Accordo Cina-Vaticano:

il manifesto comunista di Papa Francesco

di Francesca de Villasmundo

Pubblicato sul sito francese Medias presse info






Si profila all’orizzonte un futuro accordo fra il Vaticano e la Cina. Il cardinale emerito di Hong Kong, Joseph Zen, ha più volte espresso la sua opposizione verso ciò che egli considera una consegna della Chiesa cattolica, mani e piedi legati, al governo comunista cinese.

Sfortunatamente, i suoi avvertimenti non hanno alcuna incidenza sulla Realpolitik ridefinita da Papa Francesco: l’accordo tra le due parti è sempre più visto negli ambienti romani come una questione che attiene alla corte di Santa Marta. Papa Francesco è animato dall’ideologia del dialogo, mezzo per pervenire ad un consenso come risultato di volontà supposte non vincolanti, consenso che può ritenersi necessario in politica, ma che è più che funesto in religione, visto che, per compiacere l’altro, implica l’abbandono di posizioni dogmatiche. Da quando siede sul trono petrino, Francesco vuole mettere d’accordo tutti: compresi i rossi marxisti persecutori dei cristiani. Egli è pronto ai compromessi per pervenire all’«armonia dell’intera società» cinese, fino ad obbligare la Chiesa cattolica ad accettare i dogmi cino-comunisti.

Un eloquente articolo di Padre Joseph You Guo Jiang, membro della comunità gesuita cinese, apparso recentemente su La Civiltà Cattolica di Padre Spadaro, dimostra che questo ravvicinamento tra la Roma bergogliana e la Cina marxista avanza a passi da gigante verso la sottoscrizione dell’abbandono ufficiale della struttura della Chiesa cattolica nelle mani del partito comunista cinese.
Rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica è la sola pubblicazione ad essere riletta dalla Segreteria di Stato della Santa Sede e a riceverne l’approvazione prima di essere stampata. Questo fa capire come essa sia la voce del suo capo in Vaticano.
Il «manifesto» di Padre Jiang, pubblicato col sigillo vaticano, che riconosce senza alcuna esitazione il ruolo esclusivo in Cina dell’ideologia e del partito comunista cinese – con i quali quindi la Chiesa deve accordarsi – potrebbe essere percepito come una «professione di fede» comunista di Francesco.

Sul sito web italiano, Gli occhi della guerra, il giornalista Roberto Vivaldelli fa una critica pertinente di questo editoriale di Padre Joseph You Guo Jiang. Riprendiamo qui l’articolo:

Papa Francesco prepara la svolta nei confronti della Repubblica Popolare Cinese in nome di una nuova distensione. Un riavvicinamento, quello del Vaticano,  testimoniato da un eloquente articolo pubblicato di recente su La Civiltà Cattolica di Padre Antonio Spadaro, l’unica rivista ad essere esaminata in fase di bozza dalla Segreteria di Stato della Santa Sede e ad averne l’approvazione definitiva. L’autore dell’editoriale è Padre Joseph You Guo Jiang, membro della comunità gesuita cinese. Non un punto di vista qualunque per il mondo cattolico, ma che ha una certa rilevanza e autorevolezza in ambito teologico.
Il Vaticano apre alla storica apertura nei confronti di Pechino e del Partito Comunista Cinese. «Nell’epoca della globalizzazione, la società e i cinesi sono diventati più aperti e tolleranti verso la Chiesa cattolica – osserva Padre Joseph You Guo Jiang -. In alcune regioni, la vita e la pratica religiosa sono cresciute. Il governo e la società cinese apprezzano il ruolo e la funzione dei gruppi religiosi e l’importante contributo che essi danno ai servizi sociali».
La Chiesa Cattolica potrebbe aprirsi e rapportarsi con il governo: «Poiché la Cina ha caratteristiche proprie che la distinguono dal resto del mondo – sottolinea – la Chiesa cattolica cinese deve imparare a rapportarsi alla cultura locale e all’autorità politica. In altri termini, pur mantenendo la propria identità, la Chiesa è chiamata a sviluppare una Chiesa cattolica cinese dai tratti cinesi. Per questo la Chiesa dovrebbe adottare nuove strategie per raggiungere il maggior numero possibile di persone, per dialogare e comunicare in una società sempre più secolarizzata».
Secondo il vaticanista Piero Schiavazzi, in un articolo pubblicato sull’Huffpost, «in qualunque maniera la leggiamo, al netto delle precisazioni e attenuazioni del caso, si tratta di una svolta. Se Ratzinger, con la lettera del 2007 ai cattolici cinesi, apriva le porte alla collaborazione con il governo, il manifesto di Civiltà Cattolica le schiude a quella con il partito. Il riconoscimento del ruolo guida del Politburo da parte della Sede Apostolica costituisce un red carpet cromatico e diplomatico, su cui Pechino inopinatamente avanza con cadenze poliziesche, ma che il Pontefice si ostina nondimeno a stendere, in uno stridente allestimento geopolitico del Porgi l’altra guancia».
La svolta, clamorosa, nelle relazioni diplomatiche con il Partito Comunista è invocata dallo stesso Padre Joseph You Guo Jiang. Il che non significa sposarne l’ideologia ma riconoscerne l’autorità: «Finché il Partito comunista cinese rimarrà l’unico partito di governo, il marxismo continuerà a essere il riferimento ideologico della società – sottolinea – perciò la Chiesa cattolica cinese è chiamata a ridefinire il suo ruolo e le sue relazioni con il Partito comunista e con la sua ideologia. Questo non significa che la Chiesa debba essere d’accordo con la politica e con i valori del Partito, ma piuttosto che essa debba trovare soluzioni flessibili ed efficaci per continuare la sua missione e il suo ministero in Cina». Un’apertura impensabile solo fino a qualche anno fa.
Ufficialmente, la Santa Sede intrattiene relazioni ufficiali con circa 180 Paesi nel mondo. La sua rete diplomatica si è notevolmente ampliata sotto il pontificato di Papa Giovanni Paolo, passando da 84 paesi ai 174 della fine del suo mandato. Il Vaticano ha stabilito rapporti ufficiali anche con Tawain, ed è l’unico stato europeo ad avere una delegazione ufficiale a Mapei, mentre non ha relazioni bilaterali ufficiali con Cina, Arabia Saudita, Vietnam, Afghanistan e Corea del Nord. Papa Francesco è pronto alla svolta diplomatica?

Se svolta diplomatica ci dovrà essere per la Santa Sede nei confronti della Cina comunista e se si coglie il messaggio proposto dal gesuita Padre Joseph Guo Jiang, con l’imprimatur del Vaticano, essa andrà di pari passo con un ideologico voltafaccia nei confronti del partito comunista cinese, riconosciuto a questo punto come valido collaborato nella famosa armonizzazione sociale voluta dal Papa regnante. In altre parole, tale svolta comporterà, con la benedizione di Papa Francesco, una dipendenza della Chiesa e dei fedeli cattolici cinesi nei confronti del partito comunista e della sua ideologia… Affinché «una volta instaurato questo dialogo – scrive Padre Jiang – la Chiesa cattolica e la società cinese non si affrontino più».

In realtà, si tratterà di un dialogo di traditori e di falsi fratelli, visto che porterà al rinnegamento e alla diserzione del Vaticano nei confronti della Chiesa clandestina cinese e dei suoi martiri, che hanno resistito e ancora resistono al rullo compressore marxista della Repubblica popolare cinese.

Si comprende, quindi, sempre meglio la ferma opposizione del cardinale Joseph Zen, che ha conosciuto la persecuzione comunista a causa del suo impegno contro il regime maoista cinese, ad ogni accordo fra il Vaticano e la Cina marxista, accordo visto come un tradimento di Cristo! E lo si associa al suo grido di dolore lanciato verso Papa Francesco: «Oggi andremo a morire per mano di nostro padre.»





luglio 2017
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