione umana promossa da Lutero: principio delle aberrazioni filosofiche dei tempi moderni

Veuillot constata che «La ragione emancipata, cioè incredula, dopo la sua vittoria non fa altro che lavorare a distruggere ciò che la ragione sottomessa, cioè credente, aveva edificato nel corso di lunghi secoli e con duro lavoro…»
Risultato, spiega Veuillot:
«ha prodotto migliaia di sette religiose e ha introdotto il disordine nella coscienza».

Un secolo e mezzo dopo che Lutero aveva rinunciato alla filosofia della «via larga e luminosa» che seguiva la ragione cattolica, allo stesso protestante Leibniz bastò solo considerare «la nuova strada e le tendenze fataliste dello spirito filosofico» per annunciare con cent’anni di anticipo le rivoluzioni che avrebbero scosso l’Europa.
Spaventato, nel 1670 scriveva:
«Possano tutti gli studiosi riunire le loro forze per atterrare il mostro dell’ateismo e non lasciar crescere di più un male da cui può solo derivare l’anarchia universale».
Ecco, commenta Veuillot: «Il male più grande e più terribile che si sia mai visto invade le scienza politiche».

L’emancipazione della ragione umana promossa da Lutero: principio delle aberrazioni politiche dei tempi moderni

«La ragione individuale, sovrana in religione e in filosofia, lo diviene anche in politica.  Dopo essersi fatta a suo piacimento una religione e una filosofia, l’individuo vuole farsi un governo secondo le sue idee e i suoi gusti che l’hanno guidato nella scelta del resto. Nello stesso tempo che la nozione di Dio scompare dalle coscienze e dallo spirito, la nozione di autorità, figlia del cielo, si dissolve, lasciando campo libero alle battaglie per gli interessi individuali, armati gli uni contro gli altri di tutta la forza e di tutta l’ostinazione dell’egoismo».
«Sottratto ai diritti di Dio, l’uomo cade immediatamente sotto il giogo dell’uomo. In questa frantumazione, in questa contraffazione dell’autorità, la società, che era una famiglia, degenera in un miscuglio di tribù il cui più ardente desiderio è di annientarsi reciprocamente. Immagine vivente delle sette del protestantesimo e delle scuole di filosofia. Stesso principio, stesso risultato!».

Louis Veuillot trae questa conseguenza:
«la politica della ragione sovrana si riduce alla gestione della folla», oggi «si agita la folla con la passione, con l’errore, con la paura, e da questa fermentazione emerge una forza che può tutto, ma che passa presto e che di per sé non crea alcunché; irresistibile come il vapore, sottile e sterile come esso».
Così
«la sovranità della ragione, distruggendo la nozione di autorità, rimpiazza l’autorità col despotismo, l’obbedienza con il servilismo, la libertà con la schiavitù».

Louis Veuillot dimostra poi, storia alla mano, che
«Dio ha accuratamente insegnato all’uomo il rispetto dell’autorità […] il principio protestante, introdotto in politica, mina incessantemente questa autorità, con dei colpi sotto i quali la stessa società deve perire. L’autorità ha in sé qualcosa di così legittimo, di così necessario, di così divino, che niente può scuoterla seriamente, salvo essa stessa. Fintanto che essa compie la sua missione, fintato che fa il suo dovere, essa crede fermamente nel suo diritto, e resiste alle prove più temibili, poggiata sulla coscienza pubblica. Ma l’autorità cospira contro se stessa e si tradisce quando si separa da Dio. Primariamente, così facendo, essa si aliena la protezione di Colui per il quale i re regnano; secondariamente, essa non può separarsi da Dio senza agire contro i diritti di Dio; e tutto ciò che essa fa in questo senso si volge necessariamente contro il bene del popolo; poiché il diritto di Dio in questo mondo coincide col vero bene e il vero appannaggio, l’unico bene e l’unico appannaggio dei deboli e dei piccoli.
«Dopo aver indotto l’autorità a sovraccaricarsi del potere, il protestantesimo o, se si preferisce, lo spirito protestante l’ha corrotta separandola da Dio, sottraendole il timore di Dio, e obbligandola a condurre attività su attività contro i diritti di Dio.
«Questo è sfociato infine in un lago di sangue che ha inondato la terra».

«Quello che rimpiango, e lo confesso francamente, è che non si sia condotto al rogo Lutero, che non ci sia stato alcun principe tanto pio e tanto politico da promuovere una crociata contro i protestanti».

E Veuillot si preoccupa di ricordare i «tempi più carichi di male e insieme più fermi e più saggi nel bene, in cui si applicava la pena di morte contro coloro che promettevano la pace pubblica fabbricando false credenze».
«I nostri padri ritenevano l’eresiarca più pericoloso del ladro, e avevano ragione. Una dottrina eretica era una dottrina rivoluzionaria, da cui derivavano dei turbamenti: sedizioni, razzie, assassinii e ogni sorta di crimini contro i singoli e contro lo Stato. Si piombava nella guerra civile, si faceva combutta con lo straniero, e la nazionalità era minacciata al pari della vita e dei beni dei singoli. L’eresia, che era un grandissimo crimine religioso, era quindi anche un grandissimo crimine politico […] l’eresiarca, esaminato e reso edotto dalla Chiesa, veniva consegnato al braccio secolare e punito con la morte. Niente è mai stato considerato più naturale e più necessario.
«Centomila uomini perirono in seguito all’eresia di Wyclif e quella di Jan Hus ne procurò di più; è incommensurabile quanto sia costata in termini di sangue quella di Lutero […] La pronta repressione dei discepoli di Lutero, una crociata contro il protestantesimo avrebbero risparmiato all’Europa tre secoli di disordini e di catastrofi, nei quali la Francia e la civiltà possono perire».

Un po’ più avanti, nel 1857, Louis Veuillot affermava che «l’89, che è il libero esame in politica, non ha prodotto meno scuole [filosofiche] del libero esame religioso, suo antenato, e ha prodotto delle sette».
«Nel protestantesimo politico, come nel protestantesimo religioso, dov’è che può trovarsi l’ortodossia e dov’è che può essere? Vi si trova ciò che si chiamano “istituzioni”, cioè delle ortodossie di fatto e di forza, ma che dottrinalmente non si fondano su base alcuna e che possono sostenersi solo sul disprezzo del principio generatore di tutti i protestantesimi, l’unico principio unicamente ammesso: la negazione dell’autorità».

L’emancipazione della ragione umana promossa da Lutero: fonte dei disordini sociali dell’epoca contemporanea

Nel  suo opuscolo Il Papa e la diplomazia, Louis Veuillot considerava i disordini sociali del suo tempo e cercava di smascherare «l’ultimo atto della rivolta del protestantesimo contro la Chiesa di Dio», rivolta «contro la verità divina», che si ammantava con l’“espressione” “libertà dei popoli”, esattamente come s’era ammantata con l’“espressione” “libertà delle coscienze” al tempo di Lutero, e Veulliot rilevava magistralmente che l’attacco del «mostro» si presentava col «triplice carattere che aveva già nel XVI secolo: carattere sociale, politico e religioso».
«Lutero attacca lo stato sociale alla sua radice, scuotendo la solidità del matrimonio, base della società cristiana; egli attacca lo stato politico alla sua radice, col trasferimento dei poteri e l’abolizione della gerarchia, sviluppo della società cristiana; egli attacca lo stato religioso alla sua radice con l’abolizione del culto esterno, espressione necessaria del culto interno, coronamento della società cristiana. E questo triplice attacco viene fatto in nome della “libertà”: libertà della carne: divorzio, libertà dell’anima: pontificato dei príncipi e libertà di culto esterno».

Oggi, afferma Veuillot, «la Rivoluzione ci presenta lo sviluppo regolare e logico di queste tre libertà protestanti».
«Come Lutero aveva proclamato pontefici i re, in nome della libertà religiosa, così la Rivoluzione proclama re i popoli, in nome della libertà di coscienza politica».
Lutero diceva: «Piuttosto Maometto che il Papa». «E’ il grido della Rivoluzione»

Certi «filosofi del libero esame» hanno osato parlare di «progresso in mezzo a questa immensa miseria: dicendo che l’umanità era cresciuta, era uscita dall’infanzia, era giunta all’età virile: pensava e ormai doveva marciare senza argini, senza tutela, maestra di se stessa nella sua saggezza e nella sua libertà».
Louis Veuillot conviene certo che «l’umanità è cresciuta e s’è emancipata», ma sottolinea che «crescere ed emanciparsi non è tutto: bisogna vedere in che senso s’è sviluppato il carattere con l’età».

Per ciò che riguarda il progresso morale, Veuillot assicura che «è un progresso all’indietro».





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