MONSIGNOR JOSEPH TISO

Un esempio di vero governante cristiano


di Don Curzio Nitoglia


Gli articoli di Don Curzio Nitoglia sono reperibili nel suo sito: qui e qui

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Introduzione


DARIO CANALI ha scritto recentemente un interessante libro su monsignor Josef Tiso intitolato Con i canti sulle labbra (Tricase di Lecce, Youcanprint Self-Publishing, 2017 (1)).

Purtroppo la Prefazione è viziata da alcuni luoghi comuni e pregiudizi anticristiani che non le consentono di penetrare lo spirito profondamente cattolico della figura di monsignor Tiso; tuttavia il libro è molto buono e vale la pena di studiarlo.

Monsignor Tiso è una delle grandi figure di spicco (anche se poco conosciuta) del cattolicesimo politico, che (con Costantino, Clodoveo, Carlo Magno, S. Luigi IX, Garcia Moreno, Antonio Salazar e Francisco Franco (2)) ha lottato con le idee e con le armi per l’instaurazione del Regno sociale di Cristo.

Egli è l’incarnazione dello spirito militante della Chiesa cattolica, che prega, lavora, studia, insegna, cura le anime e i corpi, innalza cattedrali, crea capolavori artistico/musicali e difende legittimamente anche con le armi (“vim vi repellere licet / è lecito respingere con la forza un’aggressione violenta”) i suoi sudditi sia all’interno della loro Patria sia dagli assalti esterni che possono provenire da altre Nazioni o da movimenti religiosi (come l’islam sconfitto ripetutamente dai soldati cristiani a Poitiers nel 732, a Lepanto nel 1571 e a Vienna nel 1683). Sin dai primi anni  del Cristianesimo i soldati più valorosi dell’Impero romano erano i Cristiani, i quali combattevano per Roma con tutte le loro forze, rifiutando di ubbidire solo nel caso in cui si chiedeva loro di adorare gli idoli o gli uomini come se fossero Dio.




Un prete Presidente

L’Autore si chiede all’inizio del suo lavoro: “Può un Presidente essere un prete e soprattutto sacrificare la vita per il suo popolo?” (Con i canti sulle labbra, Tricase di Lecce, Youcanprint Self-Publishing, 2017, p. 8). La risposta naturalmente è positiva.
Ma come mai monsignor Tiso, un sacerdote, si è trovato a diventare il Presidente della Repubblica slovacca?

Canali spiega che la piccola Slovacchia - con 2 milioni e mezzo di abitanti, di cui l’85% slovacco (ossia circa 2 milioni e 300 mila), 130 mila tedeschi, 90 mila ebrei, 65 mila ungheresi e 31 mila Cechi - che faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico sino al 1918, si trovava circondata da grandi Nazioni (Germania, Polonia, Ungheria) e dopo il 1918 era stata annessa dai Cechi, che l’avevano unificata alla Cechia formando la Ceco-Slovacchia.

La “leggenda nera” su mons. Tiso

La figura di mons. Tiso è stata accompagnata da una leggenda nera: un prete che guida una Nazione per orgoglio terreno, un teocrate fascista, un lacchè della pagana Germania nazionalsocialista, che si serve per la sua espansione ad ovest di un piccolo Paese cattolico (la Slovacchia).
Canali cita p. Pierre Blet, il grande storico gesuita della Gregoriana, il quale, invece, definisce Tiso come “Uomo di provata fedeltà alla Chiesa, ma anche profondamente votato alla causa dell’indipendenza slovacca, che desiderava uscire dalla sua carica, ma che rimaneva al suo posto per salvare il salvabile” (cit., p. 9).

La vita di Tiso

Tiso rimase in carica di Presidente della Repubblica Slovacca dal 1939 al 1945. Egli era nato il 13 ottobre del 1887 nell’allora Impero Austro-Ungarico da una famiglia contadina e ferventemente cattolica (Joseph era il secondo di 10 figli, di cui un altro sacerdote) di origini slovacche. Fu impiccato il 18 aprile del 1945 a soli 59 anni a Bratislava (capitale della Slovacchia dal 1938 al 1945 e poi dal 1992 sino ad oggi).

Già al liceo maturò l’intenzione di diventare sacerdote e nel 1902 entrò in Seminario dove imparò ad amare sempre più Dio e la sua Patria, la Slovacchia, che nel 1918 era stata annessa dai Cechi ed aveva perso la sua indipendenza. Nell’estate del 1910 a 23 anni fu ordinato sacerdote, nel 1911 si addottorò in teologia, specializzandosi nello studio della Dottrina sociale della Chiesa.

Nel 1910 si iscrisse al Partito Popolare Slovacco (nato come Partito cattolico e patriottico che combatteva per l’autonomia della Slovacchia) fondato nel 1905 da monsignor Andrej Hlinka (27 settembre 1864 – 16 agosto 1938), che fu uno dei grandi difensori del Patriottismo slovacco. Nel suo primo anno di apostolato sacerdotale don Joseph fondò una filiale della Banca Slovacca per aiutare i bisognosi a ricevere aiuti economici senza dover pagare forti somme di interesse.

Purtroppo in Slovacchia la maggior parte dei commercianti erano israeliti (che pur essendo solo il 4% della popolazione avevano in mano il 40% della ricchezza nazionale) e  imponevano dei prezzi esorbitanti al resto della popolazione. Tuttavia “alla questione socio-economica con gli ebrei il giovane Tiso reagiva molto pacificamente. Cercava di dimostrare alle persone semplici come migliorare la propria posizione, senza far polemiche contro gli ebrei” (cit., p. 13).

Nel 1914, con lo scoppiar della Prima guerra Mondiale, don Joseph divenne Cappellano militare dell’Esercito Austro-Ungarico e poi esercitò la cura pastorale anche negli Ospedali militari.

Nel 1918, dopo la caduta dell’Impero Austriaco, fu creata la Cecoslovacchia (con l’aiuto degli Usa, della Francia e dell’Inghilterra) i cui leader erano tre: Edvard Benes, Milan Stefanik e Tomas Masaryk, che ne fu proclamato Presidente il 14 novembre 1918. L’indipendenza della Cecoslovacchia fu proclamata a Praga (Capitale della Repubblica Cecoslovacca dal 1918 al 1992 e dal 1992 della sola Repubblica Ceca, avendo la Slovacchia ritrovato l’indipendenza) il 28 ottobre del 1918.

“Il nuovo Stato Ceco-Slovacco fu imposto a mano armata da Praga agli Slovacchi, con l’acquiescenza dei vincitori della Prima Guerra Mondiale. Fu persino dichiarato reato la grafia con trattino Ceco-Slovacchia e la nascita dello Stato cecoslovacco avvenne tramite la legge marziale. Alla marginalizzazione della Slovacchia si sostituì la cechizzazione” (cit., p. 17).  La Slovacchia divenne una colonia di Praga, che avviò un processo di laicizzazione della Slovacchia (Paese profondamente cattolico/rurale) e di rigida separazione tra la Chiesa e lo Stato. Il Presidente Masaryk, principale artefice di questo processo di secolarizzazione, venne fortemente contestato dai cattolici sloveni, che erano l’85% della popolazione, il restante 11 % era composto da rom e da protestanti (di origine tedesca ed ungherese) e il 4% da israeliti.
 
Alla laicizzazione seguì la confisca e la nazionalizzazione dei beni della Chiesa cattolica, fu introdotto il servizio militare obbligatorio per i sacerdoti, la soppressione delle scuole cattoliche e venne dato un forte sostegno alla “chiesa” nazionale cecoslovacca scissa da Roma. Inoltre economicamente il governo favorì l’elemento cittadino, borghese, protestante e israelita a scapito di quello cattolico profondamente tradizionale e rurale.

La Chiesa cattolica e il clero slovacco (tra cui mons. Tiso in prima fila) si schierarono contro tale politica liberale discriminatoria e propugnarono una sana e civile reazione allo strapotere protestante ed israelitico. Tiso, che aveva studiato a fondo la Dottrina sociale della Chiesa e le Encicliche di Leone XIII (Rerum novarum, 15 maggio 1891) e di Pio XI (Quadragesimo anno, 15 maggio 1931), si dette da fare per calare in pratica ed in legislazione politica i princìpi contenuti nelle due Encicliche.

Nel 1920 mons. Tiso fu presentato come deputato nelle liste del Partito Popolare Slovacco, che nel 1923 divenne il primo Partito della Slovacchia. Canali scrive: “Andrej Hlinka certamente è il faro del nazionalismo slovacco, ma Tiso ne è l’esecutore e il  finalizzatore” (cit., p. 21). Inoltre Tiso aveva un carattere molto più forte di Hlinka e restio ad ogni cedimento di fronte alle pressioni delle forze laiciste e dei Cechi ostili alla Chiesa e alla Slovacchia indipendente e ufficialmente cattolica.

1938: la Slovacchia diventa Nazione autonoma

Il Partito Popolare Slovacco pian piano (dal 1925 al 1932) era diventato il più forte in tutta la Slovacchia e sotto la direzione di mons. Hlinka e di mons. Tiso riuscì ad amalgamare tutte le forze degli altri Partiti politici (tranne i comunisti) per costituire un Partito unico (Partito del Popolo Slovacco). L’allora Presidente cecoslovacco Edvard Benes dette le dimissioni ed espatriò. Si formò così il Governo Slovacco con Tiso come Primo Ministro.

Nell’anno successivo ed esattamente il 9 marzo del 1939 le truppe dell’Esercito ceco reagirono all’indipendenza della Slovacchia, la invasero ed esautorarono Tiso, che fu invitato a Berlino da Hitler il 13 marzo promettendogli la protezione tedesca per il mantenimento dell’indipendenza slovacca.

Tiso tornò in Patria il 14 marzo e riunì il governo. La situazione era drammatica: da una parte il laicismo massonico e filocomunista voleva distruggere la Slovacchia ed annetterla alla Cechia; dall’altra la Germania  nazionalsocialista prometteva aiuto, ma accettandolo si capiva bene che la Slovacchia sarebbe diventata più o meno dipendente da Hitler. Il 15 marzo Hitler occupò la Boemia e la Moravia e disse a Tiso che qualsiasi ritardo nell’accettare l’appoggio tedesco avrebbe portato la Slovacchia ad essere divisa tra l’Ungheria e la Germania (cit., p. 30). Non restava che accettare la situazione meno svantaggiosa. Tiso come Capo del governo slovacco dichiarò l’indipendenza della Slovacchia e l’alleanza con la Germania. Il 29 ottobre del 1939 fu eletto Presidente della Repubblica slovacca.

Il nuovo Stato slovacco fu riconosciuto dalla S. Sede, dall’Ungheria, dalla Polonia, dalla Germania, dall’Italia, dall’Inghilterra, dalla Francia, dal Giappone…

La Costituzione cristiana della Slovacchia di Tiso

La Costituzione slovacca, che fu promulgata il 31 luglio 1939, ricalcava la dottrina contenuta nelle Encicliche sociali di Leone XIII e Pio XI e si rifaceva alle Costituzioni dell’Austria di Engelbert Dollfuss (1892-1934) e del Portogallo di Antonio Salazar (1889-1970).

Essa riconosceva il diritto di proprietà privata, ma anche la sua funzione sociale, che spinge il proprietario a gestirla nell’interesse generale e per il bene comune, evitando così lo sfruttamento dei poveri e ricordando il dovere del giusto salario.

Altri princìpi fondamentali della Costituzione slovacca sono il ruolo basilare che giuoca il cittadino nello Stato. Infatti l’uomo è un “animale sociale” ed è la cellula della famiglia e il primo cardine della Patria poiché ne è la base e trova il suo perfezionamento nella vita in comune, ossia nella società familiare e poi civile o politica; la famiglia ha due funzioni: 1a) materiale, che provvede all’esistenza fisica dei suoi singoli membri; 2a) spirituale o educativa, perché trasmette ai suoi giovani membri le prime conoscenze per ben vivere e i primi rudimenti della cultura generale. Quindi la famiglia è simile alle cellule vitali del corpo umano che, se vengono turbate sviluppano il cancro che distrugge l’organismo vitale, ossia - per analogia - la Società civile. Per Tiso la famiglia è “la prima scuola che educa a pensare in conformità alla realtà oggettiva, il primo tempio in cui ci si addestra alla preghiera, la prima officina in cui si apprende a lavorare”.

La Nazione, governata dallo Stato mediante il triplice potere (legislativo, giudiziario ed esecutivo), è una comunità naturale di uomini riuniti in famiglie, che hanno la stessa origine geografica, la stessa etnia, la stessa cultura, la stessa storia, la stessa lingua, la stessa tradizione, la stessa religione e lo stesso fine (il benessere comune temporale dei suoi membri subordinato a quello spirituale e soprannaturale). Quindi è naturale che una Nazione o Patria abbia un governo e diventi uno Stato strutturato politicamente, giuridicamente e giurisdizionalmente.

Perciò più la Nazione è ricca di valori culturali e spirituali più è grande. Non conta l’estensione geografica. Per esempio l’antica Grecia o la sola Atene son molto più grandi degli Usa, Nazione  molto estesa geograficamente, ma piccola spiritualmente e culturalmente, esportatrice di guerre, di degenerazioni morali e di idee malsane. È per questo che Tiso voleva che la Slovacchia fosse indipendente e libera di tornare alle sue tradizioni, alla sua cultura, alla sua storia e alla sua religione, senza dover essere sottomessa e fagocitata dalla Cechia.

Il Patriottismo di Tiso non ha nulla a che vedere col Nazionalismo esagerato o Sciovinismo, che disprezza le altre Nazioni. L’importante per lui era restaurare la Slovacchia sulle sue basi tradizionali di modo che potesse ridare, una volta ben organizzata e coesa, il benessere comune temporale ai suoi cittadini, subordinatamente al loro bene soprannaturale.

Per Tiso lo Stato è al servizio dell’uomo e deve limitarsi ad aiutare, coordinare e controllare le attività delle singole persone e famiglie perché convergano verso il bene comune e deve intervenire solo quando gli individui e le famiglie non arrivano a ottenere il benessere che spetta loro (“principio di sussidiarietà”). Lo Stato deve favorire gli interessi dei cittadini, contro il Collettivismo totalitaristico, e deve assistere i deboli che non ce la fanno da soli a conseguire il loro scopo, contro l’individualismo esagerato del liberalismo.

Secondo la Costituzione della Slovacchia di Tiso non solo la proprietà privata di beni immobili, ma anche la proprietà del capitale di beni mobili e il lavoro umano devono avere una funzione anche sociale e non solo privata e individuale. Lo Stato funziona bene solo se tutte le fasce della popolazione hanno il sufficiente e il conveniente per vivere dignitosamente. Questa è la “terza via” cattolica della Dottrina sociale contro l’Individualismo liberista, che annulla quasi totalmente il ruolo dello Stato sociale, e contro il Collettivismo comunista, che assorbe completamente la persona nello Stato. Secondo il Cristianesimo la proprietà privata è un diritto naturale dell’uomo, ma non bisogna mai dimenticare che essa deve essere orientata anche al bene comune e non solo individuale.

Naturalmente Tiso aveva ben capito che la ricchezza primaria di una Nazione sono le famiglie numerose e l’abbondanza dei figli.

Tiso nazista?

Mons. Tiso fu impiccato come un criminale di guerra. Ora durante i sei anni della sua Presidenza in Slovacchia non fu eseguita nessuna condanna a morte, anzi egli fece ogni sforzo “per adeguarsi il meno possibile alle pressioni del vicino germanico” (cit., p. 43). Non bisogna mai dimenticare che nel 1939 Tiso si trovò di fronte ad una terribile alternativa: o indipendenza dalla Cechia e alleanza con la Germania o occupazione della Slovacchia (divisa in due parti) da parte della Germania e dell’Ungheria (cit., p. 44).

Hitler non amava Tiso e gli preferiva Vojtech Tuka, ma costatava che Tiso era il leader più amato dagli Slovacchi. Quindi si decise di lasciarlo al suo posto e di non esautorarlo, anche se riteneva la sua politica nei confronti dei nemici della Germania e degli israeliti “remissiva e blanda” (cit., p. 44). Infatti Tiso cercò di spostare gli israeliti sul territorio slovacco che era stato abbandonato dagli Ungheresi, impedendo così che venissero deportati in Germania nei campi di lavoro. Tuttavia non esitò a difendere la sua Patria dalla speculazione economica degli ebrei. Come si vede il suo fu un antigiudaismo teologico e sociale, volto a preservare la fede del suo popolo e il suo benessere economico.

Col precipitare degli eventi la Slovacchia fu coinvolta nella guerra con la Polonia, la GB, la Francia, l’Urss e successivamente con gli Usa, i quali già nel 1943 avevano fatto sapere al Vaticano che “l’atteggiamento di mons. Joseph Tiso nei confronti degli ebrei non sarebbe stato dimenticato (3)” (cit., p. 65). La Slovacchia stessa si trovò divisa politicamente in due partiti, dei quali uno più radicale e filo nazionalsocialista, capeggiato dal Primo Ministro Vojtech Tuka (4) e dal Ministro degli Interni Alexander Mach (5) e dal fondatore del Partito Nazionalsocialista Slovacco Karol Sidor (6).

L’ala “moderata” di Tiso, appoggiata dalla popolazione slovacca e dal Vaticano, ebbe, quindi, il pieno appoggio, anche se contro cuore, della Germania. Per quanto riguarda la questione ebraica, Tiso aveva adottato tutte le misure di legittima difesa previste dalla Chiesa (7), senza mai giungere all’odio di razza e all’aggressione violenta. Infatti “Tiso cercò di fermare o almeno di limitare le deportazioni, appoggiato in questo dal Vaticano e dal suo delegato mons. Burzio” (cit., p. 48).

Occorre, tuttavia, ricordare che la situazione socio/economica della Slovacchia tra il 1939 e il 1945 era dominata da una forte preponderanza dell’elemento israelitico. Infatti “l’influsso ebraico nella Slovacchia corrispondeva al 40% del patrimonio nazionale. Tiso nominò una Commissione per ridurre la preponderanza economica, politica e sociale giudaica alla proporzione corrispondente al numero percentuale di ebrei viventi in Slovacchia, che era del 4%. Tiso scrisse che avrebbe offerto agli ebrei il 4% delle opportunità secondo la percentuale del 4% che essi rappresentano come popolazione nell’ambito della Slovacchia” (Slovàk, 13 marzo 1940, in D. CANALI, cit., p. 49). Insomma la Slovacchia con 2 milioni e 600 mila abitanti aveva soltanto un reddito del 60% mentre il restante 4% di israeliti, ossia circa 100 mila persone, possedeva il 40% dei beni nazionali. Ciò non riguardava solo le ricchezze economiche ma anche i posti di comando del Paese; si pensi che i medici slovacchi erano 1. 400, di cui 620 (ossia circa la metà) israeliti (cit., p. 49).

Le “Leggi razziali” slovacche (1941)

Il 19 settembre del 1941 venne promulgato il Codex Judaicum Slovaccum, che non fu firmato da mons. Tiso e che in un punto specifico si allontanava dalla dottrina cattolica. Infatti l’articolo 9 del Codex proibiva i matrimoni misti tra ebrei e cattolici, che invece per la Chiesa possono aver luogo, ma solo a condizione di una dispensa da parte del Vescovo del Luogo. Il cardinal Luigi Maglione lo puntualizzò a nome della S. Sede. Tiso era favorevole  a espungere l’articolo 9 voluto da Mach e Tuka dell’ala radicale, limitandosi a contrastare la preponderanza israelitica nella vita economica e sociale della Slovacchia.

Tuttavia Tiso era favorevolissimo a partecipare a fianco della Germania alla Crociata contro l’Urss bolscevica, ma non approvava le vessazioni violente contro i singoli ebrei. Ma “la pressione tedesca si fece più forte e Tiso poté cercare soltanto di ammorbidirla. Anche i Vescovi slovacchi fecero circolare una Lettera pastorale collettiva nella quale, pur giustificando le misure restrittive della preponderanza ebraica, specificavano che gli ebrei sono esseri umani e devono essere trattati come tali. Però la deportazione continuò, ma le insistenti proteste del Vaticano e il malumore della popolazione indussero il governo nella sua ala radicale a porvi fine” (cit., p. 50).

La fine della Slovacchia (1944/45)

Nel luglio del 1944 le truppe dell’Armata Rossa iniziarono ad avanzare verso la Slovacchia e giunsero a 40 km dal confine slovacco. Nell’agosto del 1944 vi fu un’insurrezione dei dissidenti Slovacchi e Cechi, sostenuti da Urss e Usa, contro il governo in Slovacchia e la Germania reagì immediatamente: occupò la Slovacchia il 29 agosto e assunse il diretto controllo del territorio (respingendo i sovietici sino all’ottobre del 1944). Quindi iniziarono nuovamente le deportazioni degli ebrei verso i campi di lavoro forzato della Germania.  Ma nel gennaio del 1945 l’Armata Rossa penetrò in profondità nel territorio slovacco e il 4 aprile del 1945 occupò Bratislava (la capitale della Slovacchia). L’8 maggio anche la Slovacchia si arrese come la Germania.



Processo, condanna e morte di mons. Tiso

Tiso aveva abbandonato Bratislava agli inizi del mese di aprile e si era rifugiato in Austria in un Convento di benedettini, ma fu arrestato dalla Polizia statunitense, inviato in un campo di concentramento e poi consegnato ad un tribunale della nuova Cecoslovacchia. Il cardinal Faulhaber fece tutto il possibile per salvare mons. Tiso, ma il neo Presidente della Cecoslovacchia Edvard Benes fu irremovibile nella sua volontà di far condannare a morte mons. Tiso.

Il processo iniziò nel 1946 e durò 171 giorni. Si arrivò alla condanna a morte per impiccagione nel 18 aprile 1947.

L’ultima notte di mons. Tiso ci è stata narrata dal padre Cappuccino Hilàr Pàrik che lo assistette spiritualmente. Dopo aver salutato e incoraggiato le sorelle che erano venuto a trovarlo non volle cenare ma si confessò, poi pregò e meditò, alle 4h.30 celebrò la sua ultima Messa servitagli da p. Hilàr, fece il ringraziamento che finì alle 5h.15, scese nel cortile e fu impiccato alle 5h.22, ma l’agonia fu lenta e spirò alle 5h.29, lasciando cadere dalla sua  mano la corona di Rosario che stava ancora recitando. Il boja Joseph Apfel (che in yddish significa “mela”) fu retribuito con 4 mila corone.

Nel suo testamento mons. Tiso scrisse tra l’altro: “Mi considero martire per aver difeso il Cristianesimo dal bolscevismo” (cit., p. 61).

Possa aiutarci a diventare veri cristiani come lui lo è stato sino alla morte. Infatti siamo cristiani solo a metà quando le nostre scelte sono indecise, quando siamo arrendevoli e restii a schierarci, quando temiamo le complicazioni, l’isolamento e la sconfitta momentanea, quando siamo pronti a scendere a compromessi e a dialogare con l’errore e col male, quando non osiamo dire tutta la verità, ma solo delle mezze verità, più nocive dell’errore esplicito.

NOTE

1 - Il libro (80 pagine, 9 euro) può essere richiesto a info@youcanprint.it . In contemporanea ROBERTO MANCINI ha scritto un altro libro intitolato Josef Tiso. Con il popolo e per il popolo, Milano, Ritter, 2017 (160 pagine, 16 euro) che recensirò in un secondo momento e può essere richiesto a info@ritteredizioni.com .
2 - Si potrebbe aggiungere la figura del politico rumeno Corneliu Zeleu Codreanu (1899-1938), fondatore della Milizia dell’Arcangelo S. Michele e delle Guardie di ferro grande mistico ed eroe ucciso in carcere per ordine del governo massonico, ma purtroppo legato allo scisma ortodosso greco-bizantino.
3 - In realtà mons. Tiso salvò circa 50 mila ebrei dalla deportazione (cit., p. 64).
4 - Condannato a morte nel 1946.
5 - Condannato a 30 anni di carcere, fu rilasciato nel 1968 dopo 23 di prigionia e morì nel 1980.
6 - Ambasciatore presso il Vaticano dal 939 al 1945, restò in esilio dopo la disfatta e morì in Canada nel 1953. Paradossalmente costoro, ben più radicali di Tiso, furono condannati a pene meno severe tranne Tuka, il quale  nel 1941 aveva tentato un colpo di Stato contro Tiso, sventato dal generale Catlos, per instaurare un regime nazionalsocialista in Slovacchia.
7 -  “Ricordiamo una lettera di Tiso a Pio XII dove il Presidente scrive che l’espulsione dei cechi e degli Ebrei è necessaria per salvaguardare l’unità della Nazione slovacca, ma in cui respinge le accuse di violenze e rivendica il diritto della Chiesa cattolica in Slovacchia di far politica e di applicare le norme della legittima difesa” (cit., p. 45).




luglio 2017
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