Come è potuto accadere ?


di Francesco Lamendola


Articolo pubblicato il 6 novembre 2017 sul sito Accademia Nuova Italia

Presentazione, impaginazione e neretti sono nostri



Presentazione

Salvare il seme !


Sulle riflessioni di Francesco Lamendola

A chi gli chiedeva cosa fare di fronte al declino inarrestabile della Chiesa Cattolica, Alessandro Gnocchi, dalle colonne della sua rubricaFuori Moda” (sul sito Riscossa Cristiana)  rispondeva “Salvare il seme!”,  affinché possa nuovamente germogliare in futuro e ridare rinnovato vigore alla Santa Madre Chiesa, quella Una, Santa, Cattolica, Apostolica,  all’infuori della quale non c’è salvezza (Extra Ecclesiae Nulla Salus).
Ebbene, a questo compito ben assolvono, a nostro avviso,  gli articoli del professor Francesco Lamendola, pubblicati su alcuni siti internet e da noi ripresi per offrirli alla considerazione dei lettori del nostro sito.
A noi sembra che dagli scritti di Lamendola  emergano chiaramente le cause della crisi che attanaglia la Chiesa di Cristo da oltre un cinquantennio, il suo attuale “motus in fine velocior”, nonché i disastri che si prospettano all’orizzonte nell’immediato futuro; e tutto questo accompagnato e sostenuto dalla retta dottrina bimillenaria della Chiesa, quel “depoisitum fidei” affidato da Nostro Signore Gesù Cristo ai suoi discepoli affinché lo custodissero gelosamente, senza stravolgerlo o manipolarlo, come fatto negli ultimi 50 anni, dando ad intendere che si trattasse solo di un “aggiornamento pastorale”.
In questi tempi di oscurità, se il clero, divenuto sale insipido, non fa più germogliare il seme, essendo divenuto relativista, sincretista, immanentista e antropocentrico, a volte perfino apostata, allora diventa inevitabile che spetti ai laici difendere l’ultimo bastione della cattolicità dagli assalti furiosi del dragone infernale (il pensiero qui corre al libro “L’ultima battaglia del diavolo”, del reverendo  Paul Kramer), e se possibile, con l’aiuto di Dio, assolvere l’arduo compito di “salvare il seme”.

Di fronte all’attuale, enorme sfacelo della Chiesa Cattolica, Lamendola si chiedeva, nel precedente articolo, “che fare”?, rispondendosi con l’invito a “pregare, pregare sempre,  senza stancarsi”.
In questo articolo, invece,  si pone un’altra domanda, non meno angosciante della precedente, chiedendosi come sia potuto accadere che in così brevissimo tempo (nell’ultimo cinquantennio, ma specialmente negli ultimi quattro anni) “l’auto-rottamazione della Chiesa, della sua  liturgia, della sua dottrina, della sua morale” abbia assunto una simile velocità.
Secondo Lamendola quest’inarrestabile declino della Chiesa dei nostri giorni è da attribuirsi principalmente a due diversi fattori: da un lato la mancanza di umiltà, cioè di timor di Dio, sia da parte dell’alto e del basso clero sia da parte dei laici; dall’altro la mancanza di cultura, cioè l’ignoranza delle basi stesse della nostra religione da parte dell’intero orbe cattolico, dovuta all’abbandono del sano Catechismo (vedasi quello di San Pio X), alla scomparsa dell’editoria cattolica (le librerie cattoliche non essendo ormai più tali) e della “buona stampa” (quotidiani, periodici, ed oggi anche i media audio televisivi), passata oramai completamente in mano a modernisti anticattolici.

 

FRF






Come cattolici, e anche come semplici osservatori dei fatti umani, siamo scioccati dalla rapidità e dalla apparente facilità con cui viene condotto il sistematico smantellamento della religione cattolica e quella che possiamo senz’altro definire l’auto-rottamazione della Chiesa, della sua liturgia, della sua dottrina, della sua morale.
Ci siamo sovente interrogati, e abbiamo svolto delle ricerche, sulle circostanze esterne ed interne, sull’infiltrazione della massoneria, ad esempio, o sulla penetrazione delle idee moderniste fra il clero, e specialmente l’alto clero, nonché nelle facoltà di teologia, fra gli studiosi, i biblisti, gli storici della religione (la storia essendo la disciplina che più si presta alla penetrazione del modernismo, dato che questo è una forma di storicismo: si pensi al caso di Ernesto Buonaiuti). Ci siamo anche domandati quanto peso abbiano avuto fattori, intrighi e condizionamenti di politica internazionale, manovre di società segrete e servizi segreti, dal B’Nai B’rith, alla C.I.A., alla infiltrazione di giovani comunisti al servizio dello spionaggio sovietico, nei seminari, per diffondere un marxismo velato nella pastorale cattolica. E infine abbiamo ricostruito come, mediante l’opera di personaggi come Annibale Bugnini, durante il Concilio Vaticano II, o di Carlo Maria Martini, negli anni successivi, la massoneria è giunta al controllo di posizioni decisive in seno alla Chiesa, e, forse, fino al soglio pontificio, avvalendoci anche delle ricerche di don Luigi Villa, secondo le quali fin dai tempi di Giovanni XXIII e soprattutto di Paolo VI, tale manovra è giunta a investire il vertice della Gerarchia.

E tutto questo, tuttavia, non basta. Anche dopo aver allineato tali fattori, e dipanato il filo rosso che parte dall’elezione di Giovanni XXIII e arriva fino a quella di Francesco, nel quale è evidente la presenza di un elemento non cattolico, e intrinsecamente o estrinsecamente anticattolico, resta un senso di insoddisfazione, di incompletezza.
Quel che vogliamo dire è che non basta allineare nomi, circostanze, fatti che hanno favorito, in maniera oggettiva o soggettiva, lo snaturamento della Chiesa e il suo graduale, ma costante e inesorabile allontanamento dalle proprie basi dottrinali e spirituali, per spiegare il fenomeno. Alla spiegazione manca ancora un elemento essenziale: perché qui stiamo parlando di un fenomeno che coinvolge qualcosa come un miliardo e mezzo di cattolici, anche se, per la maggior parte, si tratta di cattolici solo nominali. Pertanto, la diserzione o il tradimento dei generali non basta a spiegare lo sbandamento complessivo, anzi, la sistematica dissoluzione di un enorme esercito; specie se in quell’esercito vi erano, e vi sono, un numero non indifferente di anime ardenti di zelo, e non pochi santi. Senza contare la presenza invisibile, ma efficace, dello Spirito Santo, che fa della Chiesa una istituzione non solamente umana, ma divina, la cui base poggia sulla terra, ma la cui sommità tocca il Cielo.
Un esercito di quelle dimensioni, e di quella qualità, non si sbanda e non si disgrega solo perché una parte dei generali stanno facendo un gioco sporco, o sono addirittura passati al nemico, sebbene ciò costituisca, indubbiamente, un danno gravissimo. D’altra pare, bisogna considerare che, nonostante le apparenze in contrario, si tratta dell’esercito più democratico al mondo, nel quale perfino il più umile dei soldati semplici può diventare – e talvolta è accaduto – il generalissimo, rivelando doti di comando assolutamente impensate e riaccendendo il coraggio e la fede nelle stanche divisioni, che si sono riprese, dopo ogni cimento, con più forza di prima.
Non era forse, san Pio X, il figlio di un’umile famiglia di paese, un prete che aveva incominciato la sua carriera nella maniera più umile, da una qualsiasi parrocchia di una qualsiasi provincia del profondo Nord-est italiano? E poi quanti santi, quante sante, quanti martiri, sia nel clero secolare che in quello regolare e nel laicato: anche nell’età moderna e contemporanea, anche nel bel mezzo del processo di secolarizzazione, indomiti, impavidi, nonostante tutti i Bismarck e tutti i Kulturkampfen, le rivoluzioni, i massacri e tutto i il resto. Santa Bernadette Soubirous, San Giovanni Bosco, il santo Curato d’Ars, santa Teresa di Lisieux, san Massimiliano Kolbe, san Pio di Pietrelcina… potremmo continuare per pagine  e pagine.



I vertici della neo-chiesa gesuita “fai-da-te” al potere: di cattolico rimane solo il nome

Che cosa è mancato, dunque, in questo esercito, pur così numeroso e così magnificamente guidato e orientato in senso spirituale, da grandissime figure di uomini e donne che hanno saputo darsi tutto a Gesù Cristo e al suo Vangelo, mostrando agli altri la via da seguire, e come sia possibile che una persona qualsiasi, apparentemente priva di qualità, possa santificarsi e salire, ad uno ad uno, i gradini che separano la debolezza della carne dalla spiritualità perfetta? Secondo noi, sono mancate essenzialmente due cose: l’umiltà e la cultura.

L’umiltà, che in teologia si chiama anche timor di Dio, ed è uno dei Sette doni dello Spirito Santo. L’uomo moderno tende a perdere la fede, perché tutto, nella società e nella cultura moderne, congiura in tal senso. Non è destino, tuttavia, che la perda: se le basi sono solide, essa può conoscere un offuscamento, magari una fase di quiescenza, ma non verrà sradicata del tutto, e, simile a un germoglio miracoloso, tornerà a fiorire, forse quando meno lo si crede. Il problema, dunque, non è la tendenza alla perdita della fede, dovuta all’avanzare di una mentalità materialista, razionalista, edonista; il problema è sostanzialmente la mancanza di umiltà, cioè la superbia intellettuale.
L’uomo che conserva il timor di Dio, può sempre chiedere a Lui un aiuto alla propria fede vacillante; ma, per fare questo, bisogna essere umili. L’uomo moderno è diventato superbo: gli sembra che credere sia una cosa per bambini e per vecchiette; accogliere le verità del cristianesimo, l’Incarnazione e la Resurrezione di Cristo, la sua Presenza Reale nella santa Eucarestia, la realtà del Giudizio e della vita eterna, con l’inferno e il paradiso, tutto ciò gli sembra un oltraggio alla sua intelligenza, alla sua razionalità. In pratica, l’uomo moderno si vergogna di credere, perché gli sembra che, credendo, la sua ragione ne esca umiliata, e chiunque sia in diritto di prenderlo in giro e di sbeffeggiarlo, come colui che crede ancora alle favole. Il rimedio, ripetiamo, ci sarebbe, esattamente come esiste il rimedio per la tosse, o per i reumatismi, o per una frattura: basta avere l’umiltà di sottoporsi ad una cura.
La cura per l’indebolimento della fede e per la superbia della ragione, è l’umiltà.

Dovremmo ricordare quel che faceva uno dei più grandi pensatori del Medio Evo, San Tommaso d’Aquino: quando non trovava la risposta a una delle questioni teologiche che stava esaminando, posava la penna, andava in chiesa, abbracciava l’altare e pregava ardentemente Iddio gli aprire la sua mente e di concedergli la grazia di capire quel che, con la sola ragione umana, non arrivava a capire.
Se lo faceva San Tommaso, una delle più grandi menti filosofiche di tutti i tempi, possiamo ben farlo anche noi.
Il nostro problema non è che siamo diventati tropo intelligenti, o troppo razionali, ma che siamo diventati terribilmente superbi, e abbiamo sviluppato un’idea ristretta e meschina della ragione. La nostra ragione è la ragione illuminista, che pretende di capire tutto, riducendo, però, il mistero a problema, e cancellando le realtà invisibili dall’ambito del reale: troppo comodo. Le realtà invisibili formano il soprannaturale, e il soprannaturale è la parte permanente ed essenziale del reale; la parte visibile è quella transitoria e destinata a scomparire. Non è il nostro corpo fisico che sopravvivrà alla morte e affronterà il Giudizio, ma è la nostra parte spirituale, di cui farà parte un corpo glorioso, fatto di pura luce. Questo crede il cristiano, questo insegna la Chiesa.
Uomini veramente grandi, menti eccezionali, Pascal, Wiseman, Bloy, Claudel, Guitton, Guardini, sono stati capaci di fare il “salto” nella fede, senza perciò disprezzare la ragione, o pensare che la stavano umiliando; al contrario. Perché non dovremmo esserne capaci noi?

La cultura è meno importante dell’umiltà, tuttavia svolge anch’essa un ruolo notevole.
La mezza cultura porta a credere che la fede sia un anacronismo, un residuo del passato. Inoltre, accanto alla vera cultura teologica, vi è una falsa teologia, che diffonde una cultura arbitraria, approssimativa, pasticciata, inverosimile: e, purtroppo, questo è un male che ha colpito sia il clero, sia i fedeli.
Da quando si è smesso d’insegnare il catechismo seriamente, i cattolici crescono nell’ignoranza più grossolana: non sanno nulla, non hanno letto la Bibbia, hanno leggiucchiato, sì e no, il Vangelo, ma senza capire l’essenziale: e con questa infarinatura insufficiente, zoppicante, inadeguata, pretendono di saperne abbastanza per fabbricarsi un cattolicesimo secondo il loro gusto.
Ed ecco il prete che dal pulpito, la domenica, si mette a predicare cose assurde, pazzesche, non cattoliche, perché ha letto e mal digerito qualche libro di cattiva teologia, scritto da qualche sedicente teologo protestante, o semiprotestante, o semimarxista, e si mette a spargere il seme pestilenziale dell’eresia, senza nemmeno rendersene conto. Purtroppo il cattivo esempio viene dall’alto: quando si sente monsignor Galantino affermare che Dio ha risparmiato Sodoma e Gomorra; o monsignor Paglia dire che dobbiamo ispirarci alla vita di Marco Pannella; o il papa Francesco il quale dice che Lutero aveva ragione sulla predestinazione: quando si sentono simili cose uscire dalla bocca dei massimi esponenti della Chiesa, e il generale dei gesuiti dire che il diavolo non esiste, è chiaro che qualunque fedele si sente autorizzato a credere, del cattolicesimo, non ciò che è vero, ma quel che gli pare e piace, e a non credere in quel che non gli piace.
Non gli piace l’idea del peccato, del Giudizio, dell’infermo? Benissimo: non parliamone più; e tanti saluti.
Ecco la religione fai-da-te, che piace a tutti, come piace a tutti il clero che la predica, perché non c’è niente di più facile e popolare che insegnare una “religione” di questo genere, dove la trascendenza praticamente non esiste e Dio serve solo a coccolare e vezzeggiare l’uomo, senza domandargli nulla, senza ammonirlo su nulla.
Davanti agli spropositi e alla e bestemmie del clero modernista, nessuno ha reagito; siamo propensi a credere che la maggioranza dei cattolici non se ne sia neppure accorta. Dire che il diavolo non esiste, equivale a dire che il Vangelo è una favoletta, perché il Vangelo parla molto del diavolo, e ci mostra Gesù tentato dal diavolo; poi ce lo mostra impegnato a combatterlo, esorcizzando numerosi indemoniati.
Quindi, che un alto esponente della Chiesa abbia fatto un’affermazione del genere, è semplicemente inaudito. Avrebbe dovuto scatenarsi un putiferio: non è successo nulla. In alto, chi doveva intervenire e correggerlo, non si è fatto sentire; in basso, la massa dei fedeli pare non aver colto nulla di strano.
Questa è la prova, purtroppo, che neppure dicendo eresie e bestemmie, si viene riconosciuti e sanzionati come eretici e bestemmiatori; e dunque, che chiunque arrivi a ricoprire una responsabilità nella gerarchia, o anche “solo” una responsabilità sacerdotale, magari a livello parrocchiale, è praticamente libero di dire tutto quel che gli va, senza timore d’interventi o di controlli.

Lo stesso vale per la cosiddetta stampa cattolica, per l’editoria cattolica e per la radio e la televisione. Oggi si può andare in una libreria paolina e vedere, sugli scaffali, in bella mostra, libri di “teologi” che di cattolico non hanno niente; viceversa, può essere difficile, o impossibile, trovare i buoni vecchi libri di teologia cattolica, da San Tommaso a Cornelio Fabro, passando per Romano Amerio. Insomma, anche le librerie cattoliche sono diventate centrali di diffusione di un pensiero non cattolico, spacciato però come cattolico.
Imperversano i teologi “della liberazione”, i teologi  della “svolta antropologica”, quelli con spiccatissime simpatie luterane, quelli con simpatie giudaiche, o buddiste, e quelli con simpatie gnostiche e massoniche. Scarseggiano, o mancano del tutto, i veri teologi cattolici. Stesso discorso per gli scrittori, per gli psicologi, per i sociologi, per i filosofi, per i giornalisti.
Le maggiori testate “cattoliche”, sia quotidiane, sia periodiche, non sono più realmente cattoliche: sono diventate moderniste, semi-protestanti e decisamente relativiste. Dicono cose che nessun cattolico avrebbe osato dire, a voce alta, fino a una ventina d’anni fa: a cominciare dal papa, che gode a turbare i fedeli asserendo che Dio non è cattolico.
Dicono e scrivono quanto è bello l’amore omosessuale, e come l’aborto sia un peccato neanche tanto grave, perché, dopotutto, la donna che abortisce vive un dramma. È stata ferita, ha bisogno di comprensione, e poi bisogna considerare la situazione, usare il discernimento, tener conto della complessità, eccetera.
Tutta roba che viene dal sacco del modernismo e del relativismo: si vuol creare una cultura “religiosa” sincretista, che relativizza tutti i valori perché relativizza la Verità. Non c’è più la Verità, che è Gesù Cristo; ci sono le tante verità di questo e di quell’altro. Tutti insieme appassionatamente, insomma: una bella ammucchiata dove c’è posto per tutti, anche per gli atei, anche per i peggiori nemici della Chiesa, gli abortisti, i fautori dell’eutanasia e della droga libera; ma dove non c’è posto, guarda caso, solo e unicamente per i veri cattolici. Per quelli, no: la loro presenza non è gradita, nessuno li vuole.
Non possono nemmeno tenere delle conferenze contro il relativismo: ciò offenderebbe qualcuno. Così il vescovo di Modena, Erio Castellucci, ha ordinato a monsignor Antonio Livi, uno degli ultimi veri teologi cattolici, di annullare un incontro su quel tema. Con quale autorità? Con quella di papa Francesco: proibito creare divisioni, è consentita solo l‘inclusione. Così, la Chiesa deve includere l‘eresia e le dottrine anticattoliche, anzi, non le può nemmeno chiamare con il loro nome.

Abbiamo toccato il fondo. Potremo anche risalire? Forse, con l’aiuto di Dio. Purché ci liberiamo della superbia e dell’ignoranza, la zavorra che ci imprigiona nell’ego e che ci tira verso il basso…




novembre 2017
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