A proposito del logo “LOVE & PEACE”,
scelto da papa Francesco
 per il suo viaggio in Myanmar
(la Birmania dei vecchi testi scolastici)



di Catholicus






Lo stile grafico ricorda molto il logo scelto per il giubileo della misericordia, un perfetto stile modernista, ambiguo e ingannevole, che dice e non dice, adatto a tutti i climi politici e religiosi.
Un cattolico che conservi ancora un  barlume di lucidità, di vera fede, non può non chiedersi subito ”ma la vera pace, non è quella che ci ha porta Nostro Signore Gesù Cristo?” (“Io vi do la pace, non come ve la dà il mondo…”), e allora di quale pace parla Bergoglio, cosa vuol darci ad intendere tacendo o apertamente negando le parole di Cristo, lui che è (o dovrebbe essere) il Suo Vicario? Ha forse dimenticato il severo ammonimento di Nostro Signore ”chi mi rinnegherà dinanzi al mondo anch’io lo rinnegherò dinanzi al Padre Mio”?

Ogni occasione è buona, per il Nostro, per rifilarci vecchi slogan sessantottini fritti e rifritti, che nessun contestatore sopravvissuto all’epoca della contestazione generale si sognerebbe più di proporre (penso a Mario Capanna, a Daniel Cohn Bendit, ai cd “capelloni”, ecc.) .

Ma quello che fa più tristezza, che sconforta, è vedere un clero che non ha più un briciolo di fede, di coraggio, di testimonianza cristiana, e che trangugia tutte le falsità e gli inganni della gerarchia modernista come acqua fresca, senza batter ciglio. Quanta viltà, quanta pavidità, quanto opportunismo o colpevole connivenza in chi dovrebbe parlar forte e chiaro, gridare dai tetti la Verità tutta intera, confermando nella fede il gregge di Cristo loro affidato, anziché confonderlo, depistarlo e indirizzarlo verso il baratro.

Ci consola la speranza che una tale disastrosa situazione non potrà durare a lungo, che Nostro Signore non potrà tollerare all’infinito il tradimento dei Suoi ministri, ai quali ha affidato le anime di coloro che confidano in Lui, che non rimarrà sicuramente inattivo  dinanzi alla scomparsa del Cattolicesimo attuata per mano dei Suoi (falsi) discepoli. Ormai la misura è veramente colma, come diceva tempo fa Miles Christi nel titolo del secondo volume della sua opera “L’impostura bergogliana”.

Vogliamo prendere un esempio, a caso, dell’adeguamento dell’episcopato e della stampa cosiddetta cattolica a tale linguaggio vacuo e depistatorio?
Prendiamo un settimanale  diocesano qualunque del Triveneto, ad esempio “L’amico del popolo” (della diocesi di Belluno-Feltre) e scegliamo un articolo di carattere religioso (se così si possono definire). Spicca subito, tra  gli altri, il solito articolo di propaganda pro-immigrati, intitolato stavolta, “Bellunesi e migranti in preghiera per i morti in mare”; fin qui niente di male, dal titolo sembrerebbe un articolo dei bei tempi andati; ma attenzione al sotto-titolo “Le grandi acque non possono spegnere l’amore”, una frase vuota, senza senso compiuto, che  ricorda tanto quelle degli hyppies, dei beat, dei capelloni degli anni della contestazione generale.
La manifestazione, indetta da una parrocchia del posto, ed ovviamente estesa ai musulmani, con intervento di un loro Imam, ha visto la partecipazione del Vescovo di Belluno-Feltre, mons. Renato Marangoni, tanto per dare una chiara impronta ecumenica all’avvenimento.

Immancabile l’ apologia dell’ecumenismo da parte dell’articolista, che mette bene in risalto come Vescovo ed Imam “fianco a fianco camminano, ascoltano, suggeriscono vie di incontro e di dialogo”. Ma un chiaro invito a convertirsi all’unica vera religione, quella che ci offre l’accesso al Paradiso, non poteva rivolgerlo, Sua Eccellenza,  all’Imam ed ai suoi fedeli ?; ci mancherebbe altro, sarebbe stata aperta disobbedienza a papa Francesco, che ha sostenuto apertamente che “il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso”, ribadendo poi il concetto in un’altra occasione con l’affermare testualmente “vado a convincere qualcuno a farsi cattolico? no, no, no”.

Purtroppo (per loro)  questi Vescovi non tengono conto che obbedendo pedissequamente al loro comandante “pro tempore” disobbediscono apertamente al Capo Supremo della Chiesa, Cristo stesso che, al momento della Sua Ascensione al Cielo, ha comandato loro di evangelizzare tutte le genti (se questo non è  proselitismo, cos’altro è?), battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; ma obbedire a questo comando, accogliere questo invito, significa testimoniare la fede in Cristo come unico Salvatore degli uomini (non c’è altro nome su tutta la terra nel quale gli uomini possano essere salvati…), e ciò in questa Chiesa modernista, relativista, sincretista, immanentista, antropocentrica (in una parola, massonica) è severamente vietato, pena l’immediata rimozione ed espulsione, come hanno sperimentato don Alessandro Minutella e don Angelo Mello de Carvalho.

La parola d’ordine del Concilio Vaticano II e degli irrequieti sessantottini, “vietato vietare”, trova nella Chiesa bergogliana un’unica eccezione: il divieto assoluto di testimoniare pubblicamente fedeltà a Cristo Re del Cielo e della terra.






settembre 2017
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