Le persone tanto care a Papa Francesco:

don Lorenzo Milani



di Catholicus





Il settimanale diocesano “Il Popolo” (pubblicato dalla Diocesi di Pordenone) oggi domenica 25 giugno presenta un editoriale dal suggestivo titolo “Le lezioni di don Milani”.
Da una veloce lettura del testo si possono estrapolare alcune frasi significative:
“Don Lorenzo Milani … aveva scritto “se vuoi trovare Dio e i poveri bisogna fermarsi in un posto e smettere di leggere e studiare, e occuparsi solo di far scuola ai ragazzi dell’età dell’obbligo. Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come premio”.

L’editoriale prosegue poi presentando don Milani come “uno che seppe rovesciare la sua vita per creare la scuola popolare prima a San Donato di Calenzano, poi a Barbiana”, uno che “agiato, si fece contestatore, scegliendo la strada impervia della verità scomoda, della difesa degli ultimi”, affermando inoltre che “la sua scuola si fece rampa di lancio: quante lotte con i ragazzi, in quel tempo pienissimo e senza pause domenicali, per trasmettere un metodo di studio capace di farsi stile di vita”.

Orbene, da una veloce ricerca in rete, accessibile ad ogni persona dotata di buona volontà, amore per la Verità (quella con la V maiuscola) e un poco di tempo a disposizione, si può ricavare uno scenario molto diverso. Vediamo :


La lezione di don  Milani (quella vera…)

Parliamo di don Milani: rampollo dell'alta borghesia ebraica fiorentina, fu fatto battezzare “per sicurezza” dopo il trasferimento della famiglia a Milano, nel 1930. Convertitosi dopo una breve crisi religiosa, entrò in seminario, dove incominciò a manifestare il suo spirito ribelle e ostile alla Chiesa.
Da prete, si diede all’educazione dei giovani, esperienza che culminò con la famigerata “scuola di Barbiana”. L'insegnamento di don Milani era ispirato a un ribellismo politico e sociale estremo: il Nostro invocava la Siberia per “i ricchi”, esaltava ipotetici contadini che con i loro forconi avrebbero fatto scorrere fiumi di sangue, odiava la cultura classica, il ceto borghese, la destra politica. Scrisse contro l’esercito, a favore dell’obiezione di coscienza. La sua Lettera a una professoressa, che è ormai una lettura obbligata nella nostra scuola dominata dalla sinistra, è una violentissima e volgare opera di pura propaganda classista, intrisa di odio e di incitamento alla violenza. E’ difficile trovare qualcosa di più diseducativo e di più sovversivo. Ovviamente il libello venne condannato dalla Chiesa.


Scrive Silvia Ronchey il 21 aprile scorso su “La Repubblica” («Le vere parole di Don Milani»): «calamitato dalla letteratura, dalla poesia, dalla pittura fin da adolescente, artista bohémien dalla non celata omosessualità nella Firenze di fine anni Trenta, è quasi dandistico il suo primo incontro con il messale romano: “Ho letto la Messa. Ma sai che è più interessante dei Sei personaggi in cerca d’autore?”, scrive diciottenne all’amico Oreste del Buono»
La sua conversione dall’ebraismo al cristianesimo, un battesimo di convenienza ricevuto per sfuggire alle leggi razziali,  un abito scomodo indossato per vocazione di riscatto. Don Milani era ebreo per parte di madre, Alice Weiss; il padre, poco presente nella sua vita, era anticlericale, o peggio.


Da una lettera di Don Milani a Giorgio Pecorini,  contenuta nel libro di quest’ultimo “Don Milani! Chi era Costui?” (Baldini&Castoldi, 1996, pp.386-391) :
Scrive il Don Milani: «… Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani più che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!). E chi non farà scuola così non farà mai vera scuola ed è inutile che disquisisca tra scuola confessionale e non confessionale, e inutile che si preoccupi di riempire la sua scuola di immaginette sacre e di discorsi edificanti perché la gente non crede a chi non ama ed è inutile che tenti di allontanare dalla scuola i professori atei … E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in xxxx (parola oscena, omessa per rispetto verso i lettori),  se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?».

Di recente la sconvolgente epistola è stata ripubblicata dal meritorio foglio fiorentino “Il Covile”, all’interno di un numero speciale dedicato alla catastrofe del Forteto.

Il problema famigliare del Milani.

Il classico schema freudiano dell’omosessualità: padre assente, enorme attaccamento alla madre. Ammette il sito della Fondazione Don Lorenzo Milani: «negli scritti pubblici di don Lorenzo, appare poco la figura del padre», mentre «la figura della mamma, per don Lorenzo è molto importante».
L’assenza del padre genera mostri, o forse peggio: l’assenza del padre genera pedofili? Si tratta di un’affermazione indicibile.
Riguardo a Don Milani, ne accennò su “Il Covile” Armando Ermini: «la scomparsa o l’assenza del padre ha effetti sul piano sociale ma anche su quello individuale, compresa la distorsione del senso dell’amore nutrito da un adulto verso un ragazzo e dell’attrazione sessuale che di quella distorsione è conseguenza».

da don Milani al Forteto

Chi non conosce la storia del Forteto, una sorta di pedo-gulag gnostico sostenuto dal contribuente e rifornito di carne fresca dal tribunale dei minori, può informarsi.
Il Forteto è, ha scritto Sandro Magister, «quella catastrofe che si è consumata in quel di Firenze, tra i circoli cattolici che fanno riferimento a don Lorenzo Milani e alla sua scuola di Barbiana. Una catastrofe che opinionisti e media hanno a lungo negato o passato sotto silenzio, per ragioni che si intuiscono dalla semplice ricostruzione dei fatti».
Come in un incubo cataro, nella comunità del Forteto i bambini mandati dal tribunale dovevano accoppiarsi con il genitore adottivo dello stesso sesso.
«Al Forteto – scrive la Relazione della Commissione regionale d’inchiesta –  l’omosessualità era non solo permessa ma addirittura incentivata, un percorso obbligato verso quella che Fiesoli definiva “liberazione dalla materialità” (…) l’amore riconosciuto e accettato, l’amore vero, alto e nobile era solo quello con lo stesso sesso (…) Il bene e l’amore vero erano quelli di tipo omosessuale, perché lì non c’è materia».
La comunità nacque dopo la morte di Don Lorenzo, tuttavia che l’ispirazione del Forteto fosse il donmilanismo è universalmente accettato.

Recentemente, Mondadori ha editato le sue lettere, provenienti dalla Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna diretta da Alberto Melloni. Da queste lettere emerge assai chiaramente la sua omosessualità e, di più, la sua tendenza pedofila. Una di queste lettere viene riportata in un interessantissimo articolo (“Francesco loda il pedagogo Milani. Spuntano le lettere ambigue del don”) di Francesco Borgonovo su “La Verità” del 21 giugno.
Da leggere, riguardo a questo prete tanto esaltato dai progressisti, è anche la voce “Milani, Lorenzo” a cura di Mario Iannaccone nel “Dizionario elementare del pensiero pericoloso”, edito dall’Istituto di Apologetica. Da notare che la comunità del Forteto, a Barberino di Mugello, diretta da Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, s’ispirava ai metodi di don Milani. Nel saggio di Iannaccone si citano le fonti che dimostrano i collegamenti fra la Fondazione don Milani, i suoi allievi, Fiesoli e il Forteto. Scrive Iannaccone come sia chiaro che “l’ideologia antiautoritaria si leghi spesso alla lotta contro la famiglia tradizionale, al collettivismo (...) e, spesso, all’omosessualismo”.



giugno 2017
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