Riforma liturgica e Salmo 42

di Gederson Falcometa






Introíbo ad altáre Dei…  Ad Deum qui laetíficat juventútem meam
Iúdica me, Deus, et discérne causam meam de gente non sancta: ab hómine iniquo, et dolóso érue me.

Mi accosterò all’altare di Dio … A Dio che allieta la mia giovinezza
Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa dalla gente non santa: liberami dall’uomo iniquo e fraudolento.
(Salmo 42)



La Messa Tridentina consacrò il Salmo 42 come il Salmo domenicale per eccellenza. La ripetizione per secoli di questo Salmo, ogni Domenica in tutta la Chiesa, si è tentato di interromperla con l’infausta riforma liturgica di Paolo VI.

A partire dal Concilio, la Chiesa non vede più “gente non santa”, per questa nuova Chiesa tutte le persone sono diventate sante; l’uomo iniquo e fraudolento dal quale si chiedeva a Dio di essere liberati, lo si ritrova oggi ai vertici della sua stessa gerarchia.

Non si tratta più di “accostarsi all’Altare di Dio” ma di “accostarsi all’altare dell’uomo”, è questa la nuova letizia della Chiesa conciliare. Ed è in questo senso che Paolo VI è arrivato fino a dire che “tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità. La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità” (Discorso di chiusura del Concilio, 7 dicembre 1865).
Se, con Paolo VI e il Concilio, la Chiesa si è dichiarata quasi ancella dell’umanità, con Francesco si dichiara serva assoluta di questa stessa umanità. In tutti i suoi discorsi, questo lo si coglie con chiarezza cristallina: non si tratta più di insegnare e di fare discepoli in tutte le nazioni, come comandato da Nostro Signore Gesù Cristo, ma solo di servire e ancora servire l’umanità. Il proselitismo e la conversione sono diventati peccato (come la dottrina della Collegialità Episcopale è diventata dogma di fede ...) e, detto per inciso, si tratterebbe delle uniche cose deplorate dall’attuale Pontefice.

Si potrebbe pensare che la distinzione tra la gente santa e quella non santa sia scomparsa, ma non è così. Per l’attuale Pontefice, la gente non santa è quella che crede in un Dio cattolico e nei suoi insegnamenti, mentre la gente santa sarebbe rappresentata da coloro che Papa Francesco sceglie come suoi amici. Gente come Emma Bonino, Eugenio Scalfari, i movimenti sociali sovversivi della sinistra, i preti eretici, ecc.: tutta gente santa di Papa Francesco.
In questo Papa vediamo come un’incarnazione sovversiva ed eretica di questo versetto dal Salmo 42: mentre dà ad intendere che non ci sia nessuno da giudicare, pronuncia i peggiori giudizi che un Papa possa proferire contro i suoi, e non ne pronuncia nemmeno uno contro coloro che sono fuori della Chiesa. Quasi come se dicesse a coloro che sono  fuori della Chiesa che è meglio che rimangano fuori e a coloro che sono dentro che è meglio che se ne vadano.

Ora, di fronte a questa contraddizione del Pontefice, che ha reso la Chiesa una ONG,  è necessario ricordare alcune cose essenziali.
Il compito per eccellenza del Papa è quello di confermare i suoi fratelli nella fede, secondo il mandato ricevuto da Pietro direttamente da Nostro Signore. Quindi si presuppone che sia proprio dell’ufficio petrino emettere giudizi, visto che per confermare i fratelli nella fede si suppone che debba valutare e pronunciarsi sulla concordanza tra la teoria e la pratica della fede.
Ne consegue che il versetto del Salmo 42 attiene anche al dovere papale, perché il Papa deve essere il portavoce del giudizio di Dio. Ma un papa che prima dice che non è nessuno per giudicare e poi sostiene che Dio sarebbe solo misericordia, perdonerebbe tutto e non farebbe giustizia, un tale Papa non compie il suo dovere. Tale attitudine, più che di un Vicario di Cristo, è quella di un capo di Stato laico.
Lo Stato Laico non giudica nulla e nessuno, è agnostico e offre la sua misericordia sotto forma di aborto, eutanasia e unioni omosessuali. È uno Stato flessibile, per il quale la legge non è sempre tale e non sempre obbliga qualcuno. Gli odierni dottori della legge non sono come quelli del tempo di Gesù, quello che oggi vogliono far passare è che non esiste alcuna legge superiore che obblighi l’uomo; e questo fa sì che l’uomo diventi il responsabile assoluto di tutto, sia la misura di tutte le cose, quelle che sono e quelle che non sono, come insegnava il filosofo greco Protagora.
Ma Dio ha creato l’uomo per uno scopo ben preciso e non gli ha dato il potere di scegliere tale scopo, è per questo che “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Lc. 21, 33); a significare che non può cambiare nemmeno uno iota della legge di Dio.

Tornando alla riforma liturgica, che ha abolito all’inizio della Messa la recita del Salmo 42, si deve pensare che lo abbia fatto a buona ragione, poiché questo Salmo non può esprimere la nuova visione derivata dal Concilio: di una umanità tutta santa.
E tale visione era la stessa espressa in precedenza da colui che Giovanni Paolo II volle diventasse “cardinale”: il gesuita Henry de Lubac. Questi aveva infatti formulato a suo tempo la falsa dottrina che il soprannaturale sarebbe contenuto nel naturale e che la grazia sarebbe dovuta alla natura. In tal modo, l’uomo, in qualsiasi stato di vita o in qualsiasi religione, realizzerebbe il fine per cui è stato creato da Dio.
Il che significa che, per questa dottrina, l’atto di fede, il credere in Gesù Cristo, l’essere battezzato e l’appartenenza alla Chiesa non sono più necessari per ottenere la grazia da Dio e, perseverando, la salvezza eterna.
L’uomo, così, sarebbe naturalmente un santo e un sacerdote, tale da poter formare un popolo santo proprio sulla base del suo essere santo. E a questo possiamo aggiungere che, se la grazia è dovuta alla natura, essa sarà elargita anche all’uomo iniquo e fraudolento, perché anch’egli possa raggiungere il fine per cui è stato creato.
Un esempio pratico della distorsione operata da questa dottrina è la questione dell’omosessualità, Non pochi prelati affermano che si tratti di un dono di Dio. Gli omosessuali sarebbero stati creati tali da Dio e non avrebbero scelto di essere quello che sono diventati. Quindi, visto che il dono di Dio è colmo di grazie, anche gli stessi omosessuali riceverebbero da Dio, in forza della loro omosessualità, le grazie secondo la loro condizione.

Se il mondo moderno è saturo di vecchie virtù cristiane diventate folli, come affermava Chesterton, noi possiamo dire che la “Nouvelle Théologie”, che si è inverata nel Vaticano II, è piena di verità cristiane diventate folli.
Così è possibile osservare che ogni immobilismo, fissità e rigidità che i nuovi teologi hanno addebitato alla teologia autenticamente cattolica, oggi è presente, in forma terrificante, nella dottrina sovversiva di Henri de Lubac del rapporto tra naturale/natura e soprannaturale/grazia.
Se il salmista, nel Salmo 42, grida: “Fammi giustizia, o Dio”, nella dottrina di de Lubac Dio è confuso con lo Stato laico: non farebbe alcuna distinzione, non richiederebbe nulla per conferire la Sua grazia all’uomo: la concederebbe sempre anche all’uomo iniquo e fraudolento, con l’immobilismo e la rigidità di un idolo e non di Dio tre volte santissimo!

I doni di Dio sono irrevocabili, ma questo non è vero in modo assoluto, come se la grazia fosse davvero dovuta alla natura.
Lucifero era un Cherubino, un angelo di luce, e in quanto tale era ripieno dei doni di Dio. Tuttavia, con la sua caduta perse i doni che Dio gli aveva dato. Se non fosse così, potremmo pensare, con de Lubac e anche con quelli che sostengono che la Vecchia Alleanza non sarebbe mai stata revocata, che Lucifero continui ad essere un angelo di luce, un Cherubino. Ma non è così, e quindi non possiamo pensare così. E allorché si ponesse la questione in termini interrogativi, ecco che l’unica soluzione del problema sarebbe quella data dal Padre Arturo Sosa, attuale Generale dei Gesuiti, secondo cui Lucifero sarebbe solo un’invenzione dei teologi…




settembre 2017
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