Bassezza comune, mezzo gaudio…
a scuola e in chiesa


di Alessandro Gnocchi




Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
  7 dicembre 2016


Titolo, impaginazione e neretti sono nostri


Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.


mercoledì 7 dicembre 2016

È pervenuta in redazione:

Gentilissimo dottor Gnocchi,

sono una maestra in pensione da qualche anno e quindi sono una vecchia maestra, in tutti sensi, cominciando dal fatto che la scuola di oggi proprio non la riconosco più. Grazie a Dio ne sono fuori. Osservando lo sfascio attuale, al quale Renzi ha dato una bella mano con la sua pessima “buona scuola”, mi sembra di trovare sempre più analogie con la crisi della Chiesa. Lei che cosa ne pensa?

Maria Meregalli






Cara maestra Maria,

mi permetta di chiamarla con il suo titolo, che nella tremenda “buona scuola” di oggi non si usa più, proprio come il “don”, il “padre”, il “monsignor” nella tremenda “buona Chiesa” governata dalla pretaglia postmodernista.

Dunque, cara maestra Maria, sono marito di una maestra, non ancora in pensione, ma abbastanza vecchia da essere una “vecchia maestra”, pronta per essere rottamata quando la “buona scuola” avrà cavato a lei l’ultima goccia di sangue e a me l’ultima goccia di paziente condivisione coniugale della pena. Come se questo vigliacco “nuovo mondo” non volesse rottamare anche i “vecchi giornalisti”, i “vecchi scrittori”, i “vecchi tornitori”, i “vecchi bancari”, i “vecchi spazzini”, pardon i “vecchi operatori ecologici”, insomma tutti quanti gli ricordano come si viveva e si lavorava una volta.

Da marito di una “vecchia maestra”, la maestra Antonia, capisco bene cosa dice, cara maestra Maria, e lo condivido completamente. Ho già scritto da qualche altra parte, e quindi mi ripeterò, che la crisi della Chiesa, e in particolare della liturgia, va certamente di pari passo con la crisi della scuola. Non a caso, all’origine del disastro scolastico italiano c’è in prima fila un prete, don Lorenzo Milani.

Paola Mastrocola, insegnante di lettere al liceo e scrittrice, ha passato in rassegna sintomi e cause dell’irreversibile malattia che affligge la nostra scuola e ha riassunto tutto con il termine donmilanismo. In un volume che si intitola eloquentemente Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare, studia questo fenomeno partendo dalla troppo famosa Lettera a una professoressa che don Milani pubblicò nel 1967 commentandola così:
“Ma l’idea più terribile, secondo me, si trova nel finale. Il libro si chiude con un sogno, il sogno di insegnanti nuovi e democratici che finalmente dicano ai loro allievi: ‘A pedagogia vi chiederemo solo di Gianni. A italiano di raccontarci come avete fatto a scrivere questa bella lettera. A latino qualche parola antica che dice il vostro nonno. A geografia la vita dei contadini inglesi. A storia i motivi per cui i montanari scendono al piano. A scienze ci parlerete dei sarmenti e ci direte il nome dell’albero che fa le ciliegie’. Vuol dire lasciare le persone come sono! Ognuno si tenga le ‘nozioni’ che ha già, che gli vengono dalla famiglia in cui è nato: ognuno abbia, dunque, la vita che già la sorte gli ha dato. Vuol dire una scuola che non aggiunge, non eleva, non sfida. Ma si adegua, si fa uguale, si camuffa. E inevitabilmente si abbassa. E così penalizza proprio i più deboli. Tutti bassi, ma tutti uguali. Bassezza comune, mezzo gaudio?”.

La conseguenza di tale fenomeno, come lei ben sa, cara maestra Maria, è stata la perdita del senso di soggezione. Persone, funzioni, luoghi che da sempre erano, per essenza, superiori, sono stati abbattuti come le statue dei dittatori travolti da una rivoluzione. “Lo abbiamo fatto con le librerie, con la scuola e con la chiesa” dice ancora la Mastrocola.
“A Messa, per esempio, abbiamo iniziato a parlare in italiano e non più in latino, e a cantare con la chitarra invece di suonare l’organo. In libreria vendiamo anche cd e telefonini, e spesso facciamo anche bar e ristorante: così che non è chiaro che luogo sia, ma è evidente che non vende (soltanto) libri, ci mancherebbe!”.

“E a scuola” continua la scrittrice
“abbiamo cominciato a scendere dalla cattedra, a dare del tu agli allievi e a mettere i banchi in cerchio, in modo che non ci fosse un superiore e degli inferiori, ma tutti pari, tutti amici. (…) È stata, all’inizio, un’insofferenza architettonica, credo: quello scalino in legno che sopraelevava la cattedra ci ha dato un immenso fastidio, un turbamento che presto è diventato simbolico, ha iniziato a significare molto di più di quel che era. Forse quello scalino, nella nostra testa populista, rappresentava l’Autorità, e quindi la Dittatura. E andava demolito. (…) Abbiamo anche, di conseguenza, iniziato a dare del tu agli studenti e a pretendere che anche loro dessero del tu a noi. (…) Abbiamo insomma iniziato a parlare in un altro tono, a scuola, usando altri registri, più bassi. E con questo fare più colloquial-quotidiano, abbiamo di conseguenza preso a parlare veramente d’altro, a scegliere argomenti che fossero già nella sostanza più bassi, più facili, più alla portata di tutti: meno colti, e quindi più democratici. Non più l’allegoria medievale nella Divina Commedia, ma come si mangiava nel Medioevo, come si vestivano le donne, quando andavano in chiesa…”.

L’abbattimento del gradino su cui stava la cattedra, che ha finito per snaturare il normale rapporto tra maestro e allievo. Il “tu” sostituito al “lei”, che ha fatto del docente un semplice pari del discente. Il declassamento del linguaggio formale a parlata quotidiana, che ha portato al mutamento dei contenuti insegnati. L’idea che l’istruzione e l’educazione iniziali di ogni studente fossero già sufficienti, che ha condotto alla convinzione di bastare a se stessi e alla negazione di qualsiasi necessità di migliorare.

I quattro assi lungo cui si è mossa la devastazione della scuola replicano la forma, il contenuto e il metodo grazie al quale la rivoluzione neomodernista e democratizzante ha operato nella liturgia cattolica. Basta pensare all’abbattimento delle balaustre e al trasferimento degli altari nelle navate in forma di semplice tavolo, al sacerdote rivolto verso il popolo invece che verso Dio in qualità di semplice presidente dell’assemblea, al ripudio della lingua latina per quella vernacolare, all’irruzione della teologia che ritiene ogni uomo già salvo definitivamente, bastevole a se stesso e quindi nella condizione di non dover adorare Dio, ma di celebrare la propria festa.

Cara maestra Maria, non è un caso, dunque, che all’origine della rivoluzione nella scuola ci sia un sacerdote. Tutto ciò che conduce alla rivoluzione nella vita sociale ha sempre origine religiosa. La cattiva pedagogia, la cattiva politica, la cattiva morale discendono sempre da una cattiva teologia. I bambini che oggi sono la dannazione degli insegnanti per l’inciviltà del comportamento ancor prima che per la difficoltà di apprendere, sono gli stessi che in chiesa non stanno fermi un momento, neanche quando il sacerdote mette in scena le sue liturgie festaiole. Anzi, in chiesa sono ancora più scatenati perché non hanno neppure lo spauracchio di un brutto voto.

Cara maestra Maria, non so se riceva ancora notizie dalla “buona scuola”. In ogni caso le voglio segnalare una forma molto intelligente in cui alcuni insegnanti hanno riassunto quanto abbiamo detto fino a qua. È l’analisi dell’evoluzione di un problema di matematica dal 1950 ai giorni nostri. Me l’ha segnalato mia moglie e io lo riporto pari pari qui sotto.

Evoluzione del sistema scolastico a partire dal 1950.

    Aritmetica elementare nel 1950. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100.000 lire. Il costo di produzione è 4/5 del prezzo di vendita. Quanto guadagna?
    Aritmetica elementare nel 1970. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100.000 lire. Il costo di produzione è pari all’80% del prezzo di vendita. Quanto guadagna?
    Aritmetica elementare nel 1980. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100.000 lire. Il costo di produzione è di 80.000 lire. Quanto guadagna?
    Aritmetica elementare nel 1990. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100.000 lire. Il costo di produzione è di 80.000 lire. Quanto guadagna? Scegli la risposta tra le seguenti: [ ] 20.000 [ ] 40.000   [ ] 60.000    [ ] 80.000    [ ] 100.000
    Aritmetica elementare nel 2000. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100.000 lire. Il costo di produzione è di 80.000 lire. Il guadagno è di 20.000 lire. È giusto? [ ] Sì    [ ] No
    Aritmetica elementare nel 2010. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100 euro. Il costo di produzione è di 80 euro. Se sapete leggere tracciate una X nella casella del 20 euro che rappresenta il guadagno. [ ] 20    [ ] 40    [ ] 60    [ ] 80    [ ] 100   
Educazione alla competenza interdisciplinare nel 2014. Un boscaiolo vende un carro di legna per 100 euro. Il costo di produzione è di 80 euro. Formate un gruppo di lavoro di quattro persone ed indicate:
          a) Il nome del taglialegna (competenza linguistica)
          b) Disegnate il boscaiolo mentre taglia la legna (competenza artistica)
          c) Eseguite la seguente operazione: 100 – 80 = 20 (competenza matematica)
          d) Aiutate il boscaiolo nel suo lavoro (competenza etica)

Se l’alunno/alunna non ha completato le attività di cui al punto precedente si valuti la sua partecipazione alle attività formative, la corretta pulizia di scarpe e uniforme, la sua pettinatura e la presenza della cartellina per gli appunti: non importa se la cartellina è vuota, non siate fiscali, in ogni caso si evitino discussioni con i genitori, si eviti ogni violazione dei diritti umani e non si concedano pretesti ai giornalisti per le loro polemiche…

Mi pare, cara maestra Maria, che le analogie tra la “buona scuola” e la “buona Chiesa” siano tragicamente evidenti. Certo, dopo Amoris laetitia, nella versione del 2014 si potrebbe aggiungere anche l’opzione e) che suonerebbe più o meno così: preparate le bomboniere per il matrimonio del boscaiolo e del taglialegna e fatevi spiegare come vivono il loro amore (competenza di educazione sessuale).
Se ci è arrivato Bergoglio, vuole che non ci arrivi il prossimo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca?

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo






dicembre 2016
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI