La correzione filiale e l’errore
 

di Patrizia Fermani


Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana





L’errore è quella falsa rappresentazione della realtà che spesso ci induce anche ad agire in modo sbagliato. Compriamo a caro prezzo un abito firmatissimo perché pensiamo che debba essere anche di stoffa buona, e ci accorgiamo poi di friggerci dentro come un pesce in padella. Se poi convinciamo un altro a fare lo stesso acquisto, la nostra falsa opinione si trasforma in un insegnamento sbagliato e nocivo.

Ma c’è una distinzione fondamentale da fare tra l’errore inconsapevole che viene trasmesso senza coscienza e volontà di nuocere, e quello che si sa essere tale e viene propagandato proprio per trarre in inganno il terzo. Come quando l’esperto bancario cattura l’ignaro risparmiatore al quale cerca di appioppare vantaggiosissimi prodotti finanziari. Qui il tentativo di truffa prende nomi più eleganti, ma la sostanza è quella.

Dunque tra l’errore inconsapevole e trasmesso quindi in buona fede, e quello propagato ad arte per confondere il prossimo, c’è di mezzo il mare della prava voluntas. Ora è senza dubbio un dovere morale correggere chi ci sta a cuore e che a causa dell’errore non si accorge di danneggiare se stesso o gli altri. Quelli deputati a correggere gli errori sono, da che mondo è mondo, i genitori e i maestri, ma, a parti invertite, lo sono anche i figli, i discepoli, gli amici fidati, che hanno il dovere di correggere per amore il genitore invecchiato, il maestro distratto, l’amico imprudente.

Chi invece confeziona una falsa realtà e la propaga volontariamente, non è in errore ma semina l’errore con gli intenti più svariati. Costui non può essere corretto per l’ovvio motivo che è il primo a conoscere alla perfezione la falsità di quanto dice e che il suo obiettivo assai poco nobile è proprio quello di seminare l’errore.

Ora la correzione filiale rivolta a Bergoglio a proposito degli errori contenuti nell’A.L. sembra trascurare questo dato elementare, e ignorare soprattutto il quadro di insieme, dove appare evidente la volontà dell’autore di sovvertire un intero sistema teologico.

L’A.L. contiene in forma didascalica il rinnegamento di tutta la morale cattolica quale discende dalla teologia della creazione e dai precetti evangelici che ne sono la specificazione. Tale intento programmatico era stato esposto a chiare lettere già negli atti introduttivi del sinodo con il ripudio esplicito della legge naturale divina, quale canone immutabile di ogni comportamento umano. In funzione di questo ripudio, anche la ormai esausta questione dei divorziati risposati è stata enfatizzata per attirare l’attenzione su un tema secondario ma capace di compromettere tutti i presupposti etici e religiosi del cattolicesimo.

Per questo la correzione filiale potrebbe avere un significato ironico, se il tono e la serietà delle argomentazioni, la profonda fede degli autori, la loro sincera e smarrita afflizione non facessero escludere questa lettura.

Allora però non si capisce come ci si possa dichiarare figli di un beatissimo padre che ha dimostrato a chiare lettere la volontà di scardinare il credo di cui dovrebbe essere custode, ben prima di licenziare l’AL., a coronamento di lavori sinodali pilotati da lui personalmente e dai propri uomini di fiducia verso un fine preciso e devastante. E’ il prete che non si inginocchia mai davanti al Santissimo, che copre la croce pettorale per non disturbare i propri interlocutori musulmani, con un gesto che non ha nulla a che fare neppure con la pochezza morale e intellettuale di governanti capaci di velare le statue per non offendere la delicata sensibilità di ospiti incorrotti. Anche perché di quella pochezza nessuno si meraviglia più da un pezzo.

La volontà di Bergoglio di mettere in liquidazione il cattolicesimo a partire dai suoi fondamenti è palese al di là di ogni ragionevole dubbio e anche il solo mettere questo in discussione significa indebolire ogni tentativo pur timido di frenare la marcia quasi inarrestabile di un meccanismo infernale. A meno che non si coltivi la pietosa speranza di indurre l’avversario, con un gesto in qualche modo provocatorio, a scoprire definitivamente le carte. Ma le carte sono troppo conosciute perché ci sia ancora qualcosa da scoprire.



settembre 2017
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