Dall’accoglienza all’invasione…
dall’invasione al soppianto degli italiani


di Belvecchio




Arrivano i “migranti”
Mamma, li turchi!

Infine doveva pur accadere: la nostra gente non vuole più i cosiddetti immigrati, cioè coloro che ormai arrivano a frotte con mille scuse inventate e che inavvertitamente, ma inesorabilmente, occupano i nostri paesi, i nostri posti di lavoro, le nostre deboli strutture pubbliche, i nostri bar, i nostri giardini, le nostre panchine.

La nostra gente non li vuole più accettare… e diventa “razzista”, come amano dire quelli di noi che non vogliono colpevolmente vedere o non possono incoscientemente capire quello che sta accadendo in realtà.

Infine doveva accadere, ed è accaduto nella nostra remota provincia, com’era prevedibile, perché è proprio nella nostra diffusa provincia che si percepisce sempre più il rigetto di un fenomeno che la sta snaturando, trasformando molti tranquilli paesi in sobborghi fatiscenti, fotocopia delle disastrate periferie di molte nostre città, dove sono più gli immigrati che i nativi.

Il Giornale del 10 maggio riportava così la notizia:
«Cuneo, gli abitanti non vogliono i migranti. Il medico: “Non vi curo”».

Non si tratta in realtà di Cuneo, ma, come riferisce ugualmente Il Giornale, della frazione di Roata Canale, un piccolo gruppo di case abitato da 836 persone.
Qui c’è un locale, al piano seminterrato della casa parrocchiale, che è il principale luogo di ritrovo degli abitanti, peraltro difficilmente utilizzabile per mancanze di risorse. Per gli abitanti è particolarmente importate il fatto che detto locale, con tutta la casa parrocchiale, sia stato realizzato con l’eredità di un benefattore e i loro contributi, a condizione che restasse disponibile per tutti loro.



Panorama di Roata Canale

Ebbene, proprio in questo locale dovrebbero essere ospitati 24 “migranti”, grazie all’accoglienza indiscriminata praticata dalla diocesi di Cuneo-Fossano.
Gli abitanti hanno reagito e il 25 aprile sono pure spuntati cartelli anonimi con la scritta: «noi i negri non li vogliamo».

Il 30 aprile scorso, monsignor vescovo Piero Delbosco ha pensato bene di intervenire ad un’assemblea indetta dagli abitanti, per cercare di placare gli animi, ricordando loro: «Io mi metto dal punto di vista del Vangelo: ogni uomo è mio fratello» ma gli interessati presenti, tra strepiti e urla, hanno risposto “picche!”… ad una signora che si appellava ai “valori cristiani che insegniamo ai nostri figli», i presenti hanno replicato: «pórtateli a casa tua!».
Monsignor vescovo, raccolte le pive nel sacco, provato e amareggiato, ha lasciato le due ore e mezzo di assemblea,  commentando: «Mi sono presentato con semplicità e onestà, ho visto tanta gente prevenuta. Ne prendo atto e mi dispiace», e un po’ più in là: «Troppa tensione, bisognerà tenerne conto». 



Il comizio fischiato di Mons. Piero Delbosco


Come capita in queste situazioni artificiosamente provocate, c’è sempre qualche addottorato di turno che deve fare l’“aggiornato” a tutti i costi. Questa volta è stato il caso del medico del luogo, un certo Corrado Lauro, di Saluzzo, che ha provocatoriamente lanciato un messaggio agli abitanti di Roata Canale: «comunico che non intendo prestar loro alcun intervento sanitario… se non in caso di immediato rischio vita…Siete pertanto pregati di rivolgervi ad altro più qualificato professionista. Comincia così la mia Resistenza».
Ed ecco quindi che il “resistente” è diventato lui, perché non ha gradito la “resistenza” degli abitanti, sia pure anonimamente espressa anche col famoso «non li vogliamo».
Come dire che chi “resiste” per difendere il suo, non ha alcun diritto ad essere capito da chi “resiste” per difendere il luogo comune dell’accoglienza a tutti i costi.
E’ il capovolgimento di ogni logica.

In un complesso abitato da 836, è logico che l’arrivo di 24 estranei scaraventati lì per far comodo ai disegni di destabilizzazione della nostra gente e dei loro costumi, debba suscitare un rifiuto, tanto più che i sopraggiunti andranno ad occupare un locale di proprietà degli 836, dato in uso alla parrocchia a loro favore e non per “accogliere” chiunque altro. E invece no! Monsignor vescovo e monsignor dottore, dicono che non è logico, anche se nessuno di loro due si offre per ospitare a casa loro i 24 supposti “bisognosi”.

Come si vede, tutto è incominciato con l’“accoglienza”, la quale, anno dopo anno, è diventata una vera e propria invasione. Ma non bastava favorire l’invasione delle nostre terre, adesso si arriva a pretendere di soppiantare la nostra gente, togliendo loro beni e terre per regalarle agli invasori.
Il tutto con la scusa della pratica dei valori cristiani, i quali non hanno mai significato la sostituzione del cristianesimo con altre pratiche religiose e di costume, pagane e perfino animiste.

Questo caso di una borgata della nostra provincia dovrebbe far riflettere chi ancora ha un po’ di sale in zucca. Ci avviamo verso l’imbastardimento della nostra cultura e dei nostri costumi, verso la trasformazione dei nostri paesi in caravanserragli ove la faranno da padroni la promiscuità, la legge della giungla ed ogni sorta di violenza incontrollata. E se non si provvederà ad arginare questa invasione programmata, la gente incomincerà a reagire perfino malamente, perché a tutto c’è un limite.

Altro che “razzisti”! Qui si tratta di sopravvivenza, e i più a rischio sono le famiglie meno abbienti, che si vedono togliere del loro per devolverlo, in ragione di milioni di Euri, a costoro che si chiamato ipocritamente “migranti”, ma che in realtà sono “invasori”.
E la neochiesa, che si allarga la bocca con la falsa misericordia, invece di pensare alla nostra gente in stato di bisogno, si fa utile idiota al servizio della sovversione attuata dal Nuovo Ordine Mondiale… papa in testa.

Per concludere, riportiamo lo sfogo di un lettore, che sulla vicenda in questione ci ha fatto pervenire la seguente riflessione.

Nel cuneese gli abitanti di una piccola frazione si sono giustamente opposti all’arrivo di immigrati voluti dalla curia a 35 euro a testa al giorno, pagatigli dallo Stato, perché avrebbero occupato e fatto chiudere l’unica struttura associativa e ricreativa del paese.
Un medico locale, sentito ciò, ha voluto subito fare il facile eroe, facendosi bello su internet e dicendo: “io non curo i razzisti, andate da un altro”, diventando subito una "star" osannata dal web.
Per gli islamici la cultura occidentale è peccato (boko haram significa questo) tranne però quella che gli fa comodo come quella medica, visto che loro sono arretrati in tutto e specialmente in medicina, e per questo dipendono dall’Occidente, come per tutto il resto, che noi gli forniamo senza condizioni come degli idioti in cambio dei nostri stessi petrodollari (che furbizia!).
Loro quindi vengono qui e pretendono di farsi curare da noi nei nostri ospedali, spesso ricattando medici e infermieri sotto la minaccia di violenze che tanto nessuno persegue, per essere curati quando e come vogliono loro.
Esiste un’obiezione di coscienza medica che consente ai medici di non praticare aborti.
A quando un’obiezione di coscienza medica anti-islamica che dica: “io non curo gli assassini di cristiani e occidentali e i loro simpatizzanti, e se vuoi farti curare da noi firmi un foglio col tuo nome e cognome dove dici che condanni il terrorismo islamico”?

T. S.





giugno 2017

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