Il sant’uomo di Manhattan e il pretino “romano”


di Ettore Gotti Tedeschi






«C’era una volta un santo sacerdote che in una locuzione interiore aveva ricevuto l’invito dal Signore di occuparsi della conversione di quelle persone che non avevano tempo per Dio. Persone che vivevano in un luogo frequentato quasi esclusivamente da uomini d’affari, finanzieri, politici, intellettuali, e così via, cioè  persone considerate a priori non convertibili o persino i veri nemici di Dio perché ricchi e potenti.

Per identificare questo luogo come riferimento esemplificativo, propongo di pensare a Manhattan. Questo santo sacerdote, prima di iniziare la sua missione fece tre cose. La prima cosa furono gli esercizi spirituali, intensi (quelli di un mese, in silenzio, tipo quelli di sant’Ignazio, per intenderci) in cui chiese al Signore grazie per detta missione. La seconda cosa che fece consistette nel cercare di comprendere l’ambiente in cui avrebbe dovuto cimentarsi, la tipologia di persone, professioni, i loro interessi, le loro forze e debolezze, i loro vantaggi e svantaggi, le altre religioni o sette con cui avrebbe dovuto competere, etc...etc...

La terza  cosa che fece consistette nel prepararsi ad affrontare  queste persone in questi ambienti, con argomenti, stili, parole, adeguate e convincenti. Quando si sentì pronto, partì per la sua “Manhattan“ da convertire ed iniziò il suo processo di evangelizzazione. Scelse accuratamente i luoghi (chiese) ove annunciare il Vangelo. Lì conobbe i primi che dimostrarono sensibilità e così scelse le persone (i primi apostoli) con le quali creare gruppi ristretti che gli permettessero di inserirsi nel mondo ove doveva operare. Poco alla volta cominciò a celebrare sante messe che richiamavano tutti, cominciò a confessare come mai era successo, annunciò la parola di Dio come mai si era sentito, senza “rispetto umano”, come quegli uomini necessitavano ed in cuor loro auspicavano.

In tutta la sua Manhattan non si parlava che di lui, dei suoi carismi, del bene che faceva con il magistero, con la preghiera, facendo riscoprire i Sacramenti e le grazie conseguenti. Ma soprattutto celebrando la Messa con una liturgia tradizionale che contagiò tutti, confessando come la gente non ricordava più. In questa Manhattan si tornò a scoprire Dio e a conciliarlo con il proprio lavoro, anzi a scoprire che dava senso al lavoro che veniva perfino fatto meglio.

Mentre “i clienti”  del santo sacerdote crescevano a vista d’occhio, crescevano anche le offerte, i contributi economici, dati con entusiasmo affinché la missione continuasse e si espandesse. Il sant’uomo dovette cominciare a cercare giovani, o vecchi, sacerdoti che seguissero i suoi carismi, affittò locali e case per fare formazione e catechesi. Il vescovo locale gli affidò più chiese inutilizzate e gli concesse l’apertura di un seminario. Sembrava un sogno, la fede vera quella fondata solo sulla Verità unica ed eterna era quello che cercavano le persone di Manhattan, quello che volevano perché volevano dare senso alla propria vita, ma nessuno glielo aveva proposta così intensamente finora.

Pensò il sant’uomo: ma perché in così pochi nella Chiesa in questo secolo ci hanno creduto e provato? Bene, dopo alcuni anni i seminari (che ormai erano cresciuti di numero e di affluenza) erano ben 14 con più di mille seminaristi. Il sant’uomo decise di creare una struttura, una specie di casa generalizia, a Roma per avere sempre la vicinanza ed il conforto della Chiesa romana e del Papa. Non essendo esperto di ciò e neppure parlando italiano, decise di mandare un seminarista che parlasse italiano, il migliore naturalmente, il più dotato.

Impiegò quasi un mese per intervistare i suoi e scegliere fra tutti. Poi organizzò per lui un soggiorno a Roma di tre anni, prevedendo per lui anche studi teologici nelle università più prestigiose della Chiesa, lo fece mettere in contatto con tutti i prelati, vescovi e cardinali di curia, affinché raccontasse la loro storia di successo e potessero aiutarli a compierla e perfezionarla.  Passarono tre anni, il seminarista, ormai consacrato sacerdote a Roma, dottore in teologia e filosofia, con master in bioetica, in sociologia e in economia,  tornò  finalmente a Manhattan. Era talmente bravo ed esperto, ed il sant’uomo ormai talmente vecchio, che venne deciso di nominarlo al vertice della struttura fondata dal santo sacerdote qualche decina di anni prima.

Il giovane appena nominato pensò di rinfrescarsi la visione di cosa era Manhattan in funzione delle sue esperienze romane e riformulare una strategia adatta ai tempi. Passò mesi a valutare, studiare, sperimentare, colloquiare, etc... Poi andò dal vecchio sacerdote e gli disse che aveva fatto un’analisti strategica scientifica ed era arrivato a concludere che la sua fondazione era destinata a fallire. Sarebbe fallita presto perché non aveva inteso cosa è la “realtà” del mondo moderno, perché si fondava su ideali insostenibili nel moderno. L’opera concepita dal vecchio sant’uomo, proponeva infatti una vita spirituale inconcepibile nell’era moderna, pratiche religiose vecchie, quando invece  il mondo aveva bisogno di esser compreso nelle sue esigenze.

Tutto doveva cambiare per non fallire: la liturgia incomprensibile, le confessioni opprimenti, le penitenze insostenibili, i sacramenti misteriosi, un magistero vecchio, un modo di pregare rigido. Spiegò  che il modo, finora attuato, di interpretare e far vivere la dottrina cristiana non era più competitivo, l’uomo di oggi non poteva sentirsi oppresso dalla religione, che deve invece solo incoraggiarlo, giustificarlo, consolarlo. Il giovane  sacerdote spiegò e distribuì le indagini di mercato fatte da “faith today”  e riconfermò che  se non si fosse riformato tutto, nel giro si pochi anni la fondazione del santo sacerdote avrebbe  chiuso bottega.

Il vecchio santo sacerdote cercò di obiettare balbettando che le sue chiese invece erano piene e le vocazioni in crescita. La risposta fu immediata: “Solo per ancora poco tempo, ho visto a Roma che è successo, è questione di poco tempo, è indispensabile anticipare i prossimi problemi”. Il vecchio sacerdote non aveva forze per ribattere e gli argomenti erano imposti in modo talmente scientifico e determinato da sembrare forti e convincenti. In pochi mesi la liturgia della Messa venne modernizzata, si passò progressivamente a confessioni brevi e comprensive per ogni peccato, si tralasciarono le penitenze, si cominciò a dare la comunione in mano a chiunque, l’omelia nella Messa si orientò alla reinterpretazione ed attualizzazione dei Vangeli e si centrò sull’importanza della coscienza soggettiva e sulla comprensione di Dio Padre che per i meriti del Figlio non necessita dei nostri meriti.

Ma  i fedeli  non capirono e non gradirono i cambiamenti, progressivamente le chiese che il vescovo gli aveva messo a disposizione si vuotarono, i seminaristi che erano entrati per diventare santi si convertirono a sette protestanti e i seminari si svuotarono, i contributi crollarono, si faticò persino ad arrivare a fine mese…

Si riunì allora la commissione con il fondatore per interrogare il giovane innovatore sui “successi” ottenuti. Lui cominciò ricordando l’incarico che aveva avuto dal fondatore, le analisi strategiche fatte, continuò spiegando la storia della Chiesa, il pensiero filosofico da Cartesio a Heiddeger, le complessità affrontate dal Vaticano II, le intuizioni di Carl Rahner. Illustrò la globalizzazione e spiegò che nel mondo globale, per evitare conflitti era necessario relativizzare le religioni troppo dogmatiche, cercando di laicizzarle come il luteranesimo, smettendo di evangelizzare per non mancare di rispetto alle altre culture religiose. Spiegò l’importanza della cura della terra, dono di Dio, dell’ambiente e del cattivo uso fatto dagli uomini, nonché azzardò persino ad anticipare, con prudenza, la necessità nel mondo globale di una religione universale centrata su un bisogno dell’uomo identico per tutti che è la cura dell’ambiente, per poi spiegare all’uomo universale che poiché il creatore dell’ambiente è Dio, si sarebbe successivamente passati a riscoprire Dio, e questo sarebbe stato il nuovo modello di evangelizzazione nel mondo globale.

Parlò 4 ore davanti ai suoi confratelli che non capivano una H. Solo uno, giovane quanto lui, cercò di ribattere dicendo: “Ma noi a Manhattan abbiamo proprio dimostrato il contrario, l’uomo più impegnato, proprio quello che non ha tempo, vuole dar senso a tutto il suo tempo, proprio l’uomo di successo sta comprendendo che cosa è il vero successo nella vita, sta capendo che deve dare un senso alla sua vita e alle sue azioni. E sta capendo con noi che solo una fede forte, valori forti, possono dare questo senso. Sta capendo che la “realtà” è conseguenza della mancanza di fede vissuta e della dottrina non predicata. Sta capendo che se non si cura l’ambiente è semmai perché prima non si cura lo spirito.
E chi lo intende sono professionisti, banchieri, imprenditori, oltre a tutti gli altri, non sono poveri disgraziati alla ricerca di una fede consolante”.

Il  giovane nuovo responsabile della istituzione di Manhattan lo tacitò chiedendogli se non avesse mai pensato che quello che lui pensava non fosse invece opera del demonio e che quello che lui diceva non fosse una bestemmia. Poi disse solo una cosa per concludere: “Cosa vi dissi quando tornai da Roma? Che il nostro progetto non stava in piedi e così è successo! Ve lo avevo detto che questa fondazione, che ha sempre ignorato la realtà del mondo terreno era destinata al fallimento, no? Io ho cercato di salvarla, adattandola ai tempi, ma è stato impossibile, troppo tardi. Il mondo non ha più bisogno di noi, io l’ho ben capito, confrontandomi con le altre fedi, facendo analisi strategica, facendo studi teologici, filosofici, bioetici. Capendo tutto… Chi non ha capito va esorcizzato.”






febbraio 2017
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