Charlie Gard e il Papa
Troppo poco, e, speriamo non troppo tardi

Storia di un imbarazzo

di Marco Tosatti
Articolo pubblicato sul sito dell'Autore: Stilum Curiae





Troppo poco, e speriamo ardentemente, non troppo tardi. Ci riferiamo alla linea impacciata che il Papa e il Vaticano ha seguito nella vicenda Charlie Gard. Una linea che è stata costituita essenzialmente da tre punti. La dichiarazione del presidente dell’Accademia per la Vita, l’arcivescovo Paglia (che, en passant diciamo può rivelarsi una delle scelte meno felici di questo regno, che di scelte discutibili abbonda); un tweet di @Pontifex, in cui non si parlava di Charlie Gard; e infine della dichiarazione di Greg Burke.

Per la dichiarazione di mons. Paglia vi rimandiamo all’articolo che abbiamo scritto qualche giorno fa.

Questo è il tweet: “Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo”. E’ della sera del 30 giugno.

E infine questa è la dichiarazione di Greg Burke, di ieri: “Il Santo Padre – dichiara il portavoce vaticano, – segue con affetto e commozione la vicenda del piccolo ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori. Per essi “prega, auspicando che non si trascuri il loro desiderio di accompagnare e curare sino alla fine il proprio bimbo”.

In realtà quest’ultima dichiarazione suona come una sconfessione di quanto dichiarato dai vescovi inglesi e da mons. Paglia; in particolare per quanto riguarda il desiderio e il naturale diritto dei genitori di percorrere ogni via possibile che dia speranza di salvezza per il piccolo.

Qualche riflessione.

Sono giorni e giorni che il mondo cattolico è mobilitato contro l’eutanasia di Charlie. Sin dalla prima sera, con un rosario in piazza San Pietro, sotto quella che era la finestra del Papa. Ma il Pontefice è nel suo bunker di Santa Marta, circondato da suoi fedeli e meno fedeli, e non può averlo visto. Però a Santa Marta, come all’Ambasciata inglese, come all’ospedale sono arrivate molte telefonate.

La lentezza della reazione può far pensare a due cose. La prima: l’informazione che giunge al Pontefice è fortemente condizionata da quello che scrivono i mass media mainstream che di Charlie si sono occupati poco o niente, più importanti i concerti. E il Pontefice sappiamo – l’ha detto egli stesso – che cosa legge.

Questo vuoto comunicativo è stato rafforzato dall’atteggiamento dei suoi vari spin doctor e giannizzeri comunicativi. Basta leggere certi accenni di vescovi e preti sul timore che il caso di Charlie sia “strumentalizzato politicamente” per capire che il bambino a cui i genitori vogliono dare un’ultima chance per quanto labile, e la burocrazia tanatologica britannica e internazionale no, sia considerato un caso “di destra”.
Non è Trump, l’aborrito Trump, che è pro-life? Vade retro! Questa etichettatura – ma quanto è ideologico, questo regno! – ha contribuito a non far capire che la battaglia non è solo per Charlie, ma per il diritto di non venire terminati per ordini superiori un giorno anche contro il parere magari nostro, magari di chi ci vuole bene, se c’è.

Così quello che in teoria dovrebbe essere un tema, e una battaglia, eminentemente cattolica: due genitori che lottano per la speranza, solo ben tardi è giunta all’attenzione del Pontefice, e anche lì, permettetemi di dirlo, non è che si sia rovinato. Solo dopo che la rete era piena di messaggi di cattolici sbalorditi dal suo silenzio all’Angelus Greg Burke ha emanato il comunicato, che tradisce tutto lo sforzo e l’imbarazzo della situazione. Greg Burke: il Papa degli imprevisti, delle visite a sorpresa, delle telefonate a questo e a quello non si è speso personalmente. Almeno per quello che ci è stato dato di sapere. Non ci sembra che abbiamo assistito a un episodio esaltante. Né per la Chiesa, né per la sua comunicazione.




luglio 2017
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