AVVENIRE E IL BUON PARASSITA
  
di L. P.





Giorni or sono, in occasione di un intervento di bonifica su un ‘campo rom’ - nomato con sciccosa anglomanìa il River Village di Roma - effettuato dalle forze dell’ordine nell’ultima settimana di luglio, il direttore di Avvenire, l’organo stonato della CEI, se ne uscì con un commento col dire che “Nessun uomo è mai un parassita”, evidente essendo l’intento di trasformare, con un procedimento cultural - alchemico, la realtà di un’etnìa che largamente si qualifica per comportamenti exlege, in modello di efficientismo sociale ed economico. 
Affermare, per l’appunto, che nessun uomo è mai un parassita vuol decisamente dire che, per il fatto di “essere persona”, anche uno stile di vita, connotato da attività illecite o da abulìa  – e le prove a sostegno di sì evidente realtà sono innumeri – va riconosciuto come segno di un oggettivo valore.

Non è nella ragione di questo nostro intervento soffermarci sugli aspetti politici, sociali, giudiziarî di cui sono spessissimo parte imputata una o altra comunità rom. Nostro scopo sarà, invece, quello di smentire e smontare la ‘massima’ proferita da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, evidenziandone l’infondatezza e la contingente funzionalità a una sua gratuita smània di polemica.

iNoi siam convinti della concreta realtà antropologica dell’individuo che l’opinione comune universale definisce ‘parassita’, ma non è su questa nostra convinzione che baseremo il ragguaglio critico mosso al predetto direttore. Ben altre sono le ‘auctoritates’ che confermano l’esistenza del ‘tipo parassita’ tanto in termini economici quanto in quelli esistenziali.

Con tal vocabolo si indica un organismo animale o vegetale che vive a spese di un altro e, per trasporto assiologico, una persona che vive sfruttando gli altri. Prestito moderno dalle lingue classiche: dal latino parasitus (parasita è il femm.), convitato scroccone, mantenuto; dal greco paràsitos, che mangia alla tavola degli altri – da sitos, cibo, col prefisso para – presso, a fianco. Un tipo umano, come bene l’antica cultura classificò e che, di concerto con Vico, possiamo definire tipo verissimo.

Ora, il gran cuore di Tarquinio, colmo di buonismo e di filantropìa, scosso da viva e agitata voglia di un’accoglienza a prescindere, non solo smentisce e rifiuta il dizionario e la storia e, nella presente contingenza di cronaca, il ministro dell’Interno on.le Matteo Salvini – colui che ha ordinato lo sgombero del campo – ma cancella l’autorità di:

1 -   San Paolo il quale, in 2Ts. 3,10b – 13 così ammaestra: “ Chi non vuol lavorare, neppure mangi. Sentiamo, infatti, che alcuni di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù, di mangiare il proprio pane lavorando in pace”.
 Non sembra davvero che l’Apostolo delle Genti stia sul vago nell’imputare a determinati fannulloni una condotta biasimevole, ché la taccia di parassitismo è lampante e secca. Onde ci vien da chiedere al direttore di Avvenire – organo stonato della CEI – con quale pretesa sua superiorità sconfessa la parola di Dio trasmessa per bocca e per stilo dell’apostolo;

2 – San Giovanni che, in Ap. 3, 14/22, rivolto ai cristiani di Laodicea, palesa la minaccia con cui il Signore li vomiterà non essendo caldi né freddi, ma tiepidi, la temperatura tipica dei parassiti.
Anche l’apostolo Giovanni cade come un birillo sotto il colpo di Tarquinio e, di nuovo, chiediamo a costui con quale conclamata sua superiorità sconfessa il sacro autore dell’Apocalisse;

3 – Cristo Signore, che nella parabola della zizzania (Mt. 13, 24/30) – erba infestante e parassita – indica, senza equivoci di sorta coloro che vivono a spese altrui, i parassiti appunto, destinati con ciò ad essere strappati dalla terra e gettati nella fornace eterna; Cristo Signore, che apostrofa gli scribi rimproverando loro di divorare le case delle vedove (Mc. 12, 40) e, con ciò, esponendoli al pubblico ludibrio quali parassiti e ladri. Certamente, perché lo scroccone non è né più né meno che un ladro.
Orbene, anche Colui che è Via – Verità – Vita, diventa, per Tarquinio, roba da situare nel baule dell’anticaglie ché, in quanto tale, non corrisponde alle attese dell’era moderna, liberale, arcobaleno e misericordiosa.

Insomma, il direttore di Avvenire, organo stonato della CEI, fa un tutt’uno di Cristo Signore, di San Paolo e di San Giovanni quali salviniani da sbattere in copertina di una qual che sia F.C. corredata da un ‘Vadite retro!’.

Siamo allo stravolgimento della parola di Dio a pro’ di una zuccherosa pastorale infarcita di antropologismo a rimorchio d’una cultura – accoglienza a prescindere – che ritiene buono, onesto ogni uomo visto nella prospettiva della nuova e tossica teologìa – quella del CV2 – che impasta e molazza pelagianesimo, angelismo cartesiano, massoneria, Comunità egidiana e Georges Soros nello sfondo ideologico russoiano di una natura umana incorrotta. Il tutto diffuso dal sistema massmediatico nel rispetto di un lessico, sbianchettato con la candeggina del ‘politicamente corretto’ che, come paradossalmente ci verrà imposto di declinare il calvo come ‘un diversamente pettinato’, così dovremo, da oggi in poi, sostenere che – Tarquinio dixit – non esiste l’uomo ‘parassita’.






agosto 2018

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