TRENTA RIGHE FUORI MODA


Parliamo di “buddanate”.
E di (in ordine alfabetico) Baggio, Bergoglio, Budda…


di Alessandro Gnocchi



Pubblicato sul sito Riscossa Cristiana
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
 
 
Le immagini e l'impaginazione sono nostre



Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti possono scrivere indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.


giovedì 14 dicembre 2017


In un giornale, “trenta righe”, sono come un sigaro toscano e una medaglia di cavaliere: non si negano a nessuno. Sono perfette per i primi balbettii di un praticante, per i funambolismi del vecchio cronista, per l’elzeviro del professore un po’ dandy e per l’editoriale del direttore. Dunque bastano anche a noi per dare un taglio veloce ed esaustivo a questa rubrica che commenta quanto accade dentro e fuori la Chiesa. Ma per favore, anche se la forma non è più quella della risposta alle vostre lettere, continuate a scrivere. Gli spunti migliori vengono sempre da voi.


Come si suole fare tra giornalisti perbene, prima i fatti e poi le opinioni. Ma, prima ancora, un titolo, o almeno un concetto, sotto il quale gustarsi quanto segue. Accordiamoci su “buddanate”. Non intese come termine enunciato da cittadino italiano di colore bianco affetto da raffreddore quando voglia definire in modo saporito delle solenni vaccate. Ma “buddanate” intese come effetti dell’infatuazione della ex chiesa cattolica per quel tesoro di spiritualità che sarebbe il buddismo. Dunque, “buddanate” intese come termine enunciato da un italiano bianco di sana e robusta costituzione spirituale e assolutamente libero da raffreddore.



Primo fatto. Una decina di giorni fa, un amico vicentino mi ha telefonato preso da sconforto dicendomi: “Non hai idea di cosa hanno fatto leggere a catechismo a mio figlio in preparazione alla Cresima. Te lo dico io perché da solo non ci arriveresti mai”. In effetti, da solo non ci sarei mai arrivato. “Gli hanno fatto leggere la Lettera ai giovani di Roberto Baggio”.

Ora, tutti sanno che Roberto Baggio è un calciatore famoso ai suoi tempi per il talento sportivo e poi per la sua conversione al buddismo. Tecnicamente, può dunque essere definito un ex fuoriclasse e un attuale apostata. La celebre Lettera ai giovani, letta nel 2013 dal Divin Codino sul palco del teatro Ariston durante il Festival di Sanremo, conteneva le seguenti parole chiave: passione (“non c’è vita senza passione e questa la potete cercare solo dentro di voi”), gioia (“quello che rende una vita riuscita è gioire di quello che si fa”), coraggio (“è fondamentale essere coraggiosi e imparare a vivere credendo in voi stessi”), successo (“se seguite gioia e passione, allora si può anche parlare anche del successo”), sacrificio (“lo sforzo e il duro lavoro costruiscono un ponte tra i sogni e la realtà”). E il pistolotto finale arrivava al suo culmine concludendo così: “Gli eroi quotidiani sono quelli che danno sempre il massimo nella vita ed è proprio questo che auguro a tutti voi ed ai miei figli”.

Insomma, un Angelus di Bergoglio, ma pensato da un fuoriclasse. Il quale, in un’intervista di Salvatore Giannella uscita nel settembre 2015 su Sette, supplemento settimanale del Corriere della Sera, spiegava chi è il suo eroe:
Il mio eroe è potente: di gioia e coraggio. È grande: di cuore e compassione. È ricco: di determinazione e passione. È un eroe moderno. Non è sui libri di storia poiché la storia di quest’ultimo secolo l’ha vissuta nella guerra, subendola. A 17 anni perse il fratello al fronte. Decise allora di dedicare la vita a sradicare le cause profonde della violenza tra gli esseri umani ed è diventato un protagonista del dialogo per la pace. Lui mi ha insegnato e incoraggiato a realizzare la mia ‘Rivoluzione umana’. Una rivoluzione interiore dove ho potuto individuare e trasformare tutto ciò che impediva la piena espressione delle mie capacità e potenzialità. Grazie al suo pensiero sono stato in grado, e continuo oggi a credere, che ogni individuo possiede uno stato vitale capace di dare alla propria vita positività e purezza. Il mio eroe mi ha insegnato, con il suo esempio di vita, che attraverso la nostra esistenza possiamo sperimentare che tutto ciò che ci sembra impossibile, in realtà è possibile. Grazie al mio eroe ho compreso che un’esperienza negativa o di sofferenza può trasformarsi in una grande occasione di crescita. Una crescita che può trasformare ognuno di noi in un eroe moderno, capace di offrire un contributo di valori orientati al dialogo, al rispetto, alla pace”.
Anche questo, un perfetto Angelus di Bergoglio, tanto più che l’eroe in questione è il maestro buddista Daisaku Ikeda.

Quando il mio povero amico ha chiesto spiegazioni a proposito di questa lettura, si è sentito dire che “Papa Francesco ha spiegato che buddismo e cristianesimo hanno gli stessi valori. E poi tutto questo serve per illustrare il dono del consiglio dello Spirito Santo”. Il quale, come tutti sanno, si esibisce regolarmente sul palcoscenico del Festival di Sanremo.
Fine del primo fatto.



Secondo fatto. Un lettore ha inviato a Riscossa Cristiana una brochure della “Chiesa di Padova” che ha per titolo “Incontri ecumenici e di dialogo interreligioso 2017-2018”. Qui non servono neanche le spiegazioni, basta il copia incolla della sezione intitolata “La via dello zen ed il vangelo cristiano”.
Leggere per credere, ma forse il termine da usare è un altro:

Gli incontri sono promossi da “Vangelo e Zen” – comunità di dialogo interreligioso e da “La Stella del Mattino” – comunità buddhista zen italiana. L’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso aderisce segnalando i corsi come introduzione ad una conoscenza esperienziale della spiritualità buddhista.
Primo lunedì del mese h 17.00-19.30: Introduzione e pratica dello zazen, studio di un testo religioso della tradizione buddhista “Dogen, Shobogenzo Bussho, La natura autentica”. Terzo lunedì del mese h 17.00-19.30: Pratica dello zazen. Riflessione sul Vangelo, Eucaristia. Gli incontri sono guidati da G. Burbello (primo lunedì) e da p. L. Mazzocchi, missionario saveriano, consigliere cristiano de “La Stella del mattino” e animatore dell’associazione “Vangelo e Zen” (terzo lunedì).

L’inizio degli incontri è previsto per lunedì 18 settembre. Pur raccomandando la partecipazione all’intero arco degli incontri (in modo da seguire in modo completo gli incontri dedicati allo studio del testo della tradizione buddhista), è tuttavia possibile inserirsi anche a percorso iniziato. Portare il vangelo e il necessario per lo zazen (cuscino-zafu o coperta plaid da ripiegare + stuoia o plaid da mettere per terra + calzini).
Fine del secondo fatto (e mi raccomando i calzini).




Terzo fatto. Durante il recente viaggio in Myanmar, Bergoglio ha tenuto a mostrare quanto cristianesimo e buddismo siano sullo stesso piano e rappresentino solo espressione diverse della stessa sensibilità.
E qui bisogna lasciare la parola a Repubblica, organo ufficiale della Laica Sede, che a proposito della visita al tempio buddista di Rangoon, il 29 novembre scriveva:
Papa Bergoglio ha citato significativamente per primo Buddha, che nel Dhammapada (XVII, 223) dice: “Sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, sconfiggi il malvagio con la bontà, sconfiggi l’avaro con la generosità, sconfiggi il menzognero con la verità”. Parole simili, ha detto, a quelle del santo di Assisi: “Signore, fammi strumento della tua pace. Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, […] dove ci sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia”.
Fine del terzo fatto.



Opinioni.
A questo punto, lascio volentieri la parola a G.K. Chesterton, il quale spiegò che “il buddismo non è un credo, ma un dubbio”. Nel suo San Francesco, lo scrittore inglese, proprio per dissipare le oscure nubi buddiste addensate sul santo di Assisi, scrive: “San Francesco (…) era proprio il contrario di quel genere di visionario orientale che è un mistico solo perché troppo scettico per essere un materialista”. E poi, nell’Uomo eterno, dice: “Il credo cristiano è soprattutto la filosofia della forma ed è nemico delle cose informi. Ecco dove differisce da tutte le altre infinite filosofie – manicheismo, Buddismo – che formano una specie di lago notturno nell’oscuro cuore dell’Asia: l’ideale della non creazione”. E, in Tommaso d’Aquino, G.K.C. è ancora più esplicito: “Quanto più apprezziamo il nobile rifiuto e la rinuncia di Budda, tanto più scorgiamo che intellettualmente era l’opposto della salvezza del mondo da parte di Cristo. Il cristiano fuggirebbe dal mondo nell’universo, il buddista desidera fuggire dall’universo ancor più che dal mondo. Il buddista vorrebbe annientarsi, il cristiano vuole tornare alla sua Creazione, al suo Creatore. (…) E colui che non scalerà la montagna di Cristo precipiterà nell’abisso di Budda”.
Fine delle opinioni.


Padre Sosa è ufficialmente il primo Superiore dei Gesuiti col battesimo buddista

Conclusione. Questi signori che vogliono trascinare le anime e il mondo nell’abisso di Budda non sono “pastori che sbagliano”. Lo sanno bene quello che fanno e bisogna avere il coraggio di chiamarli con il loro nome: sono lupi, a cominciare dal capobranco.


Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo





 



dicembre 2017
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