Le capriole storiche e dottrinali
di certi ex lefebvriani
  
di Giovanni Servodio





Le Barroux, 1970

L'abate Dom Gérard Calvet
Mons. Marcel Lefebvre - Fondatore della Fraternità San Pio X
Mons. Guérard des Lauriers - Autore della tesi sedevacantista di Cassiciacum



Su segnalazione di un caro amico siamo andati a leggere un curioso articolo della dott.ssa Luisella Scrosati; curioso perché ci ha riportato in mente l’ardore “lefebvriano” della giovane Luisella, quasi stabilmente presente nei Priorati della Fraternità San Pio X e nelle case delle suore della Fraternità, dove Luisella insegnava ai ragazzi che non c’era di meglio che rimanere fuori dalla Chiesa ufficiale e legarsi in toto alla Fraternità, fino a diventarne sacerdoti o suore.
In questo articolo del giugno scorso, pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana, ritroviamo una Luisella – più matura – che introduce il suo scritto con l’espressione “scisma lacerante”, riferito alle consacrazioni episcopali effettuate da Mons. Lefebvre nel 1988.
Evidentemente il tempo non porta sempre buoni consigli.

L’articolo tratta in particolare dei rapporti fra Mons. Lefebvre e Dom Gérard Calvet, fondatore e abate del monastero francese, benedettino, di Le Barroux; ed è composto sulla chiave un po’ inedita di un Mons. Lefebvre che avrebbe sbagliato e di un Dom Gérard che avrebbe sempre visto giusto. Chiave inedita perché si potrà essere in disaccordo – col senno del poi - con la coerenza di Mons. Lefebvre, ma certo non si può avallare l’incoerenza e l’equivocità delle posizioni tenute da Dom Gérard nel corso della direzione del monastero “tradizionale” di Le Barroux.

La Scrosati si aggancia alla recente biografia di Dom Gérard Calvet scritta da Yves Chiron col titolo “Tourné vers le Seigneur”. Non staremo qui a considerare le interessate e in parte inesatte considerazioni presentate da Chiron, per le quali rimandiamo all’articolo scritto in proposito da Don Jean-Michel Gleize con molta più competenza e opportunamente intitolato “Tourné vers le Concile”. Ci limitiamo a considerare l’auto-revisionismo della Scrosati che ha inteso “ripercorrere le vicende che portarono alle consacrazioni del 1988”.

Secondo lei, Dom Gérard, avrebbe da sempre accettato la validità, la legittimità e il carattere non eretico del Novus Ordo Missae, promulgato da Paolo VI; di contro alla Fraternità per la quale il Novus Ordo era “ambiguo, imbevuto di uno spirito eterodosso e protestantizzante; è un vero pericolo per la fede cattolica, e ciò non solamente nella sua direzione evolutiva e negli abusi, ma in se stesso”.
In bocca alla Scrosati, il distinguo è sorprendente, sia perché qualche anno fa il suo linguaggio esprimeva un convincimento alquanto diverso, sia e soprattutto perché si tratta di una colossale inesattezza, per non dire bugia, dato che Dom Gérard, non solo non accettava il Novus Ordo, ma non accettava neanche l’intera liturgia riformata, dal momento che faceva ordinare sacerdoti i suoi monaci da quello stesso Mons. Lefebvre col quale, secondo la Scrosati, sarebbe stato in disaccordo.
Qui ci troviamo al cospetto di una deviata e deviante riscrittura della storia, a seconda della convenienza del momento.

Con queste premesse, la Scrosati introduce il punto chiave del suo articolo: nel 1988 Mons. Lefebvre consumò uno scisma. E ancora sorprende il ricordo della Luisella – preparata e istruita a sufficienza – che militava in una congregazione “scismatica” e scientemente incitava allo “scisma” gli amici, i conoscenti e i giovani che catechizzava.
Intendiamoci, è possibile che si possa cambiare idea, ma è inammissibile che ci si possa convincere – col tempo – che ciò che prima era bianco poi sia nero. Questo non significa cambiare idea, significa che: o non si era capito niente prima o non si capisce niente adesso.
Tale controversa condizione di spirito trova una riprova laddove la Scrosati ricorda che il 21 novembre 1974, Mons. Lefebvre “pronunciò una dichiarazione storica, nella quale espose la sua ferma intenzione di proseguire la formazione di futuri sacerdoti, secondo lo spirito di Ecône”.
Ora, che Mons. Lefebvre pronunciò una dichiarazione nella quale ribadiva la sua intenzione di proseguire l’opera della Chiesa di sempre, formando e ordinando sacerdoti come la Chiesa aveva fatto per due millenni, è un fatto; ma che esistesse uno “spirito di Ecône” secondo il quale Mons. Lefebvre formava dei nuovi sacerdoti, è una pura fantasia della pur un tempo preparata Luisella Scrosati.
Evidentemente, con la maturazione intellettuale, la Scrosati ha avuto modo di scoprire “spiriti” e folletti che un tempo non riusciva a vedere.

Ricordando l’iter che portò alle consacrazioni episcopali del 1988, la nostra Luisella non si accorge di incorrere in una contraddizione, scusata in parte solo dal fatto che la addebita a Dom Gérard: il quale fu prima favorevole a tale passo, perché riteneva che Mons. Lefebvre lo avrebbe fatto solo “sotto una profonda mozione dello Spirito Santo” – dice la Scrosati – e poi, dopo che Papa Wojtyla tirò fuori la scomunica, ecco che anche Dom Gérard si accodò parlando di atto scismatico.
Se la Scrosati si fosse accorta di incongruenze e di contraddizioni come questa, forse non avrebbe scritto l’articolo in questione; ma evidentemente, come i neoconvertiti si dimostrano tra i più intransigenti, così i pentiti perdono spesso di vista un minimo di coerenza.
Dom Gérard sapeva fin dall’inizio che Mons. Lefebvre sarebbe incorso nella scomunica, esattamente come ne aveva piena coscienza lo stesso Mons. Lefebvre; ma mentre quest’ultimo accettò il pesante onere per il bene della Chiesa, Dom Gérard preferì la benevolenza del Card. Ratzinger e del Papa per il bene di se stesso.
Questo era quello che la Luisella spiegava un tempo agli amici e ai conoscenti, ma evidentemente oggi, mutati gli amici e i conoscenti, ha mutato anche i vecchi convincimenti.

Vecchi convincimenti che non la facevano minimamente vacillare nel militare in una Congregazione che ella oggi ritiene scismatica e che, secondo lei, avrebbe dovuto spingere Mons. Lefebvre “a non procedere a delle ordinazioni episcopali senza mandato apostolico”.
La verità è che Mons. Lefebvre non intendeva affatto consumare uno scisma, né lo consumò, piuttosto si trovò nella necessità di dover assicurare la continuità della sua opera della Chiesa – perché questa era e continua ad essere la Fraternità San Pio X – anche a costo di morire scomunicato, come avvenne.
Ma cos’è la scomunica se non l’allontanamento dalla comunità ecclesiale della Chiesa?
E chi allora, e ancor più oggi, si è allontanato dalla Chiesa se non la gerarchia vaticana? La stessa che pretese di scomunicare Mons. Lefebvre?
Ecco perché l’atto scismatico non fu consumato da Mons. Lefebvre, ma era già stato consumato dai Papi che avevano abbandonato la Chiesa di sempre e, col Vaticano II e gli atti conseguenti, si erano inventati una nuova Chiesa centrata non più su Dio, ma sull’uomo.
La Scrosati queste cose le sapeva, ma oggi sembra essersene dimenticata, forse perché resistere all’errore e perseverare nella verità a volte si dimostra fatica immane e insopportabile.

E’ questa stanchezza che porta Luisella a commettere un altro errore: “Nel frattempo Roma rispondeva di voler accelerare le nomine dei futuri vescovi, di modo che le consacrazioni potessero essere fatte entro il 15 agosto dell’anno in corso, forse per assecondare la sincera percezione di mons. Lefebvre di non essere lontano dal redde rationem (morirà infatti nel 1991)”.
Questa, la Luisella l’ha proprio tirata fuori dal cilindro; eppure è lei stessa che riferisce che Mons. Lefebvre aveva chiesto che la consacrazione si potesse svolgere il 30 giugno seguente.
Roma non accelerò, ma differì sine die e per complicare le cose impose perfino la scelta dei vescovi da consacrare. Sia la Scrosati, sia Yves Chiron, da cui la prima dice di aver attinto le informazioni, fanno apposta a dimenticare che il Card. Ratzinger e il Papa cercavano di postergare la promessa consacrazione proprio in vista del fatto che Mons. Lefebvre non è era in buona salute e sarebbe potuto crollare da un momento all’altro… e allora addio consacrazione… e addio Fraternità.
Meno male che Mons. Lefebvre, lui sì, accelerò la consacrazione, e così la Scrosati ebbe modo – un po’ di anni dopo - di abbeverarsi alla prospera Fraternità con i suoi Priorati e le sue case per suore. 

A proposito di Dom Gérard, la Scrosati riferisce che il 26 giugno, quattro giorni prima delle consacrazioni egli mandò a Ecône Dom Basile per spiegare che la comunità monastica non “avrebbe accettato le consacrazioni ed anche per mostrare come l’affermazione del concilio Vaticano II sulla libertà religiosa, uno dei punti di rottura tra Lefebvre e Roma, non doveva essere considerata come un diritto all’errore”.

Nella vita si incappa spesso negli imprevisti e quando si scrive a volte la penna va più veloce del pensiero. Questo monaco di Le Barroux, Don Basile Valuet, è lo stesso che ha scritto 800 pagine per dimostrare che la libertà religiosa non sarebbe eterodossa… ora, com’è possibile pensare che costui avrebbe potuto riassumere in qualche ora la sua iperbolica tesi, così da convincere Mons. Lefebvre a non procedere alle consacrazioni?
Chi scrive tali cose: o intende dare dell’incapace a Mons. Lefebvre o intende dare dell’imbecille al lettore.
“Ma il colloquio, durato cinque ore, non sortì alcun effetto” – scrive la Scrosati.
E come poteva? - ammesso che la cosa sia vera -, visto che a Dom Basile sarebbero stati necessari alcuni mesi per presentare le ragioni della sua tesi sulla libertà religiosa?
Basti pensare che ancora oggi, a vent’anni di distanza e di esami, quella tesi non è condivisa da alcuno… tranne che dagli attuali amici di Luisella… più che conservatori, fideiussori del male che affligge la Chiesa cattolica da cinquant’anni.

Per concludere il suo articolo, la Scrosati riferisce che Dom Gérard, presente alle consacrazioni – che tuttavia disapprovava – si allontanò a metà cerimonia: “nel bel mezzo del sermone di Lefebvre, precisamente nel punto in cui il vescovo francese richiamò il messaggio delle apparizione della SS. Vergine a Quito, nelle quali si annunciava una grande apostasia che avrebbe travolto la Chiesa nel XIX e gran parte del XX secolo”; e si allontanò confidando all’amico Laurent Meunier: “La commedia è durata abbastanza, questo comizio, questi applausi, non abbiamo più nulla da fare qui, noi rientriamo”.

rNel riportare queste notizie, la Scrosati confessa implicitamente di condividere i giudizi espressi e di farli suoi. Ebbene, la Santa Vergine ha annunciato più volte che la Chiesa avrebbe attraversato un periodo in cui si sarebbe diffusa l’apostasia ad opera della gerarchia al potere, e Mons. Lefebvre, nella sua omelia per le consacrazioni del 1988,  non fece altro che ricordare questa profezia del Cielo.

Se la Scrosati e Dom Gérard hanno da ridire sulla questione, è segno che ritengono inattendibili gli avvertimenti della Madonna, non tanto per sfiducia nella Madonna stessa, quanto per la fiducia che nutrono in sé stessi: niente apostasia, niente Chiesa allo sfascio, … era Mons. Lefebvre che esagerava e che recitava la “commedia”, suscitando fragorosi “applausi” fra gli sprovveduti fedeli accorsi a migliaia ad Ecône per assistere allo “spettacolo”. Commedia e applausi che trent’anni fa indignarono Dom Gérard e che oggi indignano – tardivamente – Luisella Scrosati, illuminata com’è dalle luci abbaglianti della neo-Chiesa bergogliana.

Il vecchio proverbio dice: chi si accontenta gode. Ma attenzione, perché il godimento di chi si accontenta della falsità dell’errore e si industria per propagarla, alla fine lascia l’amaro in bocca e porta ad una sorta di masochismo che distrugge sia la mente sia il corpo.




luglio 2018

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