Chi è il migrante? Cos’è la migrazione?
 


di Giovanni Servodio





In questi ultimi mesi, soprattutto in Italia, si è riaccesa una pesante polemica sul fenomeno della migrazione di massa che porta milioni di persone dai paesi del “terzo mondo”, e soprattutto dall’Africa, nei paesi del “primo mondo”, in particolare in Europa, i cui avamposti protesi nel Mar Mediterraneo sono l’Italia e la Grecia.

A sentire e a leggere qua e là cosa è stato detto e scritto su tale fenomeno si rimane colpiti dal fatto che difficilmente si riesce a trovare un’analisi puntuale che delinei le cause, lo sviluppo e l’epilogo di tale fenomeno. E tuttavia il fenomeno ha assunto e continua ad assumere connotazioni quasi planetarie e con un’incidenza così pesante che appare ingiustificato che tanti, troppi, continuino a tenere come unica premessa che il fenomeno sarebbe un fatto compiuto, un evento ineluttabile e inarrestabile che, come ripetono quasi a pappagallo sociologi, politici e osservatori, può essere solo governato: i paesi del “primo mondo”, e cioè i paesi ad “economia di mercato”, dovrebbero organizzarsi e accordarsi per governare tale immigrazione di massa e inserirla nel loro circuito socio-economico.

Ma cos’è questa “migrazione”? Questa domanda continua a rimanere senza risposta, di modo che tale fenomeno finisce con l’essere impossibile anche da “governare”: non si può governare un fenomeno che non si conosce, e non si vuole conoscere e far conoscere, un fenomeno che si constata e basta, anzi che si subisce e basta.
Lo stesso accade con molte malattie moderne che si presentano nelle società “scientificamente sviluppate”: si constata l’insorgere del male e se ne combattono gli effetti, senza riuscire a combattere il male stesso, che continua a diffondersi con sintomatologie sempre più diversificate.

Non è colpa di nessuno! Si dice. Ma se non è colpa di nessuno, allora le cause, prima di essere umane, naturali, saranno di natura preternaturale e andranno cercate in una dimensione che non è la mera sopravvivenza materiale e perfino la mera ricerca del benessere materiale; vanno cercate in quella dimensione metastorica che presiede allo sviluppo dell’intera umanità e che ultimamente lascia intravedere un epilogo che, a dispetto degli illusi e degli illusionisti che immaginano stoltamente un mondo in continuo progresso verso il bello e il meglio, è paragonabile al declino degli esseri viventi, che sono votati e deteriorarsi e ad estinguersi.
Intendiamo dire che il fenomeno della migrazione di massa è simile al fenomeno della degenerazione degli organismi viventi, che vengono assaliti da sempre più perniciosi agenti patogeni che ne riducono la reattiva capacità immunitaria e li conducono alla morte.

A prescindere dalle parabole discendenti che hanno condotto le diverse civiltà al declino e alla morte, di tale fenomeno si possono trovare diversi paralleli nella storia recente dell’umanità e in particolare della civiltà cristiana europea.
Dopo affermarsi della Cristianità, l’Europa ha conosciuto l’insorgere di fenomeni degenerativi che hanno prodotto un allontanamento da uno stato di ordine e un crescente stato di disordine: dall’umanesimo al protestantesimo, dall’illuminismo alla Rivoluzione Francese e alla sovversione comunista. Lungo questo percorso si è manifestato lo stesso fenomeno: la nobiltà e la regalità sono stati minati e poi soppiantati prima dalla borghesia socio economica e poi dalla massa popolare non autosufficiente. Via via, i governati per destinazione hanno finito con lo scalzare i loro governanti ed hanno preteso impropriamente di sostituirsi ad essi, col risultato che si è affermato un ordinamento sociale senza più governanti e senza più governati: una sorta di caos che ha ridotto le società in amorfi agglomerati votati alla mera sopravvivenza, e che ha ridotto le entità personali e di gruppo in meri accumuli di numeri.
Non più persone, famiglie, gruppi, nazioni, ma un ammasso di esseri disancorati ridotti a meri “consumatori” di cose fuori da loro e per loro spesso inutili e perfino dannose.

A tutto questo è stato appiccicata l’etichetta di “democrazia”, con l’unica motivazione sociale della ricerca del benessere materiale che, in quanto tale, può essere solo fluttuante, per un verso, e irraggiungibile per l’altro; poiché non può esserci limite al viscerale bisogno di soddisfacimento dei desideri terreni.

Com’era inevitabile, una volta scatenato e giustificato l’istinto in campo materiale, si è affacciato ed affermato l’istinto in campo morale ed esistenziale: oggi, mancando ogni norma che regoli l’esistenza in maniera ordinata, non c’è più limite ai desideri sempre più estremi. “Voglio ciò che mi piace”: oggi questo, domani quello, indipendentemente dal fatto che si tratti di cose e comportamenti legittimamente umani o di cose inumane e perfino subumane.

A tutto questo è stato appiccicata l’etichetta di “diritti civili”, come se, paradossalmente, esistessero dei “diritti incivili”; al punto che, per nemesi inevitabile, qualunque voglia e immaginazione vengono concepiti come diritti da soddisfare fino alla più estrema inciviltà, alla più aberrante barbarie. Una sorta di autodistruzione che prelude all’inevitabile necrosi.

Quando, da dopo la Rivoluzione Francese e la sovversione comunista, il potere è passato surrettiziamente dal “primo stato” al “terzo stato” e quindi al “quarto stato”, in parallelo si è prodotto lo stesso fenomeno nella conduzione dell’intera umanità: il potere mondiale è passato dalla Politica (governo della polis) all’economia; con l’inevitabile trasferimento delle leve di comando, prima ai noti detentori della ricchezza locale e quindi agli occulti detentori del denaro mondiale, denaro che non era più frutto di un qualche lavoro o intrapresa, ma il semplice aberrante frutto del denaro stesso.

A tutto questo non è stato dato un nome, soprattutto perché viene accuratamente mascherato e perfino negato; e tuttavia, un nome ce l’ha: dittatura del denaro!
Dalla “democrazia” si è passati quindi alla “plutocrazia”. E questo esige che l’intera umanità venga uniformata e appiattita ai livelli più elementari, perché solo così è facile dirigerla, amministrarla e condurla in modo inavvertito in una condizione di totale abiezione.

E’ in questo quadro che si colloca il fenomeno della migrazione di massa.

Prima le società cristiane sono state trasformate in società a-cristiane e anticristiane, successivamente sono stati demoliti i capisaldi morali rimasti, trasformandoli, col fenomeno del ’68, in fattori limitativi della moderna e fittizia dignità umana; adesso si vuole destabilizzare ciò che è rimasto, inaugurando un processo che mira a far scomparire le identità familiari e nazionali in un amalgama di individui indifferenziati; con la conseguenza di annullare ogni cultura e ogni religione, perfino la cultura e la religione dei nuovi arrivati, che in un primo momento sembreranno affermarsi e successivamente verranno inghiottite nell’indifferenziato.
Insomma, occorre distruggere le identità, personali, di gruppo, morali e religiose, e questo lo si può fare solo con un’attenta e consapevole regia e con l’impiego di enormi capitali; e tutto questo può farlo solo chi dirige occultamente il mondo e detiene il potere mondiale del denaro.

Se si vuole cercare di capire il senso del fenomeno della migrazione di massa, occorre partire da queste considerazioni, facilmente riscontrabili con un po’ di buona volontà; diversamente si guarderà solo ai sintomi senza cogliere la causa della malattia.

Ora, sarebbe pia illusione aspettarsi che i “mass-media” e i commentatori ufficiali presentino il fenomeno della migrazione di massa per quello che è: un fattore utile per la destabilizzazione del mondo; tali soggetti infatti sono quasi tutti più o meno sottoposti ai poteri dominanti.

L’unica che potrebbe e dovrebbe parlare in maniera esplicita, anche perché direttamente interessata a non farsi distruggere o assorbire, è la Chiesa cattolica, che ha la precisa missione di salvaguardare il bene morale e spirituale degli uomini che non hanno ancora ripudiato Dio.
Eppure, la Chiesa cattolica, oggi, parla per bocca di quel Papa Bergoglio che si presenta come interamente asservito alla versione ufficiale della migrazione di massa: la mera constatazione del fenomeno, considerato come ordinario, normale e ineluttabile.

Nel messaggio indirizzato ai partecipanti a “Il colloquio Santa SedeMessico sulla migrazione internazionale”, del 14 giugno 2018, Papa Bergoglio afferma:
«Nel momento attuale, in cui la Comunità internazionale è impegnata in due processi che condurranno ad adottare due patti globali, uno sui rifugiati e l’altro sulla migrazione sicura, ordinata e regolare, vorrei incoraggiarvi nel vostro compito e nel vostro sforzo affinché la responsabilità della gestione globale e condivisa della migrazione internazionale trovi il suo punto di forza nei valori della giustizia, della solidarietà e della compassione

Come si vede, il Papa cattolico dà per scontato che esiste la “migrazione internazionale”, come fosse un normale fattore fisiologico del vivere mondiale, e non si preoccupa minimamente di accennare alle cause, limitandosi a sollecitare la “giustizia”, la “solidarietà” e la “compassione” a riguardo di milioni di persone che non si capisce bene perché debbano lasciare i loro paesi per recarsi, sradicati, nei paesi europei, nel nostro caso.

Ora, la migrazione che interessa l’Europa proviene principalmente dall’Africa e proprio in Africa i vescovi locali, come Mons. Nicolas Djomo, Presidente della Conferenza Episcopale del Congo, lanciano appelli ai loro connazionali:
«Guardatevi dagli inganni delle nuove forme di distruzione della cultura e dei valori morali e spirituali. Utilizzate i vostri talenti e le altre risorse a vostra disposizione per rinnovare e trasformare il nostro continente e per la promozione della giustizia, della pace e della riconciliazione duratura in Africa» (Il Giornale)

Mentre l’arcivescovo di Dakar, Mons. Benjamin Ndiaye, ammonisce:
«Non abbiamo il diritto di lasciare che esistano canali di emigrazione illegale quando sappiamo benissimo come funzionano, tutto questo deve finire» « è meglio restare poveri nel proprio paese, piuttosto che finire torturati nel tentare l’avventura dell’emigrazione», e rivolto ai giovani li esorta: « cari ragazzi, tocca a noi costruire il nostro paese, tocca a noi svilupparlo, nessuno lo farà al posto nostro».

E il vescovo nigeriano di Kafachan, Mons. Joseph Bagobiri, dal canto suo afferma:
«Il governo nigeriano dovrebbe far capire ai giovani che c’è più speranza di vita in Nigeria di quanta pensino di trovarne in Europa o altrove. Il paese ha ricchezze e risorse immense. I nigeriani non dovrebbero ridursi a mendicanti andandosene alla ricerca di una ricchezza illusoria all’estero»

A cui fa eco Mons. Jilius Adelakan, vescovo di Oyo:
«Incominciamo a sviluppare il nostro paese in modo da renderlo un luogo in cui è desiderabile e piacevole vivere, facciamo in modo che siano gli stranieri a voler venire da noi»

Accompagnato ancora da Mons. Bagobiri che ammonisce:
«se i nigeriani emigrati clandestinamente, invece di spendere così tanto per il viaggio, avessero investito quelle somme di denaro in maniera creativa in Nigeria, in attività economiche, adesso sarebbero degli imprenditori, dei datori di lavoro. Invece sono ridotti in schiavitù e sottoposti ad altre forme disumane di trattamento in Libia».


E a proposito della posizione della Chiesa, Mons. Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega, nel Burundi, ammonisce che la Chiesa deve prestare molta attenzione al fenomeno delle migrazioni, prima di tutto per difendere l’integrità dei nuclei familiari:
«La migrazione di molti africani ha contribuito alla destabilizzazione e alla distruzione di molte famiglie» (La Stampa). 


Ma sembra che il capo della Chiesa universale, forse perché residente a Roma, che non è certo a due passi dall’Africa, non abbia mai sentito parlare dei vescovi africani, mentre dimostra di essere perfettamente informato sui discorsi propagandistici dei potenti del mondo che, come il famigerato Soros, incitano gli africani a lasciare le loro case e la loro terra e si premurano di finanziare il formidabile affare del trasferimento dei “migranti”. Un affare che dopo aver lucrato sulle forniture di armi atte a destabilizzare i già sconquassati paesi africani, muove una barca di miliardi per far trovare sempre pronte e sempre rinnovate migliaia di imbarcazioni e per armare diecine di navi in carico alle supposte disinteressate ONG, con migliaia di uomini di equipaggio e che con tonnellate di combustibile.

Papa Bergoglio vuole davvero aiutare i “migranti” o vuole fare da sponda agli interessati organizzatori delle migrazioni? Perché è proprio questa seconda ipotesi che si evince come la più corretta allorché, nel già citato messaggio, egli afferma:
«… occorre un cambiamento di mentalità: passare dal considerare l’altro come una minaccia alla nostra comodità allo stimarlo come qualcuno che con la sua esperienza di vita e i suoi valori può apportare molto e contribuire alla ricchezza della nostra società. Perciò, l’atteggiamento fondamentale è quello di “andare incontro all’altro, per accoglierlo, conoscerlo e riconoscerlo”»

Esperienza di vita? Ma signor Papa di quale esperienza parla, di quella che ha portato tanti illusi poveracci a distruggere le proprie famiglie?
I suoi valori? Ma signor Papa, di quali valori parla, di quelli che muovono tanti illusi poveracci ad attraversare i mari, lasciandoci pure la vita dei loro figli, per correre forsennati a rincorrere un sogno di benessere e di bengodi che erroneamente, e artatamente male informati, pensano di realizzare a casa nostra?
Contribuire alla ricchezza della nostra società? Ma signor Papa di quale ricchezza parla, di quella che accumulano certi “imprenditori” sfruttando una mano d’opera a basso costo che successivamente abbandoneranno alla cura delle istituzioni che saranno costrette ad impiegare risorse che così non possono andare più a chi ha bisogno nel nostro paese?
Di quale ricchezza parla, di quella che stanno accumulando certi enti di “volontari” che lucrano tanto a cranio per dare una parvenza di assistenza ai poveracci che ormai arrivano a frotte nel nostro paese?
Di quale ricchezza parla, di quella che viene distribuita a pioggia per finanziare migliaia di “progetti formativi” che dovrebbero servire ad acculturare questi stessi poveracci e che invece servono a “regalare” ad essi a man bassa dei titoli di studio per ottenere i quali i nostri figli devono fare anni di sacrifici?

Insomma, signor Papa, Lei da che parte sta?

Da che parte sta quando afferma che la
« cooperazione internazionale è importante in tutte le tappe della migrazione, dal Paese di origine fino alla destinazione, come pure nel facilitare il ritorno e il transito. In ognuno di questi passaggi, il migrante è vulnerabile, si sente solo e isolato. Prendere coscienza di questo è di capitale importanza se si vuole dare una risposta concreta e degna a questa sfida umanitaria

Sfida umanitaria? Come si può parlare di sfida umanitaria di fronte al fatto che milioni di persone, sradicate, disadattate e restie ad “integrarsi” stanno invadendo i nostri paesi apportando usi e costumi inconciliabili con i nostri; propagandando a viso aperto, o coperto, una religione diversa dalla nostra per la quale ci considerano “politeisti”; inducendo, con l’appoggio dei preti, le nostre scuole ad abolire le feste cristiane, i nostri luoghi pubblici a rimuovere i crocifissi, le nostre stesse chiese a diventare luoghi di ritrovo per infedeli.

Altro che sfida umanitaria, qui siamo di fronte ad una sfida di civiltà, perché, per esempio, i circa sei milioni di “migranti”, quasi tutti musulmani, pari a un decimo della nostra popolazione, finiranno col costringerci, per “umanitarismo” e per “solidarietà”, a mettere in uso le loro leggi e ad avallare le loro costumanze anticristiane e antioccidentali.
Come si fa a far finta di non capire che è in atto un processo di imbastardimento della nostra identità, che finirà per ridurci tutti a meri numeri senza un briciolo di identità personale, senza uno straccio di valenza nazionale e cristiana.
Questa è la fine della civiltà cristiana, che verrà soppiantata da una indifferenziata inciviltà, dove tutti alla fine, residenti e sopraggiunti riceveranno il marchio della Bestia, senza il quale non potranno né comprare né vendere, e neanche sopravvivere.

E un papa dovrebbe conoscere l’avvertimento dato da San Giovanni già duemila anni fa.

Ma Papa Bergoglio si ricorda solo di dire, nel suo messaggio, che:
« … nella questione della migrazione non sono in gioco solo numeri, bensì persone, con la loro storia, la loro cultura, i loro sentimenti e le loro aspirazioni. Queste persone, che sono nostri fratelli e sorelle, hanno bisogno di una protezione continua, indipendentemente dal loro status migratorio. I loro diritti fondamentali e la loro dignità devono essere protetti e difesi».

E, aggiungiamo noi, anche a costo di violare ed aggredire i diritti fondamentali e la dignità della nostra gente, costretta a subire una situazione che le persone non hanno neanche sognata e che capita loro tra capo e collo come un’inesorabile mannaia contro la quale non possono neanche protestare, perché i giornali, gli opinionisti, i sociologi, capitanati dal loro Papa, li accuserebbero di mancanza di spirito di “accoglienza”… loro, i figli di quegli Italiani che nei secoli hanno accolto tutti, ma sempre fermi a rimanere loro stessi e sempre pronti, quando necessario, a cacciare i sopraggiunti anche in malo modo.

E non pensiamo di essere azzardati se diciamo che questo colossale trasferimento in  massa a casa nostra di gente a noi estranea, configura un vero e proprio stato di necessità, che presto a tardi provocherà dei nuovi Vespri, con tutto quello che questi comporteranno; con buona pace del vescovo di Roma a cui non rimarrà altro che ubbidire alle direttive dei potenti di “questo mondo” e scomunicare i cattolici che vogliono rimanere cattolici.

Ab insidiis diaboli… libera nos, Domine.




I nuovi ragazzi italiani promossi da Bergoglio



giugno 2018
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