Luterani e cattolici uniti?
Meglio di no. Parola di vescova

 


di Aldo Maria Valli


Pubblicato sul sito Vietato Parlare e ripreso da Maurizio Blondet

Avevamo pensato di fare una piccola presentazione dell'articolo, ma ne è venuta fuori una lunga nota che abbiamo posto alla fine dell'articolo





«Una riunificazione con i cattolici non è immaginabile né auspicabile». Parola di Margot  Kässmann, pastora protestante, ex presidentessa del Consiglio delle Chiese luterane, nominata  «ambasciatrice» e volto dei luterani nel mondo in occasione dei cinquecento anni della riforma. Concetti espressi in un’intervista all’Ansa. Interessante perché, mentre da parte cattolica c’è grande enfasi sul «cammino per la costruzione dell’unità visibile» (per usare un’espressione che va per la maggiore), Frau Kässmann dice con molta chiarezza che è meglio restare separati.

Dopo aver spiegato che «Lutero fu l’uomo che pose le questioni giuste nel momento giusto, in una Chiesa che aveva bisogno di riforme», colei che la stampa ha ribattezzato la «papessa dei protestanti tedeschi» spiega che ci sono almeno tre questioni sostanziali che inevitabilmente dividono: il sacerdozio, il valore dell’eucaristia e la funzione del papa. Questioni che non si possono aggirare. D’altra parte, aggiunge, «trovo che una Chiesa unica sia noiosa. Nella diversità c’è creatività, pluralismo».

Il fatto che sia i cattolici sia i luterani, precisa la pastora Kässmann, abbiano il problema della fuga dei fedeli non è sufficiente per auspicare una riunificazione: «Neanche i partiti si uniscono per mancanza di tesserati. In Germania ci sono comunque 45 milioni di persone che appartengono a una Chiesa, oltre la metà della popolazione. Mantenere un profilo autonomo ha quindi ancora senso».

Domanda dell’intervistatrice Rosanna Pugliese: ma la novità rappresentata da papa Francesco, così attento all’ecumenismo da recarsi personalmente a Lund per pregare con i luterani, non riduce le distanze?

Risposta: «No. Il linguaggio e i gesti del papa costituiscono certamente un ritorno alle radici del messaggio cristiano, e su questioni sociali ed etiche, come la critica al capitalismo e l’accoglienza di migranti e profughi, Francesco si è mostrato molto deciso, ma ciò non significa che appoggerebbe un cambiamento a livello dogmatico».

Margot Kässmann non precisa ulteriormente che cosa pensi quando dice «a livello dogmatico». In precedenza ha però citato i tre punti che ritiene nodali (sacerdozio, eucaristia, funzione del papa) lasciando dunque intendere che lì la divisione non è aggirabile.

Ma non basta. Poco oltre, rispondendo a una domanda sul perché la Chiesa evangelica sia «decisamente più veloce nel modernizzarsi» rispetto alla Chiesa cattolica, la signora spiega con decisione: «La Chiesa cattolica intende ancora se stessa come una mediatrice della salvezza, per arrivare a Dio. Nella Chiesa evangelica non è così: noi non amministriamo la salvezza. La Chiesa è solo un’organizzazione per i cristiani. E questo rende i cambiamenti più veloci». Infine aggiunge: «Una Chiesa resta comunque vitale se annuncia in modo vivo e lieto il Vangelo, non se insegue qualche forma di modernità».

Evviva la sincerità, verrebbe da dire. Mentre da parte cattolica molti discorsi «ecumenicamente corretti» si segnalano per la loro ambiguità e fumosità, ecco una presa di posizione chiara. Punto primo: la riunificazione non è possibile per questioni dogmatiche ben precise. Punto secondo: la riunificazione non è auspicabile perché rappresenterebbe inevitabilmente un appiattimento. Punto terzo: la differenza tra Chiesa luterana e Chiesa cattolica è tale, ed è così intrinsecamente legata alle rispettive nature, da metterle su due piani completamente diversi. Da un lato c’è un’organizzazione di cristiani che non ha nulla da dire circa la salvezza, perché ritiene che la questione sia di esclusiva pertinenza dell’individuo e del suo rapporto con Dio. Dall’altro c’è invece una Chiesa che si pone come necessaria mediatrice tra la creature e il Creatore.

Nel corso dell’intervista la pastora esprime poi altri concetti. In questo nostro tempo, dice, «è la Chiesa che deve andare verso la gente, non più solo il contrario». In Germania, dove ci sono regioni in cui i fedeli si sono ridotti a circa il dieci per cento della popolazione, la sfida «è immane», sicché «occorre uscire dalle chiese, incontrare la gente per le strade e nelle piazze, e noi lo stiamo facendo, per esempio invitando le persone a chiacchierare, a prendere insieme un caffè».

Ma Lutero è ancora attuale in Germania? Sì, risponde. Nonostante la secolarizzazione, la cultura tedesca resta segnata dal luteranesimo. Infatti «del messaggio di Lutero sono cruciali ancora oggi alcuni aspetti: la traduzione della Bibbia, con la quale ha chiamato in vita la lingua tedesca; poi l’istruzione estesa a tutti (cosa che all’epoca fu davvero rivoluzionaria) e infine la dimensione etica nell’economia, perché Lutero voleva che si agisse in modo responsabile, con il lavoro, e questo segna ancora oggi il paese».

Da notare che l’attualità di Lutero, nel giudizio di Margot Kässmann, si pone tutta a livello culturale più che spirituale.

Qualche nota biografica aiuta a capire chi è Margot Kässmann e quale la sua tempra. Definita dalla stampa tedesca un incrocio tra Madre Teresa e Demi Moore (per via di una vaga somiglianza con l’attrice americana), è stata sposata per ventisei anni con un pastore protestante, Eckhard Kässmann, ma ha poi divorziato. Madre di quattro figlie, nel 2006 è stata colpita da un cancro al seno, ma lo ha affrontato e vinto. Classe 1958, teologa, autrice di numerosi libri, per dieci anni vescova luterana di Hannover, nel 1999 è stata eletta da venticinque milioni di fedeli delle Chiese riformate alla carica di presidentessa del Consiglio dei vescovi della Evangelische Kirche in Germania, ma nel febbraio del 2010 ha dato le dimissioni da tutti gli incarichi ecclesiastici dopo essere stata trovata ubriaca alla guida dell’auto di servizio, ad Hannover.

Disse in quell’occasione: «Ho commesso un grave errore, del quale sono profondissimamente pentita. Ma anche se me ne pento non posso e non voglio negare che sia l’incarico sia la mia autorità come vescova regionale e come presidente del consiglio risultano danneggiati. Il mio cuore mi dice inequivocabilmente: non posso rimanere nell’incarico con la necessaria autorità».

La vicenda ha fatto inevitabilmente scalpore, come era già successo in occasione del divorzio tra Margot e il marito Eckhard. In quel caso, mentre in Germania si sviluppava un dibattito sull’opportunità o meno delle dimissioni da parte della vescova Kässmann, lei si rivolse alle autorità della sua Chiesa rivendicando il diritto di continuare a svolgere le proprie funzioni pastorali. «Il fallimento del mio matrimonio – scrisse – non condiziona la mia vocazione al servizio della Chiesa. Intendo continuare a svolgere il compito affidatomi. Posso continuare a rappresentare un modello mantenendo un atteggiamento aperto, di trasparenza e autenticità». E in effetti le dimissioni non arrivarono, né le furono chieste.

Sono invece arrivate dopo l’episodio della guida in stato di ubriachezza, ma successivamente Margot Kässmann è stata comunque nominata «ambasciatrice» della Chiesa luterana nel mondo in occasione dei cinquecento anni dalla riforma. Ed è in questa veste che negli ultimi anni ha partecipato a numerosi incontri e ha dato diverse interviste.


Nostra nota




Apostati e senza Dio di tutto il mondo… unitevi!


di Belvecchio

Questo simpatico articolo del vaticanista Aldo Maria Valli, ci presenta simpaticamente uno degli aspetti ridicoli del moderno ecumenismo inventato dal Vaticano II e in cui il nostro simpatico Papa Francesco fa di tutto per eccellere.
Solo lui ha potuto intronizzare Lutero in Vaticano… ma, … c’è un ma!

Dalle parole a cui siamo abituati nel nostro sconquassato mondo cattolico moderno, sembrerebbe che in materia di ecumenismo saremmo ad una sorta di scambi di amorosi sensi, anche se diverse persone, e non solo noi, hanno l’impressione che si tratti di sensi “umorosi” più che “amorosi”. Troppo dissimili sono i soggetti interessati alla tresca.

Ebbene, questo articolo di Valli, oltre a confermare una cosa invero già vecchia, e cioè che Roma è ormai usa a prendere pesci in faccia dai suoi interlocutori ecumenici, sedicenti cristiani o altro, conferma che nella sostanza i protestanti non sono interessati a diventare amici e compagni di merenda dei romani modernisti che si piccano di chiamarsi ancora cattolici.

Questa signora tedesca, un po’ belloccia e un po’ divorziata, di cui ci parla Valli, oltre ad avanzare delle puntualizzazioni di tipo teologico e a richiamare argomenti socio-economici ormai stantii, esprime alcune considerazioni che si sembrano azzeccate e che ci sono sembrate tanto simpatiche da influenzare tutta questa nostra nota.

La prima è che le divisioni di tipo teologico, soprattutto per il dogmatismo cattolico inconcepibile e disprezzato dai protestanti, non sono superabili o ricomponibili, e quindi parlare di riunificazione è inimmaginabile e non auspicabile. Cosa che ci trova del tutto d’accordo, non solo perché l’unica riunificazione possibile è quella generata dal ritorno dei protestanti all’unica vera Chiesa di Cristo, la Chiesa cattolica, ma perché, inevitabilmente, se i protestanti si riunificassero, sia pure con i cattolici modernisti di Roma, vedrebbero venir meno la ragion d’essere del loro stesso titolo: contro chi protesterebbero da quel momento?

La seconda è che, pur morendo dalla voglia di differenziarsi e di rimanere differente, la signora parla la stessa lingua di Bergoglio, sostenendo che «trovo che una Chiesa unica sia noiosa. Nella diversità c’è creatività, pluralismo».
E qui si capisce come l’uomo moderno finisce sempre col rivelare tutta la sua povertà intellettuale ripetendo slogan di cui non comprende neanche il vero significato: poiché affermare che nella diversità c’e pluralismo, significa affermare che il plurale è l’insieme di tanti singolari, cosa fin troppo semplice per essere seria.
In realtà il plurale non necessariamente differenzia i singolari, anzi, spesso i plurali sono l’insieme di singolari simili tra loro, tanto da potersi parimenti indicare sia singolarmente sia pluralmente. Senza contare che la creatività non sta necessariamente nella diversità, poiché non basta essere in tanti per creare tanto o poco, anzi, spesso, più si è tanti, meno si è creativi; sicuramente molto meno creativi del singolo che ha del genio, dell’estro, della fantasia e della creatività, appunto. Perfino quando si parla di creatività di una collettività, di un popolo, lo si fa avendo in mente i singoli individui che esprimono tale creatività, al punto che si usa dire: «Un popolo di poeti, di artisti, di eroi - di santi, di pensatori, di scienziati - di navigatori, di trasmigratori», come si legge sulle quattro testate del Palazzo della Civiltà e del Lavoro dell’EUR a Roma.

La terza è che la signora, che ribatte l’importanza e l’attualità di Lutero, anche se sembra abbia in mente soprattutto la sua Germania, poi se ne viene fuori con il prurito moralistico delle sue dimissioni dagli incarichi ricoperti in seguito all’essere stata scoperta ubriaca alla guida dell’automobile. Cosa davvero strana, seppure tipica dell’ipocrisia moralistica protestante, perché proprio Lutero menava vanto della sua abitudine a ubriacarsi, fino a ritenersi un insuperabile bevitore. Evidentemente la signora non va poi tanto orgogliosa del suo supremo ispiratore.

Infine, pensiamo sia il caso di non tralasciare una considerazione un po’ più seria.
Dalle parole della signora protestante tedesca si capisce che la sua maggiore preoccupazione è perdere o sminuire il suo credo, da cui il suo rifiuto di una “riunificazione” con Roma. Ed in effetti, è lo stesso concetto di ecumenismo, moderno o vaticanosecondista che dir si voglia, che presume stoltamente una più o meno accentuata apostasia; al punto da costringere a considerare che il famoso “ut unum sint” abusato in ogni occasione dai papi conciliari, ha come presupposto e come fine l’unità degli apostati o, se si preferisce, l’unità di coloro che non hanno più un credo, l’unità dei senza Dio.
E a ben vedere non si tratta di una novità, né di qualcosa che stupisce, perché tale unità è già un fatto compiuto nel mondo profano: sia ad opera dei cosiddetti “liberi pensatori” e cioè degli atei di ogni latitudine, sia e soprattutto ad opera della massoneria, che è poi la vera ispiratrice dell’ecumenismo, come lo fu del Vaticano II.

Insomma, lungi dal rappresentare la strombazzata unità dei cristiani, l’ecumenismo non è altro che il mezzo per realizzare l’unità dei non-cristiani. E se lo stesso principio lo si applica al cosiddetto ecumenismo interreligioso, se ne ricava che anche qui, non si tratta dell’accordo tra le varie religioni, bensì dell’unione di quelli che hanno rinunciato alla propria religione e, per ciò stesso, ad ogni religione.
Se già la sola idea dell’accordo tra la vera religione di Cristo e le false religioni del mondo, è un’inaccettabile blasfemia, cosa di dovrà dire di questa istanza che mira ad azzerare ogni religione? Se non che si tratta di un interessato suggerimento del Demonio, il quale, ironia della sorte, stimola all’abbandono di ogni religione proprio in vista di instaurarne una sola sostitutiva: la sua?

In conclusione, ci troviamo nella ridicola situazione di dover riconoscere che la signora protestante tedesca, non solo ha ragione, ma aiuta ad intravedere anche al di là delle sue convinzioni personali: non solo l’ecumenismo è inaccettabile per l’apostasia che comporta, ma è primariamente condannabile per la valenza demoniaca che veicola e che può condurre solo nella geenna, dove ci sarà pianto e stridore di denti.

Cattolici moderni… accomodatevi!







novembre 2017
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