Alfie: dalla rabbia allo zelo


di Elia


Articolo pubblicato sul sito dell'Autore: La scure di Elia

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Dominus omnipotens vindicabit in eis; in die iudicii visitabit illos.
Dabit enim ignem et vermes in carnes eorum,
ut urantur et sentiant usque in sempiternum
(Gdt 16, 20-21)


Son cose che succedono ai vivi (a chi è moralmente vivo, anziché in coma indotto): all’indicibile dolore per il barbaro assassinio di un bimbo innocente, nonché per la vergognosa figura che ci ha fatto la Chiesa Cattolica, si alterna una rabbia colossale che non ha requie all’idea di non poter fare apparentemente nulla. Alfie Evans è stato deliberatamente soppresso nella notte tra il 27 e il 28 aprile, quando un’infermiera gli ha iniettato un cocktail di farmaci che lo ha condotto al decesso poco più di due ore più tardi, visto che il piccolo, pur essendo rimasto privo di cibo e di ventilazione per ben trentasei ore e combattendo con un’infezione ai polmoni provocata da tubi pieni di muffa che non venivano cambiati da appena cinque mesi, non voleva arrendersi alla sentenza di morte e continuava a lottare come un leone per sopravvivere.
 
In questa vicenda da lager nazista la Chiesa inglese ha brillato a tutti i livelli per complicità con gli aguzzini: come se non bastasse lo scandalo accecante provocato dalle ripugnanti dichiarazioni del Vescovo di Liverpool e della conferenza episcopale, il cardinale Vincent Nichols, Arcivescovo di Westminster e Primate d’Inghilterra, dopo aver richiamato in diocesi il valente don Gabriele Brusco si è sentito in dovere di rincarare la dose difendendo il personale del lager in nome del best interest del paziente e accusando quanti hanno difeso Alfie di averlo strumentalizzato per motivi politici…
Invece il suo discernimento sobrio, informato, sapiente e alieno da emozioni (come quello da lui raccomandato) scambia allegramente i sostegni vitali per accanimento terapeutico e l’eutanasia per una cura.
Dal canto suo il cardinal Parolin, sagace Segretario di Stato di Sua Santità, pur deplorando l’incomprensibile irremovibilità dell’apparato britannico, ha accennato alle zuffe in cui, in casi del genere, «tutti gridano, cercando di tirare acqua al loro mulino»… C’è qualcuno fra noi che avesse un qualche interesse personale nel prender posizione in questa pazzesca storia da dottor Mengele, a parte, forse, quei banchieri ebrei che non hanno impedito a un importante artefice della loro fusione (fervente cattolico) di pubblicare una vibrante lettera aperta ai vescovi inglesi?

Non vorremmo, nostro malgrado, fare il gioco di chi, dopo averla resa complice, vuol screditare la Chiesa Cattolica in funzione di un occulto programma eugenetico o in vista della normalizzazione dell’eutanasia (di fatto, peraltro, già depenalizzata).
Come fa però un credente a non vomitare di sdegno di fronte al nauseabondo e oltraggioso equilibrismo ecclesiastico?
Ma «l’ira dell’uomo non opera la giustizia di Dio» (Ira enim viri iustitiam Dei non operatur, Gc 1, 20); è Lui che si riserva di applicarla: «Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire. Nel tempo che avrò stabilito, io giudicherò con rettitudine» (Dt 32, 35; Sal 74, 3).
Una tentazione molto forte, in casi come questo, è quella di sostituirsi al giusto Giudice; ma unus est legislator et iudex (Gc 4, 12). Presto sarà il Signore stesso a far pulizia, come avvenne nel IV secolo: una Chiesa che in massima parte (compreso il papa, Liberio) aveva ceduto al compromesso del semiarianesimo, con Giuliano l’Apostata si ritrovò di colpo nuovamente alle prese con la persecuzione, che credeva definitivamente cessata.

Allora, piuttosto che tentar di soffocare l’ira con qualche sottile sofisma o con volontaristici sforzi, bisogna trovare la maniera di investire in positivo questa enorme energia, che altrimenti si ritorce contro il soggetto o chi gli sta vicino. In un cristiano, tutto ciò che prova, purificato nel crogiuolo della penitenza e offerto per le purissime mani di Maria, dev’essere volto ad alimentare un santo zelo, anzitutto nella preghiera: «Riversa su di loro la tua collera e il furore della tua ira li raggiunga» (Sal 68, 25).
Solo una decisione cattiva della volontà è peccato: un’emozione negativa, finché non si traduca in libera scelta, non ricade sotto il giudizio morale; ciò non toglie che l’energia psichica ad essa legata, nel caso non sia evacuata, ci possa alla lunga intossicare, determinando nascostamente i nostri comportamenti.
Ecco allora l’importanza del (vero) discernimento.

La prima raccomandazione di sant’Ignazio è che, in stato di desolazione o di turbamento, non si faccia assolutamente alcuna deliberazione, ma si attenda di esser tornati in stato di quiete interiore. Nel primo caso, infatti, siamo terribilmente esposti e vulnerabili alle suggestioni diaboliche. Già lo stesso concentrarsi, sul piano psicologico e intellettuale, su un singolo caso può servire molto bene agli scopi del demonio: l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è distolta da altri problemi urgenti (come la guerra in Siria) o da casi altrettanto gravi, ma molto frequenti (come le atroci esecuzioni per fame e per sete di malati, a lor dire terminali, abitualmente praticate negli ospedali del Regno Unito).
Per altri versi, la cocente delusione seguita alla prolungata tensione emotiva può ingenerare alla fine, nell’animo dei buoni, un senso di impotenza che rende la vittoria del diavolo ancor più splendida, spegnendo lo sguardo soprannaturale sulla storia e la certezza che è Cristo ad averne il controllo assoluto, per quanto misterioso.

Ma, in particolare, in circostanze come quelle attuali Satana può insinuare nei cuori un sentimento di profonda vergogna per l’appartenenza a una Chiesa che ha appena offerto, a livello planetario, uno spettacolo semplicemente disgustoso: «Hai visto cos’è l’istituzione a cui appartieni? Guarda come s’è ridotta, grazie a me, la Sposa del tuo Dio! E quella gerarchia a cui sei tenuto a obbedire, anche se avresti voglia di mandarla al diavolo…? Tanto è già quasi tutta mia… E come puoi credere ancora in Uno che non fa nulla per ripulire questo letamaio? È uno sconfitto e lo è sempre stato: ora è finalmente chiaro. Ma andiamo: adorare un poveraccio morto su una croce…! Chi rende culto a me, se non altro, ha gusti più fini… Lascia perdere: sei un fallito».

La mossa più efficace, in tali casi, è porre in piena luce le trame occulte del demonio per renderne palese e denunciarne la perversità; già solo questo le neutralizza. Il cornuto, com’è ovvio, non si arrende facilmente e riparte alla carica con ulteriori perfide trovate, benché tutte stravecchie e di provata inefficacia: «Ma perché non fai vedere chi sei e non te ne vai sbattendo la porta in faccia a quegli ipocriti senza attributi? Sai quanta gente ti verrebbe dietro? Siete voi la vera Chiesa! Uscite da quella falsa e abbandonatela al suo destino!…». Povero diavolo! Come se non sapessimo che un frate tedesco, cinque secoli fa, per avergli dato retta rinnegò la fede, sprofondò nel vizio e alla fine, tanto disgusto aveva di se stesso, morì suicida…
Esempi infelici di simile superbia, purtroppo, non mancano neanche ai nostri giorni e ci ammoniscono, se ce ne fosse bisogno, che creare congreghe eretiche o scismatiche non è certo la soluzione.

La risposta che dobbiamo dare a noi stessi (più che al demonio, con cui non bisogna mai entrare in dialogo, se non per zittirlo con la Parola di Dio) è che la Chiesa di Cristo è una sola e non può non essere così. Come castigo per l’apostasia di fatto di una parte consistente della Chiesa militante e per l’ostinata impenitenza di tanti suoi membri, Egli ha permesso che fosse occupata da un potere avverso che obbedisce direttamente al nemico, cioè da una casta di ecclesiastici pervertiti affiliati alla massoneria o da essa controllati, a cominciare dal loro capo. In realtà, però, sono loro ad esser fuori della Chiesa, non certo noi. Le cariche che detengono sono puramente apparenti. La radice sacramentale del loro stato assicura la validità dei loro atti di culto, così come la necessaria visibilità dell’ordinamento ecclesiale può eventualmente garantire, finché non vengano smascherati, quella dei loro atti amministrativi, ma in coscienza non siamo tenuti a seguirli in materia di fede e di morale, siamo anzi moralmente obbligati a disobbedire, qualora il loro insegnamento sia contrario alla verità rivelata.
Questo pensiero deve sostenere la nostra resistenza fino a quando non sia venuto fuori tutto il marcio, in modo che lo si possa evitare.

Non sono più le pecore ad esser protette dal pastore, ma i lupi, nella fattispecie quegli «apparati medici e legali» che (parola di vescovo), basandosi «sulla compassione e sulla salvaguardia dei diritti del singolo bambino», hanno fatto «tutto ciò che è umanamente possibile». Questo – si badi bene – in un ospedale già coinvolto in un allucinante scandalo di espianto non autorizzato di organi da minori ivi ricoverati e, ora, renitente a rendere la salma del piccolo, in persistente spregio di ogni legge.
Prende sempre più piede, oltretutto, il sospetto che Alfie, pur nato sano, poi inspiegabilmente colpito da una non meglio identificata sindrome neurodegenerativa, sia stato danneggiato a livello cerebrale da un’overdose di vaccini che gli ha provocato convulsioni e crisi epilettiche, mentre pare che il suo presunto stato terminale sia riconducibile a un forte sedativo somministratogli nello stesso ospedale.

La nostra uscita di sabato scorso ha immediatamente riscosso una dozzina di visualizzazioni dal Regno Unito, subito dopo misteriosamente scomparse dalle statistiche. L’inaspettato picco di visite dalla Germania, quasi mai spuntata prima, si spiega facilmente con il riferimento al nazismo. Per un paio di giorni la plancia di comando del blog, senza che io facessi nulla, è passata di punto in bianco dall’italiano all’inglese. Curioso… che ci sia un grande fratello che ci sorveglia? Se è così, You should know that we’ll never stop telling the truth, honorable flunkies of Her Majesty.
Ci sia consentito tale seppur piccolo sfizio: riuscire a trasformare tutta l’ira umana in sacro zelo è da santi – e noi, ahimè, ne siamo ben lontani…
Ma, senza attardarci in sterili esternazioni di sdegno, dobbiamo investire la carica psicologica in azioni ragionate. Ce n’è abbastanza – se non bastassero altri motivi – per intensificare la campagna di opposizione ai nuovi vaccini e per risparmiare ai propri figli la loro assunzione, a costo di far loro scuola a casa.

Non è il momento dei fervorini pateticamente autoconsolatorii che cavalcano l’onda emotiva per qualche giorno, per poi rientrare tacitamente nel flusso dell’acquiescenza al potere, in attesa del prossimo orrore. Bisogna mobilitarsi contro la cultura necrofila (e contro la prassi corrispondente) che ci stanno gradualmente inculcando secondo lo schema della finestra di Overton. Ma occorre pure privare di ogni appoggio economico, ricevuto mediante le offerte dirette o la dichiarazione dei redditi, i camaleontici Pastori che hanno un abito diverso per ogni occasione: è l’unico argomento a cui sono davvero sensibili; così, se non altro, non continueremo a finanziare l’invasione del nostro Paese. Gridando loro in faccia cosa pensate della loro ipocrisia, ricordate loro il Giudizio e la pena eterna: «Il Signore onnipotente li punirà, nel giorno del giudizio li visiterà. Metterà nelle loro carni fuoco e vermi, perché brucino e lo provino per l’eternità» (Gdt 16, 20-21 Vulg.). Nella Geenna «il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9, 48; cf. Is 64, 24). Ma anzitutto mettiamoci tutti insieme a urlare verso il Cielo perché intervenga. Veni, Domine Iesu!

Vieni, o Signore Gesù. L’umanità non ha la forza di rimuovere la pietra che essa stessa ha fabbricata, cercando di impedire il tuo ritorno. Manda il tuo angelo, o Signore, e fa’ che la nostra notte si illumini come il giorno (cf. Sal 138, 12).
Quanti cuori, o Signore, ti attendono! Quante anime si consumano per affrettare il giorno in cui tu solo vivrai e regnerai nei cuori! Vieni, o Signore Gesù. O Maria, che lo hai visto risorto; Maria, cui il primo apparire di Gesù ha tolto l’angoscia inenarrabile prodotta dalla notte della Passione; Maria, a te offriamo la primizia di questo giorno. A Te, Sposa del divino Spirito, il nostro cuore e la nostra speranza. Così sia! (Venerabile Pio XII, Messaggio Urbi et orbi per la Pasqua 1957 ).



maggio 2018
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