Vincenzo Paglia,
il monsignore che sa tutto del mondo
e nulla della Religione di Dio

di Belvecchio




 
Tra le tante amenità che questo tempo di tenebre suscita tra le fila degli smarriti prelati prodotti dal Vaticano II, ci è capitata tra le mani questa breve intervista che un giornalista ha ottenuto dall’attuale Presidente della Pontificia Accademia per la Vita: Mons. Vincenzo Paglia.

Vista l’evidenza di queste affermazioni scomposte e per niente cattoliche, abbiamo pensato di presentarle per intero: i lettori si renderanno conto da soli di quanto questo prelato sia distante dai doveri del suo ufficio, sia come pastore sia come guida “per la vita”.

Abbiamo sottolineato i punti salienti e alla fine li abbiamo commentati brevemente.

L’aborto perdonato, l’arcivescovo: “Anche la scomunica può saltare”

(Quotidiano.net)

Accademia per la vita, Paglia dopo l’apertura di papa Francesco

di Giovanni Panettiere


Città del Vaticano, 23 novembre 2016

L’opposizione in Vaticano a papa Francesco cova nel silenzio. All’indomani della lettera apostolica, Misericordia et misera, che estende a tutti i preti la facoltà di assolvere l’aborto per le donne e i medici coinvolti, cardinali da sempre puntigliosamente informati sulle vicende ecclesiali si trincerano dietro un «abbiate pazienza, non ho avuto modo di studiare il documento». Altri ‘dimenticano’ l’italiano e troncano la conversazione nella loro lingua madre.
Le preoccupazioni delle frange più conservatrici si annidano ora sull’annunciata e conseguente riforma del diritto canonico che, oltre ad adattare alla lettera apostolica le norme sul potere d’assoluzione, potrebbe decretare la stessa abrogazione della scomunica latae sententiae, ad oggi comminata per chi provoca l’interruzione di gravidanza. Un peccato grave che il Papa più volte ha equiparato all’omicidio, ma che, ex art. 1398 del Codex iuris canonici, a differenza di quest’ultimo comporta l’automatica esclusione dal popolo di Dio.

Ma è possibile che si arrivi in un futuro prossimo al superamento della scomunica per l’aborto?


«Sì, non è da escludere – risponde l’arcivescovo Vincenzo Paglia, fresco presidente della Pontificia Accademia per la Vita –. Poi che sia proprio Francesco ad abrogare il canone non lo so, sarebbe da chiederlo a lui stesso. Certo è che negli ultimi decenni il Codice è stato già rivisitato decine e decine di volte. Quindi non c’è da meravigliarsi che il progresso della vita determini un aggiornamento delle legge canonica. È nella sostanza del reale, la tradizione della Chiesa è un corpo vivente, non un Codice bloccato».

Eccellenza, si aspettava così tanta risonanza per l’uscita del documento sulla misericordia?


«Certamente la lettera apostolica richiede di per sé un clamore nell’accoglienza proprio perché il Papa vuole affermare in maniera robusta che la misericordia non è un pensiero astratto o una parola irrilevante. È un’energia che trasforma la storia. Il rischio è che tutto questo non si comprenda appieno. La verità è che Francesco irrobustisce quel filo partito il giorno dell’apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962, quando papa Giovanni XXIII disse: ‘La Chiesa preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che imbracciare le armi del rigore’»

In alcuni settori cattolici ora si respira un certo smarrimento, come se il Pontefice avesse svilito la gravità del peccato dell’aborto, prima perdonabile solo dai vescovi.


«Penso che chi si smarrisce per l’estensione a tutti i preti della facoltà di assoluzione abbia anche un po’ di precomprensione. Questa pratica è già da tempo normale nella Chiesa di Roma, per volontà di Giovanni Paolo II, come in altri diocesi. Vedesi Terni, dove sono stato vescovo per diversi anni. È una prassi che ha un significato meritevole di essere compreso nella sua profondità».

Quale?


«Facilitare il ricorso al perdono è il modo per frenare la piaga dell’aborto, non per rendere il peccato un’abitudine L’assoluzione comporta una migliore presa di coscienza della gravità del fatto compiuto, un impegno a non commetterlo più, concede una grazia che interviene sulla debolezza del peccatore in modo che questo sia più forte rispetto alle tentazioni».

Quindi esclude che si possa ampliare il solco fra gli ultraconservatori e Francesco?


«Se ci lasceremo guidare tutti dalla Parola di Dio, arriveremo a una maggiore chiarezza della verità, magari plurale nelle sue applicazione, ma concorde nella sostanza. L’importante è non cadere nella tentazione del ‘determinismo’, ossia dell’impossibilità dell’approfondimento della fede, delle proprie convinzioni e della scoperta della ricchezza evangelica. ‘Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che lo comprendiamo meglio’, ripeteva papa Roncalli».

Il cardinale Burke, uno dei quattro oppositori a Bergoglio minaccia «un atto formale» per correggere il Papa sulla pastorale familiare.


«Vabbé (sorride)... Lasciamo perdere».



Solo questo prelato è a conoscenza del fatto che la legge canonica si aggiorna su determinazione del progresso della vita, cioè solo lui è venuto a sapere che le leggi della Chiesa nascono dalla spinta del mondo. In questo caso, egli dimostra di essere convinto che la sempre maggiore diffusione dell’aborto sia un “progresso” e per di più un “progresso della vita”. Che i cattolici si convincano che pensare all’aborto come ad  una pratica di morte è quanto di più anticattolico ci possa essere: Paglia dixit.

La scomposta forma mentis dei prelati moderni, li porta a considerare seriamente che se un male si diffonde sempre più tra gli uomini ormai dimentichi di Dio, la cosa migliore da fare per i “pastori d’anime” è dichiarare che quel male è meno male, magari, se il progresso lo richiede, che non è più un male, fino al punto che, se il progresso della vita lo richiede, è addirittura un bene.

Sta scritto: Non uccidere… ma Mons. Paglia sostiene che il progresso della vita porta la legge canonica a considerare che oggi, col progresso, si possa anche uccidere, così che quel “non” può diventare “no e sì”… non si può fermare il progresso!

E questo perché la tradizione della Chiesa sarebbe un “corpo vivente” e non un “codice bloccato”, cioè perché la tradizione, per principio, per principio vaticanosecondista, non sarebbe la trasmissione di un dato rivelato da Dio, ma una progressione della violazione della legge di Dio, portata avanti dall’uomo che “progredisce”.
Inutile chiedersi cosa ci stiano a fare i “pastori”, quando si constata che non intendono più governare e dirigere il gregge, ma si compiacciono di compiacerlo comunque e di farsi dirigere da esso… tanto più decisamente per quanto più esso si muove verso l’abisso. Ergo… aggiorniamo la legge canonica: si può anche uccidere… basta dirlo e confessarlo, e noi, i “pastori”, ti assolviamo per aiutarti a non uccidere ancora.

In questa ottica, essere misericordiosi, dice Paglia sull’onda di Bergoglio, significa trasformare la storia… e qui non si tratta di una mossa da illusionista, ma della triste realtà in cui si trovano i moderni prelati: indotti e mossi dal “progresso della vita”, per loro stessa ammissione, si convincono che da oggetto improvvisamente diventano soggetto … trasformano la storia … mentre con tutta evidenza sono essi stessi i “trasformati”.

Come può accadere che, agli occhi di un “pastore” moderno, il bianco sia nero e viceversa? Semplicemente perché l’intelligenza è venuta meno negli spiriti di questi moderni uomini di Chiesa; esattamente come continua a venire meno nella massa dei cattolici che, presi nelle spire di questo mondo senza Dio, mentre si adeguano alle leggi degli uomini, credono di seguire le leggi di Dio.

Quale senso ha “depenalizzare” l’aborto e facilitare l’assoluzione di chi lo procura? Significa aiutare chi lo procura – dice Paglia – lo rafforza nel resistere alle tentazioni.
Ma non s’è già sentito un discorso così?
E già: era l’argomento principe degli abortisti negli anni ’70: liberalizziamo l’aborto e la sua pratica diminuirà vertiginosamente. E l’aborto è stato liberalizzato e la sua pratica non è diminuita, e da mezzo eccezionale è diventato uno dei tanti ordinari contraccettivi.
Lo stesso avverrà con la confessione e l’assoluzione facile… soprattutto i cattolici potranno praticarlo con più leggerezza, tanto poi mi confesso! … E il prete, il vescovo, il papa, mi assolvono.

E tutto questo – dice lo stesso Paglia – significa fare maggiore chiarezza nella comprensione della verità… soprattutto si scoprirà una verità “plurale”… cioè?
Una verità che pur essendo “una” sarà molteplice… con buona pace della feroce contraddizione e … della stessa verità.

Questa sarebbe la maggiore chiarezza che ci permetterebbe di raggiungere quella disposizione d’animo che si permette di fondare sulla contraddizione con l’insegnamento di Dio l’idea tutta umana e tutta demoniaca di più verità che sarebbero però concordi “nella sostanza”.

Buon senso vuole che più verità non possano essere la stessa verità e se si trovasse che esse concordino nella sostanza, si tratterebbe ancora di una sola verità. Forse Paglia dovrebbe sforzarsi di mettersi d’accordo con se stesso, se può… e se non può ripassi il vecchio Catechismo di San Pio X, sì quello buono anche per i ragazzini… potrebbe capitare che finalmente capisca qualcosa.

Né può essere scusato per la precisazione che si tratterebbe di più verità “nell’applicazione della stessa verità”, perché semplicemente questo non significa un bel niente… tranne che Paglia non volesse dire che le applicazioni dell’unica verità possono essere molteplici, cosa ovvia, ma tanto ovvia che non è questo che egli vuole dire: egli afferma tranquillamente che la verità non è qualcosa di definito, di “determinato”, qualcosa di “dato” diciamo noi, ma è quella cosa che, come il Vangelo, cambia col nostro “comprenderla meglio”.

E chi pensasse che tutto questo bel discorrere sia frutto di una crassa ignoranza del Vangelo… sappia che Paglia sbotta: …lasciamo perdere…

No, caro Paglia, non lasciamo perdere, diciamo invece che prediamo atto che, grazie a Dio, ci sono ancora dei cattolici fedeli a Cristo che fanno molto volentieri a meno di Paglie e di Bergogli.





novembre 2016
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