Le candelore alla festa di Sant'Agata

a Catania



Le candelore, o cerei di Sant’Agata, sono grosse costruzioni in legno riccamente scolpite e dorate, raffiguranti scene del martirio di Sant’Agata.

La vicinanza tra la festa delle candele - la Candelora - per la Purificazione della Beata Vergine Maria, ricorrente il 2 febbraio e istituita da Papa Gelasio nel 492, e la festa di Sant’Agata, Patrona di Catania, ricorrente il 5 febbraio, ha fatto sì che da tempo immemorabile la città etnea iniziasse la festa per la Santa Patrona con l’offerta dei ceri votivi.
Da qui l’uso di approntare dei grandi ceri che vengono accesi in onore di Sant'Agata e portati in processione insieme al fercolo con il busto della Santa, che percorre tutta la città nei giorni 4 e 5 febbraio.





I ceri, soprattutto legati ad un voto fatto dai devoti, vengono da questi portati a spalla e spesso superano i 50 chili, con punte di oltre cento chili.

Le candelore sono rappresentative di quest’uso dell’offerta dei ceri alla Santa Patrona, e da tempo immemorabile sono state approntate dalle diverse corporazioni cittadine di arti e mestieri, che hanno arricchito il cero centrale con tutt'intorno delle sculture in legno, in parte solo decorative e in parte raffiguranti scene del martirio di Sant’Agata,




il tutto completato da fiori e da luci, così da costituire un complesso che raggiunge fino a sei metri di altezza con un peso che varia dai 400 ai 900 chili.





Candelora di Mons. Ventimiglia (la più piccola)


Le candelore vengono portate a spalla da gruppi che vanno da 4 a 12 portantini (la cosiddetta ciumma).
L’antica tradizione marinara della città di Catania, ha usato nella costruzione delle candelore una parte dei segreti delle aste di legno durissimo e dei legamenti tramite corde intrecciate secondo precise regole, che permettono il collegamento sicuro delle aste con complessi bilanciamenti e snodi.

Due aste attraversano la candelora in senso longitudinale da davanti a dietro, ad esse sono collegate due aste trasversali, una davanti e una dietro la candelora, collegate a snodo con le prime due.




Un particolare marinaro legato al trasporto delle merci da sbarcare dalle navi, è adottato dai portantini che si caricano delle aste trasversali con cui sollevano la candelora, tramite un sacco appositamente sagomato - detto: vaddedda - che si stringe sulla testa e su cui viene scaricato il peso tra la testa e il collo.




Candelora dei Panettieri (la più grande)



Nel tempo il numero delle candelore è variato e vi sono state anche 28 candelore, oggi ne sono rimaste 12, dalla più piccola - portata da 4 persone -, fatta costruire nel 1776 da Mons. Ventimiglia come voto per la fermata dell’eruzione dell’Etna avvenuta dopo una processione con la mammella e il velo di Sant’Agata; fino alla più grande, quella dei panettieri, che viene portata da 12 persone, con due ordini di aste trasversali davanti e dietro.

Le candelore incominciano il giro della città il 2 febbraio, giorno della Candelora, ma non è insolito vederle in giro anche prima, su sollecitazione delle stesse corporazioni.

Il giorno 3 febbraio, il mattino, le candelore aprono la processione per l’offerta dei ceri, a cui partecipano, tra due ali di folla, religiosi, chierici, ordini cavallereschi, confraternite e autorità cittadine civili e militari. La sera tardi, si radunano tutte nella piazza del Duomo e aspettano l’arrivo dei devoti che giungono da tutti i paesi del catanese per rendere il primo omaggio a Sant’Agata, che viene effettuato con un concerto e uno spettacolo di fuochi pirotecnici, che si protraggono fino a notte.

Ogni anno, la Festa di Sant'Agata richiama in città più di un milione di persone provenienti dalla Sicilia, dall'Italia e da diverse altre parti del mondo: il culto della Vergine e Martire Sant'Agata è presente in tutti i paesi cristiani: sono molte le chiese in Occidente e nell'Asia Minore intitolate a Sant'Agata e in tante di esse si conservano delle particolari reliquie della Santa Vergine catanese.
L'afflusso di persone, in gran parte motivate dalla devozione religiosa, insieme alla corale partecipazione degli abitanti del catanese, fa della Festa di Sant'Agata una delle più grandi feste popolari della Cristianità.

Il 4 febbraio hanno inizio i festeggiamenti con la Santa Patrona condotta in processione nella parte esterna della città vecchia. Le porte della cappella che custodisce il busto della Santa e lo scrigno col reliquiario vengono aperte verso le 4 e 30 del mattino per permettere la celebrazione della S. Messa dell'aurora col busto di Sant’Agata che, accompagnato dai devoti, viene collocato sull’Altare Maggiore (vedi il filmato). Per i devoti è questa l'occasione per cantare l'inno a Sant'Agata, come faranno alla fine della Messa, quando il busto della Santa Patrona verrà portato all'esterno della Cattedrale e collocato sul fercolo.

Le candelore aspettano sulla piazza che il busto di Sant'Agata e il reliquiario vengano collocati nel fercolo, per poi dare inizio alla processione, che si svolgerà nei due giorni (il 4 e il 5), durante i quali precederanno sempre l'arrivo del fercolo.

Uno dei primi posti rilevanti dove passa il fercolo è la “salita dei Cappuccini” [vedi filmato], che porta alla chiesa di “Sant'Agata al Carcere”, alla chiesa di San Domenico e alla Chiesa di “Sant'Agata la Vetere”, la prima Cattedrale della città, dove il fercolo sosta per un certo tempo.
La sera del giorno 5, prima di rientrare in cattedrale, il fercolo transita per via Sangiuliano e per via Crociferi. Partendo da via Etnea il fercolo si avvia per la parte di via Sangiuliano che è in forte salita - la cosiddetta “Salita di Sangiuliano” [vedi filmato] -. Si tratta di uno dei momenti rilevanti della festa, atteso con fervore dai Catanesi e soprattutto dai devoti di Sant'Agata che, indossando il cosiddetto “sacco” bianco, tráinano e accompagnano la “Santuzza” per tutta le festa. 





Il fercolo, in oro e argento, a forma rettangolare, con sei colonne e una cupola, ospita il busto di Sant’Agata in argento massiccio, contenente all’interno del busto la cassa toracica della Santa e all’interno della testa, scoperchiabile, il teschio della Santa, sormontato da una corona donata dal Re Riccardo Cuor di Leone in occasione delle Terza Crociata (1189-1192).

Dietro il busto viene collocato lo scrigno reliquiario, anch’esso in argento.





Sul fercolo prendono posto, in piedi, un canonico della Cattedrale e diversi componenti del Circolo di Sant’Agata che regolano la marcia del fercolo e raccolgono ed ordinano sulla parte posteriore dello stesso i ceri che vengono offerti dai devoti lungo il passaggio della Santa.



Il fercolo, montato su cilindri d’acciaio ricoperti di gomma piena, viene mosso a braccia dai devoti, tramite due gomene (cordoni) lunghe oltre settanta metri e fino a centoventi metri. Le due gomene vengono tirate dai devoti e rimangono abbastanza tese sia per il loro peso sia perché sono mantenute in tensione da due gruppi di devoti che le tirano in punta con una doppia serie di funi dotate di maniglie.




Il 5 febbraio, il fercolo percorre la parte più interna della città e in genere ritorna in Cattedrale il 6 mattina, dopo aver sostato, tra gli altri posti, nella strada (via dei Crociferi) che ospita da secoli chiese, monasteri e sedi di ordini religiosi e che sbocca in una piazza dove si trova la chiesa dedicata alla Vergine Maria Immacolata, compatrona della città di Catania.

A metà della via Crociferi il fercolo sosta e riceve l’omaggio delle Benedettine di clausura che, da dietro le sbarre, cantano un inno alla Santa Patrona. In questa occasione c'è uno scambio di fiori tra le Benedettine e il fercolo: un mazzo di fiori va dalle suore al fercolo, un altro mazzo va dal fercolo alle suore, che lo conserveranno con la massima cura e devozione.




Via Crociferi - Sosta al convento delle Benedettine di clausura
(video e audio del canto delle Benedettine)

Nei giorni dei festeggiamenti, i devoti di Sant’Agata, che abbiano fatto un voto o no, indossano un saio (sacco) bianco stretto alla vita con un cordone bianco, un copricapo (scuzzetta) di velluto nero, un paio di guanti bianchi e portano in mano un fazzoletto bianco plissettato che agitano in onore della Santa Patrona in segno di giubilo, al grido di “viva Sant’Aita”.

Il saio bianco è derivato dall'antica tunica lunga fino al ginocchio che i devoti indossavano seminudi e a piedi scalzi in segno di penitenza.

Sono loro che trainano il fercolo tirando le gomene (i due cordoni) e dandosi il cambio in continuazione.








INNO A SANT'AGATA

(audio con testo a fronte e
video della cerimonia iniziale del 4 febbraio all'alba)


Inneggiamo alla Martire invitta
Rifulgente di luce divina
Inneggiamo alla grande Eroina
Presso l'ara cosparsa di fior

Anelante di palpiti sacri
Si diffonda la gioia nel cielo
Ed all'ombra del mistico velo
Sorga l'inno festoso dei cuor

    Tu che splendi in paradiso
    Coronata di vittoria
    O Sant'Agata la gloria
    Per noi prega, prega di lassù (bis)

Esultante nei duri tormenti
Luminosa nel carcere oscuro
Ella affronta con animo puro
Le minacce di un uomo crudel

Non ascolta le vane lusinghe
Le promesse di un sogno radioso
Vince il fuoco e del cielo armonioso
L'innamora l'Eterno Splendor

    Tu che splendi in paradiso
    Coronata di vittoria
    O Sant'Agata la gloria
    Per noi prega, prega di lassù (bis)

Per i secoli vola il Suo nome
E risuona pei monti e sul mare
Circonfuso di sole è l'altare
Il suo corpo conserva fedel

Su! leviam cittadini l'evviva
Al valor centenario possente
Di Colei che pregava morente
Il Signore della vita immortal

    Tu che splendi in paradiso
    Coronata di vittoria
    O Sant'Agata la gloria
    Per noi prega, prega di lassù (bis)

(A. Corsaro - L. Licciardello)



febbraio 2018
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