Lo spirito di Galantino
 


di Belvecchio







Nonostante possa sembrare, dal titolo, che Nunzio Galantino abbia fatto o faccia dello spirito, non è così, poiché, lo dice la stessa parola, lui è “nunzio”, e come tale, non solo riferisce solo la verità – e tutta la verità – ma per di più non ha colpa del contenuto di tale verità… perché lui è solo un “nunzio”, e il “nunzio non porta pena”.

Chi ha una certa dimestichezza con le sottigliezze della lingua, sa che in genere colui che “non porta pena” è tale perché è lui stesso la pena.
E’ questo il caso di Galantino che, per essere esatti, di mestiere non fa il “nunzio”, ma il “vescovo”, e per essere più precisi fa il vescovo modernista che, oltre a fungere da segretario ai vescovi italiani, sembra incaricato di fare da megafono al suo datore di lavoro, il noto Bergoglio Mario, conosciuto anche come “omissis”, perché sono ormai in tanti quelli che preferiscono non pronunciarne neanche il nome.

Ora, Galantino è dal 19 ottobre scorso che ha suscitato un altro vespaio, non solo negli oscuri ambienti “reazionari”, ma anche in certi luminosi ambienti “moderati” che poco hanno apprezzato la sua nuova sparata su Lutero che sarebbe stato assistito dallo Spirito Santo.
Non v’è dubbio che stavolta l’ha sparata po’ troppo grossa, ma occorre tenere presente che Galantino la botta l’ha data in un convegno che già di per sé era una grossa buffonata: la pubblica lode della Riforma protestante, organizzata e consumata presso l’Università Lateranense di Roma.
Quindi, il povero Galantino non ha fatto che adeguarsi alla circostanza e armarsi di argomenti atti alla bisogna.
Come poteva fare diversamente quando il tema trattato era: “Passione per Dio. Spiritualità e teologia della Riforma a 500 anni dal suo albeggiare”?

Per quanto ci riguarda, quando abbiamo letto che, come hanno riferito tutti, avrebbe detto che “La Riforma avviata da Martin Lutero 500 anni fa è stata un evento dello Spirito Santo”, non ci siamo meravigliati molto, anche perché Galantino avrebbe spiegato bene il suo pensiero, affermando che “E’ stato lo stesso Lutero a non ritenersi artefice della Riforma scrivendo: ‘mentre io dormivo, Dio riformava la Chiesa’”.
Quindi è evidente che Galantino non ha fatto altro che ripetere quanto avrebbe detto Lutero.

Ovviamente, questo non lo esime da ogni responsabilità, ma giustifica il fatto che si sia permesso di chiamare in causa lo Spirito Santo. Cosa che, peraltro, non è propria di Galantino, perché lui l’ha appresa mentre era ancora in seminario a Benevento, dove a suo tempo gli hanno raccontato che qualche anno prima lo Spirito Santo era già intervenuto a Roma, mentre erano assisi in Concilio tutti i vescovi della Chiesa, ispirandoli e facendo partorire loro i famosi documenti del Vaticano II.

Ci siamo quindi detti che, in fondo, Galantino non ha avuto tutti i torti, poiché, nonostante impropriamente e forse per forza d’abitudine, si sia lasciato scappare “Santo”, in realtà si è riferito a quello spirito che ha mosso parimenti sia Lutero sia il Vaticano II, quello spirito che in entrambi i casi ha ispirato e portato a definizione tutta una serie di storture, di errori e perfino di menzogne delle quali ancora oggi noi cattolici subiamo le conseguenze: da 500 anni di quelle di Lutero e da 50 anni di quelle del Vaticano II.

Ora, visto i frutti che questi due eventi sono riusciti a produrre, non possiamo non convenire con Galantino che si sia trattato davvero dell’opera di uno “spirito”, quello stesso spirito che tutti i papi dell’ultimo cinquantennio non hanno mai smesso di evocare. Solo che tale “spirito” non ha niente a che vedere con la Terza Persona della Santissima Trinità, come si è lasciato scappare stoltamente Galantino, chiamandolo “Santo”, ma si identifica piuttosto con la prima persona dello “spirito del male”, quello stesso “serpente” che indusse Eva a disubbidire a Dio e che da allora non smette di “strisciare” o metaforicamente aleggiare sulla vita degli uomini, per indurli solo e solamente in errore.

E’ quello che è accaduto anche a Galantino che, al pari di Lutero che nella sua cecità spirituale credeva di avere a che fare con Dio, ha creduto di poter parlare dello “Spirito Santo” mentre invece diceva dell’opera di Lucifero.

Insomma, povero Galantino, in fondo è rimasto vittima dell’abbaglio e della suggestione del demonio, che continua a servirsi degli uomini di Chiesa per ordire i suoi inganni e per diffondere, anche dalle Università Pontificie, il suo messaggio menzognero, purtroppo con l’avallo di vescovi, cardinali e papi che ultimamente avrebbero scoperto che Lutero, l’avvinazzato iracondo libidinoso monaco teutonico, in realtà sarebbe stato ed ancor più sarebbe tuttora un benemerito della storia della Chiesa.

Nessuno può mettere in dubbio che tale cecità di occhio, di mente e di cuore, sia un “evento dello spirito del male”, tale che Galantino può essere solo accusato di essere un succubo piuttosto che un blasfemo.

Basta gettare lo sguardo su qualche altra sua infelice battuta:
La Riforma risponde alla verità espressa nella formula ‘ecclesia semper reformanda’”.
Formula anche questa non propria di Galantino, ma vecchio cavallo di battaglia della premiata ditta “Lutero & Gesellschaft”, ultimamente fatta propria dall’infausto Concilium Vaticanum Secundum nelle persone dei “padri tedeschi”, ansiosi di imitare il loro vecchio compaesano per giungere a quella “ecclesia reformanda” che vollero che fosse soprattutto una “ecclesia deformanda”: una neo Chiesa che dopo 500 anni potesse rendere omaggio senza battere ciglio al loro benemerito “cinghiale devastatore della vigna del Signore”.

E tra questi “padri tedeschi” deformatori vi era l’allora ”Don” Joseph Ratzinger.




Papa Ratzinger a Erfurt, 2011

Come poteva dunque, il povero Galantino, non seguire le orme del “perito” Ratzinger e peritarsi di affermare che la
passione per Dio di Lutero è stata, come disse Papa Benedetto in Germania nel 2011, una passione profonda: la molla della sua vita e del suo cammino. Non era certo una questione accademica”?

Anzi, è stato riduttivo, il povero Galantino, perché il Papa tedesco era stato allora molto più deciso e preciso:
«Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. […] ‘Come posso avere un Dio misericordioso?’. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. […] Il pensiero di Lutero, l’intera sua spiritualità era del tutto cristocentrica»

Come si vede, il povero Galantino è una mammoletta a confronto dell’immaginifico Ratzinger che sicuramente ancora oggi, novantenne e rinunciatario, viene colpito «sempre nuovamente al cuore» dalla «passione profonda» e dalla «forza motrice» «della sua vita e dell’intero suo cammino»… di quello stesso Lutero di cui oggi si procura la prossima beatificazione ecclesiastica, visto che quella laica il vecchio cinghiale teutonico l’ha ricevuta da alcuni secoli.




1982, Giovanni Paolo II concelebra nella cattedrale anglicana di Canterbury

E per comprendere ancora meglio la sparata di Galantino, non si deve dimenticare neanche il pensiero del Papa che anche per questo la Chiesa conciliare ha voluto santificare:
«Quest’anno celebriamo il 450° anniversario della morte di Martin Lutero. […] il suo ricordo ci permette oggi di riconoscere più chiaramente l’alta importanza della sua richiesta di una teologia vicina alle Sacre Scritture e della sua volontà di un rinnovamento spirituale della Chiesa. […] La sua attenzione per la Parola di Dio e la sua risolutezza a percorrere il cammino di fede riconosciuto come giusto»

«quel teologo che, alla soglia del tempo moderno, ha contribuito in modo sostanziale al radicale cambiamento della realtà ecclesiale e sacrale dell’Occidente.»




E siccome Galantino è risaputo che è la pupilla dell’occhio di Mario Bergoglio, noto come “omissis”, ecco che il vescovo segretario dei vescovi ricorda anche che a Lund, in Svezia,
«il Papa ha firmato la dichiarazione congiunta per superare i pregiudizi vicendevoli che ancora dividono cattolici e protestanti».

Cioè per superare ogni vergogna ed ogni decenza pur di compiacere in maniera postuma: l’arroganza, la superbia e la malevolenza dell’ex monaco vizioso che così apostrofava il Papa:
Papa, da vivo ero la tua peste, da morto sarò la tua morte”.
Io non posso più pregare senza maledire! … Maledetto! Sia dannato il nome del papista!… Maledetto! Che sia dannato e annientato il papismo! Maledetto! che siano dannati i piani dei papisti! … Ecco la mia preghiera!”.

Stupirsi, quindi? Indignarsi? E di che?

Il povero Galantino non è altro che uno dei tanti cicisbei che lisciano il pelo dei papi moderni, colpevole, certo, al pari di loro, ma soprattutto meritevole di commiserazione per la pochezza umana e la miseria spirituale che, non solo lo fanno bestemmiare contro lo Spirito Santo, ma gli fanno indossare senza vergogna la mitra e il pastorale.









ottobre 2017
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