UN PAPA COME “UNO DI NOI”

Commento alla visita pastorale
Milano, 25 Marzo 2017

di L. P.





Un ennesimo bagno di folla, quello che Bergoglio ha voluto e vissuto nella recente visita pastorale di sabato 25 marzo 2017 in quel di Milano, con un milione di fedeli presenti alla Messa celebrata nel parco di Monza e 80 mila nello stadio di San Siro, oltre a una città che, festante, s’è destata e s’è avviata ad accogliere il Capo della Chiesa Cattolica.
E come da copione, anche stavolta il Pontefice, nell’intento di accreditarsi vie più  come “uno di noi”, uno dei tanti, il coinquilino della porta accanto a cui dare del ‘tu’, non ha mancato di esibire, in  atteggiamenti e in parole, la sua personalità ‘democratica’  che, tuttavìa, con quell’apparato di  sicurezza – esercito, polizia, carabinieri, vigili urbani - non si qualificava davvero come tale, come ‘uno di noi’.
   
In questo breve commento, vogliamo evidenziare tre soli momenti che, pur nella loro trascurabile significanza se ascrivibili a un individuo qualunque, disegnano in negativo  l’uomo consacrato e il ‘munus’ di Vicario di Cristo, di Maestro e di Sommo Pastore, e che ci dicono quanto poco importi ed interessi a Bergoglio di queste tre funzioni di impronta divina e trascendente, perle e gemme da non dare in pasto ai cani e ai pòrci (Mt.7, 6).

1 – In visita alle periferiche Case Popolari della zona “Trecca” – per l’occasione ne erano state ripulite ed asfaltate le strade d’accesso - davanti alla gente, accorsa ad ascoltarlo, s’è presentato nel modo suo consueto, modo che è diventato cifra e stile di tutto il clero. Consapevolmente e volutamente ignorando di essere il “Vicario” di Cristo in terra – indigna l’indifferenza della Curia a tal proposito – ha pòrto il suo saluto con la più laica, più incompatibile e più irridente formula, quella con cui salutò la comunità cattolica la sera della sua elezione, con cui saluta ogni domenica i fedeli che son presenti alle udienze, e cioè, vista l’ora, con  un analogo e asettico ‘Buon giorno’.
    
Al sentirlo in questa ennesima occasione ci è venuto in mente quella pericope in cui San Paolo, scrivendo ai Romani, così si esprime:
Ma in qual modo invocheranno Colui nel quale non hanno creduto? E in qual modo crederanno in Colui del quale non hanno sentito parlare? E in che modo ne sentiranno parlare se non c’è chi ne predichi? E in qual modo ci saranno dei predicatori se non sono mandati?” (10, 14/15).

Vuol dire, l’Apostolo delle Genti, che se non c’è alcuno che porti e diffonda la Parola di Dio, come potrà avvenire una conversione alla Verità?
Cioè, se il Papa, che è colui che dovrebbe ammaestrare il mondo e  in tal circostanza si fa anche predicatore della santa Fede, omette di iniziare il suo ammaestramento con il dovuto, obbligatorio omaggio a Colui che è Via, Verità e Vita, con il reverente “Sia lodato Gesù Cristo”,  ne deriva che non solo tramuta il suo messaggio in uno dei tanti pomposi e vacui che i potenti di questo mondo inviano alle folle, ma lascia le coscienze di chi lo ascolta nello stato di indifferenza e disinteresse per le cose che riguardano Dio.




Qualcuno ha inteso fare il parallelo fra la visita di Bergoglio e quella del cardinal Federigo alle parrocchie della diocesi, descritta da Manzoni (Promessi Sposi – capp. XXII, XXIII). Un parallelo del piffero, perché il nipote di san Carlo compié la straordinaria conversione dell’Innominato – già provato per il sequestro di Lucia – mentre Bergoglio, entrando nella casa popolare dell’islamico Abdel Karim Mihoual, si è impegnato a farsi un autoscatto, alias un ‘selfie’ con la figlia di costui. Non certo un’azione evangelizzatrice.  Anche perché, lo ricordiamo, per il Papa, il proselitismo è una sciocchezza.

Altro che ‘Nuova evangelizzazione’ di cui è manager mons. Rino Fisichella!  Il quale, alla sequela di sì fatta guida, ha, fino ad oggi, saputo riempire soltanto carte e carte zeppe di programmi, proclami, dibattiti, tavole più o meno rotonde, incontri, dialoghi. ‘Parole, parole, parole’ (Shakespeare: Amleto, atto II).

Ben diverso doveva essere l’esordio davanti alla sua diletta periferìa. Un esordio che, siglato col nome di Gesù, avrebbe dato alla visita la vera impronta pastorale cattolica, una buona dose di balsamo a conforto di tante miserie e tanto dolore ma che, con siffatto stile salottiero, si è data come uno dei tanti incontri elettoral-politici.

Nota: mentre a Milano, parco e stadio erano affollati all’inverosimile, nella nostra chiesa parrocchiale, tanto alla Messa prefestiva del 25 marzo che a quella domenicale delle ore 8,00, erano presenti poche persone. Una chiesa in cui la voce del celebrante risuonava per lo spazio vuoto. È il fenomeno del capovolgimento innescatosi con i viaggi di Paolo VI, di GP II, dell’emerito Benedetto XVI, dell’attuale Vescovo di Roma, esplosiva contraddizione che vede i luoghi di divertimento riempirsi e le chiese, case di preghiera svuotarsi.

Uno zelante giornalista ha scritto, entusiasta e profetico che “Oggi a Monza potrebbe cominciare un’altra storia”. Zelante ma scarso di memoria perché siffatte scene di spiagge, stadî, parchi e piazze stracolmi ad ogni visita papale – datando da Paolo VI – non hanno prodotto granché in termini di fede e di storia. Anzi, l’onda paurosamente negativa delle vocazioni, le apostasìe in espansione geometrica, l’abolizione della durezza del dogma e il degrado morale dicono, caro giornalista, che è la stessa storia ma ancora in peggio.


2 – Se c’è un momento nella vita in cui una persona normale sente di tutelarsi il pudore, e la propria dignità, è il momento della necessità corporale; pertanto, si è solleciti, in tali circostanze, appartarsi onde non dar spettacolo di quella miseria per cui i nostri progenitori, al momento di accorgersi d’esser nudi, si coprirono con delle foglie.
  
Per questo, secondo stili e modalità, varianti da zona a zona, da cultura a cultura, da popolo a popolo, l’uomo ha destinato talune aree della casa o del villaggio, a luoghi deputati per lo svolgimento delle funzioni fisiologiche espulsive.
Camere, in genere, appartate, ove la persona è sola con se stessa, fuori da sguardi che la possano ferire nel momento della propria intima debolezza e del triste sentirsi rifiuto.

È pur vero che i servizî igienici pubblici dispongono di locali dove son presenti moduli in serie, aperti o chiusi, ma questa particolarità, per il fatto di essere ad uso distinto dei due singoli sessi, rende meno sgradevole la funzione.
   
La tecnologìa moderna ha risolto un grave problema che, fino a qualche anno fa, era di insormontabile soluzione. Si trattava di dover ovviare alle succitate necessità in ambienti come, ad esempio, un cantiere, una affollata manifestazione  dove chi doveva provvedere urgentemente, rischiava di trovarsi costretto a ripiegare in qualche angolo più o meno appartato ma in condizione precaria e con il pericolo d’essere visto. Si è, per tali contingenze, risolto il problema con il sistema dei “bagni chimici”, cabine mobili di cui non rientra nella nostra competenza ed obbligo descrivere il funzionamento in questo strumento.


   
Ebbene, in uno di questi bussolotti, davanti allo sguardo di migliaia di persone, all’occhio delle telecamere, ai lampi dei cellulari e davanti al taccuino dei giornalisti, Papa Bergoglio -  iI Papa ! – s’è infilato, sorridente e lesto, riuscendone maggiormente lieto e vivo.

Uno spettacolo per la scaltra laica e scristianizzata società mondiale alla quale non è parso vero di veder  Bergoglio, colui che siede sulla cattedra di Pietro - ove si assisero santi Pontefici -  come “uno come noi” al punto di mostrarsi in piena luce in quel bugliolo chimico come se si trovasse ad interpretare un nuovo,  così detto “reality”, di stomachevole televisiva produzione. Un momento di pubblica scopofilia, id est: smania guardona. 

Non ci si accusi di irriverenza se lo scriviamo, ma non è per niente immaginabile un Gesù che, davanti alla folla, seduta sulle pendici della collina e intenta a sfamarsi coi pani e i pesci, con studiato annuncio e pari scena, e con fare plateale, si sia appartato dietro un cespuglio per svolgere quello che Bergoglio svolse nell’abitacolo del bugliolo chimico.
Un atto vergognoso con cui il vescovo di Roma, nonché “Vicario di Cristo”, non s’è peritato di svendere la dignità papale a lucro di una maggior fama che ancora gli mancava: l’ingresso, coram populo, in un gabinetto tecnologico che a lui, perito chimico, cade a taglio.

Una vergogna che non sarà facile da lavare perché il degrado, con cui costui sta lordando la Sposa di Cristo, ha raggiunto un livello basso che a nessuno pareva possibile da segnalare. Motus in fine velocior.

Ma  perché mai lamentarci e indignarci? Non è Bergoglio colui che disinvoltamente dichiara di aver, in piena gioventù, fumato spinelli; colui che confessa di sentirsi stanco del “lavoro” di Papa, che sente desiderio degli amici con cui ritrovarsi a mangiare una pizza? Non è Bergoglio, il Papa che, in maniera improvvisa – a telecamere accese, però – si mette in fila, come uno dei tanti impiegati, al ristorante dei Musei Vaticani? Che nella basilica di San Pietro, in incognito  – con le solite telecamere – si siede sul banco a pregare come uno dei tanti, tra la gente?
Un Papa della porta accanto’ scrive commosso e ammirato il cronista che, vista la circostanza, avrebbe dovuto variare con “Un Papa del gabinetto accanto”.

Uno di noi, uno come noi? No!
Uno come loro!




3 – Pranzo del Papa nel carcere di San Vittore insieme ai detenuti. Niente di strano, anzi, un esempio concreto di come seguire Gesù il quale ci ordina di non dimenticare le persone emarginate, malate, ignude, affamate, assetate, carcerate. Di non dimenticarle ma di assisterle. Certamente, e non saremo noi a dissentire su una delle meritorie sette opere di misericordia corporale. Perciò riconosciamo al Papa questo gesto con cui adempie il comandamento evangelico, gesto che si pone come esemplare cifra dell’essere cristiani cattolici. 

Ma altro ci ha indotto ad intervenire. Ed esattamente quel sospirato appagamento pastorale quando ha esclamato “Qui mi sento a casa mia” analogo a quanto già, in occasione della sua vista al carcere di ‘Regina Coeli’ in Roma, compunto e convinto, rivolgendosi ai detenuti, disse con rammarico: “Ogni volta che entro in un penitenziario, mi domando: perché voi e non io?”  (FQ. 6/11/2016).

A dirla schietta, ci sembra esageratamente turgida quest’ansia di partecipare al dolore del carcerato col farsi responsabile della loro colpa quasi dichiarandone un’innocenza a prescindere. Il carcere terreno è, nella sua ragion d’essere – detenzione a tempo e detenzione a vita -  proiezione della giustizia divina che prevede due tipi di espiazione: temporanea (Purgatorio) ed eterna (Inferno).
Ora, non facendo conto dei casi di detenuti innocenti perché vittime di errori giudiziarî, la logica che promuove i provvedimenti restrittivi della personale libertà trae la sua ragione dalla necessità di tutelare la vita e la libertà della persona e della società da quanti ne turbano l’ordine, il diritto e la civile convivenza. All’ordine sociale turbato deve seguire un congruo, adeguato e corrispondente risarcimento espiatorio che ristabilisca l’equilibrio, e ciò si ottiene, appunto, con la detenzione che, riferita al grado di gravità del reato commesso, si subisce secondo tempi stabiliti per legge.

Se il Papa ritiene di dover trascorrere un qualche periodo, più o meno lungo, di carcere, sostituendosi a dichiarati delinquenti e ciò per sentirsi a casa sua, dovrebbe sapere che visitare i carcerati è, sì, azione di alta ed evangelica carità, compiuta la quale, però, egli ritorna alla “sua casa”, la cattedra del Magistero da cui vigilare sul gregge affidatogli dal Capo della Chiesa, Cristo Signore.
E se è vero che “nessun vivente, o Signore, è giusto davanti a Te” (Salmo 142, 2) vero è anche che Dio stesso ha delegato al potere civile l’amministrazione di una “giustizia terrena” (Gv. 19, 11) da ritenersi distinta da quella divina in quanto esercitata dal giudice umano ma non, come crede ed insegna la stessa Gerarchìa, separata, perché l’oggetto della legge dell’uomo è il medesimo di quella divina espressa, ad esempio, nel Decalogo.

L’ansia, pertanto, che spinge il Papa a dichiararsi degno di ‘carcerazione’ è legittima se riferita alla perfezione assoluta di Dio davanti a cui siamo tutti peccatori nati già col marchio del male originale, ma fuori luogo, inopportuna e demagogica  se riferita al tribunale umano davanti a cui non tutti sono colpevoli.
  
In altra occasione diremo il nostro pensiero in merito alla funzione, e agli scopi della carcerazione.



 


marzo 2017
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI
AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO