Non ne ha il diritto


di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato il 22 agosto 2017 sul sito Accademia Nuova Italia

Presentazione, impaginazione e neretti sono nostri



Presentazione

Salvare il seme !


Sulle riflessioni di Francesco Lamendola

A chi gli chiedeva cosa fare di fronte al declino inarrestabile della Chiesa Cattolica, Alessandro Gnocchi, dalle colonne della sua rubricaFuori Moda” (sul sito Riscossa Cristiana)  rispondeva “Salvare il seme!”,  affinché possa nuovamente germogliare in futuro e ridare rinnovato vigore alla Santa Madre Chiesa, quella Una, Santa, Cattolica, Apostolica,  all’infuori della quale non c’è salvezza (Extra Ecclesiae Nulla Salus).
Ebbene, a questo compito ben assolvono, a nostro avviso,  gli articoli del professor Francesco Lamendola, pubblicati su alcuni siti internet e da noi ripresi per offrirli alla considerazione dei lettori del nostro sito.
A noi sembra che dagli scritti di Lamendola  emergano chiaramente le cause della crisi che attanaglia la Chiesa di Cristo da oltre un cinquantennio, il suo attuale “motus in fine velocior”, nonché i disastri che si prospettano all’orizzonte nell’immediato futuro; e tutto questo accompagnato e sostenuto dalla retta dottrina bimillenaria della Chiesa, quel “depoisitum fidei” affidato da Nostro Signore Gesù Cristo ai suoi discepoli affinché lo custodissero gelosamente, senza stravolgerlo o manipolarlo, come fatto negli ultimi 50 anni, dando ad intendere che si trattasse solo di un “aggiornamento pastorale”.
In questi tempi di oscurità, se il clero, divenuto sale insipido, non fa più germogliare il seme, essendo divenuto relativista, sincretista, immanentista e antropocentrico, a volte perfino apostata, allora diventa inevitabile che spetti ai laici difendere l’ultimo bastione della cattolicità dagli assalti furiosi del dragone infernale (il pensiero qui corre al libro “L’ultima battaglia del diavolo”, del reverendo  Paul Kramer), e se possibile, con l’aiuto di Dio, assolvere l’arduo compito di “salvare il seme”.

Proseguiamo la presentazione del pensiero di Francesco Lamendola sulla figura di Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, presentando un articolo dal contenuto veramente apodittico: secondo Lamendola, infatti, Bergoglio non potrebbe essere ritenuto legittimo papa in quanto fa continuamente affermazioni palesemente eretiche e, inoltre, si ripropone di cambiare definitivamente il volto della Chiesa Cattolica, cosa che nessun pontefice prima di lui si era mai sognato di fare (almeno fino a Pio XII…). Le sue amicizie ostentatamente sbandierate, poi, riportano alla mente il vecchio adagio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei…”.

FRF






Il papa Francesco sta cambiando la Chiesa; in gran parte l’ha già cambiata, e procede, ogni giorno più convinto, sulla medesima strada: del resto, l’aveva detto fin dall’inizio, e aveva anche aggiunto di volerlo fare in modo tale che non si possa più tornare indietro. È il primo papa nella storia della Chiesa che pensi, dica e faccia una cosa simile: nessuno, prima di lui, aveva mai osato anche soltanto concepire un’idea del genere.
Ma lui ostenta la massima sicurezza nel suo buon diritto; dice che sta “solo” sviluppando e approfondendo le “indicazioni”, le “linee” del Concilio Vaticano II: ma sa benissimo che “indicazioni” non vuol dire nulla, e “linee”, meno ancora. È aria fritta, semplicemente; peggio: sono le parole-trappola di cui si servono i modernisti, da mezzo secolo in qua, per contrabbandare nella Chiesa le loro eretiche novità.
La verità è che o si fa riferimento ai documenti conciliari, ma in nessuno dei documenti conciliari sono espressi i concetti che lui, e i suoi accoliti, stanno sviluppando; o si fa riferimento al non meglio identificato “spirito del concilio”, che non è certo lo Spirito Santo, cioè una scienza infusa dall’alto, ma tutta un’altra cosa, completamente umana, e, per giunta, talmente vaga e generica, talmente fumosa e variegata, che chiunque, adoperando quella espressione, può sostenere qualsiasi cosa, e anche il suo esatto contrario.
In ogni caso, non è una operazione intellettualmente onesta: non è onesto dire che si vuol cambiare la Chiesa “sviluppando” il Concilio, perché i concili non vanno “sviluppati”, vanno applicati, ma senza forzarne il senso, senza allargarne i contenuti, senza ampliare a dismisura le supposte intenzioni recondite. Se si fa quest’ultima cosa, si fa della psicologia, della sociologia, o, peggio, si fa dello spiritismo: si pretende, cioè, di sapere quel che realmente volevano dire e fare i padri conciliari, andando al di là del senso esplicito delle loro parole, per le quali, ripetiamo, fanno fede i documenti; e i documenti del Concilio, letti spassionatamente e non con la malizia sopraffina dei modernisti, non dicono affatto quel che i modernisti attuali vorrebbero far dire loro.
È evidente, sì, che in alcuni documenti del Concilio c’è lo zampino della massoneria, e anche della massoneria giudaica, lo B’nai B’rith; ed è evidente che si respira l’atmosfera precedente il ‘68, satura di voglia di novità, di libertarismo disordinato, d’insofferenza verso ogni tradizione, e anche verso la Tradizione sacra, che, per i cattolici, è – insieme alle Scritture - la fonte della Rivelazione e quindi la colonna portante della Chiesa; e tuttavia non c’è una pagina, né un rigo di quei documenti, che, letti con altro spirito, e cioè con spirito di fedeltà alla Chiesa di sempre, al Magistero di sempre, e senza brama di novità ad ogni costo, non possa e non debba essere letto in perfetta armonia e in perfetta aderenza a ciò che la Chiesa ha sempre detto e fatto, semmai con l’invito a farlo meglio, ma non certo pretendendo di dire e fare delle cose nuove, delle cose diverse, tali da cambiare il volto della Chiesa.

La Chiesa è la Sposa di Cristo: e come  si fa ad avere la pretesa di cambiare il suo volto? Facendole fare una serie di operazioni di chirurgia plastica, come usano fare oggi tante donne, tante dive del cinema o dello spettacolo, le quali non accettano il trascorrere del tempo sul loro corpo, oppure, semplicemente, pur essendo giovani e belle, non accettano il proprio corpo, il proprio viso, così come sono, ma pretendono di cambiare la forma del naso, la consistenza delle labbra, di modificare gli zigomi, per non parlare del resto: seno, fianchi, glutei, eccetera?
Ebbene, è proprio questo che il clero modernista ha avuto l’impudenza di voler  fare, e che sta facendo tuttora con il massimo impegno e con una alacrità, con una impazienza, con una perseveranza, che hanno realmente qualcosa di diabolico; e adoperiamo le parole con la massima attenzione, senza cedere alla tentazione di calcare le tinte per amor di polemica.
Il clero modernista sta sottoponendo la Chiesa ad una serie di operazioni chirurgiche per modificare il suo volto, il suo corpo, la sua identità: sta togliendo tutto ciò che lo infastidisce, sta aggiungendo o caricando tutto ciò che gli è congeniale, e questo non con spirito di umiltà, di preghiera, di sottomissione a Dio, ma con orgoglio luciferino, con la pretesa, tutta umana, di aver capito più e meglio della Chiesa di ieri, della Chiesa di sempre, del Magistero perenne e infallibile, cosa sia la Rivelazione, cosa la Scrittura, cosa la Tradizione (quest’ultima riducendola press’a poco a zero).

Ma se il Magistero è perenne e infallibile, come si può pretendere di fargli il lifting, di fargli il restauro, come se fosse un qualcosa di puramente umano, soggetto alla mutevolezza dei tempi? Ecco: è qui che si vede quanto a fondo le idee moderniste, la mentalità modernista, il veleno ideologico modernista, siano penetrati nel corpo della Chiesa, nell’anima dei fedeli, nello spirito stesso del clero, a cominciare dai (cattivi) teologi conciliari, per giungere fino a oggi, a questo papa che non pensa da papa, non parla da papa, né agisce da papa, tanto è vero che riceve lodi sperticate e quotidiane dai peggiori nemici della Chiesa e dei suoi valori, del suo messaggio, della Verità di cui essa è l’umile portatrice; ed egli, a sua volta, li frequenta con compiacimento, non per correggerli, non per ammonirli, non per convertirli; al contrario.
Il papa era amico di Marco Pannella; ma come! L’uomo del divorzio, dell’aborto, dell’eutanasia, della libera droga, delle unioni di fatto, dei matrimoni omosessuali! Ha mai detto una sola parola per ammonirlo, per redarguirlo? Non risulta; al contrario; ha lasciato che uno dei suoi fedelissimi, l’indegno monsignor Vincenzo Paglia, si recasse nei locali di Radio Radicale per intonare un elogio postumo di costui, portandolo ad esempio per tutti e definendolo uomo di altissima spiritualità.
Il papa è amico di Emma Bonino; ma come! Non è forse costei la compagna di strada e la degna prosecutrice della via tracciata da Pannella? Eppure, lei entra ed esce dallo studio del papa come persona gradita e onorata.
Il papa è anche amico di Eugenio Scalfari, l’anima nera della contro-chiesa gnostica e massonica, l’ispiratore di tutta la cultura e la pseudo-informazione anticristiana e anticattolica, il perfetto esemplare dell’intellettuale progressista, materialista, scettico, irreligioso, al quale questo papa piace tanto proprio perché lui non parla quasi mai di Dio, della Madonna, del peccato, del pentimento, della vita eterna, del paradiso e dell’inferno; cioè perché non parla quasi mai da papa, quasi mai da cattolico. Eppure con questo personaggio il papa s’intrattiene volentieri, si lascia intervistare, gli permette di pubblicare le interviste senza neanche rivederle, e poi non interviene per correggerle, non chiede neppure di controllarne il testo: ciò significa che esse rispondono a verità e che quel che in esse dice il papa, è proprio ciò che realmente ha detto.

Ma, di nuovo, i discorsi tenuti dal papa nel corso di quelle conversazioni non sono da papa, né da cattolico: a cominciare da quella frase provocatoria e scandalosa, Dio non è cattolico, buttata lì con tanta nonchalance, con tanta sicumera, con tanta perversa volontà di disorientare, confondere, spargere amarezza e dolore nel cuore dei fedeli. Un papa che parla così! Ma perché lo fa, in nome di Dio? Se egli fosse in buona fede, non basterebbe il pensiero di tutto il dolore che provoca, di tutta la confusione che semina, per trattenerlo, e per ispirargli un minimo di prudenza, di moderazione, di discernimento, visto che quest’ultima parola a lui piace tanto?
Dov’è dunque il discernimento di papa Francesco, quando dice che Gesù Cristo si è fatto serpente, si è fatto diavolo, brutto che fa schifo? E quando dice che non sa perché ci sia la sofferenza, perché le persone si ammalino e perché i bambini patiscano? Un papa che dice simili cose è un papa eretico: non era mai successo, ora sta accadendo, e proprio sotto i nostri occhi. Ma la gente, invece di scandalizzarsi, lo applaude, lo ammira, lo cita in continuazione.
Non è forse questa la migliore prova del fatto che queste folle che stravedono per lui, non sono cattoliche, anzi, sono post-cattoliche, a-cattoliche e anti-cattoliche? Possibile che a nessuno dei suoi ammiratori, purché  in buona fede, venga in mente che in tutta questa situazione c’è qualcosa di molto, di terribilmente strano; che le cose, per dirla tutta, stanno esattamente al contrario di come dovrebbero essere?
E’ possibile che a nessun cattolico, fra i seguaci e i fan di papa Francesco, vengano mai in mente le parole di un certo Gesù Cristo: Sarete perseguitati a causa del mio nome; anzi, verrà il momento in cui, mentendo, diranno ogni male contro di voi, e uccidendovi, crederanno di rendere un atto di culto a Dio? Oppure quelle altre parole, sempre del divino Maestro: Non c’è servo superiore al suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra?

Ma chi osserva la parola di Dio, oggi, non solo nel mondo profano, ma anche fra i cattolici, anche fra il clero? Ecco due preti omosessuali: li ha nominati il loro vescovo, pur sapendo che essi convivono, che non nascondono la loro relazione. Tutto questo nella cattolicissima Spagna, o meglio, nella Spagna di oggi, post-cattolica e massonica, anticlericale, irreligiosa.
Tutto ciò non è d’immenso scandalo per il gregge?
A Palermo, un altro prete fa salire sull’altare, in piena Messa, due donne che si sono sposate in municipio, le presenta ai fedeli con grandi sorrisi di simpatia, le porta ad esempio di vero amore, augura loro di potersi sposare al più presto anche in chiesa: non è questo uno scandalo immenso, un danno incalcolabile per le anime?
E il papa che fa? Lui che dispone di uno stuolo di persone che lo tengono aggiornato sulla situazione nella Chiesa che gli è stata affidata; lui che si sente investito della missione di “cambiarla”, che cosa ha da dire sui due preti omosessuali spagnoli, sul prete siciliano che presenta ai fedeli, profanando la santa Messa, due donne omosessuali come esempio di vero amore? Non ha nulla da dire? No, nulla; tace.

Tace perché acconsente; tace perché è pienamente d’accordo. Tace perché è lui stesso  che quotidianamente, tenacemente, instancabilmente, sparge intorno questa pessima seminagione di scandali, eresie e bestemmie. È lui che incoraggia, che sobilla, che spinge a sfidare la legge naturale e la legge di Dio un numero crescente di cattolici. Non si limita a tacere; la chiesa (lettera minuscola) da lui rappresentata approva, condivide, vorrebbe perfino spingersi ancor più in là.
Ormai parecchi vescovi, come quello di Anversa, Johan Bonny, si proclamano apertamente favorevoli al riconoscimento ecclesiastico delle unioni omosessuali. Un altro membro del clero cattolico, il gesuita James Martin, dice che la Chiesa si deve aggiornare, deve accettare l’omosessualità e anche i “matrimoni” gay; aggiunge, per buona misura, che, se si sfoglia il proprio dei santi, ci s’imbatte in un sacco di nomi di persone omosessuali. Il peccato, per lui, non è l’omosessualità, ma l’omofobia.
E il papa che fa? Tace; tace e acconsente.
E il generale dei gesuiti, Sosa Abascal, che afferma la nostra impossibilitò di sapere quel che Gesù abbia detto realmente, il che equivale a tirare un rigo su tutti e quattro i Vangeli? Quel Sosa Abascal che va in un tempio buddista a meditare e pregare come fanno i buddisti, inginocchiato in mezzo a loro; quel Sosa Abascal che nega l‘esistenza del diavolo e lo derubrica a semplice “immagine” del male: che ha da dire, su di lui, il papa? Nulla, assolutamente nulla. Tace e acconsente.
E monsignor Galantino, che si spinge ad affermare che Dio non distrusse, ma risparmiò Sodoma e Gomorra, capovolgendo la lettera e lo spirito della Bibbia? Anche qui il papa tace; tace e acconsente. Non interviene, non corregge.

Del resto, perché intervenire? La dottrina, sono parole sue, è buona solamente se unisce, se invece divide, allora è cattiva. Ora, è chiaro che chiamare “peccato” il peccato, e “male” il male, significa dividere: grazie a Dio. Ed è chiaro che equivale a dividere il popolo dei credenti, il popolo di Dio – peccatore fin che si vuole, ma desideroso di fare solo la volontà di Dio, non la propria - da chi credente non è, da chi crede in altri dèi, in altre cose: da chi crede nell’uomo, nei suoi istinti, nella sua ricerca del piacere, nella sua volontà di farsi legge e misura a se stesso, aborto ed eutanasia compresi. Meno male che la dottrina divide: divide perché stabilisce ciò che è vero, e lo separa da ciò che è falso; perché insegna ciò che è giusto, e in cui bisogna credere, da ciò che è falso, e che bisogna rifiutare.
Dicendo il contrario; dicendo che la dottrina va bene solo quando unisce, solo quando permette di gettare ponti e abbattere muri, il papa distrugge la dottrina, e sa benissimo di farlo.
E non basta ancora. Egli dice che l’apostolato è una solenne sciocchezza, e basterebbe già questa sola frase per dichiararlo indegno di essere papa, e per richiamare tutto il collegio dei vescovi al dovere di prendere delle iniziative per impedire a quest’uomo di fare dell’altro male al gregge che gli è stato affidato, ma che si è rivelato indegno di custodire.
Indegno, non semplicemente incapace: se i suoi fossero errori d’inesperienza, intempestività, ingenuità, si potrebbero anche capire, almeno in parte, e fermo restando che gli si dovrebbe impedire di farne degli altri e sempre nuovi. Ma non si tratta solo di questo, purtroppo, bensì di una volontà molto lucida, estremamente spregiudicata, che non pensa secondo Dio, ma secondo la mentalità del mondo, e non cerca di piacere a Dio e a Dio solo, ma prima di tutto agli uomini, e, in modo particolare, ai nemici di Cristo e della sua Chiesa.

Non ce n’è forse abbastanza per comprendere che costui non è papa, non è degno di essere papa, non gli si può permettere di abusare oltre della sua funzione e del suo altissimo ufficio? 
Concludendo: “papa” Francesco non è papa, non è degno di esserlo, non lo si può riconoscere come tale. Non sono più possibili ambiguità o compromessi. Bisogna scegliere: o si sta con Cristo, o con costui.
Bisogna che ciascuno s’interroghi in coscienza e si assuma le sue responsabilità. I primi a doversi interrogare sono i vescovi. Fino a quando lasceranno le anime esposte a un male così grave?




settembre 2017
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