NOTIZIA

L’Amoris laetita in Emilia Romagna

  





Sulla scia di quanto accaduto in questi ultimi anni intorno all’esortazione apostolica Amoris laetitia, anche i vescovi dell’Emilia Romagna sono giunti alla determinazione che bisognava presentare ai fedeli chierici e laici delle “indicazioni” su come applicare pastoralmente le direttive esposte dal Papa in questo documento.

La diatriba sorta intorno a tale documento ed al suo vero contenuto e significato è nota a tutti ed è tale che tutto si può dire, finora, tranne che si sia fatta chiarezza sui punti controversi, segnalati da più parti come in contraddizione con l’insegnamento della Chiesa poggiante sull’insegnamento di Nostro Signore.
In Emilia Romagna è ancora vivo il ricordo del Card. Carlo Caffarra, morto il 6 settembre 2017, come firmatario dei dubia circa l’ortodossia del documento papale. I dubia sono rimasti tali e dei quattro cardinali firmatari, due sono morti (Caffarra e Meisner), e gli altri due aspettano ancora una risposta.
Nel frattempo il Papa ha fatto pubblicare sugli Acta apostolica sedis, fascicolo 10/2016, come “magistero autentico”, la sua risposta alle direttive dei vescovi argentini circa l’esatta interpretazione dei contenuti di Amoris Laetitia, e in tale risposta egli afferma che
«Lo scritto è molto buono e spiega in modo esauriente l'VIII Capitolo dell'Amoris laetitia. Non sono possibili altre interpretazioni.».

Sulla base di queste premesse, in data 15 gennaio 2018, è stato reso noto dai vescovi dell’Emilia Romana un documento intitolato “Indicazioni sul capitolo VIII dell'Amoris Laetitia -  Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave.”.
Tale documento manifesta l’allineamento dei vescovi alle direttive del Papa, e come tale non desta alcuna meraviglia, nonostante il tutto lasci non poco a desiderare circa la rispondenza con gli insegnamenti del Vangelo e della conseguente dottrina della Chiesa.

Al di là dell’ordinaria accettazione del documento, più o meno implicita in tante parrocchie, diversi fedeli dell’Emilia Romagna hanno espresse manifeste riserve sul suo contenuto e sul fatto che esso venga presentato come il frutto dell’accordo unanime di tutti i vescovi.

Sono state presentate molte istanze ufficiose per comprendere il senso di questa iniziativa, ma le risposte sono state evasive e comunque insufficienti; così, due coniugi emiliani, hanno ritenuto necessario proporre una petizione, perché siano rese note almeno le firme dei vescovi, convinti che la mancanza di questo dato nasconda un forte dissenso in seno ai presuli della regione ecclesiastica interessata, dissenso che, pur essendo solo supposto – per adesso -, mette in forte disagio tutti i fedeli della regione.

Noi segnaliamo qui l’iniziativa e invitiamo i fedeli a sostenerla, se non altro per amore della chiarezza, memori del comando del Signore: « il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Mt. 5, 37).

Di seguito riportiamo, con i relativi collegamenti:

-    il testo del documento dei vescovi dell’Emilia Romagna

-    il testo della petizione

-    una breve sintesi dei passi controversi, con le nostre chiose

-    l’elenco dei vescovi dell’Emilia Romagna



DOCUMENTO
(tratto dal sito della Diocesi di Imola)


Indicazioni sul capitolo VIII dell'Amoris Laetitia  
Accompagnare, discernere, integrare le tre parole chiave.

Noi vescovi delle Chiese locali dell’Emilia Romagna rendiamo grazie al Signore per il recente percorso sinodale sulla famiglia raccolto nell’esortazione Amoris Laetitia (AL) che papa Francesco ha offerto a tutta la Chiesa e desideriamo esprimere la nostra profonda gratitudine e vicinanza a tutte le famiglie: a quanti, sentendosi chiamati, si stanno preparando a celebrare il loro matrimonio; alle famiglie che ogni giorno lo vivono nella fedeltà; a quanti sono in condizioni difficili per le avverse condizioni economiche, per la perdita del lavoro, per disgrazie e lutti; a chi patisce le ferite della lacerazione e della separazione; a chi vive situazioni «di fragilità e di imperfezione» (AL 296).

1. La bellezza del matrimonio cristiano, via di santità

Intendiamo in primo luogo riaffermare la bellezza e intangibilità del matrimonio sacramentale, via di santità proclamata costantemente dal magistero e ribadita da papa Francesco. Infatti «come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro» (AL 35). Ribadiamo che è possibile vivere il matrimonio in pienezza con l’aiuto della grazia sacramentale, della preghiera e della cura pastorale. Siamo riconoscenti alle famiglie cristiane che testimoniano l’amore sponsale e a quanti rimangono fedeli al matrimonio, nonostante le separazioni, talvolta in modo eroico.

2. La «via caritatis»


Sulla via rilanciata da AL si sviluppa l'impegno di noi vescovi insieme alle nostre Chiese locali. E proprio su questa via intendiamo offrire percorsi e opportunità di discernimento alla comunità cristiana, per la riscoperta e l’annuncio del vangelo del matrimonio, per la crescita dell’amore degli sposi e per l’accompagnamento dei giovani al matrimonio; a chi opera con e per le famiglie – presbiteri, sposi, persone consacrate, laici, esperti – e, in forma particolare, a quanti chiedono di essere accolti e accompagnati a discernere e integrare la loro condizione familiare di separati e divorziati risposati o divorziati conviventi. Questa è la «via caritatis» (AL 306) che vogliamo percorrere insieme. Il nostro atteggiamento aiuterà tanti a mettersi in questione e a fare una nuova scoperta dell’amore di Dio nella propria situazione. Con questo intento ci riferiamo ora al cap. VIII di AL, per una sua piena recezione nella nostra Regione.

3. Per un cammino di carità e verità


Alcune persone – anche sollecitate dalla pubblicazione di AL – si rivolgono alla Chiesa presentando la loro condizione di divorziati risposati o divorziati conviventi: interrogandola sul grado della loro appartenenza alla comunità, sulla loro idoneità ad assumere il compito di padrini o madrine, sulla possibilità di essere riammessi alla comunione eucaristica. Ringraziamo il Signore per questi incontri, consapevoli che l’intera comunità cristiana è chiamata a maturare un cammino di accoglienza, coniugando carità e verità, senza scadere nei facili estremismi di un lassismo che legittimi ogni situazione e di un rigorismo che condanni le persone. Per questo ci sembra importante indicare gli elementi essenziali sui quali le nostre Chiese locali possano delineare dei percorsi che si concretizzino in proposte diocesane, vicariali o parrocchiali e siano di aiuto al discernimento proposto da sacerdoti e operatori pastorali nelle singole situazioni.

4. L'accoglienza iniziale


È indispensabile prima di tutto che i singoli e le coppie che chiedono aiuto alla Chiesa incontrino persone capaci di accoglienza: i sacerdoti, i consacrati, altre coppie oppure esperti disponibili. Il primo contatto può avvenire attraverso strade diverse e anche occasionali, ma è certamente essere utile disporre in ogni diocesi la possibilità di inviare i richiedenti ad una équipe di persone preparate e incaricate dal vescovo per questo percorso, in stretta collaborazione con l’ufficio diocesano per la famiglia e con il Tribunale ecclesiastico. La varietà delle situazioni è talmente ampia, che non si può immaginare un percorso iniziale uguale per tutti e nemmeno ipotizzare una casistica dettagliata. È bene chiarire fin dall’inizio del percorso che l’obiettivo del cammino non è di per sé quello di riammettere i richiedenti all'assoluzione sacramentale e quindi alla comunione eucaristica e che non vi sono tempistiche prestabilite o prove da superare. È un percorso, non un corso. L’obiettivo è invece quello di illuminare la coscienza delle persone, per aiutarle a farsi un retto giudizio circa la loro situazione. «Si tratta di un itinerario di accompagnamento e di discernimento che orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio» (AL 300).

5. Criteri di verifica per il cammino


Da AL 298-300 possiamo ricavare alcuni criteri sui quali compiere il discernimento per giungere a una coscienza illuminata.
Alcuni riguardano la prima unione, quella sacramentale: 1) gli sforzi per salvare il matrimonio; 2) la responsabilità nella separazione (voluta oppure subìta); 3) la certezza soggettiva "in coscienza" che il primo matrimonio è nullo; 4) la possibilità o meno di sanare la separazione; 5) il comportamento verso i figli quando l'unione è entrata in crisi; 6) gli eventuali tentativi di riconciliazione; 7) l'interesse per la situazione del partner abbandonato.
Altri criteri riguardano la seconda unione: 1) il consolidamento nel tempo; 2) la presenza di figli e il loro bene; 3) la dedizione; 4) l'impegno cristiano; 5) la consapevolezza dell'irregolarità della propria situazione; 6) la possibilità o meno di tornare indietro senza cadere in nuove colpe; 7) l'impatto della nuova relazione sul resto della famiglia, sulla comunità dei fedeli e sui giovani orientati al matrimonio.

6. La verifica canonica e l'accompagnamento consultoriale


Chi tiene i primi contatti cercherà di valutare l’esistenza effettiva del vincolo matrimoniale. Dove possibile, le persone richiedenti saranno indirizzate al Tribunale ecclesiastico, le cui procedure sono state riformate e semplificate da papa Francesco nel documento Mitis Iudex Dominus Iesus (15 agosto 2015), per verificare le possibilità e le condizioni di un cammino di riconoscimento della nullità del precedente matrimonio. Sarà poi utile, da parte di coloro che accompagnano i richiedenti, consigliare un percorso in un Consultorio familiare di ispirazione cristiana, soprattutto nel caso in cui sussistano risentimenti nei confronti del primo coniuge o qualora le ferite affettive, inevitabilmente legate all’esperienza della separazione, si mostrino ancora aperte e influiscano sulla nuova unione. Il rasserenamento nei confronti del coniuge dal quale ci si è separati è necessario anche per poter compiere un cammino autentico di conversione e di penitenza.

7. Percorso personale con un sacerdote


Il cammino dovrà incrociare costantemente la parola di Dio, cioè il Vangelo proclamato e vissuto nella Chiesa. A questo scopo è necessario che le persone in cammino siano accompagnate da un sacerdote, che periodicamente li aiuti a confrontarsi con la persona e l’insegnamento di Gesù, “volto della misericordia” del Padre, che chiama a percorrere la via stretta dell’amore.«Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere» (AL 300). Ogni sacerdote, ogni confessore, può accostare e accompagnare le coppie e le persone che si rivolgono a lui, ricordando che non agisce mai “in proprio”, ma sempre con la Chiesa e nella Chiesa e può egli stesso rimandare le persone richiedenti ad altri confratelli; vi sono infatti situazioni che possono richiedere al sacerdote più tempo a disposizione e maggiori conoscenze e a volte vi sono da parte dei fedeli esigenze di riservatezza e di maggiore facilità nel dialogo con alcuni rispetto ad altri.

8. Percorso comunitario e con una équipe

E’ auspicabile che si rendano accessibili dei gruppi dove il confronto con la parola di Dio possa avvenire nella comunicazione reciproca tra i partecipanti; la dinamica di gruppo permette di far circolare esperienze e di arricchirsi a vicenda, mettendo a confronto con il Vangelo i propri percorsi di vita. Molti gruppi esistono e operano già con frutto nelle nostre comunità, coinvolgendo anche persone, coppie e famiglie ferite dalla separazione. è comunque opportuno preparare nelle diocesi, come sopra accennato, anche équipes di presbiteri, consacrati, laici e coppie-guida che siano disponibili - sotto la cura diretta o indiretta del vescovo - a questo servizio specializzato, senza che questo possa sostituire l'accompagnamento personale da parte di un sacerdote.

9. Il discernimento sui rapporti coniugali


La possibilità di vivere da “fratello e sorella” per potere accedere alla confessione e alla comunione eucaristica è contemplata dall’AL alla nota 329. Questo insegnamento, che la Chiesa da sempre ha indicato e che è stato confermato nel magistero da Familiaris Consortio 84, deve essere presentata con prudenza, nel contesto di un cammino educativo finalizzato al riconoscimento della vocazione del corpo e del valore della castità nei diversi stati di vita. Questa scelta non è considerata l'unica possibile, in quanto la nuova unione e quindi anche il bene dei figli potrebbero essere messi a rischio in mancanza degli atti coniugali. È delicata materia di quel discernimento in “foro interno” di cui AL tratta al n. 300.

10. Un servizio comunitario


Non potrà mancare, almeno ad un certo punto del percorso, l’esperienza di un servizio nell’ambito di una comunità cristiana. Si potranno proporre servizi connessi alle attività caritative ed assistenziali, all’animazione oratoriale e sportiva, al canto e alla musica e così via. Questo impegno fa crescere sia coloro che lo assumono, sia la comunità cristiana; i primi potranno sperimentare la vita concreta di una comunità, con le sue ricchezze e i suoi limiti, e questa a sua volta si renderà conto che alcuni fratelli e sorelle stanno percorrendo un cammino di pieno reinserimento al suo interno, sensibilizzandosi alla loro condizione e favorendo anche la preghiera per loro.

11. Significato dell'eventuale riammissione ai sacramenti


Nel caso in cui il percorso sfoci nella richiesta di riammissione ai sacramenti, sarà opportuno stabilirne le modalità, per evitare da una parte situazioni conflittuali e scandali e dall’altra la sensazione che la riammissione rappresenti una questione privata e una sorta di “eccezione” concessa ad alcuni (cf. AL 300). In ogni caso, è opportuno che la comunità nella quale i richiedenti si sono riaffacciati e hanno svolto un servizio, partecipi in qualche misura alla loro piena reintegrazione.

12. Gratitudine alle famiglie, ai presbiteri, ai consacrati


La vita delle famiglie sta a cuore alla Chiesa e a noi vescovi che, grati per la famiglia nella quale siamo stati generati ed educati, vogliamo procedere insieme con commossa vicinanza e umile premura a tutte le famiglie, in modo particolare a chi vive con fatica, sente il dolore delle ferite e chiede sostegno per rinnovare fedeltà e speranza. Vogliamo esprimere la nostra gratitudine anche ai presbiteri, ai consacrati e a tutti coloro che camminano con le famiglie e ne accompagnano i momenti gioiosi e faticosi. La famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria ci indichi la strada e ci accompagni.

I Vescovi dell'Emilia Romagna
Bologna, 15 gennaio 2018


  
Cari Vescovi dell'Emilia Romagna, siete davvero tutti d'accordo sul cap. 8 di Amoris Laetitia?

Eccellenze reverendissime, carissimi nostri Vescovi,


siamo dei fedeli dimoranti in Emilia-Romagna; siamo quindi parte, come dice San Paolo, della lettera scritta nei vostri cuori; ai vostri cuori di padre vogliamo rivolgere il nostro accorato appello.

Vi chiediamo di ritirare il vostro ultimo documento circa l’applicazione del capitolo ottavo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia.

Vediamo infatti in esso delle indicazioni che ci sembrano contrarie alla fede e al costante magistero della Chiesa.

In particolare riteniamo non corretto usare il termine atti coniugali per indicare dei rapporti adulterini. Il magistero infatti usa questo termine soltanto a proposito degli atti propri degli sposi.

Riteniamo assurdo ipotizzare che un peccato, pur commesso saltuariamente, possa rafforzare l’amicizia tra due persone non sposate che si trovano a dover vivere insieme in vista dell’educazione dei figli avuti fuori dal matrimonio o precedentemente la nuova unione.

Riteniamo assolutamente contrario alla morale naturale e alla fede cattolica soltanto pensare che attraverso un peccato si possa ottenere un bene.

Siamo all’inizio della Quaresima e vediamo che Gesù viene tentato dal diavolo: le proposte di quest’ultimo sono tutte e tre alternative alla croce. Ma Gesù caccia il demonio: nessuna alternativa alla croce, anche se sarebbe stato più facile salvare il mondo con altre soluzioni.

Inoltre non possiamo credere che non ci sia stato nessuno di voi che non abbia dissentito dal documento, eventualmente non firmandolo.

Il prezioso magistero e l’esempio del cardinale Caffarra non può essere andato perduto, a pochi mesi dalla sua morte. Non può scadere Veritatis splendor, non può essere abbandonato il Catechismo.
Pertanto chiediamo che siano resi pubblici i verbali con tutte le firme; nel caso non sia possibile produrre tale documentazione, il documento non può essere attribuito a tutti i Vescovi dell’Emilia Romagna.

E se anche voi Vescovi della regione non siete tutti concordi sull’interpretazione del capitolo VIII, come potete proporre a parroci e fedeli soluzioni contrarie al magistero costante della Chiesa?

Siamo convinti che molti di voi, qualche anno fa, se un sacerdote vi avesse esposto durante l’esame per la confessione, le tesi che ora proponente, lo avreste rimproverato.

E siamo convinti che, nel caso qualche Vescovo, pur non nascondendo le sue perplessità, non abbia avuto, in occasione della riunione in cui il documento è stato steso, la forza e la grinta per dissociarsi energicamente, la Madonna presto gliela concederà. E assicuriamo loro la nostra preghiera.

Manuel Cellai e Milena Frullani, sposi. Reggio Emilia.


Breve sintesi
con le nostre chiose


Dopo aver riaffermato l’“intangibilità” del matrimonio sacramentale, il documento parla di «via caritatis», in particolare nei confronti di “quanti chiedono di essere accolti e accompagnati a discernere e integrare la loro condizione familiare di separati e divorziati risposati o divorziati conviventi.” (n° 2); e questo sulla base del fatto che “l’intera comunità cristiana è chiamata a maturare un cammino di accoglienza, coniugando carità e verità, senza scadere nei facili estremismi di un lassismo che legittimi ogni situazione e di un rigorismo che condanni le persone.” (n° 3)

Chiosa: L’affermazione sembra esprimere moderazione ed equilibrio, ma in definitiva usa una terminologia che veicola concetti contrari al Vangelo.
Non si può mettere sullo stesso piano del “facile estremismo” la legittimazione delle situazioni moralmente condannabili e la condanna degli stessi. Questo dare “un colpo al cerchio ed uno alla botte” stride con l’insegnamento di Nostro Signore, di cui ci limitiamo a ricordare, uno per tutti, il rigore e non il “rigorismo” del Suo insegnamento circa l’adulterio: «chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.» (Mt. 5, 27).

Tale cammino, dice il documento, comprende il “discernimento”, circa la “prima unione”, sulla “certezza soggettiva ‘in coscienza’ che il primo matrimonio è nullo” (n° 5).

Chiosa: Tale avallo della “certezza soggettiva” fondata sulla altrettanto soggettiva coscienza, demolisce di un sol colpo l’oggettività dell’insegnamento divino e introduce l’idea distruttiva che si possa avere “certezza” morale sulla base del giudizio personale di ognuno… siamo addirittura oltre il protestantesimo… siamo al disfattismo soggettivista dei diritti equivalenti ai desideri personali, a prescindere dall’ordine naturale, dalle leggi divine e dal bene personale.

Circa la “seconda unione”, qui data per ammessa e quindi per legittima, tale cammino comprende il discernimento sul “consolidamento nel tempo” e sulla “presenza di figli e il loro bene” (n° 5).

Chiosa: La constatazione di un fatto non può equivalere alla sua accettazione come legittimo; né il consolidarsi di una unione illegittima può rendere la stessa legittima, né la presenza dei figli può fare scaturire istanze di “bene” che si basino su atti immorali e quindi fondati sul male.
Anche qui, l’istanza umana e mondana l’ha vinta sull’istanza divina e religiosa, e stupisce non poco che tale linguaggio sociologico sia stato fatto proprio da successori degli Apostoli, a riprova che questi ultimi si muovono ormai più a rimorchio del mondo, che a seguito del Vangelo; pur muovendosi a loro agio nell’esortazione apostolica Amoris laetitia.

Tra l’altro, il documento sollecita l’uso della tecnica tutta moderna di “psicologia di massa”, auspicando la costituzione di “gruppi dove il confronto con la parola di Dio possa avvenire nella comunicazione reciproca tra i partecipanti”, perché “ la dinamica di gruppo permette di far circolare esperienze e di arricchirsi a vicenda, mettendo a confronto con il Vangelo i propri percorsi di vita.” (n° 8)

Chiosa: Al di là della stoltezza dell’applicazione di tecniche che distruggono la riservatezza dei fedeli e li inducono a banalizzare le proprie esperienze di vita; ciò che colpisce è il linguaggio devastante del “confronto con la parola di Dio” e del mettere “a confronto il Vangelo con i propri percorsi di vita”.
A prima vista sembrerebbe che il termine “confronto” possa suggerire la valutazione dei comportamenti umani rispetto agli insegnamenti divini, ma si comprende facilmente come tutto questo discorrere miri invece a stabilire un rapporto paritetico fra gli insegnamenti del Vangelo e l’esperienza degli individui, tale che, usando la tecnica moderna della “tesi” (il Vangelo) e dell’“antitesi” ( i comportamenti umani), si possa giungere ad una “sintesi”, cioè ad un compromesso fra il Vangelo e i desideri e i comportamenti umani; compromesso di cui è un esempio acclarato  l’esortazione Amoris laetitia.

Parlando di “rapporti coniugali” (n° 9), il documento incomincia col raccomandare la “prudenza” nel presentare ai fedeli interessati l’“insegnamento che la Chiesa ha sempre indicato”; e questo perché il “cammino educativo” è finalizzato “al riconoscimento della vocazione del corpo” e perché “la nuova unione e quindi anche il bene dei figli potrebbero essere messi a rischio in mancanza degli atti coniugali”.

Chiosa: Anche qui, quando si tratta di sollecitare alla pratica dell’insegnamento della Chiesa, la prima preoccupazione è la sua relativizzazione, qui detta “prudenza”; perché siamo sempre al timore fasullo di poter cadere – non sia mai! – nel “rigorismo”, che si conferma debba essere respinto al pari del lassismo, ma… per far posto, evidentemente, al “possibilismo” e al “relativismo”.
Altro non significano sia il richiamo alla criptica “vocazione del corpo”, sia il riconoscimento che la “nuova unione” sarebbe equivalente ad un nuovo matrimonio, parimenti legittimo, dato che la sua salvaguardia, da tenere sempre presente – si suggerisce - , passa per il compimento indispensabile “degli atti coniugali”.
E qui, la confusione tra rapporto carnale immorale e atto coniugale non è casuale, ma espressamente voluta e variamente articolata.

Non poteva mancare una sorta di chiamata in correità: laddove si chiama la comunità parrocchiale a farsi carico, positivamente, della condizione irregolare dei divorziati risposati, così che essa si possa rendere “conto che alcuni fratelli e sorelle stanno percorrendo un cammino di pieno reinserimento al suo interno, sensibilizzandosi alla loro condizione e favorendo anche la preghiera per loro.” (n° 10).

Chiosa: Non ci vuole una grande scienza per capire che la confidenza con l’errore e il considerarlo semplicemente come una sorta di incidente passeggero, porti all’assuefazione all’errore stesso e quindi alla sua accettazione e alla sua pratica e alla sua diffusione. Siamo di fronte ad una sorta di istigazione a commettere il male, il tutto ammantato di misericordia e di accoglienza, che sono cose ben diverse dalla carità nella verità.
E la cosa viene ribadita al punto successivo.

Nel caso in cui il percorso sfoci nella richiesta di riammissione ai sacramenti, … è opportuno che la comunità nella quale i richiedenti si sono riaffacciati e hanno svolto un servizio, partecipi in qualche misura alla loro piena reintegrazione.” (n° 11).

Chiosa: Quindi, non solo assuefazione all’errore, ma piena partecipazione alla pratica di esso in seno alla Chiesa.

E chiudiamo con la preghiera finale, che rivela la tremenda confusione dottrinale e pastorale che alberga nelle menti e nei cuori di tanti “pastori” moderni.
La famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria ci indichi la strada e ci accompagni”.
Sono duemila anni che la Sacra Famiglia è il riferimento esemplare per la famiglia cristiana, ma sono cinquant’anni che ci si muove lunga una strada diversa e diametralmente opposta.
Non ci si può appellare alla Sacra Famiglia perché ci indichi la strada dopo che essa, già ben nota, la si è volutamente abbandonata.

Elenco dei vescovi dell’Emilia Romagna

    Arcidiocesi di Bologna: Matteo Maria Zuppi
   
Diocesi di Carpi: Mons. Francesco Cavina
    Diocesi di Cesena-Sarsina: Mons. Douglas Regattieri  
    Diocesi di Faenza-Modigliana: Mons. Mario Toso, S.D.B.
    Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio: Mons. Gian Carlo Perego  
    Diocesi di Fidenza: Mons. Ovidio Vezzoli  
    Diocesi di Forlì-Bertinoro: Mons. Livio Corazza  
    Diocesi di Imola: Mons. Tommaso Ghirelli
    Arcidiocesi di Modena-Nonantola: Mons Erio Castellucci  
    Diocesi di Parma: Mons. Enrico Solmi  
    Diocesi di Piacenza-Bobbio: Mons. Gianni Ambrosio  
    Arcidiocesi di Ravenna-Cervia: Mons. Lorenzo Ghizzoni
    Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla: Mons. Massimo Camisasca
    Diocesi di Rimini: Mons. Francesco Lambiasi
   
Diocesi di San Marino-Montefeltro:
Mons. Andrea Turazzi




febbraio 2018

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