Roma:
nuova Commissione liturgica neo-bugniniana



Pubblicato sul sito francese Riposte Catholique






Il sito cattolico spagnolo di Francisco José Fernández, la Cigüeña de la Torre ha reso nota la composizione di una misteriosa Commissione, creata da Papa Francesco in seno alla Congregazione per il Culto Divino, allo scopo di revisionare l’istruzione Liturgiam authenticam sulle traduzioni dei testi liturgici e che si ispirerà specialmente al testo liberale sull’inculturazione liturgica: l’istruzione Varietates legitimae del 25 gennaio 1994.

Bisogna sapere che Liturgiam autenticam, pubblicata il 28 marzo 2001 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, è un testo fondamentale di “restaurazione”: «La traduzione dei testi della liturgia romana non sono un lavoro di creatività… E’ necessario che il testo originale o primitivo sia, per quanto possibile, tradotto integralmente e con molta precisione, vale a dire senza omissioni né aggiunte riguardo al contenuto, né introducendo parafrasi o glosse» (n. 20).

Per i cardinali ratzingeriani che si sono succeduti alla Congregazione: Medina, Arinze, Cañizares, Sarah, la rettifica delle traduzioni liturgiche ideologizzate era la prima tappa per un riordino della devastata liturgia, cioè per una «riforma della riforma».

L’ultimo di essi, il cardinale Sarah, era stato nominato da Papa Francesco nel 2014, cosa che all’epoca aveva destato molta sorpresa. In realtà, egli l’aveva fatto su insistenza del cardinale Cañizares, a cui il Papa non poteva rifiutare questa consolazione. Ma a Sarah vennero immediatamente legate le mani: al segretario della Congregazione, Mons. Roche, un bugniniano in apparenza moderato, fu aggiunto un sotto-segretario bugniniano puro, Padre Maggioni, dopo che il 5 novembre 2014 erano stati licenziati senza preavviso Mons. Anthony Ward e Mons. Juan Miguel Ferrer (avvisati da Roche alle 8,30 del mattino, lasciarono l’ufficio a mezzogiorno).
In seguito, i cardinali e i vescovi membri della Congregazione (che votano nelle assemblee plenarie) furono completamente rinnovati il 28 ottobre 2016 (oltre ad altri avvicendamenti, i cardinali Burke e Pell furono allontanati e furono sostituiti con il cardinale Ravasi e Mons. Piero Marini).

Fu solo per lettera che il Papa rese nota al cardinale Sarah la costituzione di questo nuovo Consilium, infatti non l’aveva minimamente informato in anticipo. Contrariamente ad ogni uso, il cardinale non è stato nominato presidente della Commissione, di cui non è neanche membro.

Questa nuova Commissione, chiaramente destinata a mettere da parte il cardinale Sarah, secondo quanto riferito da Fernández, è composta da:

- Mons. Arthur Roche, segretario della CCD, presidente, dalle opinioni liturgiche avanzate;
- Padre Corrado Maggioni, SMM, sottosegretario della CCD, vice presidente;
- Mons. Dominic Jala, SDB, arcivescovo di Shillong (India);
- Mons. Mark Benedict Coleridge, arcivescovo di Brisbane (Australia);
- Mons. Piero Marini, presidente del Comitato per i Congressi eucaristici internazionali, ex segretario di Mons. Bugnini ed ex cerimoniere pontificio;
- Mons. Bernard-Nicolas Jean-Marie Aubertin, arcivescovo di Tours (Francia);
- Mons. Julian López Martin, vescovo di León (Spagna);
- Mons. Arthur Joseph Serratelli, vescovo di Paterson (Stati Uniti);
- Mons. Friedhelm Hofmann, vescovo di Wurzburg (Germania);
- Mons. Jean-Pierre Kwambamba Masi, vescovo ausiliare di Kinshasa (Congo Kinshasa);
- Mons. John Bosco Chang Shin-Ho, vescovo ausiliare di Daegu (Corea);
- Mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi (Italia);
- Padre Jérémy Driscoll, OSB, professore alla Pontificia Università Sant’Anselmo di Roma, benedettino dell’abbazia di Mount Angel (Oregon, Stati Uniti);
- Padre Matias Augé, clarettiano spagnolo, professore onorario del Pontificio Istituto Liturgico;
- Don Giacomo Incitti, professore di Diritto Canonico alla Pontificia Università Urbaniana;
- Padre Mario Lessi-Ariosto, gesuita italiano;
- Padre Christoph Ohly, prete diocesano della diocesi di Colonia, professore di teologia a Trevi, Germania;
- Sig.ra Valeria Trapani, professoressa alla Facoltà teologica di Palermo, membro della Commissione liturgica della diocesi di Palermo;
- Sig. Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, di cui tutti ignoravano che avesse la minima competenza liturgica, mentre è certo che in cambio ha delle solide competenze ideologiche.

Francisco José Fernández fa notare come in questo Consilium i liberali siano fortemente rappresentati (Marini, Coleridge, Serratelli, Sorrentino, López Martin, un «integralista di Paolo VI»). Mons. Roche, liberale, ma molto diplomatico, aveva indirizzato alla Conferenza Episcopale Canadese, nel settembre 2014, una lettera che ne rivela la caratura, nella quale, circa le traduzioni, distingueva una «equivalenza dinamica o funzionale» di prima dell’istruzione Liturgiam authenticam, da una «equivalenza formale» in seguito a ad essa. Come dire che prima c’era una creatività dinamica e dopo è subentrata una rigidità formale.

In concreto, per l’ambito tedesco, è dal 2013 che è tutto bloccato: i vescovi hanno rigettato il lavoro della Commissione Ecclesia Celebrans, che Benedetto XVI aveva istituito in seno alla Congregazione, dichiarando di opporsi «ad un linguaggio liturgico che non fosse il linguaggio del popolo».
Essi hanno deciso di dare inizio ad un loro lavoro che contano di imporre a Roma. Uno dei contenziosi riguarda la traduzione del «pro multis» nella consacrazione: i vescovi vogliono tradurlo con «per tutti (für alle)» e non con «per molti (für viele)», come richiesto dalla Congregazione.
Dopo la partenza nel 2014 del cardinale Meisner, arcivescovo di Colonia e amico di Benedetto XVI, i liberali dettano legge in seno alla Conferenza Episcopale, dominata dal suo presidente, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, insieme con Mons. Stephan Ackermann, vescovo di Trevi, e Mons. Heiner Koch, vescovo di Berlino, fortemente aiutati a Roma dal cardinale Walter Kasper.

Anche gli italiani è la traduzione del «pro multis» che fanno valere per giustificare la loro opposizione, ma per altri motivi: essi vogliono in particolare il rinnovo delle numerose opzioni di cui è pieno il loro Messale.
Bisogna dire che il mondo dei liturgisti italiani è molto ben organizzato in un efficace gruppo di pressione, in particolare attorno all’Associazione dei Professori di Liturgia, che insegnano alla Pontificia Università Sant’Anselmo, negli istituti liturgici di Padova, Palermo, Bologna, Milano e nei seminari diocesani. L’Ufficio Liturgico della Conferenza Episcopale Italiana è nelle loro mani, al pari delle importanti riviste liturgiche: La Rivista di pastorale liturgica e La Rivista liturgica.

Di contro, in ambito anglosassone, in ragione dell’implicazione dei cardinali Arinze e Pell, il lavoro di rettifica delle traduzioni era stato felicemente concluso, grazie al comitato Clara Vox presieduto da George Pell; comitato che era stato costituito in seno alla Congregazione per fare da contrappeso alla fin troppo liberale Commissione ICEL (International Commission on English in the Liturgy), organismo di coordinamento tra le Conferenze Episcopali anglofone. Ma dopo che la nuova traduzione è passata all’applicazione, essa è stata rimessa in questione da critiche continue: la traduzione inglese sarebbe rigettata dalla metà dei fedeli e dal 71% dei preti, a causa del suo stile «troppo formale» e «pomposo».
La nuova Commissione ascolterà certamente queste lamentele.

In Spagna, liturgicamente tranquilla e conciliarmente allineata, la nuova edizione del Messale romano è stata rivista sotto la sorveglianza di López Martin ed è entrata in vigore la prima Domenica di Quaresima.

Per l’ambito francese, il progetto di traduzione della Congregazione del cardinale Sarah è stato approvato da quasi i tre quarti dei vescovi francesi (mentre Liturgiam authenticam esige solo i due terzi dei voti) in occasione della loro Assemblea plenaria del marzo 2016 e si è lasciato intendere che il nuovo Messale potrebbe entrare in vigore per la Quaresima o per l’Avvento del 2017.
Il voto, però, era stato accompagnato da una risoluzione condizionante che, fino ad oggi, ha bloccato tale entrata in vigore: i vescovi francesi hanno dato la loro approvazione «lasciando alla Commissione episcopale francofona per le traduzioni liturgiche, la cura di apportare delle ultime messe a punto del testo».
Ora, le messe a punto che voleva fare la Conferenza erano lungi dall’essere di poco conto. Esse riguardavano in particolare la traduzione del Confiteor: il cardinale Sarah voleva «per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa», invece di «Si, ho veramente peccato»; del Credo, nel quale il cardinale chiedeva l’uso di «consustanziale» invece «della stessa natura»; dell’Orate fratres egli ci teneva che si traducesse «Pregate fratelli perché il mio e il vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre Onnipotente», con la risposta «Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del Suo nome, per il bene nostro e di tutta la Sua Santa Chiesa», invece di «Preghiamo insieme al momento di offrire il sacrificio di tutta la Chiesa», con la risposta «Per la gloria di Dio e la salvezza del mondo».
I Francesi chiedevano che la vecchia traduzione “aperta” potesse essere sempre utilizzata ad libitum; cosa che la Congregazione, fino ad oggi, ha rifiutato.

In Canada, Belgio e Svizzera, i vescovi non si sono neanche presi la briga di votare, e hanno fatto sapere a priori la loro opposizione alle rettifiche chieste dal cardinale Sarah.
Si tratta di un punto che la nuova Commissione potrebbe fare rettificare opportunamente, ma scommettiamo che se ne guarderà bene: i paesi africani francofoni dispongono unicamente dell’edizione del Messale realizzato dalla Francia e dipendente totalmente dall’approvazione francese. Non si chiede loro neanche di votare, ad eccezione dei vescovi dell’Africa del Nord che fanno parte della Commissione Episcopale francofona per le traduzioni liturgiche, la CEFTL, insieme ai vescovi del Canada, Belgio, Francia, Svizzera, Lussemburgo e Monaco, ma da cui sono esclusi l’Africa francofona e Haiti; strano criterio neocoloniale applicato a degli episcopati giudicati senza dubbio troppo conservatori.



marzo 2017
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