La Chiesa “constantiniana”,
Lutero, la Riforma
e il concilio Vaticano II


di Gederson Falcometa




Questa immagine composita è un ricordo della
liturgia ecumenica della parola secondo il formulario approvato dalla Commissione mista cattolico-luterana
che è stata celebrata il 21 gennaio 2017 nella cattedrale di Monreale (PA).

Al di là delle considerazioni critiche che si possono legittimamente fare su questa anticattolica iniziativa, resta il fatto che questa immagine illustra in maniera evidentissima l'opera di demolizione della Chiesa di Cristo che stanno portando avanti i nuovi preti della Neochiesa abortita dal concilio Vaticano II…
basta guardare il Pantocrator che troneggia nell'abside da più di 800 anni.


La Chiesa nata con il concilio Vaticano II sorse al grido della fine della Chiesa “costantiniana”. Questa impostazione dei progressisti è fin troppo attuale, eppure ancora oggi il mondo cattolico tradizionale non l’ha presa sul serio.

Secondo la loro tesi, i progressisti ritengono che prima di Costantino la Chiesa non avesse una struttura giuridica, non era un luogo dove si esercitava l’autorità (che chiamano autoritarismo) e non era monarchica (o imperiale). Essa sarebbe diventata così dopo Costantino; tale che sulla base di questa tesi, la visione di fondo dei progressisti sarebbe quella di una sorta di aggiornamento della Chiesa all’impero.
In questo modo, quand’essi parlano oggi di aggiornamento, non si tratterebbe di una novità, ma di qualcosa che sarebbe già esistito in seno alla Chiesa: che farebbe parte della sua tradizione.
La conseguenza è che essi considerano l’aggiornamento così concepito come una ripetizione del passato: come la Chiesa a suo tempo avrebbe assorbito e assimilato l’Impero Romano, così oggi, col concilio Vaticano II, la sua missione sarebbe di fare lo stesso col mondo moderno.
In questo modo si capiscono un po’ meglio le parole di Paolo VI quando disse che “il concilio Vaticano II è stato un evento più importante del Concilio di Nicea”; come dire che, essendo l’aggiornamento costantiniano cominciato con Nicea, così il nuovo aggiornamento al mondo moderno comincerebbe col Vaticano II.
La verità è che non ci fu alcun aggiornamento del genere, equivalente cioè all’adeguamento della Chiesa all’Impero, né c’è mai stata la necessità di convocare un Concilio per fare questo. La finalità dei Concili Ecumenici non è di fare degli aggiornamenti.
Gli ortodossi, che si sono separati da noi con uno scisma, in otto secoli non hanno mai pensato di convocare un concilio per aggiornare l’ortodossia al mondo musulmano.

Dio abbia misericordia dell’Europa e ci protegga, ma se l’Europa diventasse un continente mussulmano, dobbiamo aspettarci un Vaticano III che aggiorni la Chiesa a tale mondo. La domanda è: non è che questo aggiornamento è già cominciato col pontificato di Bergoglio?

Tornando alla tesi della Chiesa “costantiniana”, sorge un’altra importante questione, quella del valore dei Padri della Chiesa post-costantiniani.
La regola cattolica per l’interpretazione delle Sacre Scritture impone che non possano essere interpretate contro il consenso unanime dei Padri della Chiesa. Ma se i Padri della Chiesa hanno accettato unanimemente ciò che i progressisti ritengono sia stata come una sorta di eresia costantiniana, questi Padri della Chiesa hanno lo stesso valore dei Padri di prima di Costantino?
Infatti, il problema della relazione tra Chiesa e Impero è un problema non solo politico come pensano i progressisti, ma anche un problema teologico.
La questione di fondo è che si tratta veramente di due poteri che hanno origine da Dio: con il superiore potere spirituale che deve ordinare il temporale.
Se i due poteri diventano indipendenti, lo Stato comincia ad approvare leggi contrarie alla legge di Dio. E in tempi di un papa cattivo come Bergoglio, la Chiesa finisce con l’accettare in qualche modo lo Stato come un altro Dio: è per questo che questo papa ha aperto la via al divorzio cattolico.

Diversamente dai progressisti, i Padri della Chiesa si rifiutavano di accettare che lo Stato legiferasse contro la legge di Dio, e di riconoscere nello Stato un altro Dio. Essi non potevano approvare la separazione tra Chiesa e Stato, come oggi fanno i progressisti.

Quando parliamo del tempo di Costantino parliamo del tempo in cui la Chiesa aveva tra i Padri Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Girolamo, San Giovanni Crisostomo, Sant’Atanasio, Sant’Ilario di Poitier, San Basilio, San Gregorio Nazianzeno, ecc. Nessuno di questo Padri ha mai criticato o anche solo parlato di Chiesa “Costantiniana”. Oggi la Chiesa, col Vaticano II, non segue più i Padri della Chiesa ma la Nouvelle Theologie, la quale si riempie la bocca di citazioni dei Padri, ma li rifiuta, come si vede chiaramente da questa tesi della Chiesa “Costantiniana”.
In questa ottica, i Padri della Chiesa Conciliare seguono Lutero, che nella “lettera alla camera di Danzica” diceva:
È necessario mantenere il regime spirituale del Vangelo ben separato dal regime secolare esteriore, evitando ad ogni costo di confonderli insieme”.

Nella stessa lettera, Lutero diceva che non si deve governare secondo la legge di Mosè, che è lettera morta, né secondo il Vangelo che è solo spirituale; ma si deve governare secondo il diritto locale, secondo la ragione. Parlando della differenza tra legge di Dio e legge degli uomini, come ad esempio, dell’usura, egli conclude che è anti-cristiana, ma che dev’essere rispettata (non parla di tolleranza, parla di rispetto).

Tra Lutero, Riforma e concilio Vaticano II ci sono tantissime affinità.
Lutero diceva di voler tornare alla Chiesa primitiva perché non amava la Chiesa del suo tempo, non amava la Cristianità che era anche il mondo del suo tempo, diceva di amare la Chiesa primitiva e di voler tornare ad essa. Ma in realtà la sua era una posizione strumentale, poiché la sua prima istanza era il rifiuto dell’autorità; e questa posizione strumentale nascondeva in effetti l’amore per il mondo antico.
La sua volontà di restaurazione della Chiesa primitiva covava in realtà il ritorno ad un mondo senza la luce di Cristo, un mondo che sopravviveva sotto il controllo dal maligno.
Così, la riforma protestante non è stata altro che la medicina per la bestia che era stata ferita a morte dalla vera Chiesa.

Lo stesso si può dire dei progressisti, loro non amano la Chiesa di prima del Concilio, amano quella che ritengono sia stata la Chiesa di prima di Costantino, e con essa il mondo coevo, fino a rifiutare di fatto quella Chiesa che aveva ferito a morte la bestia e a provare a curare la bestia.
La conclusione è che questa loro nuova Chiesa non è altro che quella bestia con l’apparenza di agnello e la parola di drago.

Eric Voegelin definì bene Lutero:
Si parla di Lutero come di qualcuno che aveva le virtù e i vizi dei tedeschi. Ma se pensiamo, solo per fare riferimento ai teologi, ad Alberto Magno, Eckhart, Tauler, Nicola di Cusa o l’anonimo di Francoforte, ecco che Lutero non aveva alcunché di tedesco. Egli ha certamente creato un nuovo tipo umano: il protestatario volontaristico, che desidera imporre la sua ragione come centro dell’ordine istituzionale”.

Questo tipo umano si osserva anche nel post Vaticano II.
Se Lutero pensava che prima di lui c’era stata una Chiesa e un cristianesimo da rifiutare, la maggioranza dei cattolici moderni (prelati, chierici, religiosi, laici...) pensano ugualmente che prima del Concilio non ci fosse una Chiesa. Non stupisce, quindi, che i cattolici conciliari e i luterani abbiano molto da commemorare in questo anniversario dei 500 anni della riforma protestante, perché hanno molto in comune: appartengono tutti al tipo umano di cui parlava Eric Voegelin.
Forse, quando i cattolici moderni dicono che “ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide”, fanno riferimento a questo tipo umano protestatario e volontaristico che nega tutto il passato.

L’ecumenismo dei Papi conciliari è in completa rottura con la testimonianza dei Padri della Chiesa, che sapevano bene che lo stesso battesimo non significa la stessa fede e che Gesù non poteva dire ieri una verità a Lutero e per 1600 anni un’altra verità ai Papi della Chiesa.
Oggi i cattolici conciliari hanno il loro campione appartenente a questo tipo umano in Papa Francesco, che veramente vuole mettere la sua ragione e la sua volontà al centro dell’ordine istituzionale.

Come “aggiornamento” è la parola chiave per i progressisti per parlare di una Chiesa di prima e dopo Costantino, così è la parola chiave per parlare della riforma protestante. Anche il protestantesimo infatti è stato una sorta di aggiornamento, una versione religiosa del Rinascimento.
Anche il Rinascimento voleva tornare indietro, voleva tornare alla Grecia antica. Quello che era rimasto della cultura greca nella Chiesa e nella Cristianità non gli piaceva più; voleva delle novità, e intraprese un percorso nuovo usando i libri (Sola Scriptura?) e la loro lettura soggettiva (libero esame?).
Cominciò a collocare l’uomo e la ragione al centro. Si sa infatti che al Rinascimento è stato Lutero a dare il maggiore contributo: quello che i rinascimentali hanno fatto in materia di cultura, Lutero l’aveva applicato alla religione.

Nonostante qualcuno affermi che Lutero non fosse favorevole al dominio della ragione, ci si può domandare:
La Sola Scriptura più il libero esame, uniscono l’uomo a Dio o alla sua ragione?
Quando un protestante apre la Bibbia e la legge liberamente e soggettivamente, al centro pone Dio o l’uomo?
Oggi che ci sono più di 80.000 “chiese” protestanti nel mondo, ci si può chiedere: quando gli iniziatori di tali sette le hanno fondate, al centro c’era Dio o l’uomo?

La conclusione è che ci sono davvero tantissimi punti in comune tra Lutero, la Riforma e Vaticano II. Per questo il Papa ha molto da commemorare nei 500 anni della riforma protestante. Appartengono tutti allo stesso tipo d’uomo: il protestatario volontaristico, che vuole mettere le sue idee e la sua ragione al centro di tutto, come mai è stato fatto prima.




febbraio 2017
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