MEGLIO LA FEDE O MEGLIO LE OPERE?
 


di Patrizia Stella




Mai come in questo periodo storico in cui certi prelati della Chiesa cattolica hanno voluto far emergere l’eretica figura di Lutero e del suo motto “Solo la fede salva”, mai come in questo periodo, è rispuntata la famosa diatriba “Meglio la fede o meglio le opere?”  A maggior ragione perché anche San Paolo nella sua lettera ai Romani, affronta questo argomento affermando, a proposito di Abramo, che non esitò, per fede, a sacrificare il figlio Isacco, e pertanto: “Eredi dunque si diventa in virtù della fede, non in virtù della Legge…”  (Rom. 4, 1-13) dove per Legge San Paolo intende le opere della Legge.

La diatriba in realtà non esiste perché FEDE E OPERE SONO UN TUTT’UNO! Talmente unite che l’una non può sussistere senza l’altra e pertanto si richiamano a vicenda, o si annullano.
Ma che cos’è la fede? Rispondiamo con le parole di don Ferdinando Rancan, sacerdote diocesano veronese morto in concetto di santità all’inizio di quest’anno, tratto dal suo libro “Il senso del vivere”: “la fede è un’adesione a Dio che spinge a compiere le opere”.  Semplice e chiaro. Non esiste una fede aleatoria, sulle nuvole, alla quale aderisco senza contemporaneamente sentirmi spinto ad agire in concreto, con la mia vita, con le mie azioni, anche con la mia preghiera.

Faccio un esempio: la fede di Abramo gli è stata donata da Dio, ma è un dono che esige una risposta concreta. Abramo come ha risposto alla richiesta di Dio davvero incomprensibile e quasi assurda di uccidere suo figlio Isacco? Ha risposto certo con un atto di fede, chiaro e tondo, dicendo SI, mio Dio! Ma immediatamente, anzi oserei dire, contemporaneamente, è seguita la SUA “OPERA”, cioè la sua azione concreta di prendere in mano il coltello per ammazzare Isacco!  Lo ha fatto, pur sapendo che era un omicidio terrificante e perfino agghiacciante, perché si fidava di Dio e questa fede lo portava anche a pensare che, siccome nulla è impossibile a Dio, “Sommo Bene”, Dio stesso avrebbe potuto anche risuscitare suo figlio subito dopo la morte. Si è fidato di Dio fino in fondo ma ha anche agito fino in fondo con un’azione concreta, e con che coraggio!

Per venire a noi, quando la Fede ci dice di osservare i Dieci Comandamenti, vivere i Sette Sacramenti, ecc. non basta che noi diciamo “SI, ho fede, sono credente ma non praticante”. Questo è falso perché la fede si vive nella pratica, cioè nelle opere concrete, meglio detto nel vivere i Comandamenti:
santificare le feste, onorare padre e madre, non ammazzare, non rubare, non commettere atti impuri, non giurare il falso ecc.
E poi si vive nei Sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucaristia, Confessione, Unzione dei Malati, Ordine Sacro e Matrimonio!
E poi nelle Sette Opere di Misericordia Corporali e Spirituali vissute nella pratica e non solo col desiderio.

Pertanto non basta affermare che la fede è dono di Dio e chi ce l’ha, beato lui, e chi non ce l’ha, non può farci nulla, ma tutti andranno lo stesso in paradiso, se grande è la loro fede, come afferma erroneamente l’eretico Lutero.
Assolutamente falso. Nessuno si salva o si condanna senza la sua piena consapevolezza, senza lotta ascetica per vincere le proprie passioni e peccati riconciliandosi con Dio nel Sacramento della Confessione; nessuno si salva senza vivere i Comandamenti, soprattutto il Terzo, la santificazione della domenica, il Giorno del Signore.
Non si può fare ciò che si vuole, voltando le spalle a Dio, vivendo da dissoluti, da superficiali, da idioti, e poi, “pretendere”, in virtù della misericordia di Dio unita alla nostra fede, di guadagnarsi la salvezza eterna.
Non funziona così la fede cattolica e se vogliamo salvarci, abbiamo il dovere di confrontare eventuali novità dottrinali stravaganti proposteci anche da autorevoli Prelati, con la perenne Parola di Dio trasmessaci attraverso Gesù Cristo, punto di riferimento chiaro, irreversibile e inconfutabile per sempre e per tutti.

Perché la SALVEZZA ETERNA, cioè l’Inferno o il Paradiso, non è una favola da bambini per farli stare buoni, ma VERITA’ DI FEDE PROCLAMATA DA GESU’ e supportata dalla testimonianza di molti Santi.
Prendendo lo spunto da un’omelia di Sant’Agostino che diceva che “il tempo che abbiamo da vivere su questa terra è come una moneta che Dio ci offre per guadagnarci l’eternità”, ricordo un libro del citato sacerdote don Ferdinando Rancan “La moneta del tempo”, un calendario per l’anima, edizione Fede e Cultura, dove racconta in quale modo, anche semplice, possiamo vivere e santificare le nostre giornate di laici, cioè persone che vivono nel mondo, tra lavoro, famiglia, preghiera, sport, impegni e anche svago e vacanza, usando bene di queste “monete” che Dio mette a nostra disposizione perché ci vuole felici qui sulla terra e poi in cielo, per l’eternità.







ottobre 2017
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI