Giuda, Teilhard de Chardin, Martin Lutero
e il Concilio e… i mass media



di Gederson Falcometa






La Chiesa sapeva chi erano le tre personalità che richiamiamo nel titolo di questa nota.

Giuda per duemila anni è stato l’immagine della slealtà, il padre dei traditori. Teilhard de Chardin fu un falso gesuita, forse il massimo rappresentante di una falsa scienza e di una falsa teologia. Martin Lutero è stato il padre di tutte le più recenti eresie occidentali. Tutti e tre, insieme ad altri, a partire dal concilio Vaticano II, sono stati oggetto di manovre per riabilitare le loro figure, facendole passare dal male al bene.

Teilhard de Chardin è stato il primo a godere di questo “beneficio”. Il suo processo di riabilitazione è iniziato prima del concilio Vaticano II, e ha finito col fornire la base per la riabilitazione di tutti gli altri eretici. Una sintesi appropriata sulla riabilitazione di Teilhard de Chardin, la dà Mons. Andrè Combes, come si può leggere nel libro “Mito e realtà” del santo sacerdote Mons. Pier Carlo Landucci, il quale da parte sua scrive:

«Più si considera il pensiero di Teilhard de Chardin in se stesso, cioè liberato da tutte le manipolazioni, triturazioni, adulterazioni che, sotto pretesto di difenderlo, sono concordi in maniera antiscientifica a tradirlo, più manifesta apparisce... la sua incompatibilità, veramente radicale, con la tradizione cristiana. Ne segue che non si può mantenere un tal pensatore nella Chiesa... senza estenuare, fino ad annullarlo, il carattere tradizionale della fede».

Nonostante tale grave avvertimento, Teilhard de Chardin non è stato allontanato dalla Chiesa, anzi è servito a tenerne aperte le porte per l’ingresso in essa di Lutero ed altri. Grazie soprattutto al lavoro di un sacerdote che è stato uno dei periti del concilio Vaticano II: il padre gesuita Henri De Lubac.

Sul lavoro di De Lubac, Mons. Landucci dirà:
«Tra i maestri nell’arte di adulterare il pensiero del Teilhard, per difenderlo, secondo Cb. [Mons. André Combes], sta purtroppo in prima linea P. Henri de Lubac, che è forse il responsabile principale della più o meno aperta simpatia che prosegue a godere nel campo cattolico, anche italiano, il Teilhard. Dice il Cb.: «L’abilità degli apologisti [del T.] non è uguagliata che dalla loro indifferenza al vero significato dei testi che essi pretendono di spiegare. Il P. de Lubac è divenuto maestro in quest’arte singolare. Non è il solo, ma il suo talento rimane, mi sembra, senza pari» (ivi)”.

Anni dopo il Vaticano II, padre Henri de Lubac accuserà i mass media di aver derubato il Concilio della Chiesa (tesi conosciuta come il “Concilio dei mass media”). Dopo aver letto questi estratti da Mons. Pier Carlo Landucci, è facile concludere che quello che egli dice in relazione a Teilhard de Chardin, è stato praticato anche in relazione al Concilio, mentre lo stesso Concilio lo ha praticato in relazione alla Tradizione (le verità cattoliche stravolte in seno alla Chiesa). La sua tesi fu così ampiamente accettata negli ambienti cattolici “conservatori”, che Benedetto XVI, nel suo ultimo discorso da Papa, ha ripetuto questa falsa teoria del “Concilio dei mass media”, inventata dal teilhardiano francese.

Il caso di Giuda e di Teilhard de Chardin si ripresenta con delle varianti nel caso di Lutero. Quello che la Chiesa ha affermato su di lui e sulla sua riforma fin dall’inizio e per quasi 500 anni, negli ultimi 50 anni si è provato a farlo sparire. Da eresiarca e nemico mortale della Chiesa (in particolare del Papato), Lutero ha finito col ricevere la lode di Benedetto XVI: “Amico appassionato di Gesù”, e ultimamente di Francesco: “Riformatore dalle intenzioni non erronee”.
Tutto questo delinea un contesto che è basato su una grande e grave rottura col passato della Chiesa. E stranamente, in questi casi, per giungere alla rilettura di personalità una volta eretiche e nemiche di Cristo e della Chiesa, ecco che l’ermeneutica della rottura, non solo è riconosciuta, ma è perfino praticata.

Il risultato è che i cattolici che hanno il minimo buon senso, intravedono, non a torto, che forse nel prossimo futuro si potrebbe avere la riabilitazione di ogni altro eretico: Ario, Nestorio, Sabellius ecc. E quello che fa sorridere è che, in questa ottica,  la stessa accusa di pelagianesismo che Papa Francesco continua rivolgere ai veri fedeli cattolici, finisce col perdere il senso e il tono di errore e di eresia. Non v’è dubbio, infatti, che con la semplicità con cui oggi si sta riabilitando Lutero, domani sarà possibile riabilitare Pelagio: basta aspettare la messa punto dei criteri per la riabilitazione degli eretici.
Si dice che “non c’è due senza tre”, quindi nessuna meraviglia se presto questa Chiesa finisca col riabilitare tutti gli eretici morti… non ha forse già riabilitato quelli vivi?
Cos’è infatti quello che è accaduto col cardinale Kasper? Se non una riabilitazione in vita di un cattolico solo di nome, mentre di fatto si tratta di un novello Lutero all’interno della Chiesa?

E poi ci si vorrebbe raccontare che il Concilio sarebbe in continuità con la Tradizione, che non ci sarebbe rottura, perché basta solo l’ermeneutica della riforma nella continuità. L’ermeneutica che riabilita gli eretici?

E allora, per finire ci chiediamo: quale sarà il prossimo eretico ad essere riabilitato da questa nuova Chiesa che ha perso il giudizio?




ottobre 2017
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