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I buoni e i cattivi Quando la finzione raggiunge e supera la realtà ![]() Parabola di una imminente riconciliazione ![]() Una grossa vettura nera passa
tra due filari di pioppi.
È targata Città del Vaticano. Sui sedili posteriori, un prelato e il suo nuovo segretario, un giovane curato, conversano. Il curato: «Allora, Monsignore, lei va a celebrare una vera Messa di San Pio V in questo seminario tedesco? Veramente non capisco bene: non si è detto per anni che questa gente era infrequentabile e scismatica? Il Monsignore: «E lei non
l’avrà creduto, spero! In effetti, noi non potevamo condannare
veramente quel vecchio arcivescovo. Anzi, avremmo potuto fare a modo
nostro integrandolo pacificamente nella Chiesa. Ma poi abbiamo pensato
che infliggendogli quella scomunica avremmo creato una rottura col
passato che avrebbe favorito i nostri progetti.
Mi scusi, Monsignore, ma ancora non capisco. Lei è troppo giovane,
signor curato. A quel tempo, ormai più di cinquant’anni fa, era
in atto la crescita del comunismo. Il vecchio Pio XII, come i suoi
predecessori, pensavano di opporvisi solo con la fermezza dottrinale.
In fondo, egli credeva che la roccia della Chiesa avrebbe resistito
alla tempesta. Noi pensavamo invece, con Montini e Casaroli, che il
comunismo avrebbe invaso totalmente il mondo e che, se avessimo
lasciato le cose come stavano, la Chiesa sarebbe crollata e nella
migliore delle ipotesi sarebbe finita nelle catacombe. A nostro avviso,
bisognava ammorbidire la Chiesa, renderla adattabile a tutte le
circostanze.
In un certo senso, abbiamo voluto
tagliare i legami con un passato troppo pesante e una dottrina troppo
rigida perché la Chiesa potesse restare a galla, un po’ come un
tappo di sughero tra le onde.
Ah! Capisco. Visto che le vostre previsioni non si sono realizzate, pensate di tornare alla Tradizione. No ha capito bene. Certo, il
nostro pronostico era errato. Ma noi non potevamo tornare indietro,
poiché sarebbe stato impossibile non fare un bilancio del
passato, che sarebbe stato catastrofico. Siamo condannati ad andare
avanti. E questo si accorda infine molto bene con le nostre nuove
previsioni. Secondo noi, il mondialismo avrà la meglio e noi
avremo il dominio di un’oligarchia finanziaria planetaria su un
universo socialista. In questa prospettiva, anche le religioni
tenderanno ad unificarsi e la Chiesa, se non fa troppo la delicata,
giuocherà un ruolo federativo, come ad Assisi e anche di
più.
Ma allora, Monsignore, perché andare in questo seminario ad animare questa discussione teologica? Negli anni ’70 scegliemmo la
rottura liturgica sia per aiutare sia per mascherare l’insieme della
manovra. E la cosa è andata bene al 99%. Questo significa che vi
sono un 1% di persone che, sempre senza comprendere la posta in gioco,
si sono attestati sulla Messa antica e di conseguenza sulla vecchia
teologia. Certo, il loro numero non può preoccuparci. Ma la loro
posizione sì: poiché può costituire un punto
d’appoggio a chi vorrebbe giudicare la nostra politica e approntare il
bilancio di cui dicevo prima. Quindi, abbiamo cercato di eliminarli:
isolandoli, maltrattandoli, ridicolizzandoli. Ma invano.
Allora siamo passati
all’operazione seduzione. Volevano la loro Messa? Ebbene, gliela
avremmo data, a condizione che rientrassero all’ovile e, soprattutto,
tacessero. L’affare sarebbe andato in porto nel 1988 se i negoziatori
fossero stati più accorti. Alla fine abbiamo recuperato solo un
po’ di preti e un po’ di laici, giusto quanto bastava per farne delle
esche.
Delle esche, Monsignore? Sì, delle esce come nella
caccia alle anatre. Per indurre le anatre a volare alla portata dei
loro fucili, i cacciatori legano sulle canne degli uccelli, che sono le
esche, il cui grido attira i loro simili.
E funziona? Con le anatre, sì. Con gli
integralisti recalcitranti veramente no… soprattutto con un vecchio
vescovo inglese. Ma questo ci permette, comunque, di applicare un
vecchio trucco dei comunisti. Quando i comunisti si trovano davanti un
blocco di oppositori, non l’attaccano frontalmente. Determinano nel
blocco una possibile linea di frattura e trattano gli oppositori di una
parte come “buoni” e quelli dell’altra parte come “cattivi”. Risultato:
i “buoni”, tutti felici di essere riconosciuti come tali, cercano di
smarcarsi dai “cattivi resistenti” e questi ultimi si irrigidiscono. In
breve, la frattura si determina molto facilmente se l’autorità
si mette dalla parte dei “buoni”. Mentre per quanto riguarda gli
integralisti basta buttare lì qualche parola come scisma o
sedevacantismo, che per noi non hanno più significato, ma che
per loro sono significative.
Circa i “buoni” che ci accolgono
nei loro seminari, loro pensano di poter approfittare della nostra
tattica per reintrodurre la Tradizione all’interno della Chiesa
istituzionale. Ma saremo noi che li trasformeremo a poco a poco
dall’interno. Già, non ci combattono più. Accettano
perfino di coabitare nelle nostre chiese. Per esempio, hanno già
accettato che le loro confessioni si facciano sotto l’autorità
del Papa. Il resto seguirà.
E, Monsignore, se la loro analisi fosse buona? Non ci assumiamo così un certo rischio? Ma no, signor curato. Noi
manterremo i nostri piccoli regali come con un elastico: le nostre
concessioni sono sempre limitate e revocabili. D’altronde, i vescovi
staranno all’erta. Essi non vedono di buon occhio la nostra politica.
Non la capiscono bene. E non per loro colpa: noi non li scegliamo
particolarmente intelligenti. E poi, senza saperlo, essi creano
utilmente un’altra opposizione dialettica nella quale, in rapporto a
loro, noi finiamo col giuocare la parte dei “buoni”. In questo modo, il
gruppo dei “buoni” può affermare che hanno degli amici a Roma e
che il Papa vuole riservare loro delle buone sorprese.
In altre parole, Monsignore, noi siamo i “buoni” del Vaticano che andiamo a confortare i “buoni” integralisti. Esattamente, signor curato. E
vedrà che ci riceveranno bene. Sono stati talmente maltrattati
in questi cinquant’anni che si sentono lusingati e si mostrano
riconoscenti del fatto che noi siamo amabili con loro. Basterà
una Messa e qualche passo dell’omelia che ho preparato, e crederanno
che noi siamo dalla loro parte. Non si preoccuperanno di ciò che
faccio e di ciò che dico per il resto del tempo.
Ma, Dio? Monsignore. Che ne facciamo di Dio in tutto questo? Oh, voi giovani. Ci sono dei
momenti che mi preoccupate.
Ma. Monsignore. Mi sembra che i vostri “buoni” siano proprio ingenui. Non sempre i figli san posar i
piedi
sopra l’orme dei padri, ma si oppone pigrizia, casi e tempi... onde tu vedi Cesare che diventa Leccardone. (L’educazione, favola di La Fontaine) (torna
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novembre 2016 |