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Ultime da Santa Marta Porte aperte alle donne sacerdote di Sandro Magister
Pubblicato sul blog dell'Autore Settimo Cielo ![]() Lund, Svezia, ottobre 2016 - L'abbaccio tra papa Francesco e l'arcivescovo luterano Antje Jackelen “Sull’ordinazione di donne
nella Chiesa cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da
San Giovanni Paolo II, e questa rimane”.
A leggere però l’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”, la questione delle donne sacerdote appare tutt’altro che chiusa. Anzi, apertissima. “La Civiltà Cattolica” non è una rivista qualsiasi. Per statuto ogni sua riga è stampata con il previo controllo della Santa Sede. Ma in più c’è lo strettissimo rapporto confidenziale che intercorre tra Jorge Mario Bergoglio e il direttore della rivista, il gesuita Antonio Spadaro. Il quale a sua volta ha il suo collaboratore più fidato nel vicedirettore Giancarlo Pani, anche lui gesuita come tutti gli scrittori della rivista. Ebbene, nell’articolo a sua firma che apre l’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” padre Pani fa tranquillamente a pezzi proprio “l’ultima parola chiara” – cioè il no tondo tondo – che Giovanni Paolo II ha pronunciato contro il sacerdozio delle donne. Per vedere come, non resta che rileggere questo passaggio dell’articolo, propriamente dedicato alla questione delle donne diacono, ma che da lì prende spunto per auspicare anche delle donne sacerdote. *
NON SI PUÒ SOLO
RICORRERE AL PASSATO
di Giancarlo Pani S.I. […] Nella Pentecoste del
1994 papa Giovanni Paolo II ha riassunto, nella Lettera apostolica
“Ordinatio sacerdotalis”, il punto di arrivo di una serie di precedenti
interventi magisteriali (tra cui l’“Inter insigniores”), concludendo
che Gesù ha scelto solo uomini per il ministero sacerdotale.
Quindi «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di
conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale. Questa sentenza deve
essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa».
Il pronunciamento era una
parola chiara per quanti ritenevano di poter discutere il rifiuto
dell’ordinazione sacerdotale alle donne. Tuttavia, […] qualche tempo
dopo, in seguito ai problemi suscitati non tanto dalla dottrina quanto
dalla forza con cui essa era presentata, veniva posto alla
Congregazione per la Dottrina della Fede un quesito: l’“ordinatio
sacerdotalis” può «considerarsi appartenente al deposito
della fede?». La risposta è stata
«affermativa», e la dottrina è stata qualificata
“infallibiliter proposita”, cioè che «si deve tenere
sempre, ovunque e da tutti i fedeli».
Le difficoltà di
recezione della risposta ha creato «tensioni» nei rapporti
tra Magistero e Teologia per i problemi connessi. Essi sono pertinenti
alla teologia fondamentale circa l’infallibilità. È la
prima volta nella storia che la Congregazione si appella esplicitamente
alla Costituzione “Lumen gentium”, n. 25, dove si proclama
l’infallibilità di una dottrina perché insegnata come da
ritenersi in modo definitivo dai vescovi dispersi nel mondo ma in
comunione fra loro e con il successore di Pietro.
Inoltre, la questione tocca
la teologia dei sacramenti, perché riguarda il soggetto del
sacramento dell’Ordine, che tradizionalmente è appunto l’uomo,
ma non tiene conto degli sviluppi che nel XXI secolo hanno avuto la
presenza e il ruolo della donna nella famiglia e nella società.
Si tratta di dignità, di responsabilità e di
partecipazione ecclesiale.
Il fatto storico
dell’esclusione della donna dal sacerdozio per l’“impedimentum sexus”
è innegabile. Tuttavia già nel 1948, e quindi molto prima
delle contestazioni degli anni Sessanta, p. Congar faceva presente che
«l’assenza di un fatto non è criterio decisivo per
concludere sempre prudentemente che la Chiesa non può farlo e
non lo farà mai».
Inoltre, aggiunge un altro
teologo, «il “consensus fidelium” di tanti secoli è stato
chiamato in causa nel XX secolo soprattutto a motivo dei profondi
cambiamenti socio-culturali che hanno interessato la donna. Non avrebbe
senso sostenere che la Chiesa deve cambiare solo perché i tempi
sono cambiati, ma resta vero che una dottrina proposta dalla Chiesa
chiede di essere compresa dall’intelligenza credente. La disputa sulle
donne prete potrebbe essere messa in parallelo con altri momenti della
storia della Chiesa; in ogni caso oggi nella questione del sacerdozio
femminile sono chiare le “auctoritates”, cioè le posizioni
ufficiali del Magistero, ma tanti cattolici fanno fatica a comprendere
le “rationes” di scelte che, più che espressione di
autorità, paiono significare autoritarismo. Oggi c’è un
disagio tra chi non riesce a comprendere come l’esclusione della donna
dal ministero della Chiesa possa coesistere con l’affermazione e la
valorizzazione della sua pari dignità». […]
*
A giudizio de “La Civiltà Cattolica”, quindi, non solo vanno messe in dubbio l’infallibilità e la definitività del “no” di Giovanni Paolo II alle donna sacerdote, ma più di questo “no” valgono “gli sviluppi che nel XXI secolo hanno avuto la presenza e il ruolo della donna nella famiglia e nella società”. Questi sviluppi – prosegue il ragionamento della rivista – rendono ormai incomprensibili le “rationes” di divieti “che, più che espressione di autorità, paiono significare autoritarismo”. In altre parole, il fatto che la Chiesa cattolica non abbia mai avuto donne sacerdote non impedisce che ne abbia in futuro: "Non si può sempre ricorrere al passato, quasi che solo nel passato vi siano indicazioni dello Spirito. Anche oggi il Signore guida la Chiesa e suggerisce di assumere con coraggio prospettive nuove”. E Francesco per primo “non si limita a ciò che già si conosce, ma vuole addentrarsi in un campo complesso e attuale, perché sia lo Spirito a guidare la Chiesa”, conclude “La Civiltà Cattolica”, evidentemente con l'imprimatur del papa. (torna
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