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Il cardinale obbediente, Francesco e quegli imbecilli dei cattolici “rigoristi” di
Giovanni
Servodio
Il 14 febbraio è stato presentato alla Radio Vaticana un libretto del cardinale Coccopalmerio sulla corretta lettura dell’VIII capitolo di Amoris Laetitia, agile libretto, edito dalla LEV (naturalmente!) - 51 pagine, 8 Euri -, che ovviamente è stato commissionato e comunque concordato tra Francesco e il Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi; e che altrettanto ovviamente costituisce la risposta ufficiale agli ormai famosi “dubia” dei quattro cardinali, ai quali Francesco, ovviamente, non può rispondere per il semplice motivo che, come si evince da questo libretto, non v’è dubbio alcuno che Amoris Laetitia è una conferma della dottrina cattolica di sempre sulla Comunione ai divorziati risposati, arricchita da una magistrale novità pastorale nella continuità della tradizione dottrinale della Chiesa. Chi non capisse questa lapalissiana verità, per ciò stesso dimostrerebbe di soffrire di una patologica sclerosi, che potrà pure partorire dubbi, ma non può certo aspettarsi che essi vengano presi sul serio, se non per essere cestinati tra le stranezze generate dalle patologie dell’età. Nella presentazione offerta da L’Osservatore Romano (14-15 febbraio 2017) si legge che: “L’acribia
con cui viene commentato il documento pontificio mostra in modo limpido
in quale maniera sia sempre necessario interpretare i testi
magisteriali: non per dubitarne, ma per comprenderli e accoglierli.”
Dando per scontato che non v’è alcunché di cui dubitare, né in questo né in altri “testi magisteriali”, se non altro perché essendo “magisteriali” possono essere solo buoni, corretti e fedeli all’insegnamento di sempre della Chiesa. Come si vede, siamo ancora a quella forma mentale che genera quella specie di obbedienza cieca ed assoluta che da cinquant’anni offusca le menti e i cuori degli uomini di Chiesa al punto da essere diventata la levatrice di tutte le mostruosità, piccole e grandi, partorite a partire dall’infezione prodotta dal Vaticano II. Ancora ovviamente, per noi, non ci addentreremo nell’“acribia” delle 51 pagine, sia per non ripeterci sia per non ripetere quanto detto da altri, ci limiteremo a riportare un passo chiave di questa spiegazione ufficiale del testo ufficiale di Papa Francesco, da cui si comprende che abbiamo a che fare con uomini dal multiforme ingegno, che però sarebbe meglio se smettessero di fare i preti e si dedicassero alla scenografia delle favole manipolate dalla Walt Disney. Partendo dal presupposto che la dottrina e la norma devono essere applicate alla luce della “ontologia della persona” (cfr. p. 35), ci si dice che sarebbe necessario rendersi conto che esistono “elementi che in qualche modo limitano la persona, soprattutto nella capacità di capire, di volere e perciò di agire”; tali che obbligano la pastorale a tenere conto della problematica imputabilità di chi viola la norma, e che perciò non può essere giudicato, ma dev’essere integrato con discernimento e carità (cfr. p. 45). Per maggiore chiarezza, a pagina 47 il cardinale spiega che elemento fondante di Amoris Laetitia è l’“ermeneutica della persona”, in base alla quale Papa Francesco “valuta
la realtà attraverso la persona o, ancora, mette innanzi la
persona e così valuta la realtà. Quello che conta
è la persona, il resto viene di logica conseguenza. E la persona
è un valore in sé, a prescindere per tale motivo dalle
sue peculiarità strutturali o dalla sua condizione morale”.
Letta questa perla da incastonare nella Giudecca, si comprende che il libretto dev’essere subito cestinato prima ancora di essere sconfezionato, anzi, si fa prima e meglio a non comprarlo neanche. Pensiamo ci sia poco da esaminare, ma quando si legge che un cardinale, facendosi portavoce di un papa, afferma che sarebbe una genialità magisteriale “mettere innanzi la persona” e così “valutare la realtà”, viene logico commentare che se la realtà va letta alla luce della persona, Coccopalmerio e Francesco suggeriscono che se uno è cieco è evidente che il sole non esiste. Se ce ne fosse bisogno, tutta questa storia serve solo a confermare che Amoris Laetitia è sì un testo magisteriale, ma non della Chiesa cattolica, bensì della neochiesa che ha sostituito la centralità di Dio con quella dell’uomo o, se si vuole, della persona; per di più della persona intesa in termini meramente fisico-naturalistici, visto che essa avrebbe valore “a prescindere dalle sue peculiarità strutturali (!?) o dalla sua condizione morale”. Una concezione che qualcuno potrebbe ritenere “innovativa”, ma che non è altro che la ripetizione in chiave clericale della vecchia solfa illuminista dell’uomo che è dio a se stesso. Sembrerà irriverente, ma se questi sono gli uomini di Chiesa che dovrebbero guidare i fedeli cattolici, è meglio lasciarli perdere nelle loro malsane fantasticherie e anzi additarli come pericolosi untori da evitare a tutti i costi. Sappiamo che non possiamo prescindere da loro, ma, come cattolici, abbiamo il dovere di considerarli per quello che sono: nemici della Chiesa, di Cristo e di Dio: e apostrofarli: «Vade retro, Satana!». E a questo punto è inevitabile ricordare la scottante attualità del vecchio proverbio: “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, al fine di ben inquadrare la condizione di quelli che muoiono dalla voglia di accompagnarsi innaturalmente a Francesco. Ci rendiamo conto di apparire come dei cattolici “rigoristi”, ma non possiamo farci nulla, anche noi abbiamo le nostre “peculiarità strutturali” ed è proprio sulla base di esse che pretendiamo di essere seguiti e ascoltati, foss’anche da cardinali, da papi o da vescovi, siano essi indigeni o barbari residenti in Svizzera. Fermo rimanendo il fatto che chiunque ha il legittimo diritto di ignorarci, visto che alla fine non siamo che nessuno, ma questo significa solo che ognuno è libero di scavarsi la fossa che vuole e non ha alcun diritto a lamentarsi… dopo. Noi il nostro dovere l’abbiamo fatto: uomo avvisato è mezzo salvato! (torna
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febbraio 2017 ALL'ESORTAZIONE APOSTOLICA AMORIS LAETITIA |