I comunisti che piacciono al papa. E viceversa



di Sandro Magister


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Nei giorni scorsi sono capitate a Roma un paio di cose curiose. E a loro modo istruttive.

La prima è l’inizio della collaborazione ad “Avvenire”, il quotidiano della conferenza episcopale italiana, del disegnatore satirico Sergio Staino, con una striscia domenicale dal titolo “Hello, Jesus!”.

Qui la sorpresa sta nel fatto che Staino è comunista inossidabile, è stato “figlio dei fiori” e paladino del libero amore, è stato l’ultimo direttore, fino a pochi mesi fa, de “L’Unità”, il defunto quotidiano del partito comunista italiano e poi dei partiti che gli sono succeduti, ed è presidente onorario della UAAR, Unione Atei e Agnostici Razionalisti.

Lo svagato Gesù delle sue strisce abita ancora a Nazaret con Giuseppe e Maria, dà una mano al padre in falegnameria, ma ha già la testa altrove, a quando se ne andrà per diventare finalmente – parole di Staino – “il primo dei socialisti, il primo a combattere per i poveri”.

Intervistato sullo stesso “Avvenire” il giorno del suo esordio, Staino ha raccontato che tempo fa, quando a papa Francesco, in una “lunga telefonata”, fu riferito da Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food, che alla madre dello stesso Staino, nel lontano 1948, era stata negata l’assoluzione sacramentale per aver votato per il partito comunista, il papa sbottò sorridendo: “Dica alla madre di questo suo amico che quella assoluzione se la vuole gliela do io”.

Ciò non toglie che il suo arrivo ad “Avvenire” ha provocato un diluvio di proteste. Compresa quella dell’editore del giornale, nella persona del segretario generale della conferenza episcopale italiana, il vescovo Nunzio Galantino, del quale il direttore di “Avvenire” Marco Tarquinio ha riportato ai lettori le seguenti parole: “Non condivido, perché non capisco proprio quale valore aggiunto viene al nostro giornale dalle strisce di Staino”.

Ed è appunto qui ciò che di istruttivo si può ricavare dalla vicenda. Perché ora c’è la prova che il potere di Galantino sulla conferenza episcopale e sul suo giornale non conta più come quando papa Francesco lo nominò segretario generale e di fatto suo luogotenente unico, con l'effetto che ogni sua parola o decisione pesava come se provenisse dal papa.

Oggi la conferenza episcopale ha un nuovo presidente nella persona del cardinale Gualtiero Bassetti, questo sì molto vicino a Francesco e molto più abile nel capirne e assecondarne i voleri.

Mentre la caduta di Galantino dalle grazie del papa è sempre più evidente e il caso Staino ne è la conferma lampante.

Non solo, infatti, il direttore di “Avvenire” ha deciso da solo, senza aver “chiesto autorizzazioni preventive all’editore”, ma ha rivendicato sulle pagine di “Avvenire” la giustezza di questa sua decisione, per di più mettendo in pubblico l’ininfluente parere contrario di monsignor Galantino.

Al quale ha come detto addio proprio nel momento in cui ha dato il benvenuto a Staino, a sua volta “assolto” da papa Francesco.

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Il secondo episodio ha visto protagonista un altro giornale, “Il Manifesto”, l’unico che in Italia associa alla propria testata la dicitura: “Quotidiano comunista”.

Giovedì 5 ottobre – guarda caso proprio nell’anno centesimo della “Rivoluzione di ottobre” – “Il Manifesto” è uscito in edicola con allegato un libro con i tre discorsi di papa Francesco ai “movimenti popolari”, da lui convocati una prima volta a Roma nel 2014, poi in Bolivia nel 2015 e poi ancora a Roma nel 2016.

Intervistata da “Avvenire”, la direttrice del “Manifesto” Norma Rangeri ha così spiegato la scelta:
Sentiamo nostri questi messaggi del papa e vogliamo portare ai nostri lettori la radicalità e la semplicità di queste sue parole. […] Lì c’è un’idea nuova di politica, il papa cita anche Esther Ballestrino de Careaga, per la sua concezione della politica. È una comunista di origini paraguayane”. (E fu insegnante di chimica del giovane Jorge Mario Bergoglio, che incontrò le sue due figlie durante la sua visita in Paraguay, nel luglio del 2015).

Dei discorsi di Francesco ai “movimenti popolari” e della sua visione politica i lettori di Settimo Cielo sono già ampiamente informati:


Ma dalla loro pubblicazione ad opera del “Manifesto” si possono ricavare ulteriori informazioni. Perché nel libro, oltre ai discorsi, vi sono un’intervista e una postfazione che arricchiscono il quadro, la prima con l’argentino Juan Grabois e la seconda dello studioso italiano Alessandro Santagata.

Grabois, 34 anni, figlio di uno storico dirigente peronista, dirige oggi la Confederación de Trabajadores de la Economía Popular ed è vicino a Bergoglio dal 2005, cioè da quando l’allora arcivescovo di Buenos Aires era alla testa della conferenza episcopale argentina. Divenuto papa, Francesco l’ha nominato consultore del pontificio consiglio della giustizia e della pace, oggi assorbito nel nuovo dicastero  per il servizio dello sviluppo umano integrale. Ed è lui, Grabois, il più attivo a tirare le fila delle convocazioni attorno al papa dei “movimenti popolari”.

L’idea cominciò a prendere corpo subito dopo l'elezione di Francesco. Dopo la messa inaugurale del nuovo pontificato – alla quale era presente in prima fila, accanto ai capi di Stato, anche l’argentino Sergio Sánchez, capo del Movimiento de Trabajadores Excluidos –, Grabois racconta di essere stato contattato dall’arcivescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della pontificia accademia delle scienze, anche lui argentino e più che mai impaziente di entrare nella cerchia dei favoriti del nuovo papa.

Sorondo chiese a Grabois di aiutarlo a organizzare in Vaticano un seminario dal titolo “Emergenza esclusi”, che effettivamente si tenne nel dicembre del 2013 e al quale prese parte anche Joao Pedro Stédile, leader in Brasile del Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra.

Fu questo seminario l’anteprima della successiva prima convocazione a Roma attorno a papa Francesco dei “movimenti popolari”, una rete di un centinaio di sigle di tutto il mondo ma in prevalenza latinoamericane, in larga misura le stesse delle memorabili adunate anticapitaliste e no-global di Seattle e di Porto Alegre.

Per organizzare sia questo che gli incontri successivi fu creato un comitato composto da Grabois, da Stédile e da altri due attivisti: Jockin Arputham della National Slum Dwellers Federastion e Charo Castelló del Mouvement Mondial des Travailleurs Chrétiens. Più il gesuita Michael Czerny, oggi sottosegretario del dipartimento migranti e rifugiati presso il dicastero per lo sviluppo umano integrale, dipartimento di cui papa Francesco ha riservato a sé personalmente la direzione. A giudizio di Grabois, il ruolo di padre Czerny è stato fin qui “d’importanza vitale per il raccordo con le varie organizzazioni popolari”.

Nel libro edito dal “Manifesto”, sia Grabois che Santagata fanno notare che buona parte dei “movimenti popolari” sui quali il papa fa affidamento sono critici nei confronti dell’istituzione Chiesa e in contrasto con i dogmi cattolici su questioni come l’aborto o i diritti degli omosessuali. Ma “tali contraddizioni non condizionano troppo i lavori degli incontri, poiché essi sono incentrati su tematiche specifiche legate alla lotta per la terra, la casa e il lavoro”.

Una quarta convocazione dei “movimenti popolari” era prevista a Caracas per l’ottobre di quest’anno. Ma è stata sospesa a motivo del disastro in cui il Venezuela è precipitato.

In compenso hanno cominciato a tenersi degli incontri su scala non mondiale ma regionale. Il primo si è tenuto a Modesto, in California, dal 16 al 19 febbraio del 2017, per i movimenti degli Stati Uniti. Un altro si è tenuto il 20-21 giugno a Cochabamba, in Bolivia, per i movimenti dell'America latina.

Con l’incontro di Modesto papa Francesco si è collegato in videoconferenza, leggendo un discorso perfettamente in linea con i tre precedenti.

Non si è fatto vivo invece con i convenuti a Cochabamba. Ma a proposito di queste adunate su scala regionale Santagata scrive:
Come mi ha riferito [Vittorio] Agnoletto, nell’ultimo incontro in Vaticano si sono levate critiche nei confronti di tale proposta di strutturazione per reti [territoriali] che, a suo giudizio, rischia di dare vita a una serie di ‘scatole vuote’ in concorrenza con l’organizzazione del World Social Forum”.

Agnoletto, eletto nel 2004 per cinque anni al parlamento europeo nelle liste di Rifondazione Comunista. è stato a lungo rappresentante italiano nel consiglio internazionale del World Social Forum nato a Porto Alegre e ha preso parte a vari incontri in Vaticano su queste tematiche.

Tra il World Social Forum e i “movimenti popolari” cari a papa Francesco c’è infatti un crescente attrito. A giudizio di Grabois, il primo “ha tradito la sua essenza per trasformarsi in una sequenza di rituali o di attività turistiche per militanti”.

Mentre i secondi, i movimenti benedetti dal papa, sarebbero oggi i soli capaci di “promuovere l’organizzazione comunitaria degli esclusi per costruire dal basso l’alternativa umana a una globalizzazione emarginatrice”. Anche a costo di uscire dai “confini stretti della democrazia ufficiale” e di adottare “pratiche che potrebbero essere criminalizzate dagli Stati”.



ottobre 2017
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