![]() |
![]() |
I vescovi italiani riabilitano Lutero di
Francesca
de Villasmundo
![]() Duomo di Trento, 8 ottobre 2017 liturgia ecumenica «L’unità nella diversità», questa tesi ecumenica eterodossa così cara a Giovanni Paolo II e abbracciata da Francesco, guida da decenni la nuova Chiesa conciliare, uscita dal Vaticano II, sui cammini tenebrosi che conducono alla definitiva rovina della dottrina cattolica. Le anime sono immerse nelle tenebre dell’«apostasia silenziosa». Con l’insediamento di Jorge Mario Bergoglio sul trono petrino, la pratica di questo ecumenismo relativista, evolutivo e ambiguo, fatta di incontri e di celebrazioni interconfessionali volti a giungere a questa unità visibile al di sopra dei problemi dottrinali, non è sconfessata, al contrario, Francesco la incoraggia risolutamente. Tanto più in quest’anno anniversario dei 500 anni della Riforma protestante, occasione benvenuta per moltiplicare il ritrovarsi dei fratelli separati. Insieme, regolarmente, sotto tutte le latitudini e anche nei palazzi apostolici, luterani e gerarchie conciliari, papa in testa, non finiscono di incensare la figura del monaco apostata, al cospetto dei media compiacenti e dei fedeli cattolici e protestanti chiamati ad onorare congiuntamente Martin Lutero (1483-1546), morto scomunicato, come fosse un santo. Il Papa argentino invita tranquillamente il suo gregge ad abdicare alla propria fede in nome del principio dell’unità dei cristiani. Perché, nella realtà, la capitolazione avviene soprattutto dalla parte romana e non da quella protestante: in questo ecumenismo pratico è Lutero che risulta il grande vincitore. La simbolica città di Trento, in questi ultimi giorni è stato teatro di questa vittoria postuma di Lutero. Per concludere magistralmente questo 500esimo anniversario della Riforma, la Conferenza episcopale italiana e la Chiesa evangelica luterana d’Italia hanno scelto questa città, in cui si tenne nel XVI secolo il famoso Concilio di Trento che condannò solennemente le tesi luterane, per un colloquio di due ore sul tema: «Che cosa può e deve rimanere di Martin Lutero?» ![]() Duomo di Trento, 8 ottobre 2017 abbraccio ecumenico Lo scopo di questo incontro, completato nella maestosa cattedrale romana con delle celebrazioni interconfessionali e con la reciproca lavanda dei piedi tra il vescovo cattolico e il «vescovo» luterano, secondo il Servizio di Informazione Religiosa (SIR) è stato «gettare uno sguardo avanti e per riflettere su come ora si possa e su debba proseguire il cammino», perché «non è possibile oggi rimanere indifferenti davanti all’appello all’unità dei cristiani.» ![]() Duomo di Trento, 8 ottobre 2017 lavanda ecumenica Le riflessioni teologiche sono state affidate a Don Angelo Maffeis, esperto della CEI nel dialogo ecumenico e componente della commissione mista luterano-cattolica, e al «vescovo» luterano Karl-Hinrich Manzke, della Chiesa luterana tedesca, che si occupa dei rapporti con i cattolici tedeschi. I due hanno concordato su questa affermazione agghiacciante per ogni vero cattolico: «le istanze più
profonde di Lutero continuino a interrogare chiunque desideri seguire
il Signore più da vicino e con maggior coerenza; perché
Lutero altro non ha cercato se non di prendere in mano il Vangelo e
viverlo con la maggiore intensità e autenticità possibile.»
In parole povere, per Don Maffeis, delegato dei vescovi italiani, Lutero è diventato un esempio di come «vivere il Vangelo». Alla luce di queste dichiarazioni si spiega la scelta stupefacente di Trento: che testimonia pubblicamente il desiderio della Chiesa ufficiale di rigettare il magistero tridentino e, per promuovere questa unità dei cristiani, riabilitare il monaco apostata là stesso dove la sua dottrina eretica fu definitivamente anatemizzata. Questa giustificazione post-mortem di Lutero da parte delle autorità cattoliche infedeli è un’impostura spudorata e un’ingiuria a Nostro Signore Gesù Cristo. Basta ricordarsi delle dichiarazioni blasfeme di Lutero sulla Santa Messa per coglierne la gravità: «Io dichiaro che tutti i
postriboli, gli omicidi, i furti, gli assassini e gli adultèri
sono meno malvagi di quella abominazione che è la Messa papista!»
(Werke, t. XV, p. 774).
Ed ecco cosa scriveva a Melantone sul peccato: «Se tu sei predicatore della grazia, non
predichi una grazia fittizia, ma vera. Se essa è vera, tu deve
portare un peccato vero e non immaginario. Dio non salva i falsi
peccatori. Sii dunque peccatore e pecca audacemente, ma confida e
gioisci più audacemente in Cristo, che è il vincitore del
peccato, della morte e di questo mondo. Il peccato non ci
separerà da lui neanche se mille volte al giorno noi
commettessimo la fornicazione e l’omicidio. Le anime pie che fanno il
bene per guadagnare il Regno dei Cieli, non solo non vi perverranno
mai, ma bisogna annoverarle tra gli empi. E’ più urgente
prevenirsi contro le buone opere che contro il peccato. Il cristiano
battezzato, anche se lo volesse, non potrebbe perdere la sua salvezza,
per quanto grande sia il peccato che commette, a meno che egli non
rigetti la fede. Poiché nessun peccato può perderla, se
non l’incredulità. Tutti gli altri, se la fede nella promessa
divina fatta dal battezzato rimane o rinasce, sono annientati in un
attimo».
Ed è l’autore di queste espressioni abominevoli che la Chiesa ufficiale, per bocca dei vescovi italiani, offre ai cattolici come esempio. Mons. Lefebvre, già il 4 ottobre 1987, constatava che Roma sprofondava nell’apostasia: «Roma ha perduto la
fede. Roma è nell’apostasia. Non è un modo di dire, non
sono parole gettate in aria che vi dico. E’ la verità! Roma
è nell’apostasia. Non si può più avere fiducia in
loro, essi hanno lasciato la Chiesa, essi hanno abbandonato la Chiesa,
essi lasciano la Chiesa; è sicuro, sicuro, sicuro».
[si veda la registrazione su
youtube:
Trent’anni dopo, la Roma conciliare è più neo-protestante che mai! ![]() Duomo di Trento, 8 ottobre 2017 cena ecumenica (torna
su)
ottobre 2017 |